Anime & Manga > Haikyu!!
Segui la storia  |       
Autore: _Kurai_    10/12/2016    2 recensioni
Tornare sulla Terra era sempre stato il sogno di Oikawa, e nelle poche settimane in cui gli era stato concesso di fare il mestiere dei suoi sogni si era incantato spesso a contemplare lo splendore di tutto quel blu punteggiato di verde che galleggiava nello spazio profondo attorno a lui.
Aveva fatto in tutto tre passeggiate spaziali dopo aver passato l'esame con il massimo dei voti e con un anno di anticipo, prima di quel maledetto giorno.
Quel maledetto giorno che aveva segnato l'inizio della fine.
Ma poteva forse essere un nuovo inizio? O sarebbe stato solo un modo diverso per ucciderli?
Genere: Angst, Science-fiction, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The end is where we begin


Attraversare l'atmosfera terrestre fu l'esperienza più terrificante che Ittetsu Takeda avesse mai provato in tutta la sua vita.

Accanto a lui Akiteru aveva assunto un colore grigiastro, gli occhi sbarrati per il terrore scatenato dalla vista delle fiamme che avvolgevano ciò che rimaneva della Walden, in caduta libera verso la sua destinazione ultima.

Takeda sapeva che se avessero superato quel momento senza che il rivestimento esterno collassasse sarebbero stati a metà strada verso la salvezza, ma l'altra metà sarebbe stata probabilmente ancora più terrificante: come sarebbero atterrati sulla Terra? La Walden non era stata concepita per quello, i propulsori non sarebbero stati in grado di…

Stava per lasciarsi prendere dal panico, lo sguardo assente mentre somministrava meccanicamente boccate di ossigeno alle persone che aveva intorno con le mani tremanti dalle dita ormai bluastre.

Iniziò a respirare più affannosamente, mentre le luci di emergenza alimentate dal generatore indipendente iniziavano a lampeggiare a ritmo irregolare, segno che l'autonomia dell'ex stazione orbitante era sul punto di terminare del tutto.

Sarebbe morto lì. Sarebbero morti tutti lì.

Quando la mano di Keishin si posò sulla sua spalla gli sorrise con riconoscenza, felice di poterlo vedere un'ultima volta prima dello schianto.

Saeko era rimasta nella sala comandi e l'aveva praticamente cacciato via, sostenendo che sarebbe riuscita a “far atterrare da sola quella dannata carcassa di ferro”.

Saeko spinse al massimo la potenza dei propulsori: mancava pochissimo all'atterraggio e doveva tentare il tutto per tutto, a tutti i costi.

Improvvisamente, pochi istanti prima del contatto con la superficie terrestre, tutte le luci si spensero contemporaneamente.

“Tempismo perfetto” pensò amaramente Keishin, un secondo prima dello schianto.

 

* * *

 

Nishinoya portò per l'ennesima volta la mano al collo, dimenticando l'assenza del suo solito ciondolo, che Asahi non gli aveva ancora ridato.

Rimise la mano con rabbia e frustrazione nella tasca dei pantaloni già lisi e rovinati, l'unico paio che possedeva sulla Terra.

Si era arrampicato sull'albero di Tanaka più di tre ore prima e non aveva nessuna intenzione di scendere: sapeva che non era maturo da parte sua, sapeva che Asahi non aveva colpe, sapeva che in quel momento avrebbe decisamente dovuto essere altrove, ad esempio ad aiutare i compagni a ricostruire il campo.

Dopo aver discusso con il suo amico di sempre (chiamarla discussione non era troppo corretto, visto che la situazione si era trasformata in un suo monologo urlato davanti allo sguardo stupefatto e triste di Azumane) si era allontanato in fretta, deciso inizialmente a correre verso il villaggio terrestre nella speranza che non tutto fosse perduto.

Poi la razionalità l'aveva finalmente scosso dallo shock e aveva capito che Asahi non aveva sbagliato del tutto: non avrebbe potuto fare nulla, solo e disarmato. Era salito sull'albero, come se una forza misteriosa lo avesse guidato fin lì. Era salito su quell'albero, come se da lì lo stesso Tanaka avesse potuto suggerirgli che cosa fare.

Asahi non era venuto a cercarlo.

Non avevano mai litigato, e un comportamento del genere non si accordava minimamente con il suo solito carattere… la vita sulla Terra stava iniziando a cambiarlo, e quel cambiamento non gli piaceva affatto.

