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Autore: belle_delamb    09/12/2016    4 recensioni
Ecco una raccolta di storie su quanto possa essere oscuro l’amore, soprattutto se interviene la magia. Fate innamorate di mortali, ragazze tanto gelose da uccidere, scienziati desiderosi di creare la moglie perfetta, antiche maledizioni, uomini dei sogni oppure usciti da un qualche libro e tanto altro.
Partecipa al Challenge: Mal d’amore challenge
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Florence sospirò e si portò alla bocca la tazza di caffelatte che aveva di fronte. Ken era in ritardo come ogni volta negli ultimi venti anni. Possibile che non capisse che il tempo era contato? Lanciò un’occhiata al grande orologio della stanza e solo in quel momento arrivò Ken, correndo.
-Mezz’ora- disse Florence.
-Non abbiamo un momento da perdere quindi-
Si spogliarono subito e si unirono sul divano. La donna assaporò i baci di lui su tutto il corpo. Ken non le piaceva, non le stava neppure simpatico, c’era una specie di antipatia reciproca. Nonostante ciò ogni martedì pomeriggio s’incontravano per consumare la loro relazione extraconiugale. Non era amore, solo attrazione sessuale. Forse neppure quella. Abitudine, ecco. Era una cosa che facevano da sempre e a cui non volevano rinunciare. Ogni tanto Ken scherzava dicendo che la figlia di Florence aveva i suoi stessi occhi e lei lo riprendeva sempre con asprezza.
-E dai, in fondo potrebbe anche essere mia figlia-
Questo era vero, ma la donna non voleva sentire una cosa simile nemmeno per scherzo, la paternità della sua bimba non doveva essere messa in dubbio in nessun modo.
-Su, Flo, lo sai che scherzo-
Florence chiuse gli occhi mentre il suo amante le accarezzava sensualmente il corpo.
-Bel completino- le mormorò all’orecchio.
-Sbrigati, i bambini aspettano di essere riportati a casa-
-Bambini? Eduard ha diciotto anni-
-Per me è sempre un bambino-
-Un bambino con la patente-
A Florence non piaceva il sarcasmo di Ken. Lo spinse via e scese dal letto prima che lui potesse replicare. Si rivestì in fretta e corse a sistemarsi di fronte allo specchio. Fu allora che vide il segno rosso che le aveva lasciato l’amante, proprio sul collo. –Ancora un tuo morso!- urlò –Mi puoi dire cosa devo inventarmi con mio marito questa volta!-
-Adesso è colpa mia? Sei tu che mi provochi!-
-Io? Ma se sei tu che ogni volta mi preghi per avere un appuntamento-
-Andiamo avanti così da anni, cara, se la cosa ti dispiacesse tanto non saremmo ancora qui a parlarne-
La donna si morse le labbra. In fondo lui aveva ragione. –Li passi a prendere tu i bimbi?-
Lui sospirò. –Se insisti-
-E non portare Louise a prendere il gelato, lo sai che non può assolutamente mangiare latticini-
-Certo, certo, ma se non le facessi infrangere qualche regola non sarei il suo zio preferito-
-Sei anche l’unico zio che ha- fu la sprezzante risposta.
-Ricorda, cara Flo, che sei ricca grazie a me-
-Certo, è stata una gran cosa presentarmi tuo cognato- disse, voltandosi di scatto –ma non l’hai fatto forse per la tua lussuria? Volevi tenermi vicino a te e come avrei potuto essere più vicina di così?- afferrò la borsetta che aveva appoggiato sul tavolino –Ci vediamo domenica a pranzo, non fare tardi come tuo solito- e uscì dalla stanza senza voltarsi.

