Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Fenice_blu    27/11/2016    1 recensioni
«Allora… che ne dici Bea? Ti andrebbe di uscire con me?»
Ci riflettei un attimo e lo guardai. I capelli un po’ scompigliati, gli occhi verde smeraldo che mi fissavano speranzosi in attesa di una risposta, il sorriso caldo e gentile…
Sorrisi e dissi «sì, mi piacerebbe molto Ale».
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il giorno dopo dormimmo fino alle 9, poi zia venne a svegliarci ma mentre io mi alzai in piedi dopo qualche minuto (svogliatamente, ovvio), mia cugina nascose la testa sotto il lenzuolo, non avendo nessuna intenzione di lasciare il comodo letto.
«Perché diavolo dobbiamo alzarci così presto!? È estate!» brontolò.
«Dai Ceci non ci pensare… magari andremo al mare o a farci qualche giro interessante» dissi soffocando uno sbadiglio.
«Non mi interessa! Il pomeriggio esiste per questo! Di prima mattina non ho voglia di andare da nessuna parte!» fece lei contrariata.
«Va bene ho capito! Ti lascio in pace, io intanto scendo a fare colazione» dissi mettendo le infradito.
Presi il telefono e vidi un messaggio, inizialmente pensai che fosse di Ale, invece scoprii con gioia che era di Jasmine.
Ciao Beaaa! :D Come stai? Il viaggio è andato bene? Spero di sì! Ti ricordo che oggi non sarò reperibile per tutto il giorno: siamo appena partiti per l’acquapark! Ci sentiamo domani! Divertiti :*
Mi ero completamente dimenticata della gita di Jas all’acquapark con la sua famiglia, e rimasi un po’ dispiaciuta, perché avrei voluto tanto parlare con lei.
Va bene ci sentiamo domani! Il viaggio è andato bene! Tu piuttosto divertiti! Un bacione! ^^
Dopo aver risposto scesi le scale da dove si sentiva già il profumo del caffè e raggiunsi la cucina dove trovai zia Eva con la caffettiera in mano, mentre Vincenzo stava seduto davanti alla sua tazza di latte.
«’Giorno Bea!» mi salutò mio cugino.
«’Giorno Vincenzino»
«Vieni Bea! Accomodati, prendi tutto quello che vuoi! Vuoi che ti prepari il latte?» disse sorridente zia.
Ringraziai e mi sedetti a tavola. Mia zia aveva indetto un vero banchetto: oltre al latte e al caffè c’erano una caraffa di succo d’arancia e delle bustine per il tè, cereali, dei deliziosi biscotti, alcune brioche, una ciambella marmorizzata fatta da zia, crema di nocciole, miele, confettura alle pesche e alle ciliegie da spalmare sulle fette biscottate o sul pane fragrante che riempiva un piccolo cestino e infine un canestro di frutta fresca campeggiava trionfale al centro della tavola.
«Cha facciamo di bello oggi?» chiesi tagliando un pezzo di ciambella.
«Questa mattina andiamo tutti al mare. Poi torniamo a casa per pranzo, vi lavate e poi decideremo dove andare nel pomeriggio…» rispose mia zia, porgendomi una tazza gialla colma di latte.
«Stasera c’è la festa a Minori, potremmo andare lì!» le suggerì Vincenzino mentre spalmava la confettura di pesche su una delle fette biscottate che aveva nel piatto.
«Sì ci ho pensato, ma come ti ho detto ne parleremo oggi a pranzo»
Io e Vincenzino finimmo tranquillamente di mangiare quando finalmente Cecilia scese, con i  capelli tutti scompigliati e borbottando insulti.
«Sorellona che hai? Sembra che ti abbia investito un uragano!» la prese in giro con aria maliziosa il fratello.
«Vai a quel paese, cazzone» sbottò lei nervosa.
«Uhhh! Qualcuno è di cattivo umore sta mattina! Che c’è hai litigato con la spazzola?» la prese in giro.
Lei lo fulminò con uno sguardo che avrebbe pietrificato sul posto chiunque, ma non Vincenzino.
Lui la stuzzicò ancora, e prima che lei gli tirasse una sberla in faccia, lo tirai via verso il piano di sopra.
«Trovo sconcertante il fatto che non ti fai scrupoli a dare fastidio a Cecilia! Non pensi mai di essere davvero irritante?»
«Ma io non sono irritante… Sono una vera piaga! Non mi stancherò mai di farla arrabbiare di prima mattina!»
