Salve a
tutti!
Spero che vi piaccia!^^
Finalmente le cose iniziano, a mio
avviso, a farsi più interessanti – o meglio,
più piccanti x”D- e mi auguro che
appreziate ^___^
Questo capitolo ho dovuto tagliarlo in
due, perché altrimenti veniva troppo lungo!
Quindi il sedicesimo capitolo è già in
fase di scrittura, per cui non tarderò molto a postarlo!
Vorrei sapere, come sempre, che ne
pensate di questo capitolo, perché è grazie a
voi, alle vostre recensioni e al
vostro sostegno che questa storia va avanti!
Per cui, forza e coraggio!
Infondo non ci vuole molto a scrivere
una recensioncina, no?
Dedicate
due minutini del
vostro tempo per fare contenta una piccola scrittrice alle prima armi
*___*
~Un
Particolare In Più~
[This
could
be the start
Of something new
It feels so
right
To be here with
you
And now looking in
your eyes
I feel in my heart
The
start of something new ]
Non era riuscita a dormire
quella notte.
Ogni volta che chiudeva gli
occhi, riviveva ogni scena di quella serata.
Il vederlo, nel preparare la
pozione, con la sua innata eleganza; la litigata; la sua espressione
fredda e
terribilmente seria; le sue mani che le bloccavano il polso con
fermezza,
costringendola ad avvicinarglisi e a piantare gli occhi nei suoi; le
sue parole
di minaccia, dolci più del miele; le sue mani che le
sfioravano il viso e le
sue labbra che la baciavano con gentilezza, prima di cedere il posto ad
una
violenza possessiva.
Se si sfiorava i contorni
della bocca, poteva ancora sentire il suo gelido respiro riempirle la
gola,
scendendo al cuore che, a quei pensieri, cominciava a dimenarsi,
emozionato.
Finchè, quel battito
frenetico non la costringeva a spalancare gli occhi e respirare piano,
per
riprendere il controllo.
Quando poi si calmava,
richiudeva gli occhi, cercando di riposare.
Ma
era tutto inutile.
Le immagini le
scorrevano
davanti, come un filmino di una pellicola vecchia, in bianco e nero, e
l’intero
processo si ripeteva.
Non c’era nulla che
riuscisse a farle distogliere quei pensieri dalla testa.
Aveva provato a tenere gli
occhi aperti, e a fissare la magica luce lunare che si intravedeva
dalla
finestrella del sotterraneo. Ma dopo poco, si rendeva conto di fissare
il
vuoto, mentre la mente le proiettava altre immagini.
Uno
sguardo profondo.
Aveva provato allora a
voltarsi e a stringere il cuscino, nascondendoci il viso dentro, mentre
si
liberava dal groviglio di coperte che le stavano soffocando le cosce.
Parole
cariche di malizia sussurrate al suo orecchio.
Aveva provato a chiudere
gli
occhi e ad immaginarsi un campo di Puffole
Pigmee che rotolavano, e aveva preso a contarle.
Arrivata però alla
centoventunesima, una visione le aveva straziato la mente.
Un
dolce bacio, in quel morbidissimo campo.
Era stata costretta a
spalancare gli occhi e a lanciarsi il cuscino sulla faccia, disperata.
Maledetto
Malfoy!
Il peggio, però, era stato
quando, finalmente vinta dalla stanchezza, era riuscita ad
addormentarsi.
E
aveva sognato.
E per la prima volta,
aveva
rimpianto il solito sogno nell’oscurità, con la
porta brillante e la voce
sibilante che la chiamava.
Si era ritrovata sdraiata in
un letto che, evidentemente, non era il suo.
Era grande, morbido, comodo,
fresco. L’odore di pioggia che profumava le lenzuola le aveva
invaso le narici,
facendole battere il cuore.
Aveva socchiuso gli occhi e
aveva scoperto, con orrore, di trovarsi nella stanza di Malfoy
– riconosceva
l’armadio bianco, con il grande specchio.
Diede un’occhiata alla sua
immagine riflessa e scoprì di indossare solo la biancheria
intima. Spalancò gli
occhi, imbarazzata, e cercò di coprirsi, tentando di
afferrare la coperta con
le mani, e di portarsela fin sopra la testa.
Ma quando cercò di abbassare
le braccia, non ci riuscì.
Delle cinghie la tenevano
legata per i polsi e le impedivano ogni movimento.
Cominciò ad agitarsi,
quando, nello specchio, intravide un’altra immagine riflessa,
oltre la sua.
Lo riconobbe, anche se il
buio della stanza non avrebbe dovuto permetterglielo.
Il
baluginare della luce di una piccola fiammella sui
suoi capelli platinati, fine e dorate corde di violino armonioso.
Lo scintillare sinistro di uno sguardo intenso e
accesso, freddo metallo fuso.
Il malizioso guizzo di un sorriso, ghigno
maledettamente sensuale.
Lo osservò
avvicinarsi
lentamente alla sponda del letto, e sedersi, lasciando piegare
morbidamente il
materasso.
Il suo sguardo argenteo
scese ad osservare il suo corpo semi nudo, che bruciava sotto
quell’occhiata
così penetrante. Poi si spostò ad esaminarla in
viso: si soffermò sulle labbra,
guardandole con bramosia, prima di arrivare ai suoi occhi e fissarla
intensamente.
Alexis arrossì fino alla
punta dei capelli.
Lui sorrise, beandosi di
quella visione, e le si avvicinò, sovrastandola e
sistemandosi sopra di lei.
Poggiò le mani sul cuscino, ai lati della sua testa, e le
gambe gli si stinsero
intorno a quella vita morbida, ma sottile.
Ora, non respirava proprio
più, e non le importava granchè dei polmoni che
chiedeva urgentemente aria.
Draco prese ad accarezzarle
una guancia, con gesti lenti e premurosi. Poi si piegò,
avvicinando il suo viso
a quello di lei, e lasciò che le loro guance si sfiorassero.
- Ti avevo avvertita di
andare via…Non mi hai voluto ascoltare, e ora ne pagherai le
conseguenze, mia piccola Black…-
Le soffiò in un orecchio,
con voce suadente e lasciva, che le fece rizzare i peli sulle braccia.
Lui sorrise ancora, mentre
scendeva ad accarezzarle un braccio e poi le mordicchiava gentilmente
una
spalla, lasciandola gemere appena, per protesta.
Protesta che, fu subito
soffocata da un bacio intenso e violento.
E
s t r e m a m e n t e P
o s s e s s i v o.
Quelle labbra fredde e
dal
sapore di pioggia, si impadronirono delle sue, e le costrinsero ad
aprirsi, per
lasciar entrare indisturbata la lingua, che prese ad accarezzare la sua
compagna, in un gioco di intrecci e rincorse, dal sapore di albicocche
bagnate
di rugiada.