Florence arrivò a casa quando ormai era tardo pomeriggio. Il marito, Frederick Wolf, uno degli uomini più ricchi del Paese, era seduto alla sua scrivania, intento a compilare dei fogli.
-Ben tornata, tesoro- disse mentre la moglie gli deponeva un bacio sulla fronte.
In fondo a Flo Frederick piaceva, più di Ken. –Com’è andata la giornata?-
-Le solite cose- borbottò lui –ah, abbiamo ospite a cena zio Albert -
La donna annuì. Era il fratello del defunto padre di Frederick, un uomo cordiale e alla mano. – Passerà Ken a prendere i ragazzi- disse.
-Perfetto, almeno il mio caro cognato fa qualcosa di utile alla famiglia-
Proprio in quel momento arrivò una delle domestiche ad annunciare una visita.
-Chi potrebbe esserci a quest’ora?- chiese l’uomo, sbuffando.
-Si tratta di una ragazza- disse la domestica –insiste che vuole parlare con lei-
Florence aggrottò la fronte e restò in ascolto. Possibile che si trattasse di un’amante del marito? Che quell’uomo sempre sulle sue la tradisse?
-Falla venire- disse Frederick alla domestica –se insiste-
Florence si sedette su una poltrona e accavallò le gambe, improvvisamente vigile. Voleva ascoltare e capire, era decisa a stare attenta a ogni parola che avrebbe detto la nuova arrivata. Il marito pareva abbastanza tranquillo, come se in fondo quella cosa non lo turbasse troppo.
La ragazza che fu condotta nella stanza era tremendamente giovane, con capelli scuri e occhi grigi che stranamente ricordarono a Florence proprio quelli di Frederick, questa cosa la inquietò tremendamente.
-Desidera, signorina?- chiese il marito, con tono cortese ma freddo, come se la giovinezza dell’ospite lo avesse turbato.
-Ricordare una promessa fattami da nostro padre-
Ci fu un attimo di glaciale silenzio.
-Cosa?- chiese l’uomo.
-I soldi che nostro padre mi ha promesso-
Florence per poco non scoppiò a ridere. Non era lei a essere la tradita ma sua suocera, improvvisamente si tranquillizzò.
-Se è venuta per infangare la memoria di mio padre se ne vada-
-Suo padre ha sedotto e ingravidato mia madre- urlò la ragazza diventando rossa di rabbia –e ora io voglio la mia parte d’eredità-
-Altrimenti?- chiese il marito.
-Altrimenti la vostra famiglia non avrà pace, dovessero passare anni, ma tutti coloro che portano il vostro cognome saranno condannati a una morte atroce-
Florence sobbalzò. Non era la prima minaccia che riceveva in vita sua, ma chissà perché quella la spaventò più delle altre.
-Fuori di qua- urlò l’uomo, alzandosi in piedi visibilmente furioso.
-E allora la maledizione si abbatterà su di voi, ne sia testimone il mio sangue- e, rapida, estrasse un coltello dalla tasca che si portò alla gola.
Florence abbassò il capo, improvvisamente nauseata dagli schizzi di sangue.

-Dici sul serio?- chiese lo zio Albert, il bicchiere di vino stretto in mano –Ma è orribile!-
-Lascia stare, non sei ancora stato nel mio studio, è un disastro- disse Frederick –e la cosa peggiore è che c’era anche Florence -
La moglie alzò la testa, sentendosi chiamata in causa.
-Per fortuna la polizia non ha fatto molte storie, hanno subito capito la situazione-
Certo, Frederick invitava a cena una volta a settimana il capo della polizia, non c’era da stupirsi che quella storia fosse stata subito archiviata.
-Del resto quella ragazza era sicuramente pazza, diceva di essere mia sorella- e scoppiò in una risata nervosa.
Florence notò che Albert a quelle parole si era irrigidito. Lui sapeva qualcosa di quella storia, era fin troppo chiaro.
Dal piano di sopra si sentirono dei colpi. Eduard che si esercitava con la batteria. Frederick sospirò. –E il figlio musicista di certo non aiuta-
-Anche tu, se non ricordo male, avevi una passione per la musica da ragazzo-
-Io suonavo la chitarra-
-Sempre musica- commentò Albert, ma continuava a sembrare soprapensiero.
-Non potrai paragonare la batteria alla chitarra?- e si persero in chiacchiere tra di loro, apparentemente dimentichi di quello che era successo solo poche ore prima.
Florence si lasciò andare ai propri pensieri. Quella storia non le piaceva. Si mordicchiò le labbra. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, ma aveva lasciato la propria famiglia molto tempo prima e si era ripromessa di non tornarci più.
-Sono stanco- disse a un certo punto Albert –ti dispiace se concludiamo l’argomento domani mattina?-
-Certo- rispose Frederick, alzandosi –vieni, ti faccio vedere la stanza che Flo ti ha riservato-