«Sei impossibile! Non capisco, sei tra le persone più intelligenti che conosco eppure non riesci a evitare di rompere le scatole a tua sorella come un idiota. Cosa ci trovi di divertente?»
«Ma dai! Hai visto la faccia che fa quando si innervosisce? Mi fa morire dal ridere! È più o meno così» disse imitando la faccia di Cecilia, facendomi scoppiare a ridere.
 
 
Ehi principessa! Come stai oggi? ;)
Benone! E il mio musicista preferito come sta? :)
Mi dispiace ma… Bach è morto
Mi ritrovai a ridere in faccia al telefono.
AHAHAHA non ti viene in mente nessuno di più recente?
Beh… anche Lucio Battisti è morto…
«Ehi! Cosa c’è da ridere?» chiese curiosa Cecilia.
«Oh niente… mi passi l’asciugamano? Sto bagnando tutto il telefono»
Avevo appena finito di fare il bagno, e l’acqua salata gocciolava dappertutto.
Cecilia si levò gli occhiali da sole, si mise seduta sulla sdraio e prese dalla borsa uno degli asciugamani.
«E Vincenzino?»
«È ancora in acqua a giocare con Gabriele» dissi con un sorriso.
Guardai ancora i due che si inseguivano in tra le onde, ridendo come pazzi. Io intanto mi stesi armata del telefono e di un libro, sullo sdraio sotto l’ombrellone, accanto allo sdraio di Cecilia, la quale era lì stesa da più di un’ora a prendere il sole.
Hahahaha sì ho ricevuto la notizia qualche tempo fa! E tu invece come stai allora?
«Sembri davvero presa da lui…» fece lei guardando il cielo da dietro le lenti degli occhiali da sole.
«Credo di sì… sai non sono un’esperta, non mi era mai capitato prima…»
«Capisco… vorrei proprio conoscerlo sai?»
«Per verificare che sia a posto? Sta tranquilla è passato alla verifica di Jas quindi…»
«No non è per quello»
La fissai un attimo «Davvero? Allora perché?»
Lei si girò a guardarmi sorridendo «Semplice: se l’hai scelto deve essere per forza un bravo ragazzo. Sei tra le ragazze più sveglie che conosco e sono certa che sai scegliere bene da sola con chi stare!»
La guardai, colpita dalle sue parole davvero inaspettate «Wow… grazie Ceci, io non so cosa dire!»
Lei si tolse gli occhiali, e con il sorriso malizioso di chi la sa lunga fece un occhiolino «Beh sai non potrebbe essere altrimenti! Sei mia cugina! E la mia cuginetta deve avere per forza buon gusto!»
 
 
«Ehi ragazze! Presto dateci gli asciugamani o moriremo di freddo!» esclamò Vincenzo seguito da Gabriele, entrambi naturalmente fradici.
«Io voglio qualcosa da mangiare!» esclamò Gabriele una volta che lo ebbi coperto con un telo mare troppo grande per lui.
«Ti va di prendere un gelato?» gli domandò Cecilia.
«Siiii che bello!» sorrise entusiasta lui.
«Noi due invece sai già cosa prenderemo vero?» mi chiese Vincenzo facendo l’occhiolino.
«Naturalmente! Tu Ceci vieni con noi?»
«No grazie! Questa volta passo! I soldi sono nella borsa; se volete prendete qualcosa per farvi una partita ai giochi al bar» disse lei, tornando a rilassarsi sulla sdraio.
«Sii! A biliardino! Dai andiamo!» gridò allegro Gabriele tirando per un braccio Vincenzo.
«Splendido! Allora andiamo!»
Andammo al bar del lido, il quale si chiamava “Lido Stella Cadente”, dove comprammo un gelato ai gusti crema e caffè, ricoperto di panna per Gabriele e due ghiaccioli alla menta per me e mio cugino. Quella del ghiacciolo era una vera e propria tradizione: tutte le volte che ci trovavamo dovevamo sempre andare a mangiare un ghiacciolo alla menta insieme (ovviamente d’inverno non potevamo farlo), e per noi era diventato un vero e proprio simbolo delle nostre vacanze e della nostra amicizia.
Ci sedemmo ad un tavolo a gustarcelo, mentre Gabriele che aveva già spazzolato il gelato giocava ad un vecchio flipper.
«Ma guardaci… dopo tutti questi anni siamo ancora qui, a prendere il nostro ghiacciolo alla menta, come se… il tempo non fosse mai passato, come se fossimo ancora quei due bambini che si rincorrevano sulla spiaggia per una formina colorata… quindici anni dopo e anche di più…» disse a un certo punto Vincenzino, con lo sguardo pensieroso.