Era un bacio così violento,
da non lasciarla neanche respirare.
Sentiva i polmoni bruciarle,
mentre emozioni indefinite le esplodevano nella bocca, ma soprattutto
nel
petto.
Però, le mancava l’aria.
Sentiva che sarebbe svenuta
se non l’avesse lasciata respirare.
Eppure,
non voleva che quel bacio finisse…
Si ritrovò,
suo malgrado, a
spalancare gli occhi e a tirarsi a sedere di scatto, mentre portava una
mano al
petto e respirava affannosamente, di nuovo nel suo letto, nella sua
stanza.
Di
nuovo nella realtà.
Una goccia di sudore
freddo
le accarezzò la schiena, passando leggera tra le scapole,
come un brivido.
Maledetto
Malfoy!
Si ributtò
nel letto,
prendendosi la testa tra le mani e cominciando a scuoterla con violenza.
Non
era possibile!
Che diavolo di sogni faceva ora?!?
Rimase sdraiata, con lo
sguardo fisso sul soffitto, il cuore a mille e il sonno che, ormai, era
andato
a farsi Avada Kedavrizzare.
Restò ad osservare il vuoto,
respirando lentamente, come se stesse cercando di scongiurare
un’imminente
crisi isterica.
Una cosa fu certa: non
chiuse più occhio, quella notte.
Si limitò ad incrociare le
mani sul ventre, mentre puntava lo sguardo sulla piccola finestrella,
dietro la
quale, pallidi fasci lunari, stavano lasciando il posto a caldi raggi
dorati,
che la colpirono lentamente, diffondendogli un piacevole riverbero per
il viso.
Lanciò un’occhiata al letto
di Diamond, e la vide appallottola sotto le coperte, solo un caotico
ciuffo di
biondi capelli che sfuggiva da sotto le lenzuola.
Poi, il suo sguardo si
spostò sul comodino accanto al letto, e lesse
l’ora sulla sveglia magica.
Le sei e mezza.
Sospirò, tirandosi su a
sedere e stiracchiandosi pigramente.
Non aveva dormito per
niente, ma stranamente, non era affatto stanca.
Decise di farsi una doccia e
di uscire a farsi un giro, tanto rimanendo a letto non concludeva
nulla, se non
continuare a rimuginare su quelle immagini e quei pensieri che le
tornavano a
tormentarle la mente, con dolce insistenza.
Inoltre,
se non voleva subirsi le ire della sua cara
compagna di stanza, era meglio se non la incrociava, quella mattina.
Quando uscì
dalla camera,
erano appena le otto.
Il castello era avvolto in
un silenzio così irreale, da far paura. Le fredde mura in
pietra, sembravano
cigolare sinistre, mentre spifferi di gelido vento sfilavano abili tra
fessure
antiche.
Morfeo aveva ancora il
controllo di tutti i dormitori, e vegliava protettivo su ogni corpo
appallottolato, sbracato o supino che riposava in morbidi e caldi
letti, che
non avrebbero abbandonato molto presto.
Era
sabato.
Le otto di un freddo
sabato
mattina invernale.
E lei, reduce da una notte
insonne, si accingeva a varcare le soglie del suo dormitorio, per
entrare nella
Sala Comune di Serpeverde.
Ovviamente vuota.
O
almeno, così avrebbe dovuto essere.
Quando si chiuse la
porta
del dormitorio alle spalle, una dolce folata di gelido vento le
sfiorò le
gambe, alzandole lievemente la gonna plissettata della divisa, che
danzò
intorno alle sue cosce, prima di tornare a posarlesi sulle ginocchia.
E portato da quella folata
di vento, un leggero fruscio le accarezzò l’udito,
costringendola ad alzare lo
sguardo.
C’era qualcuno, chino su un
tavolino, intento a scrivere una lettera.
Quelle dita pallide, da
pianista, stringevano delicatamente una bella piuma nera, tracciando
gesti
precisi su un’immacolata pergamena bianca.
Lettere affusolate ed
eleganti si accostavano una dopo l’altra.
Non una sbavatura, non un
errore.
Perfetta.
Il viso chino era
concentrato e serio, scalfito in una maschera di ghiaccio, e gli occhi,
meraviglioso argento liquido, scorrevano veloci sulla lettera,
delicatamente
nascosti da ciuffi platinati che, morbidi, gli scendevano sulla fronte,
sfuggendo alla mano di gel e riversandosi a lambire quei lineamenti
affilati ed
estremamente eleganti.
Rimase ad osservarlo, in
silenzio, col fiato sospeso e il cuore che prendeva a batterle furioso
nel
petto, convinta del fatto che non l’avesse sentita arrivare.
Dovette ricredersi, quando
lo vide ghignare soddisfatto, un secondo prima di alzare lo sguardo
verso di
lei e incatenarlo al suo.
Si sentì avvampare in viso,
mentre arrossiva evidentemente in zona guance.
Aprì le labbra, per dire
qualcosa, ma si limitò a trarre un sospiro tremante,
riprendendo aria.
Lui sogghignò, soddisfatto
di quella reazione e si leccò le labbra, con un gesto del
tutto casuale.
- Buongiorno. –
Le disse poi, lasciando
scivolare lo sguardo sulla sua bocca, ancora semi aperta nella
disperata
ricerca d’aria. Poi tornò a concentrarsi sulla
lettera, annotando un’ultima
cosa, prima di deporre la piuma nel calamaio e rileggerne il contenuto.
Alexis deglutì a fatica,
cercando di portare ordine nel caos che aveva al posto del cervello,
mentre
tentava di far uscire qualcosa di lontanamente sensato dalle sue
labbra,
incredibilmente aride.
- Buongiorno…-
Riuscì a rispondere poi,
abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.
Merlino,
quanti si sentiva stupida!
Riportò lo
sguardo su di lui
e lo vide farle cenno di avvicinarsi, schioccando le dita.
Un
ordine silenzioso, al quale non poteva che
obbedire.
Respirò
lentamente, cercando
di non avere una crisi di nervi e si avvicinò con studiata
cautela, mentre lui
piegava la lettera e la inseriva in una busta, sopra la quale
spiccavano, nere
ed eleganti, le parole “Narcissa
Black
Malfoy”.
- E’ arrivata una lettera
per te. –
Le comunicò con tono
distaccato, leccando i bordi della sua busta da lettere, con un gesto
lento e
non programmato, ma che a lei suscitò un brivido lungo la
colonna vertebrale.
Non
poteva guardarlo senza ricordarsi del sogno fatto
nell’unico momento in cui il sonno aveva preso il sopravvento.
Dolci carezze sulle braccia.
Un piccolo morso sulla spalla.
Parole di dolce minaccia.
Un bacio intenso e violento.
