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Autore: Giulia K Monroe    20/05/2009    4 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Salve a tutti!

Ecco finalmente il quattordicesimo capitolo.
Come al solito mi scuso con tutti i miei lettori per il ritardo.
Prometto sempre che cercherò di aggiornare almeno una volta a settimana, ma poi per un motivo o per l’altro non riesco mai a mantenere fede a questo impegno.
Vi chiedo sinceramente scusa.
Vorrei davvero essere così rapida negli aggiornamenti, ma purtroppo non ci riesco.
Sia perché l’ispirazione va e viene.
Sia perché cerco sempre di scrivere al meglio per voi, e di non fare capitoli corti.
Sia perché con la fine della scuola, i compiti in classe si accumulano e non ho un attimo di respiro.
Ma sto approfittando delle ore di lezione in cui interrogano gli altri per continuare a scrivere, e così sono finalmente riuscita a finire il quattordicesimo capitolo.
Spero comunque mi perdoniate e mi comprendiate per i miei ritardi.
Cercherò, questa estate, di stabilire il ritmo di una volta a settimana.
Farò il possile.

Bhe, vi lascio alla lettura, altrimenti mi dilungo troppo e finisco per annoiarvi!
Vi auguro come al solito buona lettura!
E spero vivamente che questo capitolo vi piaccia!

Finalmente torna l’amour <3
E le cose tra Alexis e Draco cominciano a farsi un po’ movimentate!
Ma non vi anticipo nulla!>___<

Fatemi sapere che ne pensate!


Un bacione.

Ada Wong.



PS. Siamo a

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53 Recensioni


Grazie mille a tutti.








~Un Particolare In Più~





























Freddo e buio.
Insensibilità e leggerezza.
Senso di vuoto e tranquillità.
Ma anche una strana agitazione.
In una semplice parola: C o n f u s i o n e.
Dove si trovava?
Sapeva di avere gli occhi chiusi e il corpo abbandonato in uno stato di rilassamento che non permetteva ad alcun muscolo di fare il minimo movimento.
Stava dormendo?
Probabilmente.
Stava sognando?
Non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Era come se stesse fluttuando nel nulla. I piedi non toccavano alcuna superficie e penzolavano inermi, cullati dolcemente da quel gelido vento che le sferzava il viso, con lente carezze taglienti.
Che le stava succedendo?
Quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi, tutto le fu estremamente – e terribilmente – chiaro.
Le palpebre si sollevarono con lentezza e prima che gli occhi si abituassero al buio ci volle qualche secondo. Quando riuscì finalmente a guardarsi intorno e a muovere la testa, si sentì precipitare in un baratro senza fine, come se qualcuno avesse tagliato quei fragili fili che la tenevano sospesa. Aprì le labbra per urlare, ma le sue corde vocali non produssero neanche un piccolo gemito. Continuava a precipitare, risucchiata da una forza incredibile, che non voleva lasciarla andare. Aveva gli occhi spalancati, ma era come se li avesse chiusi. Non vedeva nulla, non sentiva nulla. Stava forse morendo? Era quella la sensazione che si provava, quando l’anima abbandonava il corpo per finire chissà dove?

Quando era piccola, aveva paura di morire. Sognava spesso qualcuno che arrivava da lei, durante la notte e la uccideva. Era il suo incubo ricorrente.
Poi, quando era cresciuta, aveva capito che c’era ben altro di cui aver paura al mondo e che forse, a volte, la morte era l’unica via di fuga.

Si era quasi rassegnata a quel pensiero.
Prima o poi, tutti moriamo, è inevitabile.
Era questo che si ripeteva, riuscendo a cacciar via la paura.
E quando sarebbe arrivato il suo momento, lo avrebbe accettato.

Ma allora, perché aveva così paura?
Non voleva morire, no.
Voleva vedere ancora Sirius, per poterlo abbracciare e confortarsi nel suo calore.
Voleva dire ad Harry tutta la verità e lasciarsi stringere da lui, ritrovando un affetto fraterno al quale era stata sottratta con troppa brutalità.
E poi, voleva stare con lui.
Voleva avere la possibilità di farsi perdonare per la scenata di quel giorno.
Voleva abbracciarlo, baciarlo.

Voleva semplicemente amarlo.
Calde lacrime cominciarono a scendere lungo le sue guance, per poi volare via, portate in alto dall’aria. Chiuse gli occhi e si arrese all’evidenza, rilassando il corpo e continuando a cadere.
A cadere.
E a cadere.
D’improvviso avvertì uno strano calore avvolgerla, mentre sentita il vento farsi sempre meno violento e la sua corsa rallentare delicatamente.
Aprì gli occhi e vide sotto di se, un bellissimo campo verdeggiante, cosparso di rose blu, che mandavano un delizioso odore.
Rimase a contemplare quello scenario splendido, rapita.

Era il paradiso?
Poi, la presa di coscienza di quello che stava per succedere, le fece gelare il sangue nelle vene. Si sarebbe schiantata al suolo, o nella peggiore delle ipotesi, sarebbe stata trafitta da quelle spine maledette che decoravano le magnifiche rose.
Chiuse gli occhi, pronta all’urto.
Continuava a scendere e a scendere e a scendere e poi…

Nulla.
Non sentì più nulla, se non una morbida distesa sotto di se e delicati fili d’erba che le sfioravano le gambe e le braccia nude, solleticandole.
Aprì di nuovo gli occhi, lentamente, quasi avesse paura di vedere ciò che la circondava.
Ma lo splendido paesaggio che aveva potuto ammirare dall’alto, era ancora lì, di fronte a lei. Si tirò su a sedere, lentamente, affondando le mani in quell’erba soffice.