Florence quella notte dormì male. Ogni volta che riusciva ad addormentarsi le toccava rivivere la stessa scena, la ragazza che si portava la lama alla gola e il sangue che schizzava ovunque. Si svegliava sempre con il cuore che le batteva forte e la sensazione che in tutta quella storia ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato. Suonavano le cinque del mattino quando scese dal letto e andò alla finestra, con il disperato bisogno di prendere un po’ d’aria. Frederick dormiva placido al suo fianco, tranquillo come sempre. In momenti come quelli Flo avrebbe voluto essere tra le braccia di Ken. Non che lo amasse o altro, era più che altro un bisogno fisico. La donna si appoggiò al davanzale e infilò la testa tra le ante semiaperte della finestra. L’aria fuori era fresca. Il giardino della villa aveva un aspetto inquietante a quell’ora del mattino, come se fosse popolato da strani spiriti. Inspirò a fondo, quindi si ritrasse e tornò a letto.

La mattina seguente Frederick Wolf mandò una domestica a chiamare lo zio Albert visto che la colazione era stata portata in tavola già da un’ora.
-Strano, non ritarda mai- commentò.
-Forse è rimasto addormentato- mormorò Florence, ma una strana sensazione le opprimeva il petto.
L’urlo della cameriera confermò i suoi terribili sospetti. Moglie e marito corsero subito di sopra. Albert era riverso a terra, accanto al letto, immerso in una pozza di sangue.
-Qualcuno chiami un’ambulanza- urlò Frederick, gettandosi sullo zio nel tentativo di rianimarlo.
Florence si appoggiò allo stipite della porta, improvvisamente debole. Impossibile non ripensare alla maledizione lanciata dalla ragazza.

La causa della morte dello zio Albert fu individuata in un forte trauma cranico. Probabilmente era caduto dal letto e aveva sbattuto con violenza la testa. Florence non ci credeva, in cuor suo sentiva che quella storia nascondeva qualcosa. Prese ad andare su e giù per la stanza mentre aspettava Ken. Aveva anticipato il loro appuntamento, volendo parlare con qualcuno che non fosse il marito della situazione che si era creata.
- Flo, sei un incanto oggi- le disse il cognato non appena la vide.
-Non è il momento per queste cose- disse lei, spogliandosi rapidamente, presa dalla strana frenesia che la coglieva sempre quando vedeva Ken.
-Come vuoi tu, mia signora-
Si unirono senza ulteriore parole e solo quando ebbero concluso Florence si lasciò scappare tutto ciò che aveva in cuore.
-Non mi dire che questa storia ti ha spaventata- disse Ken, ridendo –eppure sei sempre stata più coraggiosa di me-
- All’epoca non avevo una famiglia a cui badare-
Ken la fissò un attimo con aria seria, prima di sorridere nuovamente. –Ti ricordi quando abbiamo rubato la tiara alla regina Titania?-
A Florence sfuggì una risatina. –Erano altri tempi-
-Solo due secoli fa … praticamente ieri-
Quelli erano stati momenti felici, prima dell’incidente. –A volte mi manca la corte, mi manca persino Titania- sospirò –forse è il caso di rivolgersi a Oberon, chiedergli aiuto-
-Solo perché un vecchio signore è caduto dal letto e ha battuto la testa? Non ti sembra di esagerare un po’?-
Forse Ken aveva ragione, forse… -C’è qualcosa in questa storia che proprio non mi convince-
-Aspetta qualche giorno e tutto si sistemerà, fidati, in fondo faccio anch’io parte della famiglia e mi vedi agitato?-
-No, ma tu non ti preoccupi mai per nulla-
-Hai ragione- disse Ken, traendola a sé e baciandola.
-Lasciami stare- si divincolò lei.
-Come vuoi, cara- disse lui, ubbidendo al comando.
Florence si rimise in piedi e andò a sistemarsi davanti allo specchio. Poteva ben vedere il riflesso di Ken che si stava rivestendo. Buffo che facesse parte della famiglia Wolf proprio grazie a lui. Era stato infatti Ken, già fidanzato con Caroline Wolf, a presentarle il suo futuro marito.
-Non sarebbe bello continuare i nostri giochetti anche da sposati?- le aveva chiesto e lei aveva accettato, non sapendo cos’altro fare visto che era stata cacciata dall’unico posto che nella sua lunga vita aveva conosciuto: la corte fatata.
-E comunque la mia Caroline non è per nulla preoccupata- esclamò Ken –con il suo cervello da gallina non è in grado nemmeno d’immaginare che la morte dello zio non sia stato un incidente-
-Nemmeno Frederick capisce- sussurrò Florence. Era stranamente legata al marito, anche se non lo amava.
-Sono esseri umani, tesoro, comprendono solo ciò che possono vedere-
-Già-
-E mia figlia, mi dispiace dirlo, è identica a mia moglie, incredibile- sbuffò.
-Devo andare- disse Florence, sentendosi improvvisamente fuori posto lì.

