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Autore: Il_Signore_Oscuro    29/11/2016    1 recensioni
Ragnar'ok Wintersworth un giorno sarà l'Eroe di Kvatch, colui che salverà Tamriel dalla minaccia di Mehrunes Dagon, principe daedrico della distruzione, con il fondamentale aiuto di Martin Septim ultimo membro della dinastia del Sangue di Drago. Ma cosa c'è stato prima della storia che tutti noi conosciamo? Chi era Ragnar prima di essere un Eroe? Lasciate che ve lo mostri.
[PAPALE PAPALE: questa storia tratterà delle vicende di Ragnar. Non sarò fedelissimo al gioco ma ne manterrò le linee generali, anche se alcuni avvenimenti saranno cambiati o spostati nel tempo. Non ho altro da dirvi, se non augurarvi una buona lettura!]
BETA READER: ARWYN SHONE.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eroe di Kvatch, Jauffre, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Chapter seventeen – The Legend of Mannimarco

Riaprii gli occhi sul soffitto dello scantinato. Il sogno sembrava essere durato per giorni, ma non era passata che una singola notte. Con il respiro affannato mi misi a sedere, osservando Durendal, passando la mano sull’elsa, carezzando il pomo con il pollice. “Quindi è questa la tua storia?”, l’acciaio rispose con una debole vibrazione. “Mi spiace … nessuno dovrebbe soffrire così”, mi sforzai di sorridere “Troverò un modo per liberarti un giorno. Lo prometto.”, brillò di un bagliore rosso in risposta … non sembrava troppo convinta, ma avevo l’impressione che avesse apprezzato le mie parole.
-Rag?
Sobbalzai quando sentii la voce di Sabine e vidi il suo visino da bambina sporgersi oltre le scale.
-Che stai facendo? – Chiese, incuriosita. – Ti ho visto che parlavi da solo.
-Ehm, ecco, io … ecco, stavo pregando, sì! Pregavo i Nove Divini. – Sentivo le guance arroventarmi la faccia per l’imbarazzo.
-Uh, - mugugnò lei, confusa – non ti facevo una persona devota agli Dei.
-Eh, sì, le apparenze ingannano alle volte. – Ma che diamine stavo dicendo?
Le scappò un risolino divertito.
-Comunque sono le nove passate, Claudius ci ha preparato qualcosina da mangiare lungo la strada.
-Certo, certo, mi do una sistemata e salgo. – Dissi, con un sorriso.
-Va bene! – Rispose lei, entusiasta.
Lasciò lo scantinato, salendo le scale due gradini alla volta.

L’Università Arcana era situata in un isolotto a sud-ovest della Città Imperiale, collegato al resto della Capitale tramite un robusto ponte di pietra lastricato. Durante il tragitto avrei avuto modo di chiacchierare con Sabine: era una ragazza vivace, più bambina che donna, sebbene avesse ormai quindici anni. Il suo sogno era sempre stato quello di unirsi alla Gilda dei Maghi, ma non aveva mai avuto il cuore di lasciare da solo suo fratello.
-Da quando “ha perso le fede”, come dice lui, si è attaccato alla bottiglia. Spesso lo vedo che se ne sta seduto a lamentarsi, con il naso rosso per l’ubriacatura. Credo abbia davvero bisogno di una donna nella sua vita.
-Mi ha detto che ha lasciato la toga per il vino e l’Arena-
-Sì, racconta sempre questa storia, ma la verità è che è stato sempre troppo buono per questa città. Quando ha intravisto la corruzione dilagante, se ne è cavato subito fuori. Disse che non voleva averci niente a che fare con i magheggi del Tempio.
-Mi spiace …
-Lo so – disse lei, sospirando, - ma sono convinta che un giorno tornerà in sé. – Mi diede una pacca sulla spalla. – Siamo tosti noi Arcadia!
Arrivammo finalmente alle porte dell’Università, due guardie imperiali ( con cappucci azzurri al posto dei consueti elmi) ci lasciarono passare, rivolgendoci un saluto cordiale.