Non era spinosa, non faceva male. Anzi, provocava una strana sensazione di benessere.
Si guardò attorno, confusa.
Che stava succedendo?
Dove si trovava?
Il suo sguardo scese sulla sua figura, notando di indossare solo un abito leggero, estivo, bianco.

Estremamente candido.
Chi l’aveva vestita così?
Dove l’avevano portata?
Cosa volevano da lei?
Gli occhi si spostarono sul prato, notando le belle rose e le spine che la circondavano. Curiosa, avvicinò la mano ad una di esse e la sfiorò con la punta dell’indice.
Nessun dolore. Nessuna ferita.

Era come se quelle spine non esistessero.
- Finalmente sei arrivata… -
Una voce alle sue spalle, estremamente gentile e vellutata, la fece trasalire, mentre si voltava ad osservare la figura che si stava lentamente avvicinando, con passo elegante e cadenzato.
Era una donna.

Una bellissima donna.
Delicata come le ali di una farfalla.

Una lunga massa di ricci capelli fiammeggianti, divisi in boccoli ordinati, le ricadeva su di una spalla, appositamente acconciati da un fermaglio di rose blu, e le incorniciava quel viso, piccolo e dalla perfetta forma ovale.
La pelle rosea, era priva di imperfezioni, più colorita solo sulle guance carezzevoli.
Gli occhi erano due smeraldi caldi e brillanti, che trasmettevano gentilezza ed infinito calore, che le scaldava il petto.
Il naso era perfettamente diritto e sovrastato da qualche leggera efelide, che ne accentuava l’eterea perfezione.
Le labbra, due petali di rossa rosa, si aprivano in un sorriso affabile e raffinato, dall’infinita dolcezza.
Le spalle, piccole ed eleganti, erano lasciate scoperte dal bel vestito che le fasciava il corpo in modo sublime. Di un nero lucido, aderiva divinamente alla pelle, rimarcandone le forme oltre modo perfette.
Il colore scuro del suo abito avrebbe dovuto stonare con la delicatezza e la purezza di quel luogo di pace, e invece, si equilibravano dolcemente, sembrando una cosa sola.

Era semplicemente bellissima.
Sembrava quasi una dea.

Ma forse, era una dea.
Infondo, Alexis credeva veramente di trovarsi in paradiso.
La cosa che però, la incuriosì più di tutte, era la rosa rossa che la bella donna portava sul petto, a sinistra.

Non c’erano altre rose di quel colore in tutto il campo.
Fu quando la misteriosa dama le si fermò davanti e le sorrise con gentilezza, che lei si risvegliò, quasi fosse stata incantata dalla sua bellezza.
- Chi sei? –
Riuscì a domandare, udendo finalmente il suono della sua voce, che risultò bassa e scordata, in confronto a quella angelica della dea.
- Una persona che vuole aiutarti a dimenticare il dolore…-
Sorrise, porgendole una mano per farla rialzare.
Alexis mosse lentamente il braccio, finchè la sua mano non andò a posarsi sul palmo aperto che la bella donna le stava offrendo.

Aveva una pelle così morbida e vellutata.
La dea la tirò leggermente, aiutandola a rialzarsi e poi le sorrise ancora.
- Dove ci troviamo? –
Le chiese, guardandosi intorno leggermente spaventata. La donna sembrò accorgersene, perché rise a fior di labbra e le posò una mano sulla guancia, con un gesto gentile e materno.
- Alexis, non aver paura…Qui nessuno ti farà più del male…-
Le rispose con tono rassicurante e la moretta la guardò, socchiudendo leggermente le labbra.
- Come sai il mio nome? -
- Oh, piccolina mia…Io so tantissime cose su di te…-
- Ah si?-
- Si…-
Le sfiorò il viso con una carezza delicata, mentre lei rifletteva, scegliendo forse quale fosse la miglior domanda da fare per prima.
- Perché? –
Si limitò a dire poi. La dea ridacchiò divertita e il suo tono delicato le accarezzò l’udito, più dolce del miele.
- Sei tu ad avermi chiamata, è per questo che so tante cose su di te…So qual è il tuo dolore e so cosa devi sopportare ogni giorno della tua vita…Le bugie, la paura di non farcela, sentimenti troppo forti…-
Alexis sembrò pensarci su, cercando di mettere ordine a tutte quelle informazioni che la stavano solo facendo confondere di più.
- Questo è un sogno? –
Domandò poi.
- Non esattamente. –
Si limitò a rispondere la dea, sorridendo.
- E allora, che cos’ è?-
-Un posto che ho creato per aiutare le persone a dimenticare i propri dolori…Te l’ho detto, qui nessuno ti farà più del male…-
Le regalò un’altra carezza, sfiorandola appena con la punta delle dita.
- Come ti chiami? –
- Non ho un nome definito…Di solito sono gli altri a darmelo, perché non provi tu? –
Alexis sembrò pensarci un po’ su, poi un sorriso dolcissimo le si allargò sulle labbra.
- Posso chiamarti Lily? –
La dea piegò il viso su di un lato, con un’espressione intenerita, ma non sorpresa, quasi se lo fosse aspettato.
- E’ il nome della tua mamma, vero? –
Le domandò con gentilezza, pur conoscendo la risposta. La moretta si limitò ad annuire.
- Ti manca, non è così? –
Annuì ancora una volta, poi sorrise mesta.
- So che anche se non c’è fisicamente, mi è vicina lo stesso…-
La dea annuì a sua volta e si avvicinò lentamente, stringendola in un abbraccio delicato e confortante.
- Ora ci sono io qui con te, piccolina mia…Non soffrira più, te lo prometto…-
Alexis si rilassò in quell’abbraccio materno che mai aveva avuto la possibilità di ricevere, poi si distanziò delicatamente, guardandola in viso.
C’erano così tante cose che avrebbe voluto sapere.
Così tante, che non riusciva a sceglierne una.
Alla fine, il suo sguardo si posò sulla rossa rosa che decorava il vestito.
La fissò a lungo, studiandola e scoprì, con orrore, che non era un semplice ornamento.
Sembrava quasi che il gambo della rosa penetrasse quella pelle così candida e perfetta e la lacerasse all’interno, raggiungendo il cuore.
La dea sembrò accorgersi di quello sguardo e le accarezzò i capelli.
- Qualcosa non va? –
Le domandò con delicatezza.
Alexis ci pensò un po’ su, poi indicò la rosa.
- Non ti fa male? –
Le domandò con tono ansioso. La dea sorrise e le sfiorò dolcemente una guancia, scuotendo la testa.
- No, è la cosa più bella che ho…E’ grazie a lei se riesco ad aiutare le persone a dimenticare il dolore.-
La moretta la guardò stupita e la donna piegò il viso su di un lato.
- Vuoi toccarla? –
Le domandò, con espressione strana, irrimediabilmente seria.