Quella sera venne la suocera a cena. Florence aveva sempre ammirato quella donna, alta, di bella presenza, sempre posata e sorridente, sembrava essere superiore a qualsiasi cosa, le ricordava quasi la regina Mab, l’odiata sorella di Titania, che era a capo della corte oscura. Frederick non le aveva voluto dire nulla della presunta sorellastra, ma Flo non dubitava che la donna avesse intuito qualcosa.
-Ciao, cara- le disse, stringendola a sé –i bambini come stanno?-
Florence sorrise. –Oh, bene, Eduard è di là e Louise… - non finì la frase perché la bambina arrivò correndo e saltando.
-Nonna- urlò.
-Piccola- la donna la strinse a sé e la sollevò.
Florence guardò la scena con un pizzico di gelosia. Louise era solo sua, la sua bimba, era l’unica dei figli che avesse ereditato i suoi occhi azzurri e i suoi capelli castano dorato.
-La nonna ha un regalo per te- disse la suocera ed estrasse un pacchetto che diede alla nipotina.
La bambina lo scartò rapidamente. Era un piccolo carillon con una ballerina che si teneva in equilibrio su una gamba. –Grazie, nonna- urlò, gettando le braccia intorno al collo della donna.
Florence si voltò per andare a finire i preparativi per la cena. Frederick era già al tavolo che stava discutendo con Eduard della scuola. Padre e figlio non si assomigliavano molto né fisicamente né caratterialmente. Florence entrò in cucina e ordinò alle cameriere di portare il cibo in tavola, l’ospite era arrivata.

Fu una serata piacevole nonostante il clima cupo che s’istaurava ogni volta che veniva accennato ad Albert. Arrivati al dolce Frederick si alzò.
-Vogliate scusarmi ma devo sistemare una faccenda prima di andare a dormire- disse per congedarsi.
-Io devo terminare uno scritto per domani- affermò Eduard, uscendo anche lui.
La piccola Louise dormiva placidamente con la testa appoggiata al tavolo.
-Sarebbe bello poter tornare bambini- disse la donna anziana.
Florence non ricordava la sua infanzia, ma le fate raramente la ricordano. –Già- sussurrò quindi, senza comprendere appieno le parole della suocera.
-Niente problemi, nulla di nulla … mi manca molto Albert -
Florence s’irrigidì. L’argomento evitato per tutta la cena ora era messo in tavola senza nessuna reticenza. –Manca a tutti- una frase semplice.
-Sei sicura che si sia trattato di un incidente?- le chiese, lo sguardo che brillava.
-Io … sì, è stato solo un incidente-
- Cos’altro potrebbe essere stato?-
Solo un incidente. Come mai Florence non ci credeva per davvero?
-Ci sono molte persone che odiano la nostra famiglia, Florence, troppe, mio marito, suo padre prima di lui, il padre di suo padre e via dicendo hanno fatto del male a molti per raggiungere i loro scopi, io ho cercato di allevare i miei ragazzi dando importanza ai sentimenti, non al denaro, ma penso che ci sia qualcosa nella famiglia Wolf, non so, qualcosa di negativo, qualcosa di… - s’interruppe e si portò una mano al petto, il viso distorto da una smorfia. Aprì la bocca ma non uscì nessun suono.
Florence scattò in piedi, non sapendo cosa fare. La suocera si accasciò a terra e solo allora lanciò un forte urlo.