«Parli come se avessi settanta anni, invece che diciassette!» dissi io ridendo «Però è vero… o anche come quei due ragazzini che si stavano sfracellando sugli scogli per catturare un granchio immenso!» dissi io, sorridendo al ricordo di quella giornata.
«Me lo ricordo! I nostri genitori si arrabbiarono tantissimo! Papà era talmente infuriato con me che mi vietò di entrare in acqua per un mese! Ma alla fine non andò troppo male! Tu ti scorticasti un braccio e io mi tagliai sulla gamba…»
«E alla fine tornammo trionfanti sulla spiaggia dai nostri genitori, con il granchio nel secchiello e un sorriso folle da vincitori!»
«Ho ancora la cicatrice sai?»
«Dillo che sei solo contento che ti sia rimasta la cicatrice»
Lui sorrise «È vero! È la prova della nostra grande impresa!»
A quel punto però mi balenò in mente un pensiero «Chissà se ce ne saranno altri di momenti così…»
Lui mi guardò perplesso «Perché non dovrebbero essercene più?»
«Perché quest’anno inizieremo il quarto anno di superiori, poi faremo diciotto anni… Poi Cecilia andrà all’università, e noi la seguiremo l’anno dopo e…»
«Ehi frena un secondo! Non credi di correre un po’ troppo? Non hai nemmeno compiuto diciassette anni e già pensi ai diciotto e all’università? In fondo tutto questo avverrà nell’arco di due anni!»
«Lo so, lo so… è solo che a volte non posso fare a meno di pensarci. Prima o poi, ognuno di noi prenderà la propria strada, non ci vedremo più spesso come adesso e finiremo per separarci del tutto» dissi intristita da quella possibilità.
Per un po’ Vincenzino rimase in silenzio finché non mi guardò dritto in faccia «Questo tuo noi a chi è riferito?»
Lo guardai, confusa «Che razza di domanda è?»
Lui alzò un sopracciglio «Scusa ma, a me sembra un discorso più riferito ai tuoi amici e anche ad Alessandro…»
Rimasi per un attimo interdetta «Ma questo che c’entra? Non ci stavo affatto pensando!»
Lui mi guardò scettico «Mmm… sì certo come vuoi tu!»
Restammo zitti per un po’ quando alla fine lui ruppe il silenzio «Comunque posso dirti una cosa! Io e Ceci non ti lasceremo mai! Siamo una famiglia e ci ritroveremo sempre!»
Gli sorrisi «Grazie cugino!»
 
 
 
Quel pomeriggio decidemmo di farci un giro tranquillo, solo io, Ceci e Vincenzino, poiché Gabriele aveva deciso di restare con mio padre e mio zio, per cui si sarebbe comunque divertito.
«Che ne dite di andarci a fare un giro in risciò?» suggerì Vincenzo.
«Questa sì che è una bella idea!» esclamò Cecilia.
Sapete più volte rinfacciai sia a Vincenzino la sua idea, sia a Cecilia la sua reazione entusiasta. Certamente nessuno di noi tre avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo quel pomeriggio.
«Ci vuole proprio! Cercate di stare al mio passo. Altrimenti, se volete, farò tutto io il lavoro»
«Buffo, detto da uno che di solito non si sforza nemmeno di raggiungere il telecomando dall’altra parte del divano!» ribatté Cecilia. Stranamente Vincenzino non rispose alle provocazioni della sorella, ignorandola totalmente.
«Io sono andata in risciò solo una volta, ed ero troppo piccola per pedalare… voi sapete guidare un risciò vero?» chiesi piuttosto dubbiosa.
«Ma certo! Io ci sono andata spesso con i miei amici, ma non ti so dire se questo decerebrato ci sia mai andato» disse mia cugina indicando il fratello.
«Quanta poca fiducia! Sì, ci sono andato, e ho anche guidato io, se proprio volete saperlo!»
Così arrivammo ad un noleggio, dove Cecilia pagò per due ore il noleggio di un risciò giallo a due posti, ma essendo abbastanza largo, potevamo stare tranquillamente anche in tre persone. Vincenzino insisté per stare al volante, così lo lasciammo fare. Per un po’ girammo tranquillamente, facendoci solo suonare ogni tanto da qualche auto. Poi finalmente raggiungemmo una zona residenziale poco trafficata dove potevamo girare senza dare fastidio a nessuno.
«Visto che sono capace? E voi che vi preoccupavate tanto! Ho tutto sotto controllo!»