Ma Alexis non ci fece caso.
- Posso? –
Le chiese educatamente e la dea sorrise affabile, annuendo.
La ragazza sollevò il braccio, incerta.
Con lo sguardo puntato sulla rosa, non notò l’espressione della sua dea.

Non c’era più niente di bello o gentile nel suo volto trasfigurato dall’eccitazione.
La mano si muoveva lenta e le dita si tendevano timorose, annullando sempre di più la distanza con i petali della rosa.
Stava per sfiorarli, quando una voce carica di ansia la risvegliò.
Era una voce elegante, fredda e turbata al tempo stesso, che la chiamava.
Si voltò di scatto, riconoscendola ma accorgendosi un secondo dopo di non sapere realmente di chi fosse.
Dandole le spalle, non vide l’espressione rabbiosa della dea e il lampo di odio che attraverso quegli splendidi occhi smeraldini, così simili a quelli di Alexis.
- Alexis…-
La richiamò la dea, il tono di nuovo melodioso e gentile.
La ragazza si voltò a guardarla e questa le sorrise, donandole una nuova carezza.
- Dobbiamo separarci, ma ci rivedremo presto, te lo prometto…-
Le disse e Alexis corrugò la fronte.
- Cosa? Perché? Dove stai andando? –
Le chiese ansiosa, mentre sentiva l’odore di rose e il calore del luogo abbandonarla di nuovo e lasciarle una sgradevole sensazione nel petto.
- Ci rivedremo, è una promessa! –
Ripetè la dea, cominciando ad indietreggiare.
- No, aspetta! –
Alexis la inseguì, ma il pavimento sotto di lei andò in frantumi, e mille schegge di vetro cominciarono a colpirla, dandole quella dolorosa sensazione di essere ferita.
Chiuse gli occhi e portò le mani davanti al viso, a mo’ di protezione.
Sentiva quelle schegge di cristallo colpirla con violenza e tracciarle profondi graffi che, secondo lei, sarebbero rimasti a vita.

Dieci. Cento. Mille cicatrici.
Ma quando la sfuriata finì e la calma tornò padrona del luogo, riaprendo gli occhi, Alexis notò – ovviamente - di non avere neanche un graffio.
Si guardò attorno per scoprire di essere finita di nuovo in quel luogo maledetto, senza luce, senza calore.
Solo il buio che la circondava e il freddo che l’avvolgeva, facendola rabbrividire, mentre il vento le sfiorava la schiena, oltreppassando con facilità il tessuto troppo leggero del vestito bianco.
Poi, di fronte a lei, brillante e imponente come sempre, c’era quella porta.
E dietro di essa, ancora quella voce.
- Vieni…Vieni da me…-
Le ordinò con tono sibilante e immediatamente, lei si piegò sulle ginocchia, rannicchiandosi su se stessa e chiudendosi le orecchie con le mani, mentre serrava violentemente gli occhi.
- No…Non di nuovo…-
Mugugnò disperata, mentre sentiva le lacrime spingere contro le palpebre e fuoriuscire senza problemi, rigandole le guance.
Rimase lì a piangere per un tempo che le sembrò veramente infinito, ma in realtà non era passata che una manciata di minuti scarsa.
Si riprese, solo quando sentì un tocco gentile e delicato sfiorarle la schiena con gentilezza e poi posarlesi su di una spalla, trasmettendole pace e tranquillità.

Accompagnata da un fresco profumo di pioggia.
Era lui, ne era sicura.
Il ragazzo misterioso.
Si passò, con fretta, i dorsi delle mani sulle guance, per asciugarsi le lacrime. Ma lui le prese gentilmente i polsi, costringendola fermarsi. La tirò su con facilità, accarezzandole le braccia con gesti lenti e gentili.
Lei lasciò un sospiro tremante, prima di socchiudere gli occhi.
- Se prometto di non aprire gli occhi…Posso girarmi? –
Lui rimase in silenzio e poi, lentamente, la voltò.
Con gli occhi chiusi, potè sentire meglio il buon odore che emanava e che la inebriava, facendole battere forte il cuore.
Sentì la sua mano avvicinarsi lentamente al suo viso e sfiorarle le guance con la punta delle dita, con gesti lenti e delicati, mentre raccoglieva quelle lacrime amare che le avevano bagnato il viso.
Sorrise, mentre, con gesti lenti e timorosi, alzava le braccia e le posava contro quel petto marmoreo e liscio. Si avvicinò e poggiò il capo su di una spalla, la fronte che aderiva perfettamente nell’incavo della clavicola. Lo sentì tendere le braccia, che andarono a circondarle la vita, con una stretta così salda – tuttavia estremamente dolce - che le tolse il respiro. Lasciò scivolare una mano lungo il petto, accarezzando l’addome e andando a sfiorargli un braccio, alla ricerca della sua mano. Quasi le avesse letto il pensiero, lui abbassò il braccio, tenendola stretta con l’altro. Le andò a sfiorare il dorso, con delicatezza, prima che lei intrecciasse le dita alle sue.

