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Autore: Dahu    16/12/2016    0 recensioni
Un disertore dell'Astra Militarum arriva nel più malfamato quartiere di Volgarft, su Vostroya.
È in fuga da un'istituzione draconica che consuma gli uomini al suo servizio senza nulla offrire, è in fuga da se stesso, in cerca di una libertà che non potrà mai avere.
Ma non si può fuggire da se stessi, un violento destino è pronto a riprendersi il vecchio soldato, mentre il Lupo trama fra le gelide ombre.
Genere: Avventura, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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TRADIMENTO
 
Aleksej sbuffò, evidentemente innervosito.
Kevin avrebbe già dovuto essere di ritorno, anche ammesso che avesse avuto problemi col mezzo, sarebbe dovuto essere a Grudtal già da almeno un’ora.
Il Sole stava già calando e le lunghe ombre della sera si allungavano velocemente a causa del cielo coperto.
Con un’imprecazione il vostroyano gettò a terra il mozzicone della sua ultima sigaretta e si avviò verso casa.
Era ormai ovvio che Kevin non sarebbe tornato, per cui non aveva senso aspettarlo al magazzino.
Un’altra assenza ingiustificata era quella di Dimitri, il pelato che si era occupato del trasporto, e dei suoi uomini.
Il vecchio ufficiale si strinse nelle spalle.
Stava accadendo qualcosa di strano, ma a lui interessava relativamente.
Sperava solo che quella mina vagante di Kevin non ne avesse combinata una delle sue.
Con passi pesanti, spesso inframmezzati da pause per tossire, il vostroyano percorse un quartiere di Grudtal stranamente deserto e freddo.
Aveva addosso una particolare sensazione d’inquietudine, come quella che lo assaliva in tempo di guerra prima degli assalti.
Pensò che, dopo aver recuperato la pistola che teneva a casa, sarebbe andato a prendere Mikaila al lavoro.
Preferiva tenersela vicino in una notte come quella, anche se forse era solo la paranoia di un vecchio traumatizzato dalla guerra ed ormai vicino alla fine dei suoi giorni.
I suoi passi rimbombarono sulle scale di cemento, fino al secondo piano della palazzina in cui viveva.
Poi la sua mano estrasse una chiave dalle profonde tasche del giaccone e la girò nella toppa.
Non appena aprì la porta comprese che la casa non era come l’aveva lasciata.
Una fredda brezza entrava dal cartone che avrebbe dovuto fungere da scuro per la finestra ma che si era per tre lati staccato dall’intelaiatura.
Ci mise un secondo per individuare il responsabile di tale danno.
Una figura incappucciata era accovacciata nell’ombra proiettata dalla finestra.
Sedeva sul davanzale, con una pistola a proiettili solidi stretta tra le dita che spuntavano dai guanti a mezze dita di lana nera.
-Perché mi hai tradito Aleksej?-
La sua voce era tagliente come una lama ed il vostroyano ne ebbe paura.
-Kevin?!-
Il cappuccio scivolò giù non appena l’uomo sollevò il capo.
-Stupito di vedermi “Amico”?-
Aleksej sentì il cuore mancare di un battito mentre iniziava a capire cosa potesse essere successo.
-Kevin io non so di cosa stai parlando!-
La voce dell’extra mondo era fredda e distaccata.
-Un’imboscata Aleksej. Ci hanno teso un’imboscata e Domovoj è morto.
Quattro uomini per me?! Cos’era, una specie d’insulto?-
Aleksej si sentì perduto.
Kevin lo riteneva responsabile e lui non sapeva come discolparsi, eppure il carico era solo uno dei tanti effettuati ultimamente, non sapeva lui per primo spiegarsi cosa fosse andato storto nei delicati equilibri tra le bande cittadine.
Aprì la bocca per parlare, ma sentì una voce alle sue spalle.
-Entra vecchio. E mani in vista-
Kevin vide quattro uomini fare il proprio ingresso nella piccola stanza e chiudersi la porta alle spalle.
