Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    27/11/2016    1 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 9 – Andata e Ritorno




«Pitch».


Pitch, distratto dal secondo quadretto di cioccolata che si sta lentamente sciogliendo nella sua bocca, non si avvede immediatamente dell’ennesimo richiamo della bambina.


Katherine, con cautela, gli sfiora la spalla e si ritrova improvvisamente trafitta dai suoi occhi dorati, che la scrutano più in profondità di quanto abbia mai potuto fare chiunque altro.


«Ehm… Volevo solo dirti che tra poco devo andare a scuola. Ma pomeriggio torno!» assicura.


«Come preferisci» ribatte come sempre Pitch, il quale non sembra volerle concedere alcun tipo di soddisfazione, per lo meno all’apparenza.


Ma lei gli offre comunque un sorriso gentile e, tutto sommato, si ritiene piuttosto fortunata che lui, al posto di quelle sue repliche monocorde, non le dica chiaro e tondo di non tornare più. Quello sì sarebbe un ben duro colpo da digerire.


«Ci vediamo più tardi, allora» esclama allegramente.


Prima di andarsene, lascia sulla sua guancia fredda un altro minuscolo bacio.


Lei è già sparita all’interno del paese da qualche minuto, quando Pitch solleva una mano e con le dita si sfiora pensieroso la guancia vittima dell’ennesima libertà della bambina.


Dovrebbe allontanarsi da lì, da quel buco di provincia. Lo sa bene: più tempo rimane e più pericoloso diventa. Certo, fino a ora ha sempre avuto una giustificazione più che buona per la sua permanenza in quel posto. Tuttavia ora sente di potersi permettere qualche sforzo in più. Infatti poco dopo si rimette in piedi e, anche se non ancora perfettamente saldo sul terreno, pochi passi di prova gli confermano che quel giorno stesso potrà rimettersi in cammino.


Si volta un momento a osservare la foresta alle proprie spalle e non può fare a meno di lasciarsi scorrere un sottile tremito lungo la schiena al pensiero di ciò che cela quell’intrico di alberi secolari. Scuote la testa e punta lo sguardo in avanti, verso una meta ancora lontana.


Prima di avviarsi, osserva indeciso la scatoletta che ancora regge in una mano e le sue labbra curvano impercettibilmente verso l’alto, mentre la fa scivolare in una delle tasche della sua veste nera. Solo allora si allontana definitivamente dall’albero che è stato suo negli ultimi due giorni e si incammina ad attraversare il paese che gli si para di fronte.


Non è avvezzo a spostarsi durante il giorno, quando il sole è alto. Ma visti i recenti sviluppi della sua esistenza ritiene che, per il momento, sia più saggio: viaggerà durante il giorno e troverà rifugio nelle ore buie. Questo sicuramente gli offrirà qualche vantaggio su quelle creature che ha lasciato là sotto.


Ha già quasi attraversato l’interezza di quel paese (che certo non è enorme, ma ha comunque il suo peso). Forse, dopo tutto, il cioccolato è un ottimo modo per recuperare velocemente un po’ di energie. Chissà che con qualche altro quadretto non riesca anche a spostarsi attraverso le ombre. Sarebbe davvero favoloso, se fosse possibile.


Gli spazi aperti già si intravedono non troppo distanti, e Pitch per una volta si rallegra dei progressi fatti, quando qualcosa arresta bruscamente il suo incedere deciso. Sibila, portandosi una mano alla tempia e scuotendo la testa ora nuovamente dolorante. C’è qualcosa che non va, ma cosa? Tenta un altro passo, nella speranza che il dolore e il disagio passino, ma al contrario una fitta più decisa lo fa barcollare mezzo tramortito.


«Maledizione!» sbotta, incredulo per quell’ennesimo ostacolo.


Così si rassegna all’idea di scoprire la sorgente del problema e, spostandosi in un angolo in ombra, si concentra sulla sgradevole sensazione che ancora lo sta assalendo: Paura. “Naturalmente, che altro se no?” si domanda acido. Ma realmente, questa volta, c’è dell’altro, qualcosa di più specifico, qualcosa che dovrebbe conoscere, eppure gli sfugge. Almeno fino al momento in cui, per un istante, la sensazione diviene intensa, quasi insopportabile, per poi scemare nuovamente a livelli più tollerabili. Katherine. Ed è così luminosa, ora, la consapevolezza, che si chiede come possa averci messo così tanto per capirlo.


«Che cosa succede?» chiede, quasi il silenzio del pomeriggio possa rispondere ai suoi dubbi. «Cosa?!».


Paura. Di nuovo. Più forte ora, qualcosa di più limpido e crudo. Qualcosa come… Geme, stringendo i denti all’ennesima stilettata che gli arriva diritta al cervello, così precisa da sembrare un bisturi.


«D’accordo… D’accordo!» sbotta frustrato.


E non ha altra scelta. Non c’è abbastanza tempo per camminare. Semplicemente, che lo possa fare o meno, deve spostarsi nel modo più rapido che conosca: attraverso le ombre.


È un battito di ciglia. Si ritrova, confuso e frastornato, un poco più debole di quando è partito, in un luogo sconosciuto, ma alla presenza di qualcuno di conosciuto.


Katherine è lì, poco distante da dove si trova Pitch, ma non lo ha ancora veduto. Non può, d'altronde; è evidentemente troppo impegnata a tenere lontani da sé cinque ragazzini che sembrano avere tutte le intenzioni di farle del male; se a parole o con i fatti è tutto da stabilire.


Ma Pitch non ha né la voglia né tantomeno il tempo di osservare l’evolversi della situazione. È stanco, è dolorante ed è decisamente arrabbiato. E la piccola Katherine è terrorizzata, come non lo è mai stata veramente in sua presenza.


«Maledetti piccoli teppisti» sibila contrariato.


Infine si fa avanti. Loro non lo possono vedere né sentire, ma questo, dopo tutto, non è un grande problema per Pitch. È comunque ancora in grado di infondere una buona dose di terrore, quando si applica con disciplina.


Si accosta, silenzioso, alle spalle di quello che gli pare il più promettente dei cinque e, chinandosi su di lui, mormora poche oscure parole al suo giovane orecchio. Parole che hanno l’effetto di far sbiancare il malcapitato, il quale, senza apparente ragione, inizia a tremare incontrollabilmente e infine urla sgomento, incespicando all’indietro. Pochi istanti dopo si volta, con impressa in volto l’aria di qualcuno che è appena passato attraverso un fantasma, e se la dà a gambe a una velocità che nessuno si sarebbe mai aspettato. Gli altri quattro, dapprima lo fissano straniti; poi gli gridano di fermarsi, di aspettare; infine, confusi, decidono di seguirlo, liberando il campo dalla loro presenza per nulla gradita.


Pitch invece segue l’intera scena e ghigna, perché no, a quanto pare non ha del tutto perso il suo tocco oscuro, e questa sì che è un’ottima notizia. Si sente, in qualche modo, confortato da questa nuova consapevolezza. Dopo tutto è ancora il Nightmare King, almeno per i teppisti in erba.



Forse la vita è come un fiume che va al mare: forse non siamo andati dove intendevamo andare, ma siamo finiti dove avevamo bisogno di essere” (Fabrizio Caramagna)



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Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi.” (Italo Calvino)






  
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