Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    16/11/2016    2 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 5 – Proposte




«Vattene» mormora, ancora intento a strattonarsi i capelli corvini fra le lunghe dita. «Va' via... Va' via!» grida.

La sua voce è rauca, ruvida come carta vetrata, e la sente scivolare in gola fastidiosamente.

Le mani di Katherine si aggrappano meglio allo scuro tessuto della sua veste. Non sembra proprio intenzionata a dargli retta. Pitch è esasperato. Ringhia, soffocando a stento un'imprecazione poco consona, afferra (forse con troppa forza) le sue piccole spalle e la strattona lontano da sé.


«Lasciami in pace» sbotta. «Perché sei ancora qui? Perché non...».


In tutto questo, deve proprio averla scrollata con eccessiva energia. Il risultato è che adesso la snervante piattola ha gli occhi lucidi e si mordicchia le labbra nell'evidente tentativo di non scoppiare a piangere.


«Dannazione!» sibila.


Al colmo della frustrazione fa uno scatto che lo riporta in piedi per una manciata di secondi, poi le gambe non riescono a reggerlo e nuovamente si ritrova a decorare il sottobosco ghiacciato con il proprio corpo.


«Dannazione» ripete in un mormorio affaticato.


«Ti sei fatto male?».


La voce sottile di Katherine torna a torturargli i timpani e per un breve momento si domanda se non sarebbe stato meglio rimanere a fare il fantoccio per le maledette Ombre. Ma subito scuote la testa, ritenendolo un semplice momento di sconforto (o un inizio di pazzia, chissà).


«Pitch».


L'interpellato sbuffa piano. «Cosa?» borbotta, rabbrividendo a contatto con la brina.


«Hai freddo? Vuoi una cioccolata calda? La nonna dice sempre che non c'è niente di meglio di una cioccolata per riscaldarsi e addolcirsi».


«Fantastico» bercia Pitch.


Per sua immensa disgrazia, si è appena mentalmente raffigurato una vecchietta tutta rughe e sorrisi intenta a distribuire caramelle e cioccolatini a tutti i bambini del circondario. “Quale somma delizia” pensa cinico.


«Pitch».


Pitch geme, maledicendo sé stesso per aver suggerito a quella specie di demone in miniatura di chiamarlo per nome.


«Che cosa?».


Solleva lo sguardo dal terreno, trovandosi prevedibilmente osservato dagli occhi sempre troppo curiosi di Katherine.


«Non ce l'hai una casa?».


Ecco: come sanno centrare gli argomenti peggiori i bambini, nessuno mai.


«No» ringhia «non al momento».


«Oh, per questo sei triste?».


Katherine allunga una mano, palesemente intenzionata a toccarlo di nuovo, e Pitch raccoglie le proprie energie residue per scostarsi il più in fretta possibile. Peccato non serva a molto, dato che quello sguardo verde è ancora spiacevolmente incollato su di lui.


«Non sono affatto triste» si impunta cocciutamente.


«Sì, invece. I tuoi occhi sono tristi» insiste lei.


Oscilla sui talloni, evidentemente nervosa e preoccupantemente pensierosa.


«Se vuoi... puoi venire a casa mia».


Pitch sgrana gli occhi e scuote la testa sconcertato.


«Tu sei pazza» decreta.


«No che non sono pazza!» strilla Katherine, indignata e forse anche un po' delusa dalla risposta.


«Oh sì, tu sei proprio pazza. Non hai ancora capito con chi stai parlando? Che cosa ti dice il cervello, piccola sconsiderata?!».


E non ha la più pallida idea del motivo per cui se la stia prendendo così tanto. A lui che cosa importa se l'impiastro ha tendenze masochiste e sembra decisa più che mai a passare una gran brutta nottata?