Fino a quel momento era stato lui la luce di Asahi, aveva sacrificato il suo futuro facendosi rinchiudere deliberatamente in confinamento pur di difenderlo fino all'ultimo da un'enorme ingiustizia. Azumane in fondo aveva solo cercato di ricambiare, di salvarlo da sé stesso e dal suo enorme spirito di sacrificio - o dalla sua indole suicida, come avrebbe detto Tanaka, come al solito senza peli sulla lingua. Ecco, Ryuu capiva bene quel lato della sua personalità, mentre Azumane si sentiva ancora colpevole per averlo trascinato a fondo con sé fino a quel punto e non si sarebbe mai perdonato se avesse lasciato che Yuu si sacrificasse ancora.

Per quanto fosse un quasi diciottenne grande e grosso con un accenno di barba e un corpo prestante e muscoloso, Asahi era in realtà quanto di più diverso immaginabile da ciò che la sua apparenza suggeriva.

Nei primi tempi del confinamento Yuu aveva dovuto confortarlo per notti intere, mentre la sua ampia schiena era scossa dai brividi e dai singhiozzi e non riusciva ad accettare di essere stato ripudiato dal padre e privato di tutti i suoi sogni in quel modo. Yuu lo aveva salvato più volte allora, lo aveva salvato da sé stesso e dall'autodistruzione, dalla paura e dalla solitudine.

Poi Ryuu era stato trasferito nella loro stessa cella, evidentemente perché nessun altro riusciva a sopportarlo abbastanza tra le stesse quattro mura.

L'amicizia tra i tre si era consolidata a poco a poco, e Yuu si era affezionato a tal punto da considerare Ryuunosuke quasi come un fratello.

“Fratello”… quella parola suonava così strana sull'Arca, dove vigeva l'obbligo stringente del figlio unico: Ryuu era diverso. Ryuu raccontava continuamente di avere una sorella più grande, idealizzandola a tal punto da far spesso pensare a Yuu e Azumane che fosse uno dei tanti frutti della sua fervida immaginazione. Ryuu raccontava di aver ucciso un uomo a meno di dieci anni, per difendere quella sorella che tanto aveva amato ma non era mai venuta a trovarlo in tutto quel tempo.

Ryuu che sapeva sdrammatizzare ogni cosa, anche nella situazione peggiore possibile…

Ryuu che con ogni probabilità non avrebbe mai più rivisto vivo.

Nishinoya si ritrovò a piangere lacrime bollenti, seduto nel punto più largo di uno dei rami più alti con le gambe premute contro il petto.

Sapeva che se l'avesse inseguito non sarebbe cambiato nulla, ma sapeva anche che non si sarebbe mai perdonato per non averlo fatto.

Sapeva che cercando di salvare Tanaka probabilmente sarebbe stato ucciso a sua volta, ma il senso di colpa in ogni caso faceva troppo male. Tuttavia sapeva anche che Asahi non sarebbe sopravvissuto nemmeno un giorno senza di lui.

Non perché Azumane fosse dipendente dalla sua persona o fosse così debole da necessitare di essere difeso da un diciassettenne alto quasi venti centimetri meno di lui, ma perché il loro legame era troppo importante. Non ricordava un giorno che non avesse condiviso con lui fin dalla loro infanzia, e non riusciva ad immaginare un mondo senza la sua presenza.

Lo stesso valeva per Asahi, che gli aveva aperto il suo cuore nella loro ultima notte da adolescenti liberi sull'Arca, quando erano sgattaiolati nei campi solari a guardare le stelle attraverso i vetri spessi delle serre.

Quella confessione era rimasta come nel limbo in quegli anni, un discorso interrotto che non era più stato portato a termine.

 

Asahi quella notte aveva i capelli sciolti: erano più corti e non riusciva ancora a raccoglierseli in un codino, mentre in cella li aveva lasciati crescere oltre le spalle. Aveva una luce particolare negli occhi scuri e si tormentava le mani, come se qualcosa lo stesse preoccupando.

Era un comportamento piuttosto usuale per lui quando era agitato, e Yuu lo conosceva bene.

Gli aveva preso una mano tra le sue, cercando di farlo smettere e di calmare la sua ansia che non riusciva a comprendere fino in fondo.

Sì, erano usciti dalle loro unità abitative durante la notte ed era un'azione non troppo legale per dei minorenni, così come entrare nelle serre dopo il coprifuoco e in assenza di un responsabile, ma il massimo che potevano rischiare era una lavata di capo. Il padre di Asahi era pur sempre un membro del Consiglio ed era stato il responsabile delle serre per anni prima di diventare Cancelliere, quindi di sicuro non sarebbe stata una fuga notturna troppo rischiosa. Per questo l'ansia di Azumane gli sembrava eccessiva, ma conoscendolo non si stupì più di tanto.

Capì la vera causa dello stato d'animo di Asahi quando questi lo invitò a sedersi accanto a lui nel punto più panoramico delle serre, da cui c'era una vista spettacolare della Via Lattea.