Questa è un’altra delle frasi che gli avremmo rinfacciato a vita.
«Andiamo più veloce!» feci io presa dall’entusiasmo.
«Scherzi?! Non ci pensare nemmeno!» si lamentò Cecilia «Se andate più veloce, rischiamo di investire qualcuno, con Vincenzo alla guida!»
«Ti stai per caso offrendo volontaria per il cambio?»
«Certo che no!»
«E allora noi andiamo alla velocità che ci pare, acceleriamo un po’, però cerca di non stancarti troppo Bea!»
Così acquistammo di nuovo un’andatura abbastanza veloce. Vincenzo ci fece girare alcune zone in cui non ero mai stata, zone di Amalfi che sembrava distaccate dalla parte turistica della città, ma non meno caratteristiche e graziose.     
«Peccato che non sei venuta a giugno! Ti sei persa la regata più bella a cui abbia mai assistito!» esclamò dopo un po’ Vincenzino.
La regata a cui si riferiva mio cugino era la Regata delle Antiche Repubbliche Marinare. È una manifestazione sportiva, di rievocazione storica, in cui le vecchie repubbliche marinare, cioè Pisa, Genova, Venezia e Amalfi si sfidano in una gara tra barche a remi. Si svolge ogni anno, ma a rotazione è ospitato dalle quattro città, e quell’anno era toccata ad Amalfi. Per la città era un grande evento, e come ciliegina sulla torta “al culmine di una gara entusiasmante” come diceva sempre Vincenzino, l’equipaggio di Amalfi aveva vinto.
«Eh lo so, mi dispiace essermela persa!»
«La cosa più bella è che abbiamo vinto dopo tre anni di fila che vinceva Venezia! Per di più in casa! Ma la nostra squadra è formata da veri campioni, non potevamo perdere!»
«È vero, mezza città era in festa quel giorno… ma tu non ti distrarre e guarda la strada! Non vedi che dovevamo girare a destra?» disse Cecilia.
«Accidenti… non fa niente, prenderemo la prossima traversa…»
«Ceci mi dai un attimo il cambio? Mi serve un attimo di pausa, non sento più le gambe!»
«D’accordo però sappiate che sono totalmente fuori allenamento!» mi rispose lei.
Dopo esserci date il cambio e aver ritrovato il percorso da cui eravamo arrivati, ci ritrovammo alla fine di una strada che proseguiva verso una lunga discesa, non troppo ripida.
«Dobbiamo per forza rifare questa strada?» chiese dubbiosa mia cugina.
«Sì, altrimenti se facciamo un’altra via, allunghiamo troppo, e dovremo pagare il tempo extra!»
Così imboccammo la discesa, cercando di andare piano. Mentre parlavamo però notai che stavsamo iniziando ad andare un po’ troppo veloce, e non fui la sola.
«Piuttosto… vai piano, stiamo andando troppo veloci!» disse Ceci.
«Sta tranquilla! Mò freno!»
Niente, il risciò non accennava a rallentare.
«Vincè frena!»
«Vincenzo?» lo chiamai io.
«Raga, niente panico ma… il freno non funziona» rispose lui lentamente.
«COSA?!?» urlammo noi in coro.
«Non fare il cretino! Che diavolo vuol dire che non funziona?!»
«Significa che il dannatissimo freno non funziona!!!» gridò Vincenzo.
Cecilia iniziò ad andare in panico, mentre il risciò continuava ad acquistare velocità.
«Oh nooo! Che facciamo adesso?!» gridò Cecilia mentre i capelli le finivano in faccia per colpa del vento.
«Maledizione, un attimo sto pensando. Proviamo a frenare coi piedi!»
«Sei serio?!» lo guarda sconcertata io.
«Non ci costa nulla provare! Forza!»
Io e lui mettemmo una gamba fuori cercando di frenare la discesa, ma ormai andavamo troppo veloci.
«Non funziona! Così rischiamo solo di farci male!»
«Oltre a consumarvi le suole delle scarpe» fece Cecilia «E vi consiglio di guardare dove moriremo spiaccicati!»
Eravamo a metà della discesa, e si vedeva che la strada curvava violentemente a sinistra, mentre di fronte c’era una fila di alberi, dai tronchi terribilmente larghi e robusti. Se ci fossimo schiantati contro quegli alberi, dubitavo che il risciò avrebbe minimamente retto all’impatto.
Io e Vincenzo ci guardammo, ma ormai era chiaro che la soluzione era una sola.