Anche se non poteva vederlo, qualcosa le diceva che stava sorridendo.
Le sollevò il braccio, le mani ancora intrecciate, e l’avvicinò a se, tanto che i loro respiri si mescolarono dolcemente. Sentì la sua fronte fredda e vellutata posarsi delicamente sulla propria. Restarono così, fermi, a crogiolarsi l’uno nel profumo dell’altra per non si sa quanto tempo.
Poi, lentamente, Alexis aprì gli occhi, spezzando quell’incantesimo.

Ma lui non scomparve, non subito almeno.
Ebbe solo il tempo di incontrare le sue labbra, morbide e invitanti, piegate –come aveva immaginato- in uno splendido sorriso, prima che una luce bianca l’accecasse e la costringesse a tornare alla realtà.

Buio.
Freddo sulle gambe.
Uno strano calore sulle spalle.
Odore di spezie.
Rumore di qualcosa che bolle.
Una fiamma accesa.
Stava lentamente riacquistando tutti i sensi.
L’ultimo a tornare, come ovvio che fosse, fu la vista.
Aprì lentamente gli occhi, sbattendoli più volte per riacquistare la percezione oculare.
Non ricordava nulla, neanche chi fosse a momenti.
Alzò piano la testa, guardandosi intorno disorientata. Poi richiuse gli occhi, troppo stanca per pensare, e riaffondò il viso nelle braccia.
Voleva solo dormire ancora…
Intanto, nella sua mente cominciarono a fomularsi fiochi ricordi.

Chi era?
Alexis Lily Potter, conosciuta al momento come Alexandra Walburga Black.
Dove si trovava?
Ad Hogwarts, più precisamente nell’aula di pozioni.
Perché?
Piton le aveva ordinato di fare una pozione, altrimenti l’avrebbe bocciata…

Una pozione.
Bocciatura.

L’aveva fatta?
Si risvegliò di scatto, alzando velocemente la testa, con fare allarmato.

Accidenti! Si era addormentata!
Trattenne il fiato, per non urlare disperata, e sbarrò gli occhi.
Poi si ributtò sul banco, prendendosi la testa tra le mani e buttando fuori tutta l’aria.

Era un caso disperato, non c’era rimedio alcuno a ciò.
Si massaggiò le tempie, cercando di calmarsi o sarebbe scoppiata di nuovo in lacrime.
Qualcuno nella stanza ridacchiò senza gioia.
- Bentornata tra noi, bella addormentata…-
Sussurrò con tono sarcastico, ma gentile.
Alexis sbarrò di nuovo gli occhi, alzando il viso di scatto, fino ad incontrare la sua figura.
Ci mise qualche secondo per metterlo a fuoco, ma sapeva che si trattava di lui.
Era in piedi, a qualche passo da lei e leggeva con attenzione il libro di pozioni, mescolando il contenuto all’interno del calderone.

Era venuto!
Sentì uno strano calore scaldarle il petto, felice di quella constatazione, mentre il cuore compiva un’improbabile capriola.
Poi, si ricordò di come l’aveva trattata male quella mattina e del fatto che, per colpa sua, era stata a piangere tutto il pomeriggio.
Tutto il suo disappunto e la sua rabbia si manifestarono in un’unica parola sprezzante, a metà tra l’indignato e il sorpreso.
-Malfoy?!?-
Si alzò di scatto, puntando le mani sul banco e ignorando il giramento di una testa che protestava per il movimento improvviso.
- Che diavolo ci fai qui?-
Draco si voltò a guardarla, con un sopracciglio alzato, e poi prese a frammentare un cubetto di ghiaccio.
- Mi sembra ovvio. Faccio ciò che mi è stato chiesto di fare. –
La sua risposta fredda e atona l’avrebbe fatta rabbrividire, se non fosse stata troppo arrabbiata.
- Ovviamente, altrimenti addio caro Quidditch, non è vero? –
Mormorò con tono controllato e volutamente sprezzante.
Lui si limitò a sospirare e continuò a leggere.

Non voleva litigare ancora con lei.
Alexis sbuffò e lo affiancò, guandandolo dal basso con sguardo infastidito.
- Mi sembrava di averti detto che non volevo il tuo aiuto! –
Ricordò, incrociando le braccia al petto e lo vide ghignare leggermente.
- E da quando io seguirei un tuo ordine? –
Domandò, voltandosi lentamente a guardarla e lanciandole un’occhiata penetrante, che la fece vacillare.
Scosse la testa con violenza: non l’avrebbe incantata.
Gli diede una spinta e riuscì miracolosamente a spostarlo – ma era sicura che fosse stato lui a lasciarglielo fare.
- So cavarmela da sola! –
Precisò indignata, cominciando a prendere le alghe che si trovavano nel barattolo e a versarle nella pozione. Ma lui le prese il polso, con una stretta gelida e delicata, fermandola appena in tempo.
- A me non sembra…Quelle non vanno buttate dentro la pozione da sole, ma devi prima mescolarle col ghiaccio.-
Spiegò il biondino con tono affabile e saccente, tinto da una nota divertita.
Alexis scrollò bruscamente il braccio, riuscendo a sfuggire alla sua presa, e mormorò qualcosa di poco carino, che lo fece sorridere ancora di più.
Gli diede le spalle, e prese a tagliare, con violenza, le alghe.

