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Autore: Black_Sheep    14/11/2016    2 recensioni
Steve prende tra le mani il quadernetto dalla copertina verde scuro. È un po’ rovinato per tutte le volte che è stato aperto.
“Ne abbiamo trovati molti tra gli effetti personali di Barnes” gli confessa Hill “ho pensato che avresti voluto dar loro un’occhiata” il sorriso che le spunta sulle labbra è davvero sincero.
“Ti ringrazio, Maria” Steve non riesce ad aggiungere altro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Due


 
Steve è seduto a gambe incrociate sul letto. Le coperte sono tirate sopra il cuscino, ma è chiaro che qualcuno è stato sdraiato lì poco prima. Nel complesso la stanza è ordinata, un arredo essenziale la fa sembrare una camera d’albergo. Non che i suoi ultimi appartamenti avessero l’aspetto di una vera casa, intendiamoci. Da quando si è risvegliato dal congelamento non ha ancora avuto un posto da chiamare con quel nome, non il suo appartamentino a Washington dove ha conosciuto Sharon, non la sua camera nel complesso degli Avergers. Anche se per un certo periodo lo ha pensato davvero,ha creduto di aver trovato un posto per sé.
Poi tutto è cambiato.
I suoi occhi cadono sui quadernetti poggiati sulla scrivania.
Sono passati otto giorni da quando Steve ha aperto per l’ultima volta il diario di Bucky.
Ha avuto bisogno di una pausa per pensare, per affrontare le nuove consapevolezze. Ed ora è pronto.
Sa che non potrà mai riavere lo stesso identico Bucky che quel giorno è caduto dal treno, ma ora lo ha di nuovo al suo fianco ed è pronto a volergli bene per quello che è.
Bucky rimane Bucky, decenni da Soldato d’Inverno o meno.
E così Steve fa un respiro profondo e torna a sedersi sulla poltrona pronto a spiare i ricordi dell’amico.
Nel giro di poco tempo finisce il primo quadernetto e passa al secondo. Le date sono riapparse e ora accanto ad essere c’è anche un luogo. Bucky si sta spostando. Sa che l’America non è un luogo sicuro e va nell’unico posto dove gli sono rimaste sicurezze: Bucarest. È una grande città dove può passare inosservato e conosce bene la lingua.
“Spero anche di riuscire a ricordare qualcosa in più. Trovarmi nel luogo dove ho svolto parecchie missioni dovrebbe aiutarmi a recuperare ricordi più specifici. Magari riuscirò persino a ricordare a chi era riferita quella frase” ed ecco tornare ciò che tanto aveva incuriosito Steve.
“Oggi mentre ero in treno una donna con i capelli rossi si è seduta davanti a me, poco dopo appisolandomi l’ho sognata. O meglio, all’inizio era lei, poi il suo volto è cambiato in uno più giovane. Non so dire chi fosse. Ma era molto bella” Steve alza un sopracciglio al commento dell’amico. Non aveva mai dato pareri del genere su persone che incontrava o sognava. Forse iniziava a sciogliersi e a tornare il caro vecchio Bucky amante ed amato dalle ragazze.
“Non so ancora come sia riuscito ad addormentarmi in treno. Ero così teso che mi sono svegliato pochi minuti dopo stritolando i braccioli del sedile, ho rischiato di romperlo. Sarebbe stato un bel problema”
“Oggi mentre ero al negozio ho avuto un momento di panico. Questo tizio si è avvicinato a me così deciso che ho avuto paura mi avesse riconosciuto, invece è andato dritto a parlare con uno dietro di me. Mi si è gelato il sangue, mi ero già immaginato di doverlo affrontare in mezzo alla gente e scappare. Non sono sicuro che l’Hydra mi stia cercando, magari Capitan America li ha davvero trovati tutti e ora non esiste più. Ma non posso rilassarmi, non dopo tutto quello che ho visto e vissuto con loro. L’Hydra è una macchina spietata, nata per infiltrarsi e mimetizzarsi. È un parassita.”
Per altre pagine Bucky torna a parlare dei suoi movimenti, spesso segna orari di mezzi pubblici. Sono tornati anche gli stralci di conversazione, spesso con commenti e pensieri appuntati di lato.
