Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    30/11/2016    2 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 10 – Trattative




Pitch barcolla e incespica malamente in avanti, travolto dall’improvviso peso di qualcuno alle sue spalle.


«Ma che… ?» borbotta seccato.


Quando infine, a fatica, riesce a voltarsi di poco, come c’era da aspettarsi ritrova Katherine, appiccicata alla sua schiena come un’irritante ventosa umana. Pitch solleva gli occhi al cielo, sospirando e invocando pazienza.


«Grazie… Grazie» mormora Katherine, la voce mezza soffocata dalla veste nera nella quale ha seppellito il volto.


«Va bene. Adesso, però… Lasciami andare, d’accordo?» sibila Pitch, che sta cercando inutilmente di liberarsi dalla presa ostinata di quelle piccole braccia invadenti.


«Sì, io… Scusa».


Katherine, anche se a malincuore, lascia la presa su di lui e si allontana di un paio di passi, asciugandosi gli occhi contro la manica del giaccone. Quando torna a sentirsi meno spaurita, solleva gli occhi arrossati su di lui e gli regala un lieve sorriso.


«Grazie».


«Già lo hai detto, mi pare» fa notare Pitch, infastidito (anche se non sa bene da cosa).


Katherine ridacchia. Mezza giornata lontana da lui e già le è mancata la sua acidità corrosiva. Lei, personalmente, la trova piuttosto spassosa. Ma forse, riflette, non è il caso di farne parola con lui, almeno per il momento.


«Lo so. Come hai fatto a trovarmi?» chiede a quel punto, curiosa.


Pitch sta ancora sistemandosi la veste stropicciata e solleva appena lo sguardo su di lei, uno sbuffo annoiato a fare da contorno alla sua occhiataccia, che non serve però in alcun modo a scalfire lei e il suo inspiegabile buon umore.


«La tua paura. Mi ha assillato al punto da costringermi a precipitarmi qui» spiega caustico, allargando un braccio a mostrare il luogo a lui sconosciuto.


«Oh… Sul serio?» si meraviglia Katherine. «Puoi… Cioè, tu senti la paura di tutti e… ?».


«No» la ferma Pitch. «Normalmente avverto le paure unicamente di coloro cui sto dando la caccia. Tutte le altre vengono solitamente schermate, altrimenti finirebbe per scoppiarmi la testa».


«Eh già» ammette Katherine. Poi cruccia le sopracciglia, dubbiosa. «Però hai sentito la mia».


Lui sospira, massaggiandosi una tempia stancamente. Sì, certo che l’ha avvertita, forte e chiara (fin troppo, in effetti).


«Sì, l’ho fatto» bisbiglia.


È un po’ preoccupato, a dire il vero. Non avrebbe dovuto percepire proprio nulla. Non ne aveva l’intenzione ed era concentrato su ben altro in quel momento. Perché, allora, gli è giunta quella di Katherine? Perché così ineluttabile e invadente da non permettergli nemmeno di ignorarla e proseguire per la propria strada? È strano, e inspiegabile, e… Katherine lo sta toccando nuovamente, stringendogli una mano.


«Che cosa?» chiede irritato.


«Hai le mani fredde. Forse devi mettere dei guanti» propone lei.


Pitch storce il naso. «Ho sempre le mani fredde. E non ho alcun bisogno di stupidi guanti».


«Beh, se li metti poi non hai più le mani fredde» spiega pazientemente, quasi dovesse illustrare un concetto elementare a un bambino di tre anni.


«Ma tu non ti arrendi mai?!» sbotta Pitch. «Non hai proprio nient’altro di meglio da fare?» domanda incredulo.


Katherine si imbroncia per un momento, ma presto torna serena.


«Forse sì, ma mi piace stare con te» ammette candida.


Pitch la fissa costernato. Non può essere vero. È talmente assurdo e irreale. Come… come può essere possibile? Katherine è una bambina umana, non ha alcun senso che… trovi piacevole la sua compagnia. Proprio nessuno.


Sospira, scoraggiato. Estenuante, è assolutamente estenuante. Che cos’altro accadrà, ora? Cosa troverà ad attenderlo, nel momento in cui si deciderà a riaprire gli occhi, ostinatamente serrati per la frustrazione? Li socchiude appena, cauto, preparandosi al peggio.


Katherine sorride ancora, apparentemente instancabile, e gli stringe una mano con una caparbietà incrollabile.


«Andiamo, dai» lo sprona.


Pitch, confuso, la fissa senza proferir parola.


«Dai, dobbiamo trovare dei guanti» insiste lei, irremovibile.


«No che non dobbiamo» sibila Pitch, provando perfino a essere minaccioso, ma risultando solamente petulante.


Già se lo immagina: un paio di guanti di un qualche assurdo, improbabile colore creato unicamente per ferire a morte le sue povere e delicate retine, abituate alla rilassante penombra. Tipo turchese o, il cielo non voglia, rosa!


«Sì, dai!» esclama lei per tutta risposta, trascinandoselo dietro seppur visibilmente recalcitrante. «Il colore lo scegli tu, giuro!» assicura, quasi abbia letto le sue più oscure preoccupazioni.


Pitch, costretto controvoglia a camminarle appresso, storce il naso poco persuaso.


«Su serio?» si accerta, dubbioso.


«Certo!».


E Pitch si chiede perché i bambini debbano sempre gridare con quel tono da lesione al timpano quando sono entusiasti.


«Grigi» decreta inappellabile.


«Oookey! Grigi sia!» strepita Katherine, al colmo della gioia perché non può credere alla fortuna di poterlo avere con sé ancora per un po’.



La riconoscenza è la memoria del cuore.” (Proverbio italiano)


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La sensibilità è una condanna ma ti consente di cogliere migliaia di colori in un viaggio in bianco e nero.” (Michelangelo Da Pisa)


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Come un nulla senza possibilità, un nulla morto dopo la morte del sole, come un silenzio eterno senza avvenire, risuona interiormente il nero.” (Vasilij Kandinskij)






  
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