-I ragazzi come stanno?- le chiese Frederick con tono lugubre quando Florence entrò nella stanza.
- Louise dorme, Eduard è in camera sua- si sedette affianco al marito e gli cinse la vita con un braccio. Non lo aveva mai visto così cupo, nemmeno nei momenti peggiori, neanche quando avevano detto loro che la piccola Louise era caduta da cavallo durante le lezioni di equitazione ed era finita in ospedale, neppure quando Caroline aveva avuto quel brutto aborto ed aveva rischiato la vita.
-Un infarto fulminante pensa il medico- sussurrò l’uomo, immobile – un’altra disgrazia frutto del caso-
Florence lo baciò. –Le sventure non vengono mai sole-
-Non ho ancora avvertito Caroline -
-Lo farò io-
-No, devo farlo io, era nostra madre- ispirò a fondo –la chiamerò domani mattina, ora è troppo tardi, non voglio farla preoccupare-
Lo capiva bene, più di quanto avrebbe pensato un tempo. Effettivamente vivendo in mezzo agli esseri umani stava diventando più sentimentale, forse troppo. E fu proprio questo sentimentalismo a farla parlare. –Forse dovremo vedere se quella ragazza ha una famiglia- sussurrò –mandare i soldi a loro-
-Quella ragazza era una bugiarda-
-Certo, ma questa storia è indubbiamente strana-
-Non si tratta di magia, è solo sfortuna-
E Florence non replicò, sapeva che non era prudente replicare quando suo marito assumeva quel tono di voce.

Quel martedì lasciò che Ken la prendesse con meno entusiasmo del solito. Era troppo preoccupata per riuscire a concentrarsi davvero su qualcosa.
-So che non è bello da dirsi- esordì il suo amante –e so bene che me ne pentirò non appena lo dirò, ma cosa c’è che non va?-
-Nulla-
-Mi ritrovo a insistere, non ti ho mai vista così … poco coinvolta … non sarà perché è morta la vecchia?- chiese, appoggiandosi su un gomito.
- Ken!- lo riprese lei.
-Quella donna non mi poteva proprio vedere, mi ha reso la vita impossibile, ma hai visto sua figlia? È un mostro, se non l’avessi presa su io sarebbe rimasta zitella-
A Florence sfuggì una risatina.
-E poi non era più giovane, a quell’età un malore improvviso è sempre possibile-
-Non è per lei, non solo almeno- ammise infine la donna.
-Credi ancora che la maledizione sia reale?-
-Tu cosa pensi?-
-Sinceramente? Che quella ragazza fosse una povera infelice, forse veramente figlia del nostro caro suocero, perché no? Non era certo un santo, comunque secondo me voleva essere accettata dalla famiglia, visto che è stata rifiutata si è suicidata, tutto qui-
-Logica pura-
-E se non avessi paura per i tuoi figli diresti anche tu così-
Aveva ragione, ma Florence non riusciva proprio a convincersi.
-Vuoi ancora rivolgerti ad Oberon?-
-Solo se sarà completamente necessario-
-Non lo sarà- disse Ken, stringendola a sé –e ora sei un po’ più coinvolta?-
-Riproviamoci- disse Florence, sorridendo ma proprio in quel momento il suo cellulare squillò. Subito fu percorsa da un brivido. Chi poteva volerle parlare a quell’ora del pomeriggio? Scese dal letto e andò a rispondere.
La voce dall’altra parte era di una donna, piatta e bassa, appena un sussurro. Le voleva comunicare che suo figlio Eduard aveva avuto un incidente e che lei doveva andare subito in ospedale. La donna si sentì svenire. Fu Ken ad accompagnarla in ospedale, non volle saperne di lasciarla andare da sola. A Frederick avrebbero detto che si trovavano allo stesso bar al momento della telefonata. Cosa ci facesse Eduard con la macchina non lo sapeva nessuno, infatti, anche se aveva la patente, gli era severamente proibito usare l’auto da solo. -Florence- esclamò il marito. Era in lacrime. –L’hanno operato, adesso è in coma, non sanno se ce la farà- Florence lo abbracciò. Non aveva mai visto Frederick piangere, non pensava nemmeno che ne fosse capace. Attesero insieme fino a sera.