“Vorrei dirti una cosa che ho in mente da tanto tempo, ma non ho mai trovato il momento giusto per farlo” iniziò Azumane, fissando il ciondolo argentato che pendeva al collo di Yuu, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.

Glielo aveva comprato allo Spaccio per il suo dodicesimo compleanno, ripensando al fatto che Yuu a scuola era rimasto affascinato dal fenomeno dei fulmini. Asahi era ancora orgoglioso di quel piccolo regalo che Nishinoya portava ancora dopo tutti quegli anni, quel sottile ciondolo d'argento che gli era costato quasi tutti i crediti che suo padre gli allungava come paghetta ogni mese e che sicuramente qualcuno dei primi coloni dell'Arca aveva portato dalla Terra.

“Non so come iniziare, ecco… tu sei sempre stato così importante per me in questi anni… e io ultimamente mi sono accorto che nei tuoi confronti… provo un'emozione diversa” disse Asahi con la voce che tremava, le guance in fiamme. Yuu gli stava ancora stringendo la mano e la sentiva tremare tra le sue, perciò gliel'aveva stretta più forte.

Azumane si era accorto di essere innamorato del suo migliore amico già da mesi e aveva programmato quella dichiarazione da tempo, provando quel discorso decine e decine di volte nella sua mente. Aveva scelto le serre perché erano un posto suggestivo e tranquillo e perché molti anni prima suo padre si era dichiarato proprio lì a sua madre. Quando era piccolo, nei rari momenti in cui il padre aveva tempo libero prima che la sua appropriazione di farmaci illeciti fosse scoperta e venisse destituito dal suo ruolo di Cancelliere, Azumane si faceva raccontare quella storia a ripetizione come se fosse una favola, per sforzarsi di immaginare la madre che ricordava a malapena.

 

Nel momento in cui Azumane aveva alzato lo sguardo per incontrare gli occhi di Yuu, talmente vicini da vedere tutte le piccole pagliuzze dorate nelle sue iridi, un rumore li aveva fatti sobbalzare entrambi. Che qualcuno li avesse visti entrare lì dentro e seguiti?

Si erano guardati intorno, ma nelle serre non c'era nessuno.

Avevano tirato entrambi un sospiro di sollievo ed erano rimasti in silenzio ancora per qualche istante, persi in uno di quei momenti in cui gli sguardi dicono più di mille parole.

Di nuovo un rumore li aveva interrotti, e si erano alzati entrambi con i cuori che battevano a mille.

Avevano riattraversato a ritroso tutto il corridoio che costeggiava le serre e l'avevano vista: la porta della piccola serra speciale dove si trovava “l'Ultimo Albero”, ossia il cimelio più importante sull'Arca che ricordasse la vita sulla Terra (talmente importante da essere tirato fuori solo una volta l'anno con grandi cerimonie), era aperta.

La stanza aveva un codice di riconoscimento e sulla porta campeggiava una scritta rossa che scoraggiava chiunque anche solo ad avvicinarsi, non era possibile che qualcuno l'avesse lasciata aperta per sbaglio.

I due si affacciarono dal sottile spiraglio e la vista all'interno li sconvolse.

L'Ultimo Albero era in fiamme, sul suo piedistallo al centro della sua piccola serra privata.

Asahi si precipitò all'interno, deciso a spegnerlo immediatamente in qualunque modo fosse in suo potere, seguito prontamente da Nishinoya.

Non appena ebbero varcato la soglia della stanza proibita, un suono assordante e continuo aveva rivelato all'intera Arca la loro presenza.

Azumane era stato accusato immediatamente dalle guardie che erano accorse pochi istanti dopo insieme a metà dei membri del Consiglio, che si erano trovati lì in così breve tempo da destare lampanti sospetti (su cui però nessuno aveva indagato) e Yuu aveva cercato di proteggerlo.

Era andata così, e il padre di Asahi aveva perfino rifiutato di difenderlo al processo. Non lo aveva neppure guardato, pur sapendo che la sua colpevolezza significava che il figlio non avrebbe superato i diciott'anni.

 

Né Azumane né Yuu avevano più parlato di quella notte.

Il loro rapporto era rimasto tale e quale e nessuno dei due aveva più fatto nulla per cambiarlo.

 

Nishinoya decise di scendere dall'albero solo nel pomeriggio inoltrato, mentre ancora gli altri erano alle prese con la difficile ripresa dopo l'incendio.