“Quando ho visto quel vecchio per strada ho pensato di essere in uno di quei sogni che sembrano reali finché non ti svegli. Invece ero lì per davvero, e quell’uomo era davvero in piedi a pochi passi da me. Io l’avevo già visto in uno dei miei ricordi. Non so dire chi era o cosa faceva, ma ricordo la sua maledetta faccia. Quegli stupidi occhietti da ratto ed il pizzetto brizzolato. Forse il mio corpo ricorda meglio della mia mente, può essere stato uno dei tecnici che mi metteva le mani addosso.”
“È stato anche peggio dell’ultima volta. Il treno era affollatissimo e avere tutto quelle persona addosso mi faceva venire un nervoso tale che sono dovuto scendere alla prima fermata. Ora sono in ritardo di due ore sulla tabella di marcia che mi ero fatto. Forse doveri smetterla di farmi dei problemi e rubare una macchina, sarebbe tutto molto più facile. La verità è che ho paura di farlo. Non perché qualcuno potrebbe vedermi, so perfettamente come essere invisibile, ma perché recentemente ho ricordato di averlo insegnato a Steve durante la Seconda Guerra Mondiale. È una pena riavere certi ricordi, non fanno altro che aumentare la sensazione di solitudine. E pensare che ho passato decenni da solo, ma non me ne rendevo conto con il cervello così manipolato.”
Steve alza gli occhi da quelle parole. Sente qualcosa nel petto contorcersi, la gola chiusa.
“L’Europa si sta trasformando in un incubo. Forse non è stata una buona idea tornare qui. I volti familiari aumentano di giorni in giorno e ho sempre più paura di essere riconosciuto per strada. Sto prendendo tutte le precauzioni possibili, ma la paranoia non diminuisce. Spero di abituarmi col tempo.” Steve si chiede se quelle siano davvero persone che ha già visto durante le sue missioni, o figli e nipoti che assomigliano a suoi obiettivi. Magari si è trovato faccia a faccia con il figlio di un uomo che ha assassinato, senza saperlo. Il pensiero inizia a fargli venire la nausea e preferisce continuare a leggere.
“Il sogno di questa notte è stato molto strano, più del solito. Ero in un edificio vecchio, tutto di legno lucido. Ricordo molto bene l’odore di talco ed in un certo senso la sua sensazione addosso. Persino quando mi sono svegliato ne sentivo ancora la consistenza sulle mani. Ricordo molte scale e stanze con le pareti ricoperte di specchi che però non mi riflettevano. Continuavo a camminare, a salire e scendere da scale tutte uguali, passando da porte identiche tra loro, entrando in stanze con finestre dalle tende chiuse. E ricordo che c’era musica. Una musica incessante che andava a mischiarsi con altra musica. E tutto mi era così familiare. Ho come la sensazione di esserci stato davvero in un posto del genere, di averci vissuto persino. So di stare per arrivare a scoprire una buona parte del mio passato che fino ad ora non conoscevo per niente.” Steve si chiede quante parti del passato di Buck gli sono totalmente state cancellate, forse certi ricordi non torneranno più. E questo lo rende triste, ma per qualche ragione sente anche un certo sollievo nella consapevolezza che l’amico non ricorderà altre parti del suo doloroso passato.
“Mi chiedo fino a che punto il mio braccio sinistro sia collegato al corpo. Ho ricordi spezzati dell’operazione e so per certo che la spalla era del tutto presente mentre ora è completamente ricoperta di metallo. Questo vuol dire che mi hanno tolto anche quella o c’è ancora sotto tutta questa roba? E vorrei sapere fino a che punto i miei nervi sono collegati alla protesi, nel caso succedesse qualcosa. Ora che sono solo non ho più la sicurezza che il braccio venga riparato o sostituito quando ne ho bisogno. Devo trovare il modo per farlo da solo, non posso permettermi di rimanere indifeso.”