Abbassò lo
sguardo sulla
busta da lettere, che portava il suo nome e la fissò con
intensità, cercando di
scacciare quei pensieri peccaminosi che le erano baluginati in mente.
La prese tra le mani e la
aprì lentamente, mentre lui la ignorava, mettendo a posto,
con un gesto fluido
della bacchetta, il calamaio e la piuma.
La lesse con attenzione e
un’espressione ansiosa le si dipinse sul viso, mentre le mani
si stringevano in
due pugni, ai lati della lettera che veniva malamente stropicciata.
Draco alzò lo sguardo su di
lei e la scrutò in viso.
- Cattive notizie? –
Domandò con tono
indifferente, mentre si alzava dal tavolino e l’affiancava.
Lei scosse lentamente la
testa e ripiegò la lettera.
- E’ di Piton…Dice che vuole
vedermi. –
Spiegò con voce incolore,
con una calma che non le apparteneva mentre l’agitazione
infuriava in quegli
smeraldi sinceri.
Incapaci
di mentire.
- Vuoi che ti
accompagni? –
Le chiese, piegando il viso
su di un lato, per poterla osservare meglio.
Alexis era così ansiosa, da
non meravigliarsi neanche di quella gentilezza improvvisa. Si
limitò ad
asserire, abbassando lo sguardo e dirigendosi verso l’uscita
del dormitorio.
Lui la seguì, spingendola
gentilmente, una mano che le sfiorava la schiena con delicatezza.
Arrivarono all’aula di
pozioni neanche cinque minuti dopo, e Alexis maledisse ancora una volta
di
trovarsi nel sotterraneo, ad un centimetro da quella porta.
Guardò i battenti in legno
indecisa, mordendosi il labbro inferiore, fino a strapparsi quasi la
pelle
delicata.
Draco la osservò di
sottecchi, prima di lasciar scivolare la mano giù dalla sua
schiena e andarla a
poggiare sulla porta, aprendola lentamente. Si girò poi a
guardarla, facendole
cenno di entrare.
La vide socchiudere gli
occhi e trarre un respiro profondo, prima di avanzare incerta, a
piccoli passi.
Si richiuse la porta alle spalle e le fu subito accanto.
Non la prese per mano, per
rassicurarla, come avrebbe fatto chiunque.
Lui si limitò a sfiorarle il
dorso con la punta delle dita, e questo le infuse più
coraggio di una salda stretta.
Si voltò a guardarlo e gli sorrise. Per tutta risposta, lui
le fece un cenno
col capo e la spinse gentilmente in avanti, davanti alla scrivania.
Alexis incespicò goffamente,
rischiando di rovinare in terra, ma riuscì a tenersi in
equilibrio, evitandosi
un’ulteriore figuraccia. Non potè però
fermare il rossore familiare che le
dipinse le guance, quando lo sentì sbuffare, alla ricerca di
una maschera per
una risata che non avrebbe voluto rivelarle.
Si avvicinò alla cattedra e
cominciò a torturarsi le mani in grembo, mentre osservava la
sedia di Piton,
che le dava le spalle.
Si schiarì educatamente la
voce, per richiamare l’attenzione del professore, ma quello
non sembrò neanche
sentirla.
- Professor Piton…-
Provò ancora, con voce
flebile, timida.
Ma ancora una volta, fu
ignorata.
Piegò allora il viso su di
un lato, sbirciando al di là della sedia. Corrugò
la fronte e fece il giro
della scrivania, portandosi davanti alla sedia.
Vuota.
Si lasciò
andare ad un
profondo sospiro di sollievo, mentre socchiudeva gli occhi e si portava
una
mano al petto, cercando di controllare i battiti del cuore.
- Non c’è…-
Comunicò a Draco e quello
alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi alla scrivania.
- Qui c’è qualcosa per te. –
Le disse, prendendo la
bacchetta poggiata sul ripiano del tavolo e cominciando a rigirarsela
tra le
dita. Alexis lo raggiunse e lo guardò torvo, prima di
impossessarsi di un nuovo
biglietto sul tavolo. Lo dispiegò e ne lesse il contenuto.
Di nuovo, sul suo viso si
dipinse un’espressione.
Draco la studiò, cercando di
decifrare quello stupore che, lentamente, stava lasciando spazio ad un
sorriso
luminoso.
- Ce l’ho fatta…-
Mormorò, tremando quasi per
l’emozione.
- Ce l’ho fatta! –
Ripetè di nuovo, questa
volta quasi urlando. Si voltò verso Draco, che la scrutava
con espressione
insondabile, e gli sventolò il biglietto davanti al viso.
- Ce l’ho fatta! Ce l’ho
fatta! –
Continuava a ripetere,
saltellando sul posto. Lui fece scattare un braccio in avanti e le
prese il
polso, bloccandola con gentilezza. E mentre lei continuava a
saltellare, lui
prese il biglietto con l’altra mano e ne lesse il contenuto.
Recitava solo tre
semplici parole:
“ Oltre Ogni Previsione.”
Doveva essere il voto che
aveva preso, ma Piton non si sarebbe mai abbassato a dirglielo di
persona.
Sogghignò, soddisfatto,
mentre lei prendeva a danzare allegramente. La sua mano le
lasciò il polso,
accarezzandone il palmo e stringendosi poi alla mano di lei. La
guidò in
un’elegante piroetta e poi, con uno strattone, se la
portò addosso.
Il colpo fu così deciso, che
Alexis si ritrovò schiacciata tra il suo petto, ampio e
marmoreo, e il braccio
che ora le premeva delicato sulla schiena, prima che potesse rendersene
conto.
I loro visi erano di nuovo così vicini, che i loro respiri
si confondevano, si
mischiavano, si rincorrevano.
Il sorriso le scivolò via lentamente
dalle labbra, lasciando spazio ad un’espressione stupita,
mentre il cuore
cominciava a batterle furioso nel petto, come succedeva ormai ogni
volta che si
trovavano troppo vicini e che lui la osservava con quegli occhi
intensi,
desiderosi.
Non seppe dire quanto tempo
rimasero così, semplicemente a fissarsi, uniti in
quell’abbraccio che valeva
più di mille parole.
La bellezza delle cose esiste
nella mente di chi le
osserva.
Desiderio contro imbarazzo.
Decisione e timidezza.
Argento fuso insieme allo smeraldo.
Una carezza.
Un sospiro.
Un’altra carezza.
Piccole ali nere di farfalla che intrappolano il
brillante smeraldo.
Un sorriso di vittoria.
Alexis poteva sentire il suo
freddo respiro dal sapore di pioggia, sfiorarle maligno le labbra
umide,
costringendola a rabbrividire.
Piccoli
tremiti di un’emozione troppo forte per un
corpo così piccino e fragile.
