Crossover
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Autore: Ash Visconti    15/12/2016    4 recensioni
Europa, inizi del secolo XI: in pieno medioevo due cavalieri d’oro, Crysos dei Pesci e Acubens del Cancro indagano su alcune attività sospette di cavalieri rinnegati, ma ben presto si troveranno coinvolti in un’avventura che coinvolgerà loro e il misterioso Regno Argentato ed il Regno Dorato.
Crossover tra Saint Seiya - I Cavalieri dello Zodiaco e Sailor Moon. Nota AU inserita per il fatto che due universi condividono lo stesso universo.
Da un'idea originale di Suikotsu autore qui su EFP. La storia è da considerarsi in continuity con la sua fic "Le guerre degli dei". Non è necessario aver letto le sue fic per comprendere questa fic.
AVVISO: STORIA PER IL MOMENTO INTERROTTA.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 - Prigioniera


Sailor Venus si guardò intorno.
Si trovava una radura ricoperta di arbusti e piccoli massi, in un luogo non identificabile. In alto le stelle brillavano nel cielo notturno e la mezzaluna calante le provocava un acuto senso di nostalgia per casa.
Era sulla Terra, sul mondo che spesso si ammirava dal Silver Millennium, ma in quale parte del mondo… beh, questa era una domanda a cui non poteva dare risposta.
E dire che era la prima volta nella sua vita che metteva piede sulla Terra! Ovviamente mai e poi mai aveva pensato che l’avrebbe fatto da prigioniera.
Prigioniera di quegli esseri, Elfi Oscuri, questo era il loro nome, razza che prima di allora non aveva mai sentito nominare.
 
Durante l’assalto si era precipitata senza indugio nella mischia, ed i primi avversari erano stati proprio i due che la sorvegliavano insieme ad altri.
“Tremate invasori, io sono…”
“E’ lei! L’abbiamo trovata!” gridò uno di loro.
“Sicuro?” fece un altro.
“Bionda, occhi azzurri, nobile, sì è lei!”
“Caspita che colpo di fortuna!”
“Ehm, mi cercavate?” aveva chiesto la guerriera di Venere perplessa. Per un attimo le vennero in mente gli spasimanti con cui aveva a che fare di solito: gente che correva in lungo ed in largo per trovarla.
“Ma certo!” gridò soddisfatto uno degli invasori. “Tu sei la Principessa di questo regno!”
“E abbiamo l’ordine di catturarla!”
“Scusate, ragazzi” obbiettò un altro. “Ma siamo sicuri che sia lei?”
“Ma certo che lei: corrisponde alla descrizione, e poi è l’unica bionda tra persone scure di capelli od argentati!”
“Ehi, tu! Sei la Principessa?”
Sailor Venus capì subito che quelli erano piombati a capofitto in un equivoco grande come la Luna stessa. Anche se non avevano del tutto torto: lei e Serenity erano le uniche donne in tutto il Silver Millennium ad essere bionde.
Per un attimo era decisa a dirgli che avevano preso lucciole per lanterne, ma poi le venne un dubbio: perché cercavano la Principessa? Volevano catturarla, ma qual era il loro vero fine? In ogni caso non avrebbe mai permesso a loro di mettere le mani sull’erede del Silver Millennium, e quindi decise di sfruttare quell’occasione.
“Ebbene, mi avete trovato!” dichiarò. “Sono io la Principessa Serenity!”
“Prendiamola!”
“Non così in fretta! Fascio di luce!”
Molti degli invasori caddero, ma nonostante la difesa disperata della sailor uno di loro le arrivò alle spalle e riuscì a metterle al collo un strano collare.
Non appena le fu addosso, delle rune si illuminarono e lei si sentì perdere le forze.
“C-che mi…”
“E’ finita, lunare, quel collare, incantato dal Generale Cardhan in persona, permette di bloccare i tuoi poteri finché lo avrai addosso. Ed adesso basta storie, vieni con noi!”
Afferratala sgarbatamente per le braccia la portarono via.
“E sta tranquilla: se i tuoi simili faranno i bravi ti lasceremo andare”.
Mentre la portavano via aveva intravisto tra gli edifici Artemis, il gatto bianco che insieme a Luna faceva da assistente alla Regina, che fissava la scena inorridito.