Il primo era il pelato che gli aveva affidato il lavoro e reggeva un fucile a pompa puntato contro alla schiena di Aleksej.
Gli altri due armati di fucile non li conosceva, ma riconobbe subito l’uomo che gli puntava contro un revolver.
-Pyetr-
Disse con un sorriso.
-Che bello rivederti-
Il vostroyano si fece più vicino.
-Butta l’arma extra mondo… E forse non ti ucciderò-
Kevin fissò i suoi occhi inespressivi in quelli glaciali dell’altro.
Poi, lentamente, si lasciò scivolare dalle mani la pistola.
Con gesti lenti e quasi affaticati, lo sfregiato si sfilò la giacca che, cadendo, rimandò una serie di suoni sordi, poiché al suo interno erano fissati un’altra pistola e due fucili a pompa.
-Contento?-
Domandò ironicamente mentre alzava le mani in un gesto più insolente che rassicurante.
Improvvisamente la finestra rimandò il chiarore di qualcosa che bruciava in strada ed il crepitio di armi a proiettili solidi, seguito da urla di dolore e terrore.
Aleksej si voltò verso il pelato.
-Cosa sta succedendo Dimitri?!-
Questi sogghignò sinistramente.
-Succede che i Lupi sono finiti. Ora il quartiere appartiene alla Confraternita di Volgarft e tu sei solo d’intralcio. Quanto al tuo amico… Ha avuto la sfortuna di finire nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Mi dispiace sbandato-
Kevin sorrise di un sorriso senza gioia.
-A me no-
Tutto accadde troppo in fretta perché qualcuno potesse cogliere l’esatto svolgersi degli eventi. 
Kevin colpì il ginocchio di Pyetr mandando a terra il vostroyano, mentre al contempo bloccava il revolver con entrambe le mani e lo voltava in direzione contraria.
Uno degli uomini con il fucile fece per puntare l’arma, ma il revolver fece fuoco quattro volte, fulminando entrambi i criminali.
Poi calò con forza verso il viso del suo possessore e la canna metallica gli spaccò tutti i denti, entrando in bocca.
-Ricordi cosa ti ho detto che avrei fatto se mi avessi puntato ancora un’arma?-
Domandò Kevin, la voce venata da un tono compiaciuto.
Gli occhi del vostroyano tradirono un istante di terrore, prima che l’arma svuotasse il suo tamburo.
Aleksej agì non appena sentito il primo sparo di Kevin.
Con una mossa fulminea disarmò Dimitri e lo colpì con un pugno al viso.
Ma il lottatore, per quanto sorpreso, replicò con un sinistro alle costole, che risvegliò un lancinante dolore ai polmoni dell’ex ufficiale, per poi mandarlo al tappeto con un potente destro alla tempia.
Lo sfregiato scavalcò il cadavere di Pyetr e si trovò di fronte a Dimitri, il quale lasciò cadere il proprio pastrano, mostrandosi con la sola canottiera, che evidenziava la sua imponente muscolatura.
Il pelato sputò un fiotto di sangue, fuoriuscito dal labbro spaccatogli da Aleksej, e si mise in posizione di guardia sorridendo con aria truce.
-Sei morto extra mondo, lo sai quanti ne ho ammazzati come te?!-
Kevin si limitò ad uno sguardo scettico, forse avrebbe voluto rispondere, ma il vostroyano partì con un potente destro, che lui parò facilmente.
La mano sinistra di Dimitri si serrò attorno al collo dello sfregiato, ma questi la spazzò via con la stessa facilità con cui avrebbe scacciato una mosca, mentre colpiva il ginocchio del nemico con un preciso calcio.
Il vostroyano cadde a terra e Kevin gli bloccò la gola con il proprio stinco.
Poi, usando la gamba come leva, gli afferrò la testa con una mano e gli spezzò l’osso del collo.
Quasi deluso il jerushita si rialzò sfruttando la forza delle gambe.
-Mi dispiace per te Dimitri, ma non valevi niente-
Con gesto rude, sollevò di peso Aleksej, che stava riprendendo conoscenza, e lo sedé sul tavolo della cucina.