Non aveva comunque nessuna intenzione di scusarsi per le parole che gli aveva urlato, perché in ogni caso Asahi non aveva avuto alcun diritto di impedirgli di compiere la sua scelta – anche se suicida – ma almeno si era schiarito la mente, e aveva capito che non avrebbe dovuto prendersela con lui, perché in fondo aveva agito con le migliori intenzioni. Inoltre dopo averlo salvato dalle grinfie dei terrestri vendicativi già una volta, effettivamente Azumane aveva tutte le ragioni del mondo a cercare di impedire che la storia si ripetesse.

Lo aveva cercato al campo e lo aveva trovato dopo parecchi minuti, sporco di terra, fango e cenere, che insieme a Iwaizumi, Daichi e un folto gruppo di ragazzi lavorava alla costruzione di quella che sembrava una sorta di baracca, più stabile e sicura delle tende. Era rimasto a guardarlo da lontano, indeciso sul da farsi, poi si era avvicinato e aveva afferrato l'altra estremità del grosso tronco che Azumane stava per sollevare.

Gli aveva rivolto un debole sorriso nel momento in cui Asahi se n'era accorto, e dopo che ebbero messo in posizione il pilastro portante gli si avvicinò, deciso a chiarire.

“Non avrei dovuto trattarti così” disse, lo sguardo fisso negli occhi scuri del più grande.

Azumane attese qualche secondo di troppo per rispondere, poi sorrise a sua volta “Non preoccuparti, scusami tu se non sono stato in grado di fare nulla per impedire a Ryuu di...” sospirò, lasciando la frase a metà.

“Appena la situazione sarà risolta qui torneremo a cercare il loro villaggio e andremo a controllare la situazione. Quando eravamo prigionieri c'è stata una guardia terrestre che ci ha aiutato, quindi magari…” sorrise Yuu, cercando di convincere anche sé stesso “Ryuu in fondo è pieno di risorse, non può essersi arreso così” concluse.

“Verrò con te, te lo prometto” allargò istintivamente le braccia Asahi, e Yuu si lasciò avvolgere nell'abbraccio senza protestare.

 

 

Oikawa impiegò almeno venti minuti di inutili tentativi per capire che non sarebbe mai riuscito a tornare al campo sulle sue gambe.

Il ginocchio lanciava fitte terribili, simili alla sensazione di milioni di chiodi conficcati nella carne; nemmeno appoggiare tutto il peso su un grosso ramo raccolto lungo la strada gli donava abbastanza sollievo e iniziava a pensare di essere spacciato, solo e ad una distanza indefinita dal campo, impossibile da determinare con chiarezza. Gli sembrava assurdo aver camminato così tanto dietro a Terushima e stringeva i denti solo nella speranza di riuscire a tornare sano e salvo al campo prima del tramonto. In ogni caso era una speranza vana, poiché già il sole era piuttosto basso all'orizzonte e la vista gli sfarfallava di continuo, complice il dolore insopportabile e la ferita alla fronte che continuava a sanguinare copiosamente.
Si sentiva ormai metà del viso viscida di sangue ma aveva rinunciato a pulirsi con la manica già zuppa della maglietta che indossava.

Un passo dietro l'altro, una stilettata di dolore dopo l'altra.

Intorno a lui le ombre iniziavano ad allungarsi e la foresta brulicava di rumori di origine ignota.

Sarebbe morto lì, senza la possibilità di avvertire gli altri di ciò che era successo?

Desiderava solo chiudere gli occhi e smettere di sentire tutto quel dolore che gli spezzava il respiro a ogni passo. Desiderava solo sentire le braccia di Hajime intorno a lui e lasciare che lo confortasse, anche se in realtà era molto più plausibile che prima di confortarlo Iwaizumi lo avrebbe insultato almeno per una buona mezz'ora.

Camminava molto lentamente, attento a non appoggiare troppo peso sul ginocchio fuori uso, ma le gambe gli tremavano incontrollabilmente e sapeva che non avrebbe resistito a lungo. Si lasciò cadere ai piedi di un albero ansimando, con il sudore freddo che gli scendeva lungo la schiena.

Non voleva nemmeno vedere lo stato del ginocchio sotto i pantaloni: gli sembrava che l'articolazione si fosse trasformata in un agglomerato di fuoco pulsante e temeva che l'osso potesse dislocarsi da un momento all'altro se solo avesse fatto un movimento sbagliato. Sospirò e distrattamente infilò una mano nella tasca destra dei pantaloni, per poi incontrare un oggetto che non ricordava di averci messo: il suo walkie talkie che Sugawara gli aveva restituito, il cui gemello si trovava nella navicella.

Un paio di contatti erano saltati nella caduta, ma niente che non potesse riparare anche senza strumenti. Era giunto il momento di verificare il raggio d'azione di quei prototipi.