Si abbassò
ancora, tanto che
i loro nasi si sfiorarono gentilmente. Mosse il viso e
continuò ad accarezzarle
il naso con la punta del proprio, gli occhi socchiusi che non
accennavano a
lasciare quel viso rosso e tenero.
Avvicinò la sua bocca a
quella di lei, che attendeva, intrepida.
Sfiorò appena quelle labbra
di dolce albicocca, mentre con la mano risaliva lungo la schiena e
giungeva
alla nuca, che afferrò con dolcezza, costringendola a
piegarsi indietro.
Si chinò di più e poggiò le
labbra su quelle di lei, ma rimase fermo.
Aprì gli occhi, e osservò le
sue palpebre tremare e le sue ciglia gettare piccole ombre sugli zigomi
deliziosamente arrossati.
Le poggiò la mano libera
sulla guancia e prese ad accarezzarla con le nocche, sfiorandola appena
e
procurandole piccoli brividi lungo tutto il corpo. Alla fine si
posò sulla
mandibola e percorse tutta la linea del viso, fino a scendere lungo il
collo e
riappropiarsi della schiena. La spinse di più contro di se,
facendo aderire
meglio le loro labbra, ancora ferme, immobili, in quel bacio casto.
La sentì schiudere la bocca
e sospirare.
Ghignò e accarezzandole i
capelli le sussurrò.
- Congratulazioni…-
Poi si riavvicinò e le
stampò un bacetto a fiori di labbra, veloce e puro, prima di
allontanarsi
lentamente, senza sciogliere l’abbraccio.
Alexis rimase ad occhi
chiusi per qualche altro secondo, prima di riapirli e mostrare la
confusione
imbarazzata di quegli smeraldi sinceri.
Lo vide sorriderle
soddisfatto, prima di lasciarle un’altra carezza a fior di
dita sulla guancia e
di sciogliere l’abbraccio.
La
piccola Alexandra Black era finalmente sua. E di
nessun altro.
Poi, silenziosamente, le
porse la sua bacchetta.
Lei abbassò lo sguardo sul
piccolo bastoncino di legno e poi, con una mano ancora tremante per
l’emozione,
lo prese e lo mise nel cinturino della gonna.
Il silenzio che era sceso,
era ben diverso dal silenzio spaventoso a cui era abituata.
Era
un silenzio piacevole, caldo, pieno di emozioni.
Un silenzio che lei non avrebbe saputo interrompere.
Infatti, fu lui a farlo.
- Andiamo a mangiare. –
Si limitò a dire, con voce
incolore, dandole velocemente le spalle e precedendola.
Alexis si lasciò andare ad
un sospiro tremante e sorrise imbarazzata, guardando l’ampia
schiena del
ragazzo rilassarsi sotto il suo sguardo.
Infine, ripresi i contatti
con la realtà, lo seguì con una piccola corsa.
Arrivarono alla Guferia
circa mezz’ora dopo – a volte avere per scuola un
castello enorme come Hogwarts
non era proprio un vantaggio. Senza contare che, oltretutto, le scale
decidevano un po’ da se dove portare.
Draco si avvicinò ad un
maestoso gufo, dalle piume stranamente nere. L’animale lo
guardò con due
occhioni profondi, e tubò infastidito di essere svegliato e
di essere mandato a
fare un lungo viaggio, specialmente nel freddo di
quell’inverno che era ormai
alle porte. Il ragazzo gli sorrise rassicurante e gli sfiorò
il capo con la
nocca dell’indice, in un gesto di affettuose scuse.
- E’ importante…-
Gli mormorò, mentre gli
legava la lettera alla zampetta. Il gufo sembrò capirlo,
perché alzò un’ala,
facilitandogli il lavoro. Poi gli beccò delicatamente
l’indice, in segno
d’affetto.
Alexis guardò la scena con un
moto intenerito.
Draco Malfoy era un ragazzo
freddo, calcolatore, burbero.
Un ragazzo che, a detta sua,
non amava la compagnia.
Un ragazzo che avrebbe fatto
qualsiasi cosa, pur di ottenere ciò che voleva.
Per
poi riuscirci brillantemente.
Si,
Draco Malfoy era decisamente un cattivo ragazzo.
Ma, guardando quella
scena –
il gufo che tubava allegro, mordicchiandogli un indice pallido; il
sorriso che
gli dipingeva quelle labbra così perfette da sembrare
disegnate; l’espressione
serena dei suoi occhi gelidi – Alexis non potè
fare a meno di pensare che Draco
Lucius Malfoy era veramente un cattivo ragazzo.
Ma
era una splendida persona.
Anche se, il
più delle
volte, tendeva a dimenticarlo anche lui.
Quando il biondino si mosse,
prendendo tra le braccia il fiero gufetto nero, Alexis si riscosse,
tornando
alla realtà. Si affrettò ad abbassare lo sguardo,
conscia del fatto che era
stato ad osservarlo con sguardo trasognato, e arrossì
violentemente.
Si diresse veloce ad una
delle grandi finestre senza vetro della guferia e finse di essere
assorta nello
splendido panorama che le si presentava davanti.
Era davvero bello, in
effetti.
Si affacciava sul Lago Nero,
che tanto meraviglioso quanto inquietante, brillava sotto i raggi del
freddo
sole invernale, la cui luce, così debole e pallida, neanche
riusciva a
scaldarle il viso, minacciato dal gelido vento che le sferzava le
guance.
All’orizzonte si disperdevano antiche catene di monti, dietro
le quali
avanzavano, nere e minacciose, grandi nubi cariche di pioggia.
- Verrà a piovere…-
Mormorò, assorta tra i suoi
pensieri.
Non le piaceva la pioggia.
La rattristava parecchio.
Le ricordava le giornate
passate a Grimmould Place, da sola, con Sirius che non si sa dove
spariva.
Draco l’affiancò per
guardare a sua volta le nere nuvole rabbiose, e lei sobbalzò
sentendolo
improvvisamente vicino.
Lui la ignorò e si limitò ad
asserire.
- Già… Andiamo a mangiare,
ho fame. E’ da ieri a pranzo che non tocco cibo. –
Sentenziò, stiracchiando
pigramente le braccia, prima di voltarsi ed incamminarsi verso le scale.
Alexis lo guardò
allontanarsi e sorrise tra se e se, seguendolo.
Ma prima che potesse varcare
la soglia dell’entrata, qualcuno che le tirava delicatamente
un lembo della
maglia, la costrinse a voltarsi.
Davanti a se, svolazzava un
piccolo gufo grigio, dalle penne tutte arruffate. Alexis
corrugò le fronte,
guardandolo confusa e questo le mostrò la zampetta, alla
quale era legata una
pergamena. Si gettò un’occhiata alle spalle, per
controllare che Draco fosse
già sceso, quindi sfilò delicatamente il laccetto
e prese la lettera tra le
mani. Le bastò un’occhiata veloce per capire chi
fosse il mittente: Sirius.