La sede della Gilda dei Maghi consisteva in un cerchio di mura diviso al suo centro da due portali, chiusi ermeticamente con qualche strano incantesimo, e fra i due cancelli si trovava Torre dell’Arcimago, la quale si ergeva su tutto ciò che la circondava.
Il semicerchio all’ingresso e il piano terra della torre erano a libero accesso, mentre il resto era destinato unicamente ai membri effettivi della Gilda, ossia coloro che avevano ricevuto raccomandazioni da ognuna delle sedi. Sperai che nella sala al piano terra avrei trovato qualcuno in grado di darmi maggiori informazioni su questo fantomatico “Re dei Vermi”, sperando che il mio interesse, per così dire, puramente accademico non venisse scambiato per altro … ma, del resto, con la mia credenziale non avrei dovuto suscitare sospetti. Venni accolto da un imperiale con i capelli brizzolati, aveva la pelle olivastra e indossava gli abiti azzurri di un Maestro Mago. La sua voce era cortese, gentile, profonda.
La sala d’ingresso era, un po’ come tutto nella Città Imperiale, di forma circolare: un alto soffitto in legno oltre il quale si riunivano i membri del Consiglio e, ancor più su’, dove c’erano le stanze private dell’Arcimago; lungo le pareti teche riempite con gemme dell’anima, importanti tomi rilegati in pelle e cristalli provenienti da chissà quale rovina; c’erano infine alcuni tavoli, dove studenti con le tonache d’apprendista parlavano fra loro, leggevano o vergavano rotoli di pergamena con dell’inchiostro. Vicino alla porta brillava una piccola piattaforma, su cui era composto un mosaico recante l’effige della Gilda: un occhio dorato. Lo sguardo di Sabine era estasiato, voltava il capo da una parte all’altra con la bocca spalancata per lo stupore.
-Salve, posso fare qualcosa per voi? – Chiese il Maestro Mago.
-Salve, sono Ragnar’ok Wintersworth e lei è Sabine Arcadia.
-Molto piacere. – Disse la ragazza, improvvisamente strappata alle sue contemplazioni.
-Ragnar’ok hai detto? – Chiese il Maestro, stupito. – Ho saputo delle tue “imprese” nella sede di Cheydinhal, davvero un ottimo lavoro.
-La ringrazio. – Risposi, con un lieve cenno del capo.
Dopo che l’imperiale si fu presentato e aver soddisfatto le domande di Sabine sulle mie “imprese”, potei finalmente rivolgere le mie domande a Raminus Polus, questo il nome del Maestro.
-Sono venuto qui per raccogliere alcune informazioni riguardo il “Re dei Vermi”. – Gli sussurrai, mentre ci discostavamo un po’ da Sabine e dagli studenti.
Assunse un’aria pensierosa.
-Posso chiederti i motivi di questo improvviso interesse?
-Ecco, ne ho sentito parlare mentre ero a Forte Farragut. Voglio saperne di più, sapere contro cosa combattiamo.
-In realtà il Re dei Vermi è una minaccia simbolica, lui è morto ormai da anni se non da secoli. Il vero problema sono i suoi discepoli.
-Maestro, mi è stato sempre insegnato che bisogna conoscere il proprio nemico per affrontarlo.
L’imperiale brizzolato sorrise, incrociando le braccia.
-Sei molto saggio per la tua età.
-Ho avuto un buon insegnante. – Risposi, rivolgendo un pensiero a Padre Jauffre.
-Ne sono sicuro. Comunque voglio accontentarti, dammi un attimo. – Si schiarì la voce e alzò il tono, rivolgendosi agli studenti all’interno della sala. – Ragazzi, ragazzi! Andate a continuare i vostri studi negli archivi mistici, io e questo apprendista dobbiamo discutere di alcune questioni.
Polus rivolse un’occhiata a Sabine, che lo guardava speranzosa.
-Va bene, puoi andare anche tu, ma non combinare guai. – Le raccomandò, con un sorriso paterno.
Sabine esultò e si avviò insieme alla folla di studenti.
-Mucianus, tu resta qui.