Steve si scaccia dalla mente l’immagine dei frammenti del braccio di metallo di Buky che cadono sul pavimento dopo lo scontro con Tony.
“Oggi mi sono ritrovato a ripensare a Washington. Sono riuscito a ricordare altre cose, altri dettagli. Ricordo pezzi di una battaglia sul ponte. Ricordo di essere saltato su una macchina, di aver ucciso un uomo e di aver tentato di far fare la stessa fine a Steve ed ai suoi amici. È stato strano quando questi ricordi si sono andati a mischiare con quelli della Seconda Guerra Mondiale, con quelli delle missioni degli Howling Commandos. Ricordo molte cose di quel periodo, soprattutto su Steve. Eravamo molto legati, lo so. Ricordo le nostre chiacchierate al bar, le sue facce assurde quando si parlava della sua cotta, Peggy, e l’invidia che provavo per lui. Era diventato tutto ciò che avrei voluto essere io” Steve sente una stretta al cuore, non gli aveva mai parlato di questo suo sentimento. Probabilmente perché troppo orgoglioso per farlo.
“Dannazione! Ho rotto la porta del palazzo. È stata una cosa del tutto inaspettata. Colpa di una ragazzina che passando ha commentato il mio sedere con una parola che non posso ancora credere essere uscita da quella bocca. Sono irritato ed imbarazzato allo stesso tempo, maledizione.” Steve rilegge la frase, ridendo come non mai. Bucky non deve essere più molto abituato agli apprezzamenti, da ragazzine men che meno. Vivere nell’ombra sembra averlo reso molto suscettibile a certe cose. Un commento del genere prima della sua caduta lo avrebbe divertito, e sicuramente spinto tra le braccia della ragazza in questione.
“In ogni caso, stavo tornando dalla biblioteca. Sto ricominciando a studiare, ed è assurdo scoprire fin dove sono arrivate scienza e medicina. L’Hydra mi ha tenuto aggiornato sulle tecnologie in questi anni, ma solo quel che bastava per farmi usare nuove armi e tecniche di omicidio. Ad esempio, pensavo che il mio braccio fosse unico, invece ho letto di protesi che si avvicinano molto alla mia. Ho persino dato un’occhiata alle università, per curiosità. Da ragazzo la mia famiglia non poteva permetterselo, ma se ne avessi avuto l’occasione l’avrei frequentata.  Non mi dispiacerebbe tornare sui banchi. Credo che per il momento mi limiterò a cercare informazioni su internet e nelle biblioteche. Non riesco ad abbandonare i libri, mi piacciono di più, forse perché sono cresciuto con quelli” Il Capitano ricorda molto bene la passione di Buck per lo studio, anche se non si sarebbe mai detto visto che al tempo usava un linguaggio particolarmente sboccato. Sorride al pensiero di tutte le volte in cui lo ha ripreso per essere troppo volgare.
“Il sogno di questa notte mi ha lasciato davvero sconvolto. Ero di nuovo nell’edificio con le stanze con gli specchi. Ma la camera dove mi trovavo era diversa dalle altre, pareti di cemento grigio e un lungo tavolo di metallo. Dentro c’ero solo io. Ma ad un tratto dal nulla una voce ha detto James, non ho mai pensato sarebbe stato facile. Nemmeno i miei genitori o le mie sorelle mi chiamavano per nome. Non so chi fosse, non riesco a collegare nessun viso a quella voce. Inizio a credere di aver dimenticato qualcosa di davvero importante.”
 
 








Note:
Questa volta inizio con delle scuse.
So di aver detto che avrei pubblicato domenica (quindi otto giorni fa) e invece non l'ho fatto. Scusate, soffro di pasaculismo cronico.
Non posso che ringraziare di cuore chi mi recensisce, chi legge e chi mi segue. Grazie, perchè mi fate venir voglia di scrivere e fidatevi che è una cosa rara.

Un ultimo grazie alla mia sempre fidata beta Ale che come sempre si legge tutto ciò che butto sulla tastiera continuando ad incoraggiarmi.
Ah, grazie Zara che alla fine ti sei convinta a leggere. 

Black_Sheep
  
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