 

Tooru armeggiò per più di mezz'ora con lo walkie talkie, riuscendo infine a riattivarlo: un ronzio lo avvisò di essere sulla buona strada, e iniziò senza posa a ripetere “Qui Oikawa, passo” nel piccolo microfono.

Dovette aspettare altrettanto tempo perché una voce rispondesse dall'altro capo della linea, ma fortunatamente era proprio quella che sperava di sentire: Hajime era salito al piano superiore della navicella per cercarlo e aveva sentito ronzare la ricetrasmittente.

“Oikawa… dove cazzo sei? Ti cerco da due ore, accidenti a te!” rispose fuori di sé Hajime. Era il suo modo di mostrarsi preoccupato, del resto.

“Iwa-chan… è successa una cosa… ecco, in breve Terushima ha fatto un enorme casino e non sono riuscito a impedirglielo… ha rubato la mia bomba e...”

“Oh merda” lo interruppe Iwaizumi “non dirmi che è andato a far saltare quel villaggio di terrestri e tu hai cercato di seguirlo da solo e ora sei nella foresta e hai bisogno che io venga a salvarti il culo. Non dirmelo, ti prego”

“...Se vuoi posso cercare di indorarti la pillola, Iwa-chan ma… hai indovinato. Detesto ammetterlo, ma temo di non riuscire a camminare fino al campo, la mia gamba ha qualcosa che non va e… oh merda!”

“… Oikawa? Che sta succedendo?”

“Non lo so… c'è qualcuno” abbassò la voce Tooru, spaventato da un rumore di passi nella sua direzione. Chiunque stesse avanzando verso di lui non si stava preoccupando di non pestare i ramoscelli per terra e ogni rumore secco di legno spezzato era più vicino.

Oikawa non osava girarsi, sperando che il tronco dell'albero lo avrebbe nascosto dal nuovo arrivato.

I passi si facevano sempre più pesanti, la presenza più incombente.

“Oikawa…?” sussurrò a sua volta Hajime nel microfono, con il cuore in gola.

Nessuna risposta giunse dall'altro capo, e dopo un istante la ricetrasmittente smise di ronzare.

 

 

Una figura alta e imponente ricoperta da una tuta bianca antiradiazioni gli apparve di fronte, ancora prima che potesse architettare un piano qualsiasi.

L'uomo sollevò una mano avvolta da un guanto dello stesso colore e alzò l'indice, intimandogli il silenzio.

“Dovresti venire con me” disse, con tono monocorde e autoritario.

Tooru fece per dire qualcosa ad Hajime attraverso il walkie talkie ma un altro personaggio vestito allo stesso modo gli apparve alle spalle, torcendogli il polso fino a fargli perdere la presa.

L'uomo che gli stava di fronte schiacciò la ricetrasmittente sotto un piede, distruggendola.

“Chi siete?”

“Persone che possono aiutarti” rispose questi, con tono gelido.

“E se io rifiutassi il vostro aiuto?” lo sfidò Tooru, che non vedeva una via d'uscita da quella situazione.

L'ago gli perforò la carne senza preavviso, gettandolo in pochi istanti in un oblìo nebuloso e senza sogni.

 

 

Hajime saltò letteralmente giù dalla botola, atterrando in piedi davanti a Sugawara e Sawamura che sobbalzarono per la sorpresa, interrompendo l'unico momento di intimità che avevano osato concedersi in quella difficile giornata.

“Mi dispiace interrompervi ma temo di avere delle brutte notizie” disse, serissimo.

 

Daichi era tornato alla navicella per controllare come stesse Koushi; si era preso una pausa così come tutti gli altri ragazzi che stavano lavorando alla baracca, perché ormai il sole stava calando e non avevano più abbastanza luce per continuare. Molti di loro erano già rassegnati a dormire sotto le stelle, ma per fortuna le nuvole plumbee del mattino si erano spostate altrove e faceva ancora piuttosto caldo. Koushi era di nuovo al lavoro, ma nel nuovo ospedale da campo improvvisato c'erano meno di dieci persone, ferite più o meno seriamente.

 

Hajime li prese entrambi da parte, distogliendoli dal loro breve momento privato, e raccontò loro della sua breve comunicazione con Tooru.

Koushi cambiò espressione in pochi istanti, prendendosi poi la testa tra le mani e fissando lo sguardo preoccupato in quello di Daichi.

“Io… io ho visto Terushima diverse ore fa… era irriconoscibile e fuori di sé ma siccome ero occupato a curare i feriti mi sono distratto un istante e l'ho perso di vista… Non avrei dovuto...” disse a mezza voce il medico “Mi stai dicendo che avrebbe fatto saltare il villaggio dei terrestri? E quindi anche Tanaka…? E Oikawa?” continuò, sentendosi come sempre in cuor suo responsabile per non averlo potuto impedire.

