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Autore: Fonissa    28/11/2016    0 recensioni
"Il rosso è il mio colore preferito. Ma non il rosso di un pennarello o il rosso del tramonto, ma il vivido rosso del sangue che scorre. Quel bel colore che esce quando il mio coltello affonda nella carne delle mie vittime. Mi sento così bene quando lo faccio, mi sento finalmente me stessa.
Questo lato di me appena conosciuto... perchè non è venuto fuori prima? Eppure è questo che io sono. Non posso scappare a me stessa, devo accettarlo e andare avanti.
Io sono un'assassina"
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre giorni. Sono passati tre giorni da quando sono sbucata fuori da quel tombino ritrovandomi proprio di fronte a casa di Hiroji. Tre giorni che non chiudo occhio, non mangio, tutto pur di star con lo sguardo fisso sulla porta dell'ingresso. Non l'ho visto entrare ne uscire. Cosa sta facendo? È chiuso in casa o è fuori? Il dubbio mi sta divorando dentro, come il fatto di saperlo talmente vicino però allo stesso tempo distante. Il topolino mi tira una ciocca di capelli con la bocca attirando la mia attenzione. Appena gli rivolgo lo sguardo si sposta vicino alla mia borsa.

"No, non ho tempo di mangiare, devo controllare se arriva Hiroji."

Passano dieci minuti e un rumore mi fa alzare lo sguardo dalla mia postazione. Una finestra si è aperta, rivelando Hiroji che prende una boccata d'aria. Sento il mio cuore batterà all'impazzata, come se potesse uscirmi dal petto. Qualche lacrima mi riga il viso ma non mi prendo nemmeno la briga di asciugarle. Hiroji è davanti a me, il mio Hiroji. Resta qualche minuto, poi ritorna dentro rimanendo la finestra aperta. A quel punto vedo due figure, una donna e un uomo dai visi tristi, uscire di casa e allontanarsi a passo lento. Hiroji è in casa, i suoi genitori sono fuori, la finestra è aperta e sono ormai le undici di sera. È la mia occasione. Prendo il topolino, a cui ancora devo dare un nome, e me lo metto in tasca, poi butto il borsone dall'altra parte della staccionata che circonda casa di Hiroji e alla fine ci vado anche io. Atterro con le mani a terra e mi rialzo subito, scuotendo via la polvere dai vestiti. Mi guarda intorno attentamente, cercando un modo per riuscire ad entrare.
Trovato
Penso quando vedo un tubo che parte da terra ed arriva proprio vicino la finestra. Inizio ad arrampicarmi, mentre il topolino mi precede passandomi davanti.

"Aspettami." sussurro, incominciando ad andare più veloce. Il tubo scricchiola sotto il mio peso e prego che non ceda. Quando arrivo a metà le mie mani scivolano e per poco non cado a terra. Per fortuna mi aggrappo velocemente evitando una bella caduta. Nonostante il rischio, non ho avuto paura, il battito del mio cuore è rimasto costante. Ho consapevolezza di quel che sto facendo e dei suoi rischi, ma non mi importa. Tutto pur di rivedere Hiroji.
Quando arrivo in cima mi preparono per qualche secondo, poi mi lancio. Le mie mani afferrano la finestra giusto in tempo. Velocemente mi tiro su, entrando. Sono coperta dalle tende scure e l'unica cosa che vedo è una figura china sulla scrivania.
Hiroji
Ma prima di andare da lui mi fermo un attimo. Le sue spalle sono scosse dai singhiozzi. Sta piangendo. Sento il cuore scendermi nelle scarpe per poi risalire fino in gola e le lacrime pungermi gli occhi. Scosto di violenza la tenda e guardo fisso il ragazzo di fronte a me.
"Hiroji!"
Lui si gira di scatto, gli occhi e la bocca spalancati, l'espressione di puro terrore. Si alza così velocemente che fa cadere la sedia, puntandomi un dito contro.
"C-chi sei?! Come hai fatto ad entrare?!"
Le sue parole trafiggono il mio cuore come una freccia che centra perfettamente il bersaglio. Dei colori diversi bastano per far sì che lui non mi riconosca? Eppure sono sicura che io lo riconoscerei sempre.
"Hiroji... Sono io."
Pronunciare il suo nome mi dà sicurezza. Mi piace come suona, soprattutto se esce dalle mie labbra. Lui smette di tremare e mi guarda sbalordito, ma senza più paura. Mi riempio di speranza.
"Hikaru?! Com'è possibile?"
Il mio nome con la voce di Hiroji sembra avere tutto un altro suono. Cado in ginocchio, le lacrime agli occhi per la felicità.
"Mi hai riconosciuta! Non dovevo dubitarne, una tinta e delle lentine non possono cambiarmi tanto da far sì che tu non ti ricorda di me."
"Si, sei tu Hikaru, sei proprio tu..." Ma all'improvviso il suo sguardo diventa talmente freddo che sento il mio letto gelarsi.
"Perché... Perchè non hai salvato Taniko? Perchè me e non lei?"
Non riesco a capire. Sono qui, gli ho salvato la vita appena otto giorni fa, e lui pensa a Taniko?
"Io volevo salvare te!"
"E mia sorella?! PERCHÉ LEI NO?!"
Quando alza la voce, cedo. Le lacrime di gioia si trasformano in un pianto disperato e mi chino a terra in un gesto di scuse.
"Avrei dovuto salvarla, avrei dovuto sapere che la sua morte ti avrebbe causato dolore, avrei dovuto proteggerti meglio. Ci sono tante cose che avrei dovuto fare, che potevo fare, e che invece mi sono lasciata sfuggire."
Sento una mano accarezzarmi la schiena. Alzo la testa e mi ritrovo gli occhi smeraldo di Hiroji fissi dentro i miei. Mi guarda incerto, ma non cancella il contatto.
"Sono stato troppo duro, ora me ne rendo conto. Ma sai, la sua morte mi ha sconvolto. Certe volte immagino che possa entrare all'improvviso in camera e abbracciarmi, come se non se ne fosse mai andata via."
"No, non sei stato duro. Sono io stupida che non ho capito. Io... Ho perso i miei genitori. Un ladro entrò in casa e me li portò via per sempre. Mi risparmiò, e non sai quante volte ho desiderato poter dare la mia vita in cambio della loro."
"Hikaru..."
Il suono del campanello ci interrompe, seguito subito dalle voci dei genitori di Hiroji che annunciano il loro ritorno. Mi dirigo velocemente verso la finestra, ma mentre sto per saltare Hiroji mi afferra il braccio, voltandosi verso di lui.
"Aspetta! Incontriamoci domani, magari al parco. Dopotutto, ti devo la vita."
Sento le guance andare al fuoco e lo stomaco mi si attorciglia, ma non posso farmi prendere dal momento, devo restare lucida.
"Al parco sarei troppo esposta, la polizia mi cerca."
"Allora dimmi tu dove."
"Il tombino di fronte casa tua. Aprilo e scendi, sarò lì domani."
E detto questo, salto giù.

 
  
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