Un ragazzo dall’aria tranquilla, ma intelligente, si fermò sul posto e si voltò verso di noi, mettendosi al fianco di Raminus. Quando la sala fu vuota, l’Imperiale fece le dovute presentazioni.
-Associato, lui è Mucianus Allias, uno dei nostri studenti più brillanti. Ha condotto un interessante studio sulla genesi della negromanzia insieme al maestro Angmar, prima della sua dipartita. Rivolgigli pure tutte le domande che vuoi, non c’è studente più preparato di lui in materia.
-Maestro, lei è troppo gentile.
-Ed è pure modesto, - sorrise – vi lascio soli.

Raminus lasciò la stanza e potei dedicarmi alla conversazione con Mucianus in piena libertà. Aveva i capelli castano-rossicci, tenuti legati in una coda di cavallo. Aveva gli occhi di un verde accesso che a guardarli ti sentivi compreso e protetto, il suo sorriso era appena accennato sulle labbra. Aveva mani eleganti, dita affusolate che teneva conserte sul tavolo, mosse da piccoli tic come picchiettarsi con un polpastrello la nocca dell’altra mano o muovere le dita come se stesse giocherellando con un filo invisibile. La sua voce, come il suo aspetto, mi davano una sensazione di calma e sicurezza.
-Dimmi tutto. – Mi invitò, facendo un lieve gesto per darmi la parola.
-Sono qui per avere informazioni sul Re dei Vermi.
Le sue sopracciglia sobbalzarono, si poggiò sullo schienale, con le mani adagiate sulle gambe.
-Ci sarebbe molto da dire in merito, ma penso sia meglio procedere con ordine. Sai chi erano gli Psijic?
Feci cenno di no con la testa.
-Bene, allora iniziamo da loro: per farla breve erano un gruppo di potenti maghi e stregoni che si formò nel corso della prima era, potresti considerarlo il nucleo originale dell’attuale Gilda dei Maghi. Mannimarco non era altro che un giovane altmer unitosi agli Psijic.
-Cosa gli accadde?
-Egli rimase affascinato dalle arti oscure e, per dire la mia, posso ben comprenderlo: ciò che non si conosce o ti spaventa o ti attrae e, talvolta,  il confine fra l’uno e l’altro è davvero molto sottile. Ma quelli che all’inizio erano puri studi accademici per Mannimarco diventarono un’ossessione. Iniziò a condurre esperimenti sempre più spinti, fino ad utilizzare come cavie non più cadaveri, ma persone vive e vegete. Non so cosa abbia intravisto, cosa l’abbia spinto a farlo: forse l’idea di conquistare la vita eterna. Dagli archivi si evince che oltre ad essere particolarmente dotato nelle arti magiche, beh, era anche un abile oratore: non tardò a creare proseliti, uomini e donne, soprattutto giovani, guidati dalla sua figura carismatica e dall’ideale che la sete di conoscenza non dovesse concepire un qualsivoglia confine etico o morale.
-Un pensiero affascinante. – Commentai.
-Già, molto intrigante e Mannimarco seppe sfruttare appieno la sua presa sulle persone. Insidiò le menti di molti e in poco tempo si trovò a capo di un vero e proprio esercito. Ciò che lo rese tuttavia il nemico più pericoloso per l’Ordine fu il rinvenimento di alcuni manufatti, tramite i quali raggiunse l’immortalità, diventando il primo negromante e il primo Vero Lich della storia. Alimentava la sua forza vitale nutrendosi delle anime dei suoi nemici, prolungando indefinitamente la sua permanenza nel Nirn.
-Quindi potrebbe essere ancora in circolazione? – Chiesi, non senza un certo timore.
-Qualcuno afferma di sì, ma la realtà dei fatti è che sono decenni che non se ne sente più parlare. Chi ancora crede che sia vivo si aggrappa a sporadiche e discutibili testimonianze.