Ecco fatto! Questa volta pare proprio esserci riuscito: Katherine ha appena iniziato a piangere. Purtroppo, anche questa volta, il sentimento trainante è la tristezza, mista a un poco di rabbia e delusione. Niente paura, nemmeno un briciolo, da nessuna parte. Una gran bella fregatura, insomma: la prima persona, dopo tanto tempo, in grado di vederlo non ne è spaventata.


«Io... non ti piaccio proprio?» chiede Katherine, sconsolata.


«Sei una bambina. I bambini non mi piacciono. Niente di personale» precisa Pitch.


«Ma io sono una brava bambina. Lo dice la nonna» aggiunge, quasi a voler mostrare di non essere l'artefice di una tale opinione.


A Pitch sfugge un lieve ghigno. «Davvero? E cosa ti fa pensare che questo, per me, sia positivo?».


Katherine sembra volersi prendere un po' di tempo per rifletterci e, infine, tenta «Beh, di solito non combino guai e non do fastidio».


Pitch si produce in una smorfia poco convinta, così Katherine si affretta a proseguire con la spiegazione.


«Davvero! Insomma, sono... ehm, tranquilla e non faccio capricci. E so cucinare!» esclama, nella speranza di aver trovato l'argomentazione giusta per convincerlo.


«Io non mangio» la informa serafico, osservandola divertito sgonfiarsi come un palloncino bucato.


«Non mangi? Mai?» chiede, dubbiosa e un pochino sconcertata.


«A volte mi è capitato» ammette. «Ma non è una necessità come accade per voi umani».


Katherine cruccia il viso, pensierosa, e si perde a osservare la figura scura davanti a sé.


«Tu non sei come noi» riflette, quasi fra sé, e non è affatto una domanda questa volta.


«No, io sono uno spirito» conferma Pitch.


Lei sgrana gli occhi e, se possibile, lo osserva ancora più attentamente.


«Oh, davvero?!». Le sue labbra rosse ora sono di nuovo incurvate all'insù. «E... cosa fai?» chiede eccitata.


Pitch aggrotta le sopracciglia; non è sicuro di ciò che lei vuole sapere.


«Cosa faccio in che senso?» questiona infatti.


«Beh, sai fare qualcosa? Non so, tipo volare, o far sbocciare i fiori, o parlare con gli animali...» propone, sempre più eccitata.


Lui la fissa scettico e abbastanza incredulo. Invero, sperava di aver chiarito almeno quel punto. Evidentemente si sbagliava, di grosso anche.


«Ho per caso l'aria di una fatina dei boschi, io?» borbotta piccato.


Katherine ride divertita a quella che ha correttamente interpretato come un'acida battuta di spirito.


«No, non hai neanche le ali colorate» ammette, giusto un filo dispiaciuta per la loro effettiva mancanza. «E quindi, che cosa fai?» insiste, con tutta l'intenzione di ottenere una risposta valida.


Arreso all'evidenza di dover spiegare qualcosa che, dal suo punto di vista almeno, doveva essere piuttosto chiaro, sospira.


«Io porto gli Incubi e la Paura, di notte, e posso viaggiare attraverso le ombre e divenire ombra io stesso». “Quando ho l'energia sufficiente per farlo” lo pungola spietatamente la sua coscienza.


Ora è Katherine a guardarlo con la bocca spalancata, apparentemente incredula. Pitch si trattiene a stento dal gongolare soddisfatto, anche perché, a conti fatti, c'è comunque qualcosa di sbagliato: lei, come sempre, non sta mostrando paura, ma sorpresa in questo caso. Parecchia, a ben vedere. Pitch si chiede, per l'ennesima volta, dove ha sbagliato.



La luce dà origine all'ombra. E più la luce brilla forte, più l'ombra che produce è fitta e oscura. A volte, è nera come le tenebre.” (Young Black Jack - anime)

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L'ombra, come la polvere, è il nostro fondo nascosto. La si vuole cancellare. Deve essere un eterno meriggio.” (Roberto Peregalli)





  
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