“Non so niente, Sugawara-san… so solo che quell'idiota di Oikawa è ferito là fuori da qualche parte e l'ultima volta che ho sentito la sua voce era spaventato da qualcuno o qualcosa… io vado a cercarlo, non mi interessa se non abbiamo più armi” rispose Hajime, fuori di sé.

“Iwaizumi, non conviene agire in modo sconsiderato ora… almeno prendi con te altri due o tre e cercate di essere il più prudenti possibile. Non possiamo continuare a lanciarci in missioni suicide, abbiamo perso già troppe persone, non credi? E aspettate il mattino per muovervi, tra poco tramonterà il sole e rischiate solo di mettervi ulteriormente in pericolo” disse Daichi con tono pacato, con la sua solita praticità da ufficiale che aveva già gestito situazioni molto più difficili. Hajime rispose con il saluto militare come d'abitudine e uscì di corsa, deciso ad andare a cercare Matsukawa e Hanamaki per aggiornarli. Il suo sguardo riluceva di un bagliore fiero e minaccioso, quasi come se potesse emettere scariche elettriche solo con un'occhiata.

 

 

Shoyo riapparve nei pressi della navicella mentre Daichi e Koushi stavano uscendo, quest'ultimo con un'ombra scura sul viso ancora peggiore di quando Tobio gli aveva mentito sulla sorte di Kei e Tadashi.

“Non colpevolizzarti, Koushi… la rabbia e il desiderio di vendetta possono far fare cose terribili alle persone, non potevi sapere quello che aveva in mente” disse Daichi mentre lo tirava a sé, nel tentativo di confortarlo e recuperare quell'intimità che prima gli era stata negata dall'exploit di Hajime.

Purtroppo furono nuovamente interrotti da un agitatissimo Shoyo che iniziò a farfugliare frasi confuse, nel tentativo di far loro capire la situazione ma controllando anche se Kageyama fosse nei dintorni: il piccolo terrestre era sicuro che se avesse saputo che stava rivelando l'ubicazione del bunker, Tobio avrebbe riprovato a fare il lanciatore di coltelli usandolo come bersaglio mobile.

Sugawara e Sawamura seguirono Shoyo nella foresta, scambiandosi sguardi interrogativi e un po' rassegnati, finché non giunsero in vista della botola.

“Cosa significa questo, Shoyo?” disse Daichi, mentre sollevava la lastra di metallo e si sporgeva a valutare la profondità del bunker.

Il terrestre rimase in silenzio, lasciando che rispondessero i fatti.

Scesero tutti e tre nella botola. Alla base della scaletta ad attenderli c'era un preoccupatissimo Yamaguchi, ad un passo dal mettersi a urlare e correre in cerchio per l'agitazione.

Appena lo vide Koushi rimase stupito e abbozzò un sorriso, felice di constatare che le parole di Kageyama non corrispondevano a verità.

“Sugawara-san! Tsukki non sta bene, ho paura che la ferita si sia infettata… non avremmo mai dovuto lasciare l'accampamento...” piagnucolò Tadashi, il cui già scarso autocontrollo iniziava a vacillare.

“Vi chiederò dopo che posto è questo e come siete finiti qui, e se ti consola al momento non ce la passiamo bene nemmeno al campo… comunque fammi strada, vediamo come sta Tsukishima-kun...” sospirò con fare materno Koushi, togliendosi da tracolla la borsa che conteneva tutti i farmaci e gli strumenti medici rimasti dopo l'incendio.

 

 

Con l'arrivo di Sugawara e Sawamura, Tadashi aveva appreso che non era affatto mattina come pensava, ma ormai pomeriggio inoltrato. Pochi giorni senza vedere la luce del sole avevano già confuso i suoi ritmi sonno-veglia, che erano comunque ancora tarati sulle luci circadiane dell'Arca.

Tsukishima non riusciva a restare vigile più di pochi secondi e continuava a ricadere in uno strano sonno delirante, sudando freddo.

Yamaguchi continuava a stare intorno a Koushi mentre cercava di registrare i parametri vitali e di capire l'entità dell'infezione, finché il medico non gli chiese gentilmente di allontanarsi un po' per lasciarlo lavorare. Tadashi si abbandonò seduto su uno dei letti fissando il pavimento, impotente.

Nel frattempo Daichi stava esplorando con Shoyo l'interno del bunker. L'espressione di Sawamura era indecifrabile, e il piccolo terrestre non riusciva a capire se fosse contrariato o sollevato.

L'ex ufficiale soppesò le armi e le munizioni contenute nella grande cassa metallica: almeno un problema era risolto, ma se avessero avuto prima a disposizione tutto quell'arsenale forse le cose sarebbero andate diversamente.