 
Ed eccola lì, solo, prigioniera e con poche aspettative per il futuro, poteva solo sperare che continuassero a crederla la Principessa della Luna.
A dai discorsi delle guardie che la custodivano capiva che credevano eccome a quella storiella.
“Ehi donna!” le disse uno, “Come minimo mi aspetto una promozione, per la tua cattura!”
“Sicuro… “ fece un’altra guardia dello stesso avviso. “Oh, ecco il Generale Cardhan ed il Generale Imor”.
Un elfo oscuro, alto ed armato di bastone con una gemma bianca in cima si avvicinò al luogo dove si trovava la prigioniera. Era seguito da un altro elfo più alto e con le spalle più larghe, che portava una mazza dal lungo manico appesa a tracolla sulla schiena.
I due elfi di guardia alla prigioniera si misero fieramente sull'attenti, al loro arrivo, ma quando il generale con lo scettro fissò la bionda, la sua faccia, da impassibile che era fu scossa da un viso prima perplesso e poi arrabbiato.
“Chi è questa qui?”
I due soldati lanciarono occhiate perplesse alla guerriera sailor ed ai generali.
“La… la Principessa del Regno Lunare, generale Cardhan” disse uno.
“Questa non è la Principessa!” sbraitò l’elfo.
“Ma se ha ammesso di esserlo!”
Con un gesto irritato della mano libera, Cardhan creò nell’aria un volto femminile che rappresentava la vera Principessa Serenity.
Questa è la ragazza!”
Gli elfi che sorvegliavano la prigioniera si scambiarono occhiate scioccate e terrorizzate.
L’altro generale li fulminò con lo sguardo.
“Avete preso la ragazza sbagliata?”
“Ehm… si somigliano”.
“DEFICIENTI!”
Una scarica di fulmini emanata dalla sfera sul bastone dissolse l’immagine e si scagliò contro gli elfi oscuri di guardia alla sailor, che chiuse d’istinto gli occhi temendo di venire colpita. Ma non accadde: la collera di Cardhan non era diretta a lei.
Urlando di dolore gli elfi vennero scagliati all'indietro mentre dolorose scariche elettriche attraversavano ogni fibra del loro corpo.
“Siete la vergogna di tutta Svarltalfheim!” sbraitò il generale. “Meritate di essere buttati nella pece bollente o dati in pasto ai Grendel mentre siete ancora vivi, oppure…”
“G-generale, n-oi…” gemette un elfo a terra.
“Taci! Non voglio sentire le tue patetiche scuse e tantomeno mi interessano!”
Un altro elfo sollevò la mano, supplicante.
“G-generale noi… abbiamo ricevuto descrizioni sommarie… una ragazza bionda con gli occhi azzurri…”
“E lei era l’unica bionda che abbiamo… ahi… trovato!”
“Ha… ha detto di essere la Principessa, quando glielo abbiamo domandato!”
I due generali, dopo quelle dichiarazioni posero la loro attenzione sulla giovane prigioniera. Il primo a parlare fu il Generale Imor, quello alto e robusto armato di mazza.
“Tu, donna, qual è il tuo nome?”
“Sono Sailor Venus, guardia reale della Principessa Serenity”. Rispose quella cercando di mostrare sicurezza. La copertura era saltata prima del previsto, ed ora che sarebbe accaduto?
“Perché hai detto a questi sciocchi di essere la Principessa della Luna quando te l’hanno chiesto?”
“Per proteggere un’amica. Non penso che voi capiate l’idea di protezione della famiglia reale che noi abbiamo nel Silver Millennium”.
“Ti sbagli” ribatté il generale robusto. “La fedeltà al proprio sovrano è una cosa condivisa anche da noi. Non giudicarci solo dalle apparenze, piccola lunare. Come tu doneresti la tua vita per la tua principessa io donerei la mia per il mio re”.
“Aspetta, Imor” disse Cardhan alzando la mano destra per interromperlo. Poi, facendosi più vicino alla prigioniera, la fissò attentamente.
“Amica? Hai definito la tua principessa un’amica?” Si chinò per fissarla negli occhi. “Quindi tra voi due esiste un legame più profondo di quello che dovrebbe esserci? Dimmi la verità”.
