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Autore: Bishoujo Tensai Madoushi    24/12/2016    2 recensioni
Lina, Gourry, Amelia e Zel si stanno dirigendo verso Saillune... ma sarà un cammino molto, molto lungo! Ex fidanzate, vendette, eventi passati e futuri... di tutto e di più affliggerà i nostri protagonisti ma soprattutto... si chiariranno i sentimenti di una certa maga verso lo spadaccino che si è autoproclamato sua guardia del corpo? Leggete e scoprite...
Genere: Commedia, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse, Personaggio originale, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lina... san.
 
 
Xelloss fluttuava, gli occhi aperti, fissi nei miei. Mi afferrò per le spalle mentre il mio campo visivo si restringeva a quelle iridi cangianti.
 
 
Questo è il mare del Caos.
 
 
Non riuscivo a muovere la testa, i miei occhi erano incatenati ai suoi. (Aveva appena detto mare del Caos?