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Autore: wingedangel    20/11/2016    1 recensioni
Evelyn è una semplice ragazza diciassettenne con una vita già abbastanza complicata. Ha perso la madre, vive con il fratellino Ryan e suo padre, che da quando la moglie è morta ha perso ogni voglia di vivere. Costretta a lavorare nei pomeriggi dopo la scuola per portare qualche soldo in più in casa, non ha bisogno di altri problemi nella sua vita. Ma questo è solo l'inizio...
Ora, ricordate Eva? Quella del serpente per intenderci. Bene, Evelyn la detesta. Ma non sa che quella storia la riguarda molto da vicino. Non sa di essere la reincarnazione di Eva. Non sa che al suo diciottesimo compleanno dovrà compiere una scelta. Non sa che il suo migliore amico è in realtà l'Arcangelo Michele inviato da Dio per proteggerla. Non sa che i demoni sono determinati a tentarla, o in alternativa ucciderla. Non sa che fare la scelta giusta non sarà semplice come sembra. Non sa di avere il destino dell'umanità sulle sue spalle.
Non sa nulla, ma sta per scoprirlo.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Quattro

Il giorno successivo mi svegliai alle due del pomeriggio, sentendo i morsi della fame attanagliarmi lo stomaco. Scesi in cucina ancora assonnata. Eravamo rientrati alle quattro dalla festa di Ashley, ma avevo fatto fatica ad addormentarmi, non riuscivo a togliermi dalla mente l’immagine di quel mostro.
Appena entrai in cucina, trovai mio padre impegnato a lavare i piatti.
«Buongiorno.» Mi disse, porgendomi gli avanzi del pranzo.
«Buongiorno a te. Ryan?» chiesi, mentre mettevo il piatto nel microonde.
«Sta giocando in camera sua. Piuttosto, devo dirti una cosa.»
Si sedette a tavola accanto a me, che intanto avevo recuperato la mia bistecca. La sua espressione non prometteva niente di buono, non che fosse mai stato particolarmente sorridente da quando la mamma era morta, ma sembrava più abbattuto del solito.
«Che succede?» chiesi, addentando la bistecca.
«Mi hanno cambiato i turni di lavoro. Hanno dovuto ridurre il personale, e hanno dovuto allungarci gli orari di due ore, per sopperire.»
Sospirai, già lavorava sei ore al giorno e quando tornava a casa doveva occuparsi di noi e della casa, ora avrebbe dovuto persino lavorare di più. Mi dispiaceva veramente per lui.
«Beh, se non altro non è toccato a te rimanere a casa, no?» dissi, cercando di trovare il lato positivo.
«Lo so, ma non riuscirò ad essere a casa in tempo per andare a prendere Ryan all’asilo. Sai che non possiamo permetterci una babysitter. Mi dispiace dovertelo chiedere, ma non è che potresti vedere se per favore Michele è disponibile? Solo per questo mese, poi dopo il tuo compleanno sarai maggiorenne e potresti andarci tu.»
Gli sorrisi, sapevo che Michele avrebbe accettato, era sempre stato disponibile ad aiutarci in qualunque occasione, dubitavo che mi avrebbe voltato le spalle proprio ora.
«Certo, tranquillo. Dopo lo chiamo e glielo chiedo, ma non credo ci siano problemi.»
«Quel ragazzo è veramente un angelo.» Disse mio padre con un sospiro.
Gli sorrisi cercando di tirargli su il morale, vedevo che si sentiva in colpa. Sapevo che gli faceva male rendersi conto che non riusciva a prendersi cura della sua famiglia come avrebbe voluto. La mamma mancava a lui quasi più che a noi, avevano sempre avuto un rapporto molto profondo. Ricordavo bene come alla mamma si illuminassero ancora gli occhi ogni volta che vedeva papà, come ogni volta che lui rientrava dal lavoro interrompesse qualunque cosa stesse facendo per salutarlo con un bacio. Ero cresciuta senza quasi fare caso a tutti quei piccoli gesti d’amore che i miei genitori si scambiavano ogni giorno, erano la mia normalità, non potevo immaginare quanto ne avrei sentito la mancanza ora che lei non c’era più, quanto mi sarebbe mancato vedere il sorriso sul volto di mio padre, e sentire la risata di mia madre riempire la casa. Aveva un modo di ridere spesso sguaiato e a volte persino irritante, ma era il suo modo di ridere, e ora avrei dato qualsiasi cosa per sentirlo un’altra volta. Non volevo dimenticarlo come stavo dimenticando i lineamenti del suo volto.
Due lacrime mi rigarono il volto, lui se ne accorse.
«Che succede tesoro?»
«Pensavo alla mamma.» Cominciai.