Un sorriso luminoso le si
dipinse sulle labbra, mentre stringeva la lettera al petto, in un
abbraccio silenzioso.
Il gufo però la destò, frullando le ali
impanziente.
- Oh, si scusa…-
Mormorò Alexis frugando
velocemente nella borsa e tirando fuori tre biscottini che Diamond le
aveva
lasciato sul comodino la sera prima. Glieli porse e quello li
beccò uno per
uno, prima di scuotere le ali e adagiarsi in uno scompartimento.
Alexis si ripulì la mano
dalle briciole, osservando curiosa la lettera.
Sentì un tuffo al cuore, quasi
uno strano presentimento.
Non sapeva perché, ma aveva
paura di aprire quella lettera.
La osservò deglutendo.
Stava per aprirla, quando…
- Black! Che stai
combinando?-
La voce di Draco alle sue
spalle la fece sobbalzare. Doveva essersi accorto che non
l’aveva seguito ed
era tornato su.
Alexis si voltò velocemente,
nascondendo la lettera dietro la schiena e cercò di
sorridere.
- Si arrivo, scusa! –
Il biondino alzò gli occhi
al cielo.
- Muoviti. –
Ordinò con tono seccato,
invitandola con un gesto del braccio a precederlo.
Lei armeggiò in tutta fretta
con le mani, dietro la schiena, e infilò la pergamena tra le
calze e le
mutandine, prima di sorridergli imbarazzata e precederlo.
Harry James Potter aveva
avuto lo stesso spiacevole inconveniente, che il russare forte di Ron
non aveva
aiutato a lenire.
Così, alle sette e mezza si
era alzato per disperazione e dopo una doccia veloce, era sceso in Sala
Comune.
Quella era presso che vuota, fatta eccezione per una persona che,
rannicchiata
su una poltrona vicina al fuoco, leggeva attentamente un libro, che
reggeva con
una mano, mentre con l’altra prendeva appunti, stilando una
frase dopo l’altra
sulla pergamena bianca che teneva distesa sulle cosce.
- Buongiorno…-
Sbadigliò Harry,
stravaccandosi sul divanetto accanto alla poltrona.
- Harry! –
Esclamò sorpresa la ragazza,
alzando gli occhi dorati dalla pergamena, per gettarli sulla figura
trasandata
del migliore amico.
- Che ci fai già in piedi?
Sono solo le otto di Sabato mattina! –
Aggiunse, aggrottando le
fine sopracciglia.
Hermione Jane Granger
conosceva bene il suo migliore amico, e sapeva che c’era
qualcosa non andava se
Harry James Potter, il pigrone di turno – dopo, ovviamente
Ronal Bilius Weasley
– si svegliava così presto di sabato.
- Non ho dormito bene…-
Grugnì il ragazzo, con una
smorfia, mentre lasciava andare la testa all’indietro, sul
bracciolo del divano
e si toglieva gli occhiali, per stroppicciarsi gli occhi.
Hermione annotò un’ultima
cosa sulla pergamena, prima di arrotolarla e chiudere il libro di
scatto. Si
sistemò meglio sulla poltroncina, avvicinando il viso al
bracciolo dal quale
pendeva la testa di Harry.
- Qualche problema, Harry?
La cicatrice ti fa di nuovo male? –
Domandò preoccupata. Il
Bambino Sopravvissuto aprì gli occhi, per ritrovarsi il viso
della sua migliore
amica che lo fissava al contrario, una ruga ansiosa che le solcava lo
spazio
tra le sopracciglia fine. Scosse la testa, con un sorriso rassicurante.
- No, Herm…La cicatrice è a
posto. Sono solo un po’…preoccupato…-
Ammise con un certo
imbarazzato, tirandosi finalmente su a sedere. Incrociò le
gambe sul divano e
guardò la ragazza di sottecchi.
- Preoccupato? –
Ripetè Hermione senza
capire, piegando il viso su di un lato.
- Cos’è, non hai capito
ancora la pozione che ha spiegato Piton ieri? Perché se vuoi
posso spiegartela
ancora… -
Propose la Grifoncina, ma
Harry sorrise e scosse la testa.
- No, non è per scuola che
sono preoccupato…-
Rispose, abbassando lo
sguardo.
Harry James Potter era un
tipo veramente coraggioso, come suo padre. Ma quando si trattava di
problemi di
cuore, era più timido di sua madre.
Hermione gli lanciò
un’occhiata indagatoria, cercando di cogliere qualcosa da
quell’espressione
lievemente imbarazzata. Poi sospirò e scavalcò lo
spazio che c’era tra la
poltroncina e il divano, per sedersi accanto ad Harry ed accarezzargli
un
braccio, con fare rassicurante.
- Che c’è che ti preoccupa
Harry? Sai che a me puoi dirlo…-
Sorrise la brunetta e lui
ricambiò, stringendole affettuosamente una mano.
- Lo so, Herm…E’ solo che…-
Mormorò, abbassando di nuovo
gli occhi e lei gli strinse di più la mano.
- Che?-
Lo incitò la ragazza,
piegando il viso su di un lato per poterlo guardare meglio in viso.
- Che non gradiresti, ecco!
–
Borbottò alla fine Potter,
lanciando un’occhiata al fuoco che, pigro e lento, danzava
nel camino.
- Ah. –
Si limitò a rispondere
Hermione, che doveva aver capito per cosa – o meglio per chi – il suo migliore amico era
così preoccupato. Si irrigidì
impercettibilmente, mentre spostava lo sguardo sulla finestra e la
osservava,
senza vederla veramente.
- Ancora la Black, Harry?
–
Chiese con tono incolore e
il moro si voltò per guardarle, l’espressione del
viso evidentemente indurita.
- Si…-
Si limitò ad asserire il
ragazzo, mordendosi il labbro inferiore.
Si,
era preoccupato proprio per la Black.
Tutto il giorno prima
non si
era vista ne a pranzo ne a cena, e le espressioni preoccupate di Blaise
Zabini
e Diamond Cherin non l’avevano di certo aiutato a
tranquillizzarsi.
Inoltre, anche Draco Malfoy
aveva saltato la cena.
Oh,
se scopriva che le aveva fatto qualcosa di male,
quella serpe…
Si ridestò
dai suoi
pensieri, quando Hermione riprese a parlare, la voce altisonante
più alta di
qualche ottava.
- Oh per l’amore del cielo
Harry! Stiamo parlando di Alexandra Black! Una Serpeverde! E’
amica di Malfoy e
Zabini, le persone che più si divertono a renderci la vita
impossibile, hai
presente? –
Sbottò Hermione, tornando
finalmente a fissarlo.