Draco ebbe quasi l’impressione che stesse pensando a lui, invece che alle alghe.
- Lasciami in pace! –
Gli ripetè poi, mentre continuava a muovere ritmicamente il braccio, dall’alto verso il basso, colpendo durantemente quelle povere alghe.
Lui la osservò in silenzio, poi fece scattare il braccio in avanti e la bloccò, prima che potesse distruggere il tavolo. Le prese di nuovo il polso, soltanto che questa volta le sue dita furono più decise e la stretta più ferrea, quasi da farle male.
- Non posso. –
Si limitò a rispondere, con voce fredda e priva di tono, che le accarezzò l’udito come una lama tagliente.
Alexis rimase bloccata, incapace di muoversi.

Incapace di respirare.
La mano si strinse convulsimante intorno al coltello, così forte da tremare leggermente. Ma fu costretta a riaprire le dita e a lasciarlo cadere sul tavolo, quando la stretta intorno al suo polso si fece più violenta, facendole male.
Si ricordò di prendere aria solo quando sentì il petto bruciarle, e lasciò uno sbuffo tremante.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi lei si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo.

Non posso, le aveva detto.
Cos’era, prima la trattava male e adesso sperava di cavarsela così a buon mercato?
Sentì il sangue confluire di nuovo al cervello e – con un coraggio inaspettato – si voltò rabbiosa verso di lui.
- Che diavolo intendi dire con….-
Ringhiò, ma non riuscì a terminare la frase perché lui rafforzò la stretta sul suo polso e se la trascinò addosso, con tanta violenza da strapparle un gemito di protesta, mentre si scontrava con il suo petto marmoreo.
I loro visi erano incredibilmente vicini, tanto che lei poteva benissimo sentire il suo freddo respiro sfiorarle le guance e infilarsi nel colletto della camicia, facendola rabbrividire.
Draco aveva un’espressione così seria, da farle quasi paura.
Poi, inaspettatamente, ghignò.
Ma non era un ghigno divertito ne sarcastico.

Era un ghigno quasi sadico.
Le si avvicinò ancora, tanto che le loro labbra quasi si sfiorarono, ma lui si guardò bene dal non toccarle veramente.
- Tendi a dimenticare le cose un po’ troppo facilmente, mia piccola Black…-
Le sussurrò e lei, con le labbra schiuse, potè sentire il suo respiro di pioggia entrarle nella bocca e scenderle giù per la gola, raggiungendo il petto e costringendo il cuore a tremare violentemente.
Il biondino alzò la mano e le sue fredde dita bianche e sottili andarono a posarsi sulla guancia della ragazza, arrossata e terribilmente calda. Il suo sguardo argenteo si soffermò su di essa, osservandola mentre le sue dita ne tracciavano il contorno, con una lentezza e una delicatezza che la fecero tremare. Percorsero tutta la linea della mandibola e tracciarono il profilo del collo, prima di andarsi a chiudere su di esso, con una mossa così rapida che Alexis temette che volesse strozzarla. Invece, la presa rimase delicata ma la costrinse ad avvicinarsi ancora di più a lui e piantargli gli occhi nei suoi.
- Tu sei mia Black, mettitelo in testa.-
Sibilò, prima di sorridere con espressione strana e passarle la mano dietro il collo, afferrandola con dolcezza dietro la nuca e costringendola e posare il capo su di una spalla.

In quell’incavo formato dalla clavicola che sembrava fatto apposta per lei.
Abbassò la testa, per trovarsi alla sua altezza, e si avvicinò al suo orecchio.
- E non osare mai più rivolgerti a me come hai fatto oggi…Te la farei pagare molto cara…E questo era solo un assaggio.-
Sussurrò con tono estremamente dolce, che a lei suonò tanto di minaccia.
Un brivido le corse lungo la schiena, facendolo sogghignare.
Poi la lasciò andare lentamente, regalandole un’ultima carezza sulla guancia, solo con la punta delle dita. Infine si voltò e tornò a tagliuzzare il ghiaccio.
Alexis rimase immobile, incapace di muovere un solo muscolo.
Tremava leggermente, le gambe sembravano non volerla sostenere e il cuore le martellava forte nel petto, seguito da un capogiro che le faceva vorticare la stanza intorno.
Aveva lo sguardo puntato sulla sua schiena e osservava la stoffa della camicia bianca aderirgli perfettamente al corpo, delineandone quei muscoli tesi e scattanti, da perfetto giocatore di Quidditch.
Rimase in silenzio, abbassando poi lo sguardo e cominciando a sfregarsi le mani sulle braccia, accorgendosi improvvisamente di avere freddo.
- Allora, hai intenzione di restare lì per tutta la serata o vieni a darmi una mano a finire la tua pozione? –
Domandò Draco con tono seccato, voltandosi a guardarla.
E quando la vide tutta tremante di freddo, sbuffò rumorosamente, tanto che lei arrossì.
Il biondino spostò lo sguardo sul banco dove era lei poco prima e si piegò a raccogliere qualcosa che poi le lanciò addosso, con un gesto poco carino.
- Mettitelo o prenderai un raffreddore. –
Proferì secco, voltandosi e continuando a mescolare la pozione.
Alexis abbassò lo sguardo sul maglione che il ragazzo le aveva lanciato, poi tornò a guardare lui e finalmente fece caso al fatto che anche lui indossava solo la camicia.
- Ma… -
Protestò, facendo un passo. Ma lui, intuendo già cosa gli avrebbe detto, la fermò con un gesto brusco della mano.
- Mettilo senza fare tante storie. Io sto bene così. -
Rispose secco, tritando insieme ghiaccio e alghe.
Lei rimase ad osservarlo incerta, poi una nuova folata di vento la convinse.
Abbassò lo sguardo sul maglione e poi se lo infilò.
Le stava grande, ovviamente.
Le maniche erano più lunghe di una mano intera e arrivava a coprirle fino alle ginocchia.
Però era estremamente caldo e morbido.
E profumava di pioggia fresca.