-E adesso a noi. Perché mi hai tradito Aleksej?! Che cosa vuoi anche tu da me?!-
Il vostroyano tossì e sputò un fiotto di sangue.
-Kevin io non ti ho tradito, non sapevo nulla dell’imboscata, hanno organizzato tutto loro!-
Lo sfregiato scosse violentemente il suo interlocutore, che stringeva dal bavero della giacca.
-Perché mi vuoi ammazzare Aleksej?! Sei d’accordo con la Marina? Mi vuoi riportare ai Tecnopreti?! Io li non ci torno! Loro le mani addosso non me le mettono più, hai capito?!-
Gli occhi del jerushita si riempirono di lacrime, mentre la sua voce variava definitivamente dal tono di minaccia ad un urlo disperato.
Aleksej era scosso con tale violenza, che faticava a respirare.
-Kevin…- Gorgogliò. –Kevin, ti prego fermati!-
Ma l’extra mondo sembrava non udirlo.
-Io non torno hai capito?! Basta! Basta!- L’uomo smise di scrollare l’amico e si appoggiò sul suo petto piangendo.
-Io volevo solo vivere in pace Aleksej… Volevo solo… Sono stufo… e…-
Improvvisamente gli occhi di Kevin si dilatarono e lui si scostò dal vostroyano così violentemente da cadere all’indietro, un’espressione di terrore dipinta sul viso.
Il jerushita si sentì urlare con quanto fiato aveva in corpo, mentre premeva le mani sulle orecchie nel tentativo di scacciare i rumori di esplosioni e le urla di dolore che lo stavano travolgendo.
Serrò gli occhi, ma non poté sottrarsi alle immagini, che apparivano come lampi di luce e gli provocavano fitte di dolore del tutto simili a coltellate nel cranio.
Ora era in Armagheddon, esplosioni ovunque, i corpi dei suoi compagni giacevano maciullati attorno a lui.
Un lampo di luce lo portò in una jungla, il suo corpo spezzato giaceva a terra e lui lo vedeva dall’esterno, osservando con orrore la propria testa spiccata dal corpo.
Una landa gelata, gli Space Marines gli passavano sopra sparando contro al nemico, ma per lui era troppo tardi, era morto.
Ora era sdraiato sul duro cemento di un edificio bombardato.
C’era sangue ovunque e lui vide le sue mani togliere la spoletta a due granate.
Alcuni Space Marines del chaos entrarono nella stanza, lui sentì le proprie membra mischiarsi a brandelli delle loro, mentre tutto svaniva nel lampo dell’esplosione.
Si vide precipitare in un infinito tunnel multicolore, mentre attorno a lui tutto perdeva senso, corpi grotteschi si contorcevano urlando, mentre lui cadeva verso l’alto.
Poi si vide vecchio, seduto sulla veranda di una casa di pietra circondata dalle vigne, il sole che tramontava assieme a lui.
E poi quel vetro, il mondo era dietro un vetro, mentre lui era immerso in un liquido dal quale non riusciva ad uscire ed urlava di un urlo muto.
Aleksej guardò l’uomo che urlava e si contorceva ai suoi piedi con un misto di pena e paura.
Con gesto urgente aprì un cassetto dell’essenziale cucina e ne trasse la sua pistola.
-Mi dispiace amico, ma io devo andare a salvare mia figlia-
Disse scavalcando cautamente il corpo fremente del jerushita e sentendosi un ingrato, poiché quell’uomo, quasi cinquant’anni prima, gli aveva salvato la vita.
Il vostroyano scese le scale a precipizio.
La strada era un inferno di corpi che giacevano scomposti e pallottole che fischiavano.
Dimitri aveva detto la verità, un’alleanza di bande cittadine aveva invaso Grudtal, mentre gli ultimi Lupi di Volgarft si battevano in una strenua resistenza.
Doveva trovare Mikaila, non osava neppure pensare cosa le sarebbe successo in quella follia dilagante, se solo non fosse riuscito a metterla al sicuro. 
   
 
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