- Lo so…-
Bofonchiò Harry, ritirando
le mani ormai rimaste senza compagne, dal momento che Hermione le aveva
tolte e
le aveva posate sui fianchi, con quell’aria materna e severa.
Quella frase gli aveva
provocato una fitta al petto e il dolore gli si era propagato fino alla
gola,
che era diventata improvvisamente arida.
Lo
sapeva benissimo anche da se che Alexandra Black
era quanto di peggio potesse esistere per lui – escludendo
quelle oche di Pansy
Parkinson e delle sue amiche.
Ma nei pomeriggi trascorsi insieme, lei non era
affatto una Serpe.
Lei era semplicemente una ragazza.
Bella, gentile, simpatica, solare.
Capace di fargli tornare il sorriso sulle labbra.
Capace di scaldargli il petto con una sola occhiata
del suo sguardo.
Quello smeraldo che gli ricordava tanto qualcuno, ma
che non era ancora riuscito a ricordare chi.
Hermione
sembrò rendersi
conto di aver usato parole troppo dure, così
avvicinò di nuovo le mani a quelle
del ragazzo e le strinse con delicatezza, prendendo ad accarezzargli i
dorsi
con il pollici.
- Scusami Harry…-
Il Bambino Sopravvissuto
alzò lo sguardo sull’amica e sorrise, scuotendo la
testa.
- E’ okay Hermione, non
preoccuparti…Hai ragione, lei è una Serpe, e io
sono uno stupido..-
Mormorò, prima di alzarsi e
arruffarsi i capelli.
- Tu non sei uno stupido
Harry…-
Ribattè Hermione, ma lui non
sembrò sentirla
Cancellata l’espressione
truce dal viso, si voltò verso di lei e le sorrise, radioso
come sempre.
- Andiamo a svegliare Ron!
Comincio a sentire un certo languorino…!-
Hermione prese i libri sul
tavolo e se li mise sottobraccio.
- Vado a posare questi, vi
raggiungo subito.-
E sparì dietro la porta del
dormitorio femminile, con la sensazione di aver esagerato un
po’ troppo, quella
volta.
E
questo le bastava.
Draco aveva una
camminata
lenta e strascicata, quasi anche quel piccolo e facile gesto
l’annoiasse
troppo. Osservava quell’ampia schiena irrigidirsi, per poi
rilassarsi di nuovo,
e i muscoli scattanti – da perfetto giocare di Quidditch
– guizzare appena
sotto la stoffa immacolata della camicia.
Stava varcando le soglie
della Sala Grande, quando qualcuno la afferrò con forza per
un braccio e la
portò via, così velocemente che non ebbe nemmeno
il tempo di urlare.
Quando si fu resa conto
della situazione, si trovava già con il sedere sul freddo
pavimento di un
corridoio deserto. Ma come ci era arrivata, non avrebbe saputo dirlo.
Aprì gli occhi, per trovarsi
davanti ad un muro minaccioso di cinque ragazze, che la guardavano
dall’alto
con aria di superiorità sprezzante, le mani sui fianchi, gli
occhi di fuoco
che, se avessero potuto l’avrebbero incenerita.
A capo di quel gruppetto,
c’era lei: Pansy Parkinson.
Bella
e letale come sempre.
Sogghignò,
prima di farsi da
parte e far avanzare una ragazza che si trovava dietro di lei.
Era più grande – sembrava
una studentessa del quarto anno. Una lunga fiammata di boccoli le
ricadeva su
di una spalla, mentre taglienti occhi di ghiaccio la fissavano con odio
dall’alto.
Che
volevano da lei quelle tipe?
- Tu sei Alexandra
Black,
giusto? –
Le domandò, con disprezzo.
Alexis corrugò lievemente la fronte, prima di annuire.
- Si, sono io. –
Rispose, tentando di
assumere un comportamento altezzoso, mentre cercava di rialzarsi. Ma
subito,
quella la spinse di nuovo in terra, premendogli un piede su di una
spalla.
- Ehi! –
Protestò Alexis, lanciandole
un’occhiataccia, ma quella la gelò sul posto.
- Noi non abbiamo paura di
te, Black! Non è il tuo cognome che fa di te una persona da
temere, e nemmeno
il fatto che tu sia la sorella minore di un pluriomicida! –
Soffiò la rossa, incrociando
le braccia al petto.
“Sirius
non è un assassino!” Avrebbe voluto urlare, ma ebbe
la prontezza di
mordersi la lingua e di tacere.
Loro
non potevano sapere.
- Devi smetterla di
ronzare
vicino al Principe, non meriti le
sue
attenzioni! –
Aggiunse, mentre Pansy,
accanto a lei, le scoccava un’occhiata penetrante e carica di
rabbia, che la
fece rabrividire.
- Inoltre, Draco
è già fidanzato con Pansy! –
La Parkinson ghignò mentre
annuiva lentamente e la squadrava da capo a piedi. Le si mise di nuovo
davanti,
per poterla guardare meglio negli occhi e riversarle tutta la potenza
del suo
odio.
Si,
se gli sguardi avessero potuto uccidere, Alexis
sarebbe morta ancora una volta.
- E’
così, mia cara. –
Le disse, con tono
falsamente dispiaciuto, mentre si inginocchiava per poter essere alla
sua
altezza.
- Draco è come un bambino
capriccioso: quando vede qualcosa che non puo’ avere, si
intestardisce e la
vuole ad ogni costo. Poi, quando l’ha ottenuta,
l’abbandona, per tornare tra le
mie braccia. E’ successo già così tante
volte, mia piccola e ingenua Alexandra,
tu non sei certo la prima…-
Le soffiò con cattiveria,
mentre il suo sguardo si accendeva in un’espressione quasi
spiritata.
Alexis la guardava
impassibile, cercando di non far trasparire nessuna delle molteplici
emozioni
che sentiva esploderle nel petto.
Rabbia.
Tristezza.
Solitudine.
Deglutì,
stringendo una mano
in un pugno, così forte, che le unghie le si conficcarono
nel palmo. Avrebbe
voluto piangere, avrebbe voluto andare via lontano da lì.
In
un posto dove nessuno poteva ferirla ancora.
Si morse il labbro
inferiore, mentre cercava di non lasciar uscire quelle lacrime che le
lucidavano
lo sguardo.
Pansy ghignò soddisfatta,
mentre allungava una mano e le prendeva una ciocca di capelli tra le
dita.
Avrebbe voluto
schiaffeggiarla, e allontanarla da se, ma era come se tutte le forze,
in quel
momento, l’avessero abbandonata.
Se la portò sotto il naso, e
poi mormorò.
- Sei solo un giocattolino,
Black. Presto finirai nel dimenticatoio anche tu: Draco è
troppo grande per
giocare ancora a lungo…-
Le ripose la ciocca dietro
l’orecchio, mentre le si avvicinava e le sussurrava.