Venus abbassò  lo sguardo, distogliendolo dagli occhi neri dell’elfo “Ci conosciamo da quando eravamo bambine…”
“Ah… E lei tiene a te, dunque?”
Nessuna risposta dall’altra parte.
“Lo prendo come un sì”, commentò Cardhan alzandosi in piedi. “Bene, branco di sciocchi!” dichiarò poi rivolgendosi alle guardie della sailor prigioniera ancor a terra doloranti. “Siccome oggi sono generoso eviterete la punizione, visto che avete catturato un persona tutto sommato importante per quelli del Regno Lunare Principessa! In quanto a te, lunare, sei fortunata: a quanto pare come ostaggio sei molto più importante di quello che avevo inizialmente pensato”.
Dopo aver detto questo Cardhan, seguito da Imor si allontanò dalla zona, lasciando la prigioniera inquieta ed i secondini ancora doloranti e storditi.
Venus sospirò afflitta: la situazione non era innegabilmente delle migliori, si chiedeva se e quando gli elfi oscuri avrebbero rilasciato l’ostaggio, ma soprattutto se l’avessero rilasciato.
Sperò che qualcuno sarebbe intervenuto, dopotutto Serenity avrebbe fatto il possible affinché la Regina o Tsukoyomi facessero qualcosa
Se solo non avessi questo stupido collare fuggirei e tornerei sulla Luna, pensò.
Sentendo un movimento davanti a lei, alzò la testa e sussultò: davanti a lei era spuntato all'improvviso un tizio in armatura argentea con la faccia sfigurata da quella che sembrava un’ustione. Faccia un po’ troppo vicina alla sua.
“Buh!” fece lo sfregiato.
Venus  fece un minuscolo salto di paura, dovuto soprattutto alla sorpresa istantanea, ma poi cercò di mostrarsi impassibile.
“E tu chi sei?”
“Oh, sono un monellaccio. Sai, picchio, rubo ed altro” commentò quello con un ghigno rialzandosi.
Sailor Venus lo fissò attentamente.
“Tu sei un terrestre, vero?”
“Brava! Da cosa l’hai capito?”
“Che legami hai con questi elfi?”
“Mh, patti di alleanza, sai io faccio una cosa per te e tu poi fai una cosa per me…”
“Sembrate proprio della stessa risma tu e questi elfi!”
“Perché?”
“Si vede!”
Lo sfregiato inarcò un sopracciglio. “Ehi, mi giudichi dal mio aspetto per caso? Non sei molto educata, sai?”
“Non ti giudico dal tuo aspetto. E’ una cosa che sento a pelle”.
“Ma suvvia! Io ho soltanto dei problemi”.
“A pelle sento anche che tu non hai problemi” replicò acida la bionda.
“Ma mia cara, io ho dei problemi, io convivo con i folli, anzi due folli in realtà: Arles, un autentico esaltato, ed Artemisia, l’unica donna al mondo che vorrei evitare. Meno ho a che fare con quella lì meglio è. Lo sai che rischio di venire castrato se soltanto provo a sfiorarla?”
“Forse questa Artemisia non gradisce le tue avances”.
“No, no, quella è matta da legare, te lo dico io. Senti l’idiozia che ha detto una volta: ha detto che non devono essere gli uomini a violentare le donne ma deve essere il contrario. In pratica quella lì vuole che siano le donne a violentare gli uomini.”
Scoppiò a ridere. “Ma ci pensi a quanto è assurdo? Dai! Vedi con che razza di matti mi tocca convivere? Certo, potrei dirglielo che dice assurdità ma Artemisia mi ignorerebbe e basta.”
“Senti” quella conversazione con quell’uomo le stava piacendo sempre meno. “Vuoi ridere di me o che altro?”
“Nah, volevo solo conoscere la famosa Principessa della Luna, che in realtà è Sailor… uhm…”
“Venus. Sailor Venus, protetta dal pianeta Venere”.
“Ah, protetta dal pianeta che porta il nome romano della Dea greca dell’amore e della bellezza. Invero, non sfigureresti affatto trai seguaci della Dea. Bene, ti saluto bellezza, devo fare rapporto ed organizzarmi per future imprese”.