La mattina seguente Florence si recò da Oberon, decisa a non lasciare nulla d’intentato. Fu fatta entrare nella sala del ricevimento quasi subito. Lo splendore di quel luogo superava quello di qualsiasi posto visitato da lei negli ultimi anni e la faceva sentire piccola e insignificante. Il re delle fate stava seduto sul trono, immobile, lo sguardo vigile. Era incredibile come la scena fosse identica all’ultima volta che era stata lì.
-Vostra Altezza- disse, con un profondo inchino.
-Florence, a cosa devo questa tua visita?-
Dritto al punto, ma forse era meglio così. La fata sospirò e raccontò ciò che era successo tutto d’un fiato. Oberon l’ascoltò senza parlare.
-Mi piego al vostro volere- concluse Florence, il capo piegato.
-Io non posso aiutarti, non fai più parte della mia corte- fu tutto ciò che disse il re.
-Non ero colpevole di ciò che successe anni fa, io non ho ucciso nessuno- urlò la fata, tremante, sentendosi improvvisamente richiamata in causa per ciò di cui non era mai stata colpevole.
-Tu e Ken avete ucciso un vostro simile, questo è ciò che mi ha spinto a cacciarvi all’epoca e che mi impedisce di aiutarti-
-Non c’erano prove- mormorò Florence.
-Ma c’eravate solo voi quel giorno in quell’ala del castello-
Ed era risaputo che loro due erano amanti, questo aveva spinto Oberon a condannarli entrambi, a buttarli in mezzo al mondo degli umani senza nessun indugio. Il popolo fatato aveva voltato loro le spalle. Florence sospirò stancamente. Stava diventando troppo simile agli esseri umani, se ne rendeva conto. Si congedò dal re e se ne andò senza aggiungere altro.

Nel periodo che seguì Eduard non migliorò, le sue condizioni rimasero costanti. Florence si recava a visitarlo ogni giorno insieme a Frederick. Ormai i medici dubitavano che si sarebbe svegliato.
-Vado a prendere una boccata d’aria- disse Frederick durante una delle visite.
Florence lo guardò uscire. Era quello che maggiormente soffriva a stare lì dentro e a vedere suo figlio ridotto in quel modo. Sospirò e prese la mano di Eduard. Era impressionante vedere tutti quei tubi, quelle flebo e quei monitor, quasi fosse un robot. Oberon avrebbe potuto far cessare tutto quello se solo avesse voluto. Non voleva.
Un urlo riempì l’aria. Florence seppe che un’altra disgrazia si era abbattuta sulla famiglia, quindi si alzò e andò ad affrontare il suo destino, pallida e salda.
Questa volta la vittima era Frederick che giaceva in fondo a una rampa di scale. Medici e infermiere lo stavano soccorrendo ma la fata seppe che sarebbe morto. E proprio allora notò qualcosa sulla mano del marito. Si chinò accanto a lui e poté vedere bene il segno prima di essere allontanata da uno dei soccorritori. Osservò da lontano i tentativi di rianimazione. Sapeva che cos’era quel segno, la domanda era a chi potesse appartenere, ma conosceva una persona che era in grado aiutarla in questo.

Jane l’accolse con un enorme sorriso sulle labbra. Era da tanto che non si vedevano, ma dopotutto Florence non visitava Avalon da molto tempo.
-Ehi, credevo che ormai fossi fissa tra gli umani- disse l’amica, abbracciandola –pensare che per poco non hai incontrato Christine, è giusta venuta a trovarmi poco fa-
Florence si sforzò di sorridere e si chiese cos’avesse portato la piccola Christine, quattro secoli appena, a recarsi ad Avalon. Guai anche per lei probabilmente.
-Dimmi tutto- la esortò Jane.
Florence raccontò quello che le era successo e le parlò del segno.
-Descrivimelo-
La fata cercò di essere il più precisa possibile e seppe di esserci riuscita quando vide lo sguardo di Jane brillare.
-Io so a quale stirpe fatata appartiene quel segno- esclamò esultante.
Quando Florence sentì il nome della stirpe per poco non si sentì mancare.