-
Ma infondo, di cosa mi preoccupo? Voi siete solo
cugini, o sbaglio? –
E la guardò
con aria
eloquente, prima di rialzarsi, con innata eleganza, e soprassarla,
lasciandola
in terra.
Si morse così forte il
labbro inferiore che sentì la delicata pelle strapparsi e il
sangue riempirle
lentamente la bocca, con il suo amaro sapore di sale e ruggine.
Pansy aveva ragione e lei lo
aveva sempre saputo.
Lei, per Draco, era solo la
nuova avventura.
Lo sapeva benissimo fin
dall’inizio, ma allora perché si sentiva
così male?
Perché non riusciva più a
muoversi?
A pensare?
A respirare?
Sentì una lacrima sfuggire
al suo controllo e scivolarle lungo la guancia, ma la lasciò
scorrere.
Con lo sguardo vacuo, non
vedeva più nulla di fronte a se.
Si riscosse solo quando
sentì una voce altezzosa rompere il silenzio.
- Hai capito quindi,
ragazzina? Devi stare lontana dal Principe!
–
Alexis alzò lo sguardo
sfocato sulla figura della rossa dagli occhi di ghiaccio, che la
osservava
dall’alto con aria minacciosa. Si limitò a
fissarla, senza vederla veramente.
Indispettita dal suo
silenzio, quella si piegò e la prese per il colletto della
camicia,
strattonandola.
- Hai capito?!? –
Le ripete ad un soffio dal
viso.
Alexis sbattè più volte gli
occhi, prima di tornare alla realtà.
La guardò dritta in quegli
occhi di ghiaccio, che si assottigliarono pericolosamente.
Si squadrarono, prima che
lei la alzasse di botto, tenendola sempre per il colletto della camicia.
- Hai capito?!? –
Ripetè con rabbia e Alexis,
deglutendo, si limitò ad annuire.
- Lasciami! Mi fai male! –
Si lamentò poi, mentre
cercava di togliersi le mani dal colletto.
Con uno strattone, la rossa
la risbattè per terra, con rabbia.
E mentre picchiava il sedere
sul terreno freddo, una piccola pergamena ripiegata sfuggì
dalla sua gonna, e
si riversò sul pavimento, poco lontano da lei.
Lo sguardo di tutte le
ragazze andò a posarsi su di essa e mentre Alexis si girava,
per vedere cosa
avesse catturato la loro attenzione, sentì la rossa dire:
- E questa cos’è? –
Estrasse la bacchetta e la
puntò contro la lettera. Alexis spalancò gli
occhi, mentre il panico si
impadroniva di lei.
La
lettera di Sirius!
La rossa
pronunciò il “Wingardium
Leviosa” per poter prendere la pergamena, ma Alexis, con uno
scatto di cui non
si credeva capace, si fiondò sulla lettera e la strinse
forte in una mano,
impedendole di levitare.
La reazione esagerata sembrò
accendere ancora di più la curiosità della rossa,
che ghignando si avvicinò
lentamente ad Alexis e la scrutò con intensità.
- Cosa nascondi, piccola
Alexandra? –
Le domandò con tono
mellifluo, mentre le schiacciava la mano sotto una scarpa e la
stritolava con
rabbia.
Alexis gemette, ma non
lasciò la presa sulla lettera.
Non poteva farlo, o sarebbe
successo qualcosa di irreparabile
Non poteva arrendersi e
farsi scoprire, non dopo che era riuscita a nascondere la
verità anche davanti
allo sguardo intenso di suo fratello.
Aiuto…Qualcuno mi
aiuti!
Il biondino si voltò a
guardare Blaise con aria assorta, mentre sceglieva un pasticcino dal
vassoio
che aveva davanti, senza troppo interesse.
- Sì, Blaise?-
Domandò distratto
cominciando a mangiucchiare un biscotto alla zucca.
- Dov’è Alexandra? –
Gli chiese, con tono
falsamente non curante. Malfoy gli lanciò
un’occhiata in tralice.
- Mi stai prendendo in giro,
Blaise? –
Rispose, levando in alto un
fine sopracciglio elegante.
- No, Draco. Sono serio. –
Il moro levò a sua volta un
sopracciglio. Draco assottigliò lo sguardo, con espressione
leggermente
irritata.
- Va bene che ti ho detto
che non devi guardarla, ma non dovevi prendermi così alla
lettera! –
Sogghignò, prendendosi un
altro biscotto alla zucca. Blaise lo fissò con insistenza.
- Draco: io Alexandra non la
vedo. –
Ribadì il moro, incrociando
le braccia sul tavolo e guardando l’amico con aria
interessata.
Draco sbuffò, lanciandogli
un’occhiata raggelante.
- Blaise, mi stai
innervosendo! Smettila di dire cazzate! Alexandra è
esattamente qui, accanto a
me! –
Sbottò, indicando un posto
accanto al suo.
Blaise levò in alto un
sopracciglio, con aria leggermente preoccupata.
- Draco, caro…Voltati, per
favore…-
Gli sussurrò con
delicatezza, meritandosi un’altra occhiataccia.
- Fottiti Blaise! –
Gli rispose, voltandosi con
aria infastidita.
Ma
il posto accanto al suo, era vuoto.
Sbarrò gli
occhi, voltandosi
lentamente verso Blaise.
- Dove diavolo è finita? –
Domandò, con voce
controllata. L’altro corrugò la fronte e subito lo
sguardo di Draco andò al
tavolo dei Grifondotro, per risplendere con odio sulla figura del
Bambino
Sopravvissuto.
Eppure, accanto a lui,
c’erano solo quei beoti dei suoi due migliori amici, che se
la ridevano e se la
scherzavano.
Percorse allora tutto il
tavolo di Serpeverde, ma anche lì, di lei, non vi era
traccia.
Blaise posò delicatamente
una mano sulla spalla dell’amico, davvero preoccupato.
- Draco, ti senti bene?
Guarda che sei entrato in Sala Grande da solo…Alexandra non
era con te…-
Gli comunicò, e quello lo
osservò come se fosse un alieno. Poi sbarrò gli
occhi e scattò in piedi,
correndo verso il corridoio principale, sotto lo sguardo di un basito
Blaise
Zabini.
Chi
capiva quel ragazzo, era bravo!
Corse per il grande
ingresso, guardandosi intorno con foga e investendo, senza
preocuparsene, i
piccoli primini ancora assonnati.
Si ritrovò, alla fine, in un
corridoio secondario, vuoto e sentì delle voci femminili
cariche di rabbia.
E
poi, la sua.
Spaventata.
Irritata.
Un grido di protesta.
Un gemito.
Corse più veloce che poteva
verso quelle voci, fino a ritrovarsi in un corridoio buio e stretto.
Un muro di tre ragazze si
stringevano intorno ad altre due: una era raggomitolata per terra e
l’altra, le
stava schiacciando una mano con insistenza.