Detto questo, fece un ironico inchino si voltò e si allontanò.
Lasciando la guerriera protetta dal pianeta Venere mesta e sola, a domandarsi cosa le sarebbe successo in futuro. Certo, se non avesse detto che era lei la Principessa Serenity…
Ho solo fatto il mio dovere di guardiana della Principessa, ma, vi prego amiche mie, non lasciatemi qui…
 
 
Daniel si diresse tranquillamente verso un gruppetto composto dal suo capo Megaleìo e da alcuni elfi, tra cui il generale Imor.
Sicuramente stavano discutendo al prossima mossa, l’attacco al Regno Dorato, regno di cui in quel momento si trovavano ai confini.
L’umano moro distolse lo sguardo da Imor per fissare l’ex cavaliere d’argento.
“Allora, che notizie dagli esploratori?” gli chiese.
“Gli esploratori hanno avvistato tre guerrieri in avvicinamento al Regno Dorato” rispose l’elfo.
“Altri Cavalieri di Atena?”
“A giudicare dalla descrizione delle armature direi proprio di sì”.
Imor si accigliò.
“Mh… strano, sembra che sappiano che colpiremo qui…”
“Molto Strano. Chi sono?”
“Il cavaliere d’argento della freccia, un cavaliere di bronzo dall’armatura rosa, non ho ben capito il simbolo, ma aveva delle catene ai polsi…”
“Armatura rosa, catene…” rifletté Megaleìo, “Ah, dev’essere l’armatura di Andromeda; a quanto pare sono riusciti a trovare un possessore. Ma… hai detto che il cavaliere d’argento è della freccia?”
“Sì. Pensi anche tu che sicuramente è lo stesso che Federico ha incrociato quando recuperava uno degli oggetti insieme a Naja?”
“Già… Questo spiegherebbe molte cose… Beh, per ora questo non ha importanza. Ed il terzo cavaliere chi è?”
“Il terzo è nientemeno che un Cavaliere d’Oro; sottinteso è affar tuo”.
“E chi è il guerriero dorato?”
“Oh, Crysos”.
Il bel volto di Megaleìo fu incorniciato da un sorriso.
“Crysos… Sarà un piacere…”
 
 
Quella mattina Jadeite, la più giovane guardia personale del Principe Endymion fu svegliato da una lieve e piacevole illuminazione che aleggiava nella sua stanza. Questo perché la finestra della sua camera da letto era orientata proprio verso Est.
Nello stato dl dormiveglia il biondo pensò che quella sarebbe stata un bella giornata e non sarebbe stato affatto male, dopotutto ieri e l’altro ieri c’erano stati nuvoloni grigi che mettevano la malinconia.
A poco a poco si stava destando, quando udì gli schiamazzi. Sulle prime non capì se venivano da fuori o da dentro (le stanze delle guardie personali del Principe si trovavano nel Palazzo Reale).
Poi gli parve di sentire un baccano direttamente da fuori che gli fece inarcare le sopracciglia.
Che siano… No, dai.
Si Mise a sedere sul letto, ora completamente desto. Gli schiamazzi esplosero un’altra volta, aguzzò l’udito, già intuendo di chi si trattava, e provò ad ascoltare cosa dicevano quelle voci.
Il baccano esplose di nuovo, probabilmente gli individui che facevano tutto questo chiasso erano sotto la sua finestra. E stavolta si sentivano chiaramente.
“IL SOLEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!”
"SIA LODE AL SOLE!!"
“SI', IL SOLE!!”
Jadeite gemette. “Porco Zeus, ancora loro, no!”
Alzatosi dal letto ed infilata una vestaglia, andò alle tapparelle della finestra, le aprì e guardo in basso, incurante della luce solare che illuminava la stanza.
Un gruppo di individui vestiti di rosso e giallo, stava nell’ampio cortile sotto la sua finestra con lo sguardo rivolto verso il sole nascente e le braccia alzate al cielo.
“Lode al sole!” intonarono mentre i raggi dell’astro gli baciavano la faccia.
E poi dicono che il sole bacia i belli… Beh, bacia anche gli imbecilli, pensò il biondo.