La conversazione con Mucianus si prolungò per ore, volevo sapere ogni cosa: ero affamato della conoscenza che portava dentro di sé … nel corso del mio viaggio, avevo dimenticato l’emozione che provavo quando imparavo qualcosa di nuovo. Assimilavo le sue parole, ponevo le mie domande aspettando voracemente risposte, svisceravo i concetti e i fatti che mi erano posti davanti, uno per uno. Mannimarco mi affascinava, forse erano le parole con cui Mucianus me lo aveva descritto, eppure in quell’antico altmer sentivo un’anima affine: conoscere ad ogni costo, tenendosi pronti a qualsivoglia rischio.
Era la stessa sete di conoscenza che mi aveva portato a dormire con il diario di Cardys sotto il cuscino o a chiedere a Durendal di raccontarmi la sua storia, la stessa sete che aveva portato me e Lucien ad approfondire il nostro legame con la magia La stessa sete che aveva condotto Lucien, proprio come Mannimarco, all'oscurità. Un destino che adesso sembrava essere riservato anche a me. No, no, per me sarebbe andata diversamente: me lo sentivo.
Non mi sarei lasciato avvelenare, non mi sarei lasciato corrompere … l’importante era mantenere il controllo. Dedicare il mio sapere a uno scopo, come a uno scopo Lothbrok aveva sfruttato il potere di cui era stato investito: senza che questo diventasse un tutt’uno con lui, una fame che non poteva essere soddisfatta.
Il mondo a cui Mucianus mi aveva spalancato le porte mi avrebbe dato da pensare per un bel pezzo. Ciò che mi piaceva in quel ragazzo era la capacità di sapersi spiegare: come persona e, forse, in quanto figlio di Skyrim, detestavo la retorica e i giri di parole. Mucianus, invece, non aveva bisogno di paroloni, no, lui ti arrivava con parole semplici e concetti chiari, che districavano la matassa dell’ignoto filo per filo, nodo per nodo.
-Credo di averti detto tutto ciò che so’, amico mio. – Concluse il ragazzo, stiracchiandosi un po’ sulla sedia.
-È più che sufficiente, ti ringrazio. – Risposi.
-Figurati! Sai, dovresti pensare di venire a studiare qui nell’Università. Hai la curiosità che ogni studente dovrebbe avere.
-E tu lo spirito che ogni maestro dovrebbe avere. Comunque è ciò che vorrei fare, mi sono messo in viaggio da Chorrol per ottenere le raccomandazioni da ognuna delle sedi. Un tempo era più facile …
-Vero, ma penso che l’esperienza sul campo abbia una sua importanza e questo è un modo per valorizzarla.
-Spiegati meglio … - lo invitai.
-La Gilda, divisa com’è in tante succursali, è frammentaria e i problemi che la affliggono sono difficili da notare se si rimane chiusi fra quattro mura. Ma, indipendentemente da questo, poiché per ottenere raccomandazioni ci si ritrova a fronteggiare diverse situazioni e a capire come porvi soluzioni, questo aiuta a capire la natura pragmatica ed emozionale della magia stessa.
-Non l’avevo mai vista in questo modo. – Commentai, con un certo stupore.
-Quasi nessuno lo fa … sai perché gli antichi Ayleid e gli Elfi della neve erano tanto potenti e portati per le arti arcane?
-Perché?
-Perché avevano capito che la magia è ben più che un sapere puramente accademico: essa è una forma di adattamento, un modo per rispondere alle difficoltà che il mondo ci pone dinanzi.
La conversazione fu interrotta dall’arrivo nella stanza del Maestro Polus, seguito subito dopo da Sabine. La ragazzina stringeva fra le braccia un piccolo libricino, forse preso in prestito dalla biblioteca dell’Università.
-Spero di non avervi interrotto, ragazzi. – Si scusò.
-No, maestro, avevamo finito. – Dissi, alzandomi dalla sedia.
-Bene, - rivolse a Mucianus un cenno soddisfatto. – Spero tu abbia trovato le risposte che cercavi, associato.
-Sì, maestro, Mucianus è stato più che esaustivo. Ora penso sia ora di andare. – Dissi, rivolto a Sabine.
-Spero di rivedervi presto in qualità di studenti, sareste una grande risorsa per la nostra Gilda.