Per qualche strana ragione,
rimase bloccato, in un primo momento, senza avere la
capacità di reagire o di
pensare.
Sentiva solo il sangue ribollirgli
nelle vene e andargli velocemente al cervello, con una forza
d’odio indescrivibile.
- Avanti Claire, lasciala
stare: non ne vale la pena! –
Squittì una delle ragazze,
biondina e piuttosto magra, che tentò di prendere per un
braccio la rossa che
stava torturando la povera Alexis.
- No, Ashley! Non finchè non
mi darà quella lettera! –
Rispose Claire, continuando
a girare il tacco della scarpa sulla mano chiusa in un pugno.
- Mai! –
Ringhiò Alexis, stringendo i
denti per non urlare da dolore.
- Piccola impertinente!
Vorrà dire che passerò alle maniere forti!
–
Ghignò la rossa, estraendo
la bacchetta e puntandola sulla Serpeverde.
Alexandra sbarrò gli occhi,
prima di chiuderli, pronta al dolore.
- Petrificus Tot…-
Cominciò a pronunciare, ma
una voce rabbiosa la interruppe appena in tempo.
- Expelliarmus! –
Ringhiò Draco con potenza,
colpendo la mano di Claire che slittò indietro, lasciando
cadere la bacchetta
molto più lontano.
Le altre tre ragazze
gridarono spaventate e ebbero la giudiziosa reazione di scappare via a
gambe
levate.
Le
avrebbe lasciate andare, per il momento.
Sapeva perfettamente chi erano.
Alexis aprì
gli occhi e, con
espressione spaventata, percore la figura del suo salvatore, prima di
incontrare quegli occhi di ghiaccio, seri e rabbiosi come non li aveva
mai
visti.
Erano quasi ciechi, per
quanto odio vi era dentro.
L’espressione del viso,
calma e apatica, metteva ancora più paura.
-Draco!-
Esclamò sorpresa, ma lui non
sembrò sentirla, mentre fissava intensamente la rossa
davanti a lei.
- Spostati! –
Ordinò con voce secca a Claire,
puntandola con la bacchetta. Ma quella, pietrificata, non si mosse di
un passo.
- Spostati, ti ho detto! –
Ripetè Draco, con voce
alterata, avanzando di un passo.
Ma Claire non si mosse.
- STUPEFICIUM!-
Ringhiò allora il biondino e
Claire venne colpita in pieno petto e scaraventata lontano, addosso ad
un muro.
Alexis osservò la scena
spaventata e gridò quando l’incantesimo
colpì la rossa e la lanciò contro un
muro. Deglutì, prima di tornare a guardare Draco, che ora
osservava lei, con
quello sguardo poco stabile.
Alla fine ripose la
bacchetta e gli tese una mano.
- Vieni qui…-
Le disse con voce morbida,
carica di dolcezza.
La moretta lo guardò per
qualche secondo, poi si alzò in fretta e lo raggiunse,
buttandoglisi tra le
braccia.
Lui la strinse forte a se,
passandole un braccio intorno alla vita e stringendole la testa contro
il suo
petto. L’abbracciò così forte da
strapparle un gemito di protesta, ma non gli
importava.
- E’ tutto ok, ora…Non ti
faranno più del male, te lo prometto. –
Le sussurrò all’orecchio e
lei annuì debolmente, mentre calde lacrime cominciavano a
rigarle il viso,
sfogando un misto di emozioni che aveva accumulato nel giro di neanche
cinque
minuti.
No,
Pansy aveva torto.
Lei non era solo un giocattolino…
Lei non era solo un passatempo…
Lei non sarebbe stata abbandonata…
Dopo qualche minuto,
Draco
sciolse l’abbraccio, senza però lasciarla
veramente. Si distanziò quel tanto
che bastava per poterla vedere in viso e asciugarle lentamente tutte
quelle
lacrime che le bagnavano le guance arrossate.
Alla fine avvicinò il suo
viso a quello di lei e le posò la fronte sulla sua.
- Ripetilo…-
Le sussurrò all’improvviso, con
voce roca.
Alexis sbattè le palpebre,
senza capire, mentre lui continuava ad accarezzarle le guance e a
raccogliere
le lacrime tra quelle dita pallide e affusolate.
- Ridillo, per favore…-
La supplicò quasi,
socchiudendo gli occhi.
- Ripeti il mio nome…-
Alexis lo guardò sorpresa,
mentre si mordeva il labbro inferiore e il cuore cominciava, ancora una
volta,
a scatenarsi.
Si strinse a lui e nascose
il viso sulla sua spalla.
- Draco…-
Mormorò, con voce tremante.
Lui le prese il viso tra le mani e la costrinse ad avvicinarglisi di
più.
- Ancora…-
La supplicò di nuovo, ad un
centimetro dalle sue labbra, tanto che quel fiato di fredda pioggia le
entrò in
bocca e la fece fremere.
- Draco…-
- Ripetilo all’infinito…-
Le ordinò con dolcezza,
chiudendo gli occhi e avvicinandosi ancora di più alle sue
labbra, tanto che
ora era costretta a mormorarglielo lì il suo nome.
- Draco…Draco…Draco…-
Riprese, con voce delicata,
ma fu interrotta da un violento bacio possessivo che le
stroncò le parole in
bocca.
Un bacio
dolce e intenso.
Un bacio violento e gentile.
Un bacio possessivo e urgente.
Un bacio dal sapore di pioggia e albiccocca.
Un bacio dal sapore di calde lacrime e amaro sangue.
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Passando alle
domande:
1. A quella
dell’età ti sei già risposta da sola XD
Infatti mi ero resa conto anch’io che erano
troppo piccoli, per cui ho preferito cambiare le età che
stravolgere il
racconto. Alexis quindi ne ha quindici – e questo spiega il
suo imbarazzo anche
per un bacio più spinto – mentre Draco
–giovane, ma già esperto *muahauhua* -
ne ha sedici, così come Harry e compagni.
2. Per quanto
riguarda ciò che sa Harry, ora ti spiego subito: Harry sa di
avere una sorella
minore, ma nessuno gli ha mai raccontato la verità. Ovvero,
sa che è scomparsa
insieme ad un certo Sirius Black, un pluriomicida, ma nessuno gli ha
mai detto
che lui è il suo padrino ne che è accusato di
aver ucciso i suoi genitori. Infatti,
lui lo scopre al terzo anno.
Spero di
essere stata chiara, se hai ancora qualche dubbio, chiedi pure!^___^
Mi raccomando,
continua a seguirmi e a farmi sapere che ne pensi!
Un bacione,
Ada =*
Eccoti il
nuovo capitolo, spero sinceramente che ti piaccia, fammi sapere, mi
raccomando!
Un bacione,
Ada =*