La sua espressione si fece subito spenta, i suoi occhi si inumidirono ripensando alla donna che aveva amato e che ancora amava, nonostante fossero passati cinque anni.
«Papà, posso chiederti una cosa?»
Lui annuì.
«Tu ricordi ancora tutto della mamma? Perchè mi sto rendendo conto che non riesco più a ricordare il suo volto chiaramente, non ricordo i suoi lineamenti, è solo un’immagine sfocata nella mia mente. Devo riguardare le sue vecchie foto per ricordarmela, e mi sento terribilmente in colpa. Io le volevo bene, allora perchè non riesco a ricordarmela? Non voglio guardare le sue foto e vederci una sconosciuta, papà.» Ammisi.
Sapevo che parlare della mamma gli faceva male, ma avevo un disperato bisogno di parlarne con qualcuno, anche perchè dopo l’incontro con quel mostro la sera precedente, non riuscivo a togliermi dalla mente quel volto mostruoso ogni volta che ripensavo a mia madre. Non era così che la volevo ricordare, quella non era lei! Allora perchè quell’incontro sembrava aver dato un colpo di spugna al ricordo che avevo del volto di mia madre?
Mio padre sorrise, e cercai di stamparmi quell’espressione nella mente, sapevo che non l’avrei rivista tanto facilmente. Mi prese per mano e mi accompagnò di fronte allo specchio che avevamo nell’ingresso. Guardai la mia immagine riflessa, senza capire.
«Io ricordo ogni dettaglio del suo viso.» Mi disse. «Lo ricordo perchè me lo trovo davanti ogni giorno. La rivedo nei tuoi occhi, nel tuo sorriso. Non hai idea di quanto tu le somigli. Mi torna in mente la mamma ogni volta che ti guardo, Evelyn, e a volte fa male, lo confesso. Ma amo te quanto ho amato lei, e voglio solo che tu sia felice. Non avere paura di dimenticare la mamma, stai praticamente vivendo nel suo corpo. Ora aspettami qui.» Disse, prima di allontanarsi verso la sua camera.
Io rimasi lì a fissarmi allo specchio, pensando alle parole di mio padre. E mentre mi osservavo vedevo il volto di mia madre riprendere forma nella mia memoria. Papà aveva ragione, ci assomigliavamo, avevamo gli stessi occhi, gli stessi capelli, lei semplicemente dimostrava qualche decina di anni di più. Mio padre mi raggiunse, tra le mani stringeva una semplice busta bianca, me la porse.
«Me l’ha regalata il giorno in cui festeggiavamo il primo anno insieme. Non avremmo potuto vederci, io quella mattina partivo per una breve trasferta di lavoro. Un mio collega era passato a prendermi alle cinque del mattino. Sono uscito di casa e l’ho vista lì, in un semplice abito bianco, appoggiata al muretto di casa mia che mi aspettava. Sono corso fuori appena lei si è voltata verso di me e mi ha sorriso. ‘Buon viaggio’ mi ha detto. E mi ha posato questa busta tra le mani. Poi se ne è andata.»
Papà aveva gli occhi lucidi, e una lacrima era sfuggita al suo controllo. Presi la lettera tra le mani. Una semplice busta bianca, leggermente ingiallita dal tempo. Sul retro mia madre aveva scritto semplicemente ‘John’, il nome di mio padre.
«Aprila.» Mi disse lui.
Mi tremavano le mani. Sollevai il lembo superiore lentamente, come se stessi maneggiando qualcosa di estremamente prezioso, come se avessi potuto distruggerla solo maneggiandola con minor delicatezza. Ne estrassi una semplice fotografia e capii subito cosa intendeva mio padre dicendo che le stavo ‘rubando il corpo’. La ragazza nella foto avrei potuto benissimo essere io, sapevo di non esserlo, ma chiunque l’avrebbe scambiata per me; la mamma indossava un semplice vestito bianco a fiori, teneva i lunghi capelli raccolti in una coda alta, come ero solita fare anche io, e sorrideva radiosa con la mano alzata in un cenno di saluto. Istintivamente strinsi la foto al petto, mentre calde lacrime mi rigavano il viso.
«Tienila tu.» Disse mio padre.
Staccai immediatamente la foto dal mio petto e gliela porsi. Non potevo accettare, non ora che sapevo quanto quella foto significasse per lui.
«No, non posso. È tua. La mamma l’aveva regalata a te!»
«Si, e ora io voglio che la tenga tu. Per favore.» Mi sorrise di nuovo.
Due sorrisi in una giornata! Era una conquista non da poco. Annuii, stringendo la foto tra le mani. Mio padre mi abbracciò, mentre cercavo di calmare le lacrime che ormai non volevano saperne di fermarsi.
«Ti voglio bene papà.» Dissi.
«Ti voglio bene anche io tesoro.»
 