Profumava di lui.
Arrossì a quel pensiero e scosse la testa, per cacciarlo via.
Si arrotolò goffamente le maniche e lo raggiunse, senza più protestare e seguendo i suoi consigli.

Erano le due passate, quando finalmente finirono la pozione. La lasciarono freddare per il tempo necessario, prendendosi qualche minuto di meritato riposo.
Erano seduti in terra, uno accanto all’altra, così vicini che le loro spalle si sfioravano di tanto in tanto, costringendo il cuore di lei a battere sempre più velocemente e a pompare tanto di quel sangue, che si riversava irrimediabilmente sulle sue guance.
Sprofondò di più nel colletto del maglione, nascondendosi e lasciando scoperti solo gli occhi, che si scrutavano attorno con circospezione.
C’era un silenzio davvero irreale, interrotto solo qualche volta dallo scoppiettare pigro del fuoco improvvisato che Draco aveva acceso per riscaldarsi.
Alexis puntò lo sguardo su quelle fiamme che danzavano lente e con armonia.
Quell’aula era davvero fredda e terribilmente silenziosa.
Eppure, questa volta, non ebbe paura di quel silenzio.

Semplicemente perché c’era lui.
Prese un grande respiro, inebriandosi, ancora una volta, di quel profumo di pioggia.
Il suo.
Arrossì di nuovo, prima di voltare, con fare non curante, lo sguardo su di lui.

Era semplicemente perfetto, nella sua fredda eleganza.
Le ciocche di morbidissimi capelli – lasciate libere dalla mano di gel – si riversavano dolcemente sullo sguardo, lambendone le guance.
Gli occhi, due monete di argento fuso, brillavano nell’oscurità, fissi su quel piccolo falò.
Erano così seri e freddi, che sembravano poter gelare quelle calde fiamme.

Aveva una gamba distesa e l’altra piegata, e sul ginocchio aveva posato un braccio, la cui mano penzolava inerme, rilassata.

Sembrava assorto in chissà quali pensieri.
Lo vide ghignare, soddisfatto, all’improvviso.
Doveva essersi accorto che lo stava fissando.
Alexis si affrettò ad abbassare lo sguardo e sprofondò ancora di più nel colletto del maglione, rossa fino alla punta dei capelli.
Puntò gli occhi sul fuoco, e sospirò, lanciandogli, di tanto in tanto, qualche occhiata di sottecchi.
Aprì le labbra, come per dire qualcosa, ma poi ci ripensò e abbassò lo sguardo sulle mani, che teneva strette in grembo. Poi lo guardò ancora, cercando di risultare quanto più vaga potesse, infine lasciò un altro sospiro e puntò lo sguardo sul pavimento.
Passò qualche altro minuti di silenzio, prima che riuscisse a prendere coraggio e a parlare.
- Grazie…-
Riuscì a mormorare poi, gli occhi leggermente lucidi che cercavano di guardare l’angolo più lontano da lui.
Draco si mosse e le loro spalle si sfiorarono, costringendo il cuore di Alexis a fare un’altra capriola nel petto.
La osservò così intensamente che, se anche lei non lo stava guardando, poteva avvertire i suoi occhi scrutarle il viso.

Attimi di caldo silenzio riempirono la stanza.
Alexis deglutì a fatica, lasciando che uno sbuffo, quasi tremante, uscisse dalle sue labbra.
Sentiva chiaramente il suo sguardo, fissarla con un così grande vigore, che la pelle delle guance le stava andando a fuoco, mentre un brivido le sfiorava, maligno, la colonna vertebrale.
- Dovere. –
Si limitò a rispondere Draco, ma il tono con cui lo disse, era di una freddezza strana.

Diversa.
Non cattiva, ne apatica.
Era semplicemente diversa.
Diversa dal tono che era sempre stata abituata a sentire.
Si voltò lentamente, fino ad incrociare il suo sguardo, che la osservava ancora con la stessa intensità di sempre. Il cuore cominciò a martellarle nel petto, così furioso da farle male e assordarla completamente.

Non esisteva più nulla, se non l’argento liquido dei suoi occhi.
Aveva anche smesso di respirare, e il dolore che le bruciava il petto, era la conferma che i polmoni chiedevano urgentemente aria.
Ma non le importava.
Era incapace di muoversi e di pensare in quel momento.

Una sua sola occhiata era in grado di immobilizzarla completamente.
Rimasero a guardarsi per un tempo che – almeno a lei – parve infinito.
Aveva ripreso a respirare, solo perché altrimenti sarebbe collassata.
Ma oltre al petto, non si muoveva nient’altro.
Trovò persino il coraggio di sorridere, timida, mentre si stringeva nelle spalle e nascondeva il viso arrossato nel maglione.

Fu quella semplicità e quella docilità che lo fecero vacillare.
Qualcosa – seppur per una piccola frazione di secondo – cambiò nello sguardo di Draco.
Un qualcosa di ancora troppo astratto per essere definito davvero, ma lei lo notò, e il suo cuore mancò un colpo, singhiozzando come un motore scarico di una macchina troppo antica.
Fu lesto a nascondere quel piccolo cambiamento, distogliendo lo sguardo e alzandosi in piedi bruscamente.