“Potremmo trasferire qui i feriti e le persone troppo deboli per dormire all'aperto finché non finiremo di costruire la baracca di legno” disse fra sé, valutando l'enorme utilità di quel nuovo rifugio “anche se dovremmo nascondere meglio l'entrata, è un miracolo che nessun indigeno abbia scoperto prima di voi l'ubicazione di questo posto”.

Né lui né Koushi avevano ancora detto alcunché per rimproverare i due esuli volontari: la salute di Tsukishima era più importante, e considerando il modo in cui erano cresciuti sull'Arca il loro comportamento non era stato così imprevedibile. Piuttosto Daichi aveva una mezza idea di rimproverare pesantemente Tobio una volta tornati all'accampamento, per aver fatto soffrire inutilmente Koushi mentendogli sulla presunta morte di Kei e Tadashi.

La voce di Sugawara lo distolse dai suoi pensieri, facendolo ripiombare nella realtà.

“Temo di dover riaprire la ferita e non abbiamo più disinfettante a sufficienza nè filo da sutura… avete visto nel bunker una cassetta del pronto soccorso o qualcosa del genere?” chiese con un tono vagamente allarmato ma comunque controllato per non far agitare ulteriormente Tadashi che ormai aveva assunto il colore verdognolo delle coperte militari distese sui letti a castello.

Shoyo, Daichi e Tadashi iniziarono a cercare febbrilmente per tutta la grande stanza sotterranea, smuovendo casse e mobilio alla ricerca di medicinali.

Fu proprio nel momento in cui Koushi stava per rassegnarsi a utilizzare il contenuto di una delle bottiglie di alcolici come disinfettante che Shoyo riemerse vittorioso da sotto uno dei letti, stringendo in mano una valigetta rossa con una croce dipinta sopra. All'interno vi erano diverse mascherine per l'ossigeno, bende e cerotti in quantità, un laccio emostatico, un set per suturare le ferite, una sacca di soluzione fisiologica, alcune siringhe già piene di un ignoto liquido colorato e – tombola! - un intero flacone di acqua ossigenata. Tutto quanto sembrava intatto e la valigetta era ricoperta solo da un leggero strato di polvere, come se non fosse stata lì per un centinaio di anni.

Sugawara strinse il laccio emostatico, sfoderò il bisturi e iniziò a tagliare e ripulire la ferita, mentre Yamaguchi si fiondò nuovamente accanto a Tsukishima, che in un raro momento di lucidità si ritrovò ad urlare per il dolore e stringere fortissimo la mano del migliore amico.

Tutto quanto finì in meno di quindici minuti, anche se nella percezione di Kei la tortura sembrava essere durata ore. Il medico gli fece ingoiare una delle ultime preziosissime pastiglie di antibiotico e rifasciò attentamente la ferita dopo averla suturata.

Kei si addormentò in pochi minuti, provato dal piccolo intervento senza anestesia e dalla febbre, che comunque stava già iniziando a scendere a giudicare dal suo colorito leggermente migliorato.

I quattro rimasero in silenzio per un po', indecisi sul da farsi.

 

 

Kenma si stropicciò gli occhi e sbuffò.

Kuroo gli aveva promesso che l'avrebbe raggiunto il prima possibile ma non si era ancora visto.

Lui era stufo di stare nella navicella, circondato dai lamenti dei feriti e immerso in pensieri che non avrebbe mai voluto dissotterrare dai recessi più profondi della sua mente.

In fondo era rimasto solo un po' intontito per aver respirato tanto fumo, non avrebbe dovuto essere trattenuto lì dentro… invece Tetsurou aveva insistito che restasse ancora un po', per quello stupido istinto di protezione che da quando erano atterrati sulla terra non aveva fatto che aumentare a dismisura.

In realtà Kuroo stesso era rimasto leggermente ferito nell'incendio per proteggerlo e aveva fatto finta di niente, ma Kenma se n'era accorto subito. Avrebbe dovuto restare insieme a lui e farsi controllare quella spalla invece di offrirsi volontario per costruire una baracca con gli altri: sapeva che lo stava facendo anche per lui e che presto sarebbe arrivato il freddo e una tenda non sarebbe più bastata, ma sapeva anche che non sopportava più di essere lasciato da solo perché considerato più debole.

Si alzò del tutto, piegò accuratamente il giaciglio di fortuna e uscì all'esterno, trovando ad accoglierlo il cielo aranciato che preludeva al tramonto: davvero aveva dormito così tanto?