Appena mi ricomposi, finii di mangiare, tornai in camera mia e chiamai Michele, che come immaginavo accettò senza esitare di accompagnarmi a prendere Ryan. Mi chiese anche di uscire a fare qualcosa insieme ma mi ritrovai costretta a rifiutare. Lanciai uno sguardo omicida verso il mio libro di chimica.
Diverse ore di studio dopo chiusi il libro con uno scatto. Sapevo di dover studiare per il compito di chimica del giorno successivo, ma non c’era stato verso di togliermi dalla testa il fatto che avrei potuto essere da qualche altra parte a divertirmi insieme a Michele, invece ero chiusa in quella dannata stanza davanti ad una serie di reazioni chimiche che mi fissavano minacciose dal mio libro di testo. Ok, forse non mi stavano fissando, semplicemente non ci avevo mai capito un tubo, e ai miei occhi erano solo un ammasso di lettere e numeri che non avevo la più pallida idea di che cosa volessero da me, quindi si, avevo la sensazione che mi stessero fissando aspettandosi chissà cosa da me. Cominciavo a rendermi conto che ci stavo lasciando la mia già precaria salute mentale, quindi decisi di scendere a preparare la cena. Il compito sarebbe andato male, ma non era certo una novità.
 
***

Il giorno successivo mio cugino Billie era ammalato, quindi mia zia era rimasta a casa da lavoro lasciandomi la giornata libera dal lavoro. Così, alla fine della scuola tornai dritta a casa, e appena finito di pranzare mi misi subito a studiare. Mi faceva uno strano effetto studiare di pomeriggio, visto che solitamente lo facevo sempre la sera; questo però non lo rendeva più divertente, così, un’ora dopo me ne stavo spaparanzata sul divano a vedere la tv. Quasi non sentì il suono del campanello quando Michele venne a prendermi per andare a prendere Ryan all’asilo.
Entrai a scuola e sorrisi vedendo Ryan corrermi incontro. Di solito passava mio padre a prenderlo, visto che io ero impegnata con mio cugino, quindi era comprensibile che fosse sorpreso di vedermi.
«Mi scusi. È la sorella di Ryan? - mi chiese una delle maestre. - Posso parlarle un secondo?»
Io annuii, e mi chinai verso Ryan.
«Ryan, aspettami in macchina con Michele, ok?»
«Ma devo portare a casa il disegno!» disse lui, rivolto alla maestra.
La maestra gli sorrise ed annuì.
«Certo, ma è talmente bello che voglio farlo vedere a tua sorella, poi te lo porta lei, promesso.»
Ryan annuì e si allontanò con Michele. Io invece seguii la maestra all’interno dell’aula.
«Oggi Ryan ha passato un momento difficile. Stava disegnando, e ad un certo punto l’ho visto fermo a fissare il foglio.»
Mi porse il disegno in questione. Osservandolo quasi mi commossi, Ryan aveva disegnato la nostra famiglia. Sulla sinistra c’era mio padre, un’altra persona, probabilmente Michele, poi aveva disegnato me con una corona in testa che gli tenevo la mano. Alla sua destra aveva disegnato la mamma, con due grosse ali da angelo che occupavano metà del foglio ma senza volto. Aveva solo disegnato un cerchio rosa per la testa. Era comprensibile che non sapesse come continuare, non aveva mai visto la mamma, l’aveva conosciuta solo dai nostri racconti, e mi fece tenerezza notare che l’aveva raffigurata così.