Ma non sapeva che ormai era troppo tardi.
Respirò pesantemente, quasi avesse il fiato corto, poi, senza aggiungere nulla, si riavvicinò al calderone e prese a mescolare la pozione.
- E’ pronta. –
Mormorò, questa volta col solito tono biascicato che, però, aveva un qualcosa di evidentemente forzato.
Alexis restò a fissare in silenzio la sua schiena, ridacchiando divertita, mentre si alzava e lo raggiungeva.
Insieme versarono il liquido – di un bell’azzurro cristallino – in un ampolla e mentre Draco, con un colpo di bacchetta, rimetteva in ordine, Alexis applicava un’etichetta col suo nome sulla boccetta e la posava, delicatamente, sulla scrivania.
- Ce l’abbiamo fatta…-
Sussurrò, con una certa soddisfazione.
Almeno ora Piton non avrebbe potuto bocciarla e Draco avrebbe potuto giocare la sua partita di Quidditch.
Il biondino le si avvicinò e guardò l’ampolla, incrociando le braccia al petto.
- Vorrai dire che IO ce l’ho fatta! –
Precisò, con aria di superiorità.
Lei si voltò a guardarlo e gli diede una leggera spinta sul braccio.
- Presuntuoso! –
Lo rimproverò, facendogli una linguaccia. Poi scosse lentamente la testa e sorrise, in quel modo che sapeva disarmarlo.
Lui, per tutta risposta, sbuffò pesantemente e alzò gli occhi al cielo.
Poi si voltò a guardarla e la inchiodò di nuovo, togliendole il respiro.
Le sorrise in un modo deliziosamente malizioso, mentre avvicinava lentamente il proprio viso a quello di lei, guardandole la bocca con bramosia.
Si avvicinò così tanto, che le loro labbra quasi si sfiorarono, per la seconda volta in quella serata. Ma lui, ancora una volta, si guardò bene dal non toccarle davvero.
Le sorrise ad un centimetro dalle labbra e si spostò su di un lato, lasciando che le loro guance si sfiorassero, in un modo dannatamente studiato.
- E’ anche per questo che hai perso la testa per me, mia piccola Black…-
Le sussurrò, portando una mano a regalarle una leggera carezza sulla guancia.
Poi la sorpassò, cominciando ad incamminarsi verso l’uscita.
Quando riprese la concezione del tempo e dello spazio, ma soprattutto, quando riuscì di nuovo a respirare a riprendere in controllo del proprio corpo, sentì le guance avvamparle.
Si voltò di scatto, stringendo i pugni e gli urlò dietro.
- Non è vero! –
Draco ridacchiò soddisfatto, e la sua risata leggera si diffuse per tutta la stanza, scaldandole il cuore.
- Bugiarda! –
Replicò, con tono ammonitore, mentre alzava una mano al cielo e le faceva segno di seguirlo.
Alexis sbuffò pesantemente e gli corse dietro.

Stavano passeggiando per i corridoi bui e terribilmente silenziosi.
Era logico, era quasi le tre, ormai erano tutti tra le braccia di Morfeo.
Camminavano uno a fianco dell’altra, la bacchetta di Draco che illuminava la strada, sotto protesta dei quadri che venivano malamente svegliati – e anche prontamente ignorati.
Non si parlavano, e non era di certo per rispetto al sonno dei dipinti.
Lui sembrava essere tornato il Draco Malfoy di sempre, freddo e composto.
Alexis, dal canto suo, era troppo tesa per poter spiccicare parola. Si limitava a mordersi il labbro inferiore e a torturarsi le mani in grembo.
E così, nel silenzio, raggiunsero le porte del dormitorio.
Fu lui a pronunciare la parola d’ordine – lei non ci sarebbe riuscita, aveva la bocca completamente asciutta.
Entrarono nella Sala Comune, ormai deserta.
Alexis si guardò attorno, sospirando, tesa.
Fu lui a rompere il silenzio e farla sobbalzare leggermente.
- Sei in grado di raggiungere la tua camera, o ti devo accompagnare anche lì? –
Domandò sarcastico, con aria superiore.
Lei fece una smorfia e gli lanciò un’occhiataccia, completamente dimentica dell’agitazione di un secondo prima. Ma quando incontrò quegli occhi argentei osservarla di sottecchi, di nuovo con quel qualcosa di terribilmente astratto, fu costretta a sorridere.

E l’espressione del viso di Draco, a quella visione, si ammorbidì.
Alzò lentamente una mano e le sfiorò una guancia con una lenta carezza.
- Vai a dormire. –
Le mormorò, con tono stanco.

Non avrebbe resistito ancora a lungo. Non poteva chiederglielo.
Soprattutto quando sorrideva in quel modo candido, dolce, ingenuo, semplice.

Lei annuì, arrossendo sulle gote e gli diede un buffetto su un braccio.
- Anche tu. –
Rispose.

Ancora una volta quel sorriso.
Basta.
Era una tortura.
Va via.
Va via Alexandra Black.
Va via prima che sia troppo tardi.

Draco ghignò e la osservò dall’alto, alzando entrambe le sopracciglia.
- Non credo che andrò a dormire. Probabilmente c’è qualche ragazza in attesa nella mia camera...-
Proferì pensieroso, per poi lanciarle un’occhiata di sottecchi.

Non sorrideva più.
Perché non sorrideva più?

Alexis abbassò lo sguardo e i lati delle sue belle labbra si piegarono leggermente, in un’espressione mesta.
- Allora va da lei, e smettila di perdere tempo con me…-
Rispose con un fil di voce, mordendosi il labbro inferiore.

Quell’espressione triste era peggio del sorriso radioso.
Basta.
Smettila.
Non stuzzicare il Serpente.