Ken l’attendeva come ogni martedì, ma questa volta in lui c’era qualcosa di diverso, oppure era solo Florence a vedere che non era lo stesso di sempre?
-Tesoro, oggi sei tu in ritardo- disse per accoglierla.
-So che sei stato tu, Ken della stirpe MacHolmes-
Lui sbatté le palpebre sorpreso, poi sorrise. –Ammetto che pensavo che a questo punto non lo avresti più scoperto-
-Ti rendi conto che mio figlio rischia di morire a causa tua?-
-Se lo avessi voluto morto non pensi che lo sarebbe già?-
Florence non era così ingenua da credere a quelle parole. –Vuoi ereditare tutti i soldi di famiglia, vero?-
Ken scoppiò a ridere. –Non faccio certo queste cose per soldi, no, io voglio vendicarmi di un torto fattomi molto tempo fa, da una certa Katherine Williams -
Quel nome non le era nuovo. –C’era una storia, una fanciulla che ingannò un membro del piccolo popolo rubandogli parte del suo potere, eri tu, giusto? Vuoi vendicarti perché quella ragazza t’ingannò-
Ken sorrise. –Esatto, non sai da quanto lavoro a questa vendetta-
-E io ero parte del piano-
-Flo, tesoro, ho scelto te per la chimica che c’è tra di noi, ammettilo, ti piace venire a letto con me-
Questo era vero, ma non avrebbe mai potuto perdonare Ken, non dopo ciò che aveva fatto. –Ci hai fatti cacciare da Oberon apposta-
-La corte è per gli stolti, chi resta lì? Solo quelli che non hanno il coraggio di affrontare il mondo, fate con mille anni alle spalle, praticamente delle mummie, noi giovani siamo in giro per il mondo, viviamo la vita degli esseri umani, ci uniamo a loro e a volte abbiamo anche figli, noi siamo il futuro, un giorno gli umani sapranno della nostra esistenza e pensi che la magia potrà difendere coloro che si ostinano a restare a corte? Con tutte le armi che sono state inventate? Credi davvero che Oberon possa difendere il suo piccolo popolo dalla bomba atomica?-
No, non poteva, di questo si parlava da tempo.
-Io ti ho dato la possibilità di stare in mezzo agli umani, noi riusciremo a nasconderci tra loro e a salvarci, ti ho anche dato una bella famiglia-
-Tu mi hai usata-
-Volevo vendicarmi, un sentimento naturale, non pensi?-
Naturale, proprio come l’odio che stava crescendo dentro di lei e la consapevolezza di non poter battere Ken in un incontro leale perché troppo forte.
-E poi ho voluto vendicare anche quella povera ragazza che si è uccisa, la nostra cognatina, perché non dubito che fosse figlia del vecchio Wolf-
-Hai sfruttato l’occasione per far cadere la colpa su di lei-
-Certo, altrimenti tu saresti diventata sospettosa e avresti capito subito che dietro a tutto c’ero io- sorrise –per dimostrarti le mie buone intenzioni sono disposto a renderti mia complice- Florence ispirò a fondo. Come crederci? Dubitava che Ken avrebbe lasciato stare i suoi figli e in quel momento la fata comprese che l’istinto di madre superava anche l’istinto di sopravvivenza.
-Io e te, una squadra, che ne dici?-
La fata ripensò agli incantesimi che aveva imparato e improvvisamente si ricordò del giorno in cui Viviana le aveva raccontato come aveva imprigionato Merlino. Per metterlo in pratica però doveva unirsi a lui per un’ultima volta. In fondo però questo non era un così grande sacrificio.
-Va bene- disse, fingendosi sconfitta.
-Questa è la migliore decisione presa in tutta la tua vita, Flo, non te ne pentirai-
La fata si avvicinò a Ken e lo baciò. Lui lo prese come un invito e incominciò a spogliarla senza ulteriori indugi. Florence attese che i loro corpi fossero uniti per procedere con l’incantesimo. Sapeva che era molto probabile che sarebbe rimasta imprigionata anche lei, Viviana era stata molto fortunata, ma raramente la fortuna aiuta i disperati. Ma tutto ciò che importanza aveva? Florence cominciò l’incantesimo e sentì subito il pavimento tremare.
-Cosa succede?- chiese Kevin, spaventato.
Florence non rispose, ma continuò con la formula, determinata a portare a termine quella storia, qualsiasi conseguenze ci fossero. Quando il suo amante cercò di allontanarla lei gli si aggrappò addosso. Una forte luce invase tutto, poi il buio.

Eduard Wolf si svegliò dal coma quando ormai i dottori non gli avevano dato nessuna speranza. Fu la zia Caroline a dovergli spiegare che il padre era morto e che della madre, così come di suo marito, non se n’era trovata più traccia. I maligni dicevano che erano fuggiti insieme, ma Caroline non ci credeva minimamente, più probabile che Ken stesse riaccompagnando a casa la cognata e che avessero avuto un incidente. Il ragazzo sbatté le palpebre. Aveva perso la madre e il padre, tutto gli parve cadergli addosso in quel momento. Non si accorse neppure della piccola luce, a forma di fatina, che stava sospesa a mezz’aria e pareva fissarlo con gli occhi tristi con cui una madre guarda un figlio che non potrà mai più riabbracciare.

Note: Questa storia partecipa al challenge Mal di Challenge e parla della sessualità senza amore
   
 
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