Afferrati i vestiti riposti su un appendiabiti lì a fianco si rivestì velocemente, si legò alla vita il fodero con la spada e poi uscì dalla stanza, per il momento preferiva non fare colazione, non prima che i tizi che lodavano il sole avessero finito.
Passando per un corridoio del palazzo vide un individuo dai lunghi capelli biondi uscire da una stanza.
“Zoisite!”
Quello si voltò di scatto.
“Ah, Jadeite. Dove vai?”
“Fuori, vado a tenere d’occhio la Setta dl Sole”.
Una smorfia apparve sul bel volto del biondo. “Ci stavo giusto andando io a controllarli, ma mi sta bene anche cacciarli dal palazzo”.
“Sono liberi di fare le loro celebrazioni, la legge non lo vieta, ma ci sono molti esagitati tra di loro, ve ne sono sempre stati, meglio quindi andare a tenerli d’occhio, con discrezione”.
“Io li caccerei dal Palazzo: stanno svegliando tutti”.
“Sì, sono molto fastidiosi”.
“Ed anche pericolosi: te li ricordi gli atti vandalici che hanno fatto due mesi fa? Vetri rotti, frasi ingiuriose scritte sui muri d’una villa perché un nobile aveva “insultato il sole”. Se ne avessero avuto l’occasione l’avrebbero aggredito. Bah, allora vai tu giù a tenerli d’occhio?”
“Tranquillo amico, se quei deficienti ne stanno combinano un’altra delle loro li metto in riga io”.
“E non essere troppo gentile nel metterli in riga!”
Salutato il compagno d’armi, Jadeite chiamò un paio di soldati di ronda e si diresse all'esterno dell’edificio a controllare la Setta del Sole.
Da diversi anni quel singolare culto dedicato al Sole aveva preso nel Regno Dorato, diffondendosi sopratutto tra i giovani. E di seguaci ne aveva.
Personalmente Jadeite (e molti altri) li trovavano degli sciocchi che cercavano di riportare in vita antichi riti primitivi. Il Sole era un astro della volta celeste, simbolo di calore e pienezza vitale, molte divinità si identificavano con esso, ma agli occhi della setta l’astro sembrava una vera e propria divinità.
La Setta del Sole era libera di celebrare il suo culto, sarebbe stato ingiusto vietarlo, ma in quegli anni si erano verificati episodi di vandalismo e violenza: alcuni esaltati della Setta avevano minacciato ed in alcuni casi aggredito persone che li avevano mancati di rispetto o che ritenevano degenerati. Fortunatamente non ci era mai scappato il morto. Per ora…
Cinque mesi fa era stato ritrovato un cane sgozzato in un vicolo e molti avevano cominciato a pensare che il cane fosse stato “offerto in sacrifico” al sole. Qualche emissario del Re era andato a chiedere conto al Sommo Sacerdote Delo, il capo della Setta, ma quest’ultimo aveva obbiettato di non saperne nulla dicendo che sicuramente quel cane era diventato insopportabile a qualcuno e di non venire sempre a prendersela con loro se succedeva qualcosa d’insolito.
Quegli atteggiamenti del tipo “Noi siamo brava gente; ma no, non immaginavo che quelli non ci stavano con la testa…” facevano irritare più di tutti Zoisite. Molta gente non li sopportava ma nessuno come Zoisite.
All'esterno dl palazzo, Jadeite dette ordine alle guardie ai soldati. “Pattugliamo l’area; eviteremo i membri della Setta, tenendoli d’occhio a distanza”. Tanto non ci avrebbero messo molto a finire. Quindi sarebbe andato tutto bene.
Ma le rosee previsioni di tranquillità naufragarono come una barca nel Mar Caspio, quando da un viale a fianco del palazzo udì un urlo femminile terrorizzato.
Subito lui ed i due soldati si fiondarono in quella direzione, mentre un’altra voce, questa volta maschile, gridava:
“Loda il sole o muori! Loda il sole, puttana!”
In un vicolo, una donna era a terra, circondata da un quartetto di membri della Setta. Uno brandiva minaccioso un randello, mentre un altro teneva ferma per le spalle la malcapitata.
La poveretta si divincolò disperatamente.
“Lasciatemi! Aiuto, AIUTO!”
“Hai mai lodato il sole… PUTTANA?”