«Dobbiamo saltare!» gridai, mentre il vento mi sferzava il viso.
«Sei impazzita?! Così ci faremo a davvero male!»
«Meno di quanto ci faremmo male se finissimo addosso a quegli alberi!»
«Non c’è altro modo! Cecilia salta prima tu!» disse Vincenzo sterzando leggermente, cercando di avvicinarsi il più possibile al marciapiede.
«Cerca di andare oltre il marciapiede, sull’erba!»
«Vuoi dire sulle sterpaglie!»
«ZITTA E SALTA!» gridammo insieme io e Vincenzo.
Cecilia si spinse fuori e cadde per fortuna sull’erba secca.
«Speriamo che non si sia rotta nulla!» esclamai.
«Ci penseremo dopo… adesso tocca a te!»
«Mi raccomando, salta subito dopo di me ok?»
«Non ti preoccupare! Ti seguo a ruota! Adesso và!»
Mi affacciai, e rimasi in bilico sul risciò e con i capelli che mi frustavano il viso, guardai il marciapiede correre sotto di me, mentre gli alberi continuavano ad avvicinarsi pericolosamente. “Qui se sbaglio mi sfracello” pensai. Sentivo che mi si era fermato il respiro in gola. Alla fine decisi che più esitavo e più sarebbe stato peggio, così, senza pensarci, senza esitare più, mi dissi “Al diavolo” , mi diedi la spinta e saltai.
Ora mi piacerebbe dirvi che atterrai senza alcun problema, magari facendo una capriola e finendo in una posa figa da film d’azione, con l’abilità di un ninja. Ovviamente non fu così.
La spinta fu sufficiente per arrivare sull’erba, ma appena posai il piede, mi accasciai al suolo con l’eleganza di un sacco di patate, rotolando leggermente e scorticandomi le braccia con i rametti di un cespuglio secco che schiacciai. Prima che potessi rimettermi in piedi, sentii uno schianto pazzesco, un assordante rumore di metallo accartocciato.
«Vincenzo!» gridai.
«Sono qui…» disse mio cugino nascosto dall’erba alta.
La voce veniva da  circa cinque metri più giù, così mi alzai e corsi da lui.
«Stai bene?» chiesi preoccupata. Tutto sommato era a posto, o quanto meno non sembrava avere nulla di rotto.
«Sì… solo un po’ ammaccato» disse guardandosi i palmi delle mani pieni di graffi.
«Beaaa!» sentii gridare.
«Cecilia! Tutto bene?» gridai correndo verso mia cugina.
«Nooo» fece lei, con un tono sofferente. Allungai il passo.
«Ti sei fatta male?» arrivata da lei la trovai mentre si teneva la caviglia sinistra.
«Sì, ho preso una storta assurda… fa un male cane!» piagnucolò lei.
«Dai stai tranquilla! Adesso ti trovo un po’ di ghiaccio…»
«Qualcosa di rotto?» chiese Vincenzo appena ci raggiunse.
«No ha preso solo una storta per fortuna!» dissi io.
«Meno male!» fece lui, tirando un sospiro di sollievo «Avete visto come si è ridotto il risciò?»
Ci affacciammo sulla strada, e alla fine della discesa un ammasso di ferraglia contorta gialla e grigia, da cui si distinguevano solo i sedili e tre delle quattro ruote, era praticamente spalmata contro uno dei tronchi più spessi mentre una delle ruote si era staccata ed era volata tra i rami.
«Ammetto che saltare era l’unica scelta…» disse Cecilia che si appoggiava a me per tenersi in piedi.
«Tu dici?» la guardò male Vincenzo. «Ringraziate che per fortuna non è passato nessuno mentre precipitavamo! O qualcuno si sarebbe fatto male davvero!»
Per un attimo nessuno disse nulla.
Poi dissi ai miei cugini «Beh prima di farci ammazzare dai nostri genitori per aver distrutto un risciò noleggiato, che ne dite se ci prendiamo un gelato?»
 
 
 
 
Angolo autrice
Salve a tutti!
Sono in colossale ritardo (ma che novità) e vi chiedo mille volte scusa, ma tra mancanza di tempo e blocco dello scrittore, finire questo capitolo è stato un calvario! Non voglio trattenervi ancora a lungo, spero soltanto che vi sia piaciuto questo capitolo. Ringrazio tutti i lettori silenziosi e coloro che sono arrivati fino a questo punto della storia! Se vi va, fatevi sentire! ^^
Al prossimo capitolo! E buona domenica a tutti! ^^
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Fenice_blu