Kuroo stava trasportando della legna, stando attento a concentrare tutto il peso sul braccio destro per non affaticare la spalla sinistra, ma la sua fatica era evidente. Vedendolo accelerò e si affrettò a posare a terra il suo carico per andargli incontro.

Kozume lo guardava storto, reclamando la sua attenzione e rimproverandolo tacitamente per averlo lasciato da solo tutto quel tempo.

Gli si fermò davanti, le braccia conserte e un broncio più che eloquente stampato sul viso.

“Non guardarmi così, quando sono venuto alla navicella dormivi e non volevo svegliarti” rispose Kuroo con il solito mezzo sorriso.

“Potrei anche perdonarti, però promettimi che d'ora in poi smetterai di sacrificarti per me” rispose il biondo, alludendo alla spalla del più grande “avresti dovuto riposarti anche tu, hai una cera terribile” concluse, serio.

“Grazie per il complimento, è tutto naturale” sogghignò Kuroo sarcastico come al solito, con una mezza smorfia.

Poi, senza preavviso, Kenma gli si abbandonò contro il petto, accennando un piccolo sorriso e borbottando uno “Stupido...”. Kuroo lo avvolse in un abbraccio, posandogli un bacio delicato sulla fronte.

“...Mentre venivi qui per caso hai incontrato Bokuto?” chiese Kuroo dal nulla dopo diversi minuti di abbraccio silenzioso.

“No, non l'ho visto… perché?” rispose Kenma, senza mutare posizione.

“Quello scansafatiche è riuscito a evitarsi tutto il lavoro e non lo vedo da ore, mi stavo chiedendo dove fosse finito. Pazienza, prima o poi riapparirà” fece spallucce Tetsurou, per poi cercare la mano di Kozume e stringerla tra le sue.

* * *

Ittetsu Takeda aprì gli occhi.

Sopra di lui era tutto azzurro cupo e appannato e si chiese se non si trovasse in Paradiso, o almeno in quella versione del mondo dopo la morte che aveva visto in certe illustrazioni di antichi libri delle civiltà terrestri occidentali. Ci mise diversi minuti a capire che si trovava coricato su una spiaggia, con l'immensa volta celeste sopra di lui. Gli ci volle qualche altro minuto per rendersi conto che i suoi occhiali erano finiti chissà dove, e si fece prendere dal panico.

Quando i contorni confusi del viso di Keishin apparvero nel suo campo visivo e il marito gli tese la mano, i pezzi confusi della sua memoria iniziarono a rimettersi insieme.

Una volta ripresa la capacità di vedere (Ukai gli aveva tolto gli occhiali mentre era svenuto, temendo che la lente incrinata dallo schianto si rompesse del tutto) Ittetsu scoprì che era rimasto incosciente per ore e che miracolosamente tutti i sopravvissuti della Walden erano ancora vivi.

L'atterraggio di Saeko era stato l'esperienza più rischiosa delle loro vite: la Walden era atterrata con violenza su una vasta distesa sabbiosa scavando un enorme cratere, ma i propulsori avevano minimizzato l'impatto all'ultimo momento, tossicchiando in un'ultima scintilla di vita.

Takeda ringraziò in cuor suo la buona stella della signorina Tanaka: se fossero atterrati appena un centinaio di metri più in là sarebbero tutti morti annegati, visto che nessuno sull'Arca sapeva nuotare.

Ittetsu era così felice di essere vivo che scoppiò a piangere, saltando al collo di Keishin e baciandolo a lungo e con passione tra le lacrime.

Akiteru sospirò, appoggiato a un albero mentre osservava Saeko che camminava scalza sul bagnasciuga, assaporando per la prima volta la sensazione dell'acqua di mare sulla pelle.

L'Arca era lontana, chilometri e chilometri sopra le loro teste, insieme alle sue ingiustizie e alle sue minacce.

L'Arca era lontana, e finalmente potevano ricominciare da zero.

 

The end is where we begin

It's crawling back when

We run away, run away

cuz the end is where we begin

Where broken hearts mend

and start to beat again

The end is where we begin

(The end is where we begin, Thousand Foot Krutch)

 


Inizio subito scusandomi per la lunghissima pausa, ma ultimamente anche la mia vita ha avuto dei plot twist non indifferenti che mi hanno tolto tempo per scrivere *sospir*
In ogni caso ecco questo capitolo lungo per farmi perdonare, anche se non credo che basterà XD Anche perchè ops, mi è semblato di dimenticale un Tanaka (e invece no, vi tocca aspettare il prossimo! *evil grin*)

Ringrazio già in anticipo tutte le persone belle che si ricorderanno di questa storia e leggeranno questo aggiornamento (e soprattutto quelle più belle che recensiranno) uwu

Stay tuned!

_Kurai_

 

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: _Kurai_