L’uomo che teneva ferma la donna la lasciò andar all'improvviso lanciando un grido misto di dolore e sorpresa: un ago di ghiaccio gli si era piantato nel dorso della mano destra.
Voltatosi tutti, videro Jadeite con la spada sguainata ed i due soldati con le lance abbassate, tutti con un’aria minacciosa.
“Adesso venite con noi” dichiarò il biondo. “Siete in arresto per disturbo della quiete pubblica ed aggressione”.
“Oh, grazie! Meno male che siete arrivati!” gridò la donna, e Jadeite riconobbe in lei Thetìs, una delle ancelle di Beryl.
“Dietro di me Thetìs. E voi adesso sarete sbattuti nelle celle, poi il Principe, in assenza del Re, deciderà la vostra sorte!” aggiunse poi mentre la donna si rifugiava immediatamente dietro di lui.
“Quella lì se l’è andata a cercare: c’ha mancato di rispetto!” esclamò uno di loro.
“Non è vero! Mi hanno aggredito senza motivo!”
“Taci, brutta…”
“Basta così! Voi quattro adesso venite con noi senza fare storie, e tu metti giù quel bastone!”
Il tizio col randello lo guardò storto. “Osi dare ordini ai prediletti del Sole?”
“Sì, bellimbusto, vi do ordini, ma vorrei tanto mandare in un certo posto voi ed il vostro Sole”.
Un lampo d’ira passò sui volti dei quattro, ma, disarmati e consci della potenza di Jadeite non reagirono. Quello col randello non era dello stesso avviso.
“Non provarci”.
Ma il tizio doveva essere proprio partito, perché incurante del dislivello che lo separava dal biondo,  gli si scagliò addosso brandendo il randello ed urlando il motto della setta.
“Sol Invictus!”
Un secondo dopo un pugno alla mascella datogli dalla guardia del Principe lo mandò a gambe all’aria e poi svenuto per Terra.
“Ripeto, siete in arresto per disturbo delle quiete pubblica ed aggressione”.
 
 
“La ringrazio tanto signor Jadeite! Se non fosse stato per lei…”
“Va bene, va bene Thetis, e comunque non sentirti in debito; ho solo fatto la cosa giusta”.
L’ancella di Beryl non aveva cessato di esibirsi in ringraziamenti da quando erano tornati a palazzo con i settari prigionieri.
Nell’ampio atrio vennero raggiunti da Zoisite e Kunzite.
“Tsk, come volevasi dimostrare…”
“Calma Zoisite” intervenne Kunzite. “Ora è tutto risolto, e sarà il Principe a dargli la giusta punizione”.
“Thetis!”
Sul posto era arrivata una donna molto bella con lunghi capelli biondi mossi ed un vestito blu.
“Ho sentito che quei settari ti hanno aggredita, è vero?” chiese poi.
“Tranquilla Celestia, tu e la padrona non avete di che preoccuparvi” ribatté Thetis con un sorriso.
“Nessuna minaccia turberà quest luogo finché saremo vigili, giusto?”
“Certamente Lord Kunzite, io e le mie sorelle avviseremo sempre in caso di problemi”
“E non scordatevi di me solo perché non sono della famiglia” aggiunse Thetis.
A parte Thetis, tutte le altre cinque ancelle di Beryl erano sorelle, e Celestia era la maggiore di quelle cinque.
Kunzite fissò le grandi vetrate della sala che davano verso l’esterno.
“Purché il Re torni presto; non vorrei altri problemi”
“Ehi Kunzite,” replicò Zoisite “Dimentichi che noi siamo le imbattibili guardie del Principe, ed insieme ai nostri regnanti possiamo sbaragliare interi eserciti!”
 
 
Crysos socchiuse gli occhi fissando i tetti d’oro della città in lontananza, su cui si riflettevano i raggi del sole creando un abbagliante gioco di luci.
“Siamo arrivati”.




Note:
Il nome di Celestia mi è stato suggerito da Suikotsu e deriva da un certo cartone. Grazie a Suikotsu per avermi dato l'idea della Setta del Sole, le cui battute dei suoi membri che trovate in questo chap (es: "Hai mai lodato il sole, puttana?") vengono da parodie di Dark Souls che trovate su YouTube.
   
 
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