Draco sogghignò.
-Cos’è, sei gelosa per caso? –
Alexis alzò il viso di scatto, con un’espressione mista tra l’indignato e l’imbarazzato.
- Cosa? Non ci sperare Malfoy! –
Rimbeccò, voltandosi e incamminandosi verso la porta del dormitorio femminile

Quell’espressione imbronciata.
Quella scintilla spenta nei suoi occhi.
Quelle labbra morbide, piegate all’ingiù.
Troppo tardi.
Il Serpente era stato svegliato.

Aveva appena poggiato la mano sul pomello della porta, quando la raggiunse.
Due mani si poggiarono sugli stipiti della porta, mentre le braccia, snelle e dai muscoli scattanti, le bloccavano ogni movimento, intrappolandola.
Alexis rimase pietrificata qualche secondo, prima di voltarsi lentamente e ritrovarsi schiacciata tra la parete e il corpo di Draco.
Erano così vicini, che i loro sguardi si perdevano, i loro nasi si sfioravano e i loro respiri si mescolarono.
Sentì il cuore cominciare a batterle furioso nel petto, rimbombando così forte, che era sicura che anche lui lo avrebbe sentito.

Tum. Tum.
Lo sentiva eccome.
Piccolo e fragile, come lei.
Ma così dolce era il suo suono.
Come il tono della sua voce.
La sua voce timida.
La sua voce triste.
La sua voce arrabbiata.
La sua voce felice.
Lo voleva.
Lo pretendeva.
Era suo e di nessun altro.

Lentamente, senza controllo, annullò la distanza tra i loro corpi, e tra le loro labbra.
Le sfiorò con un gesto dolcissimo, quasi timoroso di farle male.

Era così docile e delicata, che aveva l’impressione che anche un tocco di un’ala di farfalla avrebbe potuto ferirla.
Cominciò a baciarla con una tenerezza infinita, che le fece perdere ogni contatto con la realtà.
Sentiva solo le sue labbra muoversi delicatamente sulle proprie e sfiorarle solo, senza bramosia, senza fretta.
Era un bacio dolce, tenero.

Strano, soprattutto se dato da un tipo come Malfoy.
Draco alzò una mano e cominciò ad accarezzarle una guancia, con gesti lenti e gentili, sentendola bollire sotto le sue dita gelide.
Più passavano i secondi, e più il bacio si faceva intenso e le labbra più esperte.
Alexis sentì la punta della lingua di Draco sfiorarle con incertezza il labbro inferiore, chiedendo l’accesso. Tremò leggermente, prima di schiudere le labbra e lasciarlo entrare.

Era una sensazione bellissima.
Il respiro freddo le entrò in bocca, scendole dolcissimo giù per la gola, mentre la lingua di lui prendeva a giocare, timidamente, con la sua.
Aveva paura di farle del male, ma non sapeva quanto avrebbe resistito.
Più le sfiorava le labbra, la lingua, il palato, e le accarezzava la guancia, più sentiva l’eccitazione crescere.
La voleva.
La pretendeva.
Era sua e di nessun altro.

Approfondì improvvisamente il bacio, che da dolce e gentile, divenne violento e possessivo.
La spinse contro il muro, schiacciandola tra la porta e il suo corpo.
La baciava con urgenza, con desiderio, completamente fuori controllo.
Le morse persino il labbro inferiore, strappandole un gemito di protesta.
Appena quel piccolo tono raggiunse il suo orecchio, si staccò immediatamente, con poca delicatezza.
Avevano entrambi il fiato corto.
Alexis si portò una mano al petto, per controllare che il cuore le battesse ancora, perché aveva dato un colpo così forte, che non riusciva più a sentirlo.
Draco abbassò il capo, nascondendo lo sguardo dietro i capelli.
Tremava leggermente, cercando di racquistare il suo solito auotcontrollo.

Dannazione! Si era eccitato solo baciandola! Non era mica un ragazzino inesperto! Che diamine gli aveva fatto quella streghetta?
Quando fu sicuro di riuscire a controllarsi, alzò di nuovo il viso, senza guardarla.
- Vattene: lo dico per il tuo bene…-
Mormorò, ancora con il fiato corto.
Un brivido le percorse la schiena, mentre comprendeva che, se voleva “uscirne viva” quella sera, era meglio se seguiva il suo consiglio.
Deglutì e lo guardò di sottecchi, prima di far scorrere la mano sulla porta e trovare la maniglia. Girò lentamente il pomello e si addentrò nel corridoio dei dormitori, richiudendosi la porta alle spalle.
Ancora scossa, si lasciò cadere in terra, con il cuore che batteva furioso come le ali di un’uccellino chiuso in una gabbia troppo piccola.
Si portò una mano alle labbra, e le sfiorò, socchiudendo gli occhi.
Poteva sentire ancora il suo respiro lambirle le labbra, la bocca, la gola.

Il cuore.



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x HermioneForever92: Grazie come sempre ^.- Spero vivamente che questo capitolo ti sia piaciuto! Fammi sapere che ne pensi! Un bacione, Ada =*



x elita:
Ehilà! Scusami per il ritardo, ma spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo!^.^ Hai visto che risvolti tra Alex e Draco ci sono stati?*____* Per quanto riguarda la DiamondxBlaise ancora non lo so, è tutto molto incerto X”D…Vedremo come si sviluppano le cose tra loro ^^… Mi dispiace per il tuo msn…*si mette un velo nero e va a visitare la tomba*…Nooo, anche gli alcolisti anonimi X”D…E’ tutta colpa mia, devo essere terribile XD…Spero che questo capitolo ti aiuti un po’ *da pacche affettuose sulle spalle*
Bhe, come al solito fammi sapere che ne pensi =*
Un bacione, Ada=*

PS: Ho aggiunto il prologo alla storia, fatemi sapere che ne pensate!

   
 
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