Lasciata alle nostre spalle la Torre dell’Arcimago e la stanza circolare, ci dirigemmo verso casa. La mia visita nell’Università aveva dato i suoi frutti: molte delle domande che mi ponevo avevano trovato risposta. La dolce Sabine, accompagnandomi attraverso i vicoli e le strade della Capitale, mi raccontava delle meraviglie che aveva visto: la biblioteca, con il suo vastissimo numero di volumi; i laboratori alchemici, traboccanti di storte, alambicchi, calcinatori e piante d’ogni genere; il centro praxografico e il chironasium, dove si potevano creare nuovi incantesimi e infondere magia negli oggetti più disparati. Mi raccontò dei fiori variopinti che costellavano i rampicanti insediati nella pietra, la bellezza delle fiamme violette, che non bruciavano neanche se ci mettevi la mano dentro, e poi le lezioni all’aperto, i duelli di magia fra studenti e tanto altro ancora.
-Ho deciso, l’anno prossimo mi metterò in viaggio per entrare nella Gilda, proprio come hai fatto tu, Rag.
-Potresti venire con me, quando la nave salperà per Bravil. – Le proposi.
-Mi piacerebbe un sacco, - disse, con un sorriso bianco-latte, - ma prima voglio mettere abbastanza da parte per potermi permettere di viaggiare. Mio fratello vive con l’indennità datagli mensilmente dal Tempio in quanto ex-sacerdote e, ahimè, gli basta a malapena per tirare a campare … devo occuparmi di lui prima che di me stessa.
-Sei davvero una bella persona, Sabine. – Le dissi, voltando il capo per nascondere il rossore.
-Lo so, lo so, grazie! – Rispose, lanciandomi un occhiolino.
Scoppiammo entrambi in una risata mente, stanchi ma felici di quella lunga giornata, varcavamo la soglia di casa.

Sabine mi piaceva. I giorni successivi, passati nella Città Imperiale, non fecero altro che confermare quello che all’inizio era poco più di una sensazione. Spesso mi ritrovavo a pensare a lei, steso nel mio letto. Mi scoprivo a tenere lo sguardo fisso sul suo viso dai lineamenti dolci, a perdermi in quegli occhi scuri che si posavano su tutto con la meraviglia e l’ingenuità di una bambina.
Mi piaceva il suo corpo minuto, pieno di energie … mi piaceva la sua forza vitale.
Adoravo il suo sorriso, che le si distendeva oltre le labbra piene. Ma ciò che più mi colpiva in quella ragazzina era il suo carattere: era decisa ma anche gentile, in lei rivedevo qualcosa che io sentivo di aver ormai perduto da tempo. Quando la guardavo, nella mia testa risuonavano le parole di Lucien, quelle che mi aveva rivolto qualche tempo prima che lasciasse Chorrol “il male del mondo non ti ha ancora toccato”.
Forse in Sabine riscoprivo un ideale di purezza che le esperienze fatte nel corso dei miei viaggi avevano consumato e intorpidito, sì, in lei riscoprivo tutto il bene in cui avevo perso la speranza, tornato finalmente a nuova vita per palesarsi di fronte ai miei occhi. Nonostante tutto, i miei sentimenti rimasero celati, nel corso della mia permanenza nella Capitale, non ebbi mai il coraggio di rivelarglieli: non so se per timidezza, per impaccio o per non recare offesa a suo fratello, che con tanta gentilezza mi aveva accolto nella sua casa. Il mio amore rimase in parole sussurrate solo al silenzio, in una voce che sempre tace.


Note dell’autore
E a tarda ora *rullo di tamburi* ecco che arriva il diciassettesimo capitolo! Leggero leggero, avete visto? Nessun morto, nessuna tragggggedia, nessuna pippa mentale (oddio, qualcuna sì) ma non vi ci abituate! (Continuo a chiedermi con chi stia parlando a parte quei quattro disgraziati che mi seguono e che, a proposito, ringrazio di cuore).
Al solito un grazie grande grande alla mia beta reader, come al solito efficiente nel svolgere il suo lavoro anche a tarda ora.

un abbraccio,
NuandaTSP
   
 
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