«Mi sono avvicinata e gli ho chiesto cosa stava disegnando,» continuò l’insegnante. «Mi ha indicato le varie figure, il papà, Michele, la ‘sorellona bella come una principessa’, lui, e la mamma, ‘che è un angelo’. Poi ha detto che però non sapeva come fare la faccia alla mamma, che non si ricordava che colori doveva usare. Gli ho promesso che l’avrebbe portato a casa e che l’avreste aiutato ad usare i colori giusti. Quindi ora le lascio il disegno, magari trovate un po’ di tempo per finirlo insieme, era piuttosto triste per il fatto di essere l’unico in classe a non saper disegnare la sua mamma.»
Annuii e la ringraziai per l’attenzione che aveva avuto per lui, poi uscii e raggiunsi Michele e Ryan. Ripensandoci, era strano che avesse disegnato anche Michele, evidentemente lo considerava ormai parte della famiglia, e la cosa mi fece tenerezza.
«Eccomi! Eccoti il disegno, appena arriviamo a casa lo finiamo, promesso!»
Lui prese il disegno e lo mostrò subito a Michele.
«Michele guarda! Ci sei anche tu! Ti piace?»
Michele rimase per un momento interdetto osservando il disegno, poi disse le parole che resero mio fratello più felice che mai.
«Che ne dici, Ryan, ti va se andiamo al luna park, compriamo uno di quei palloncini che volano nel cielo, finiamo il disegno e lo leghiamo al palloncino, così lo mandiamo nel cielo dalla tua mamma?»
Gli occhi di Ryan brillavano mentre gridava un ‘si!’ più che entusiasta. E così facemmo. Andammo al luna park a comprare il palloncino, poi tornammo a casa a finire il disegno e lo legammo al palloncino.
«Sei pronto?» gli chiesi, mentre tenevamo in mano il foglio perchè non volasse via troppo presto.
Ryan annuì, così io lasciai andare il foglio, lui lo strinse tra le mani ancora un po’ poi lo lasciò andare. Michele mi posò una mano sulla spalla mentre guardavamo il palloncino salire in cielo fino a scomparire.
«Lyn, secondo te il palloncino riuscirà davvero ad arrivare fino alla mamma?» mi chiese Ryan.
«Certo che ci arriverà.» Rispose Michele.
Mi voltai verso di lui, aveva detto quelle parole con una tale fermezza che ci stavo per credere anche io. Sembrava che lo sapesse per certo… ma che andavo a pensare? Stavo sicuramente ammattendo. Lui si voltò verso di me, accorgendosi che lo stavo fissando. Mi sorrise e il mio cuore perse un battito. Ero innamorata persa, ma lui non avrebbe mai ricambiato. Sospirai, tornando a volgere lo sguardo verso il cielo mentre una lacrima solitaria mi rigava il volto.

 
 

CANTUCCIO AUTRICE:

Rieccomi! Scusatemi tanto per il ritardo!! Vi sono mancata?

Evelyn: No! Quindi potresti andartene e lasciarmi vivere in pace senza complicarmi sempre la vita?

Ok, Evelyn a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Lo so, non è pieno d'azione, anzi, è un capitolo piuttosto 'statico' ma ci tenevo a presentarvi la famiglia di Evelyn. E lo so, non ho ancora spiegato che diavolo è successo a sua madre, qualcuna di voi forse l'avrà capito, ma ho intenzione di spiegarlo credo nel prossimo capitolo, quindi ancora un attimino di pazienza. :)

Ci sentiamo al prossimo capitolo, in cui spunterà di nuovo Bryan. Quel ragazzo è come il prezzemolo! :D :D

Nel frattempo fatemi sapere che ne pensate!

A presto!

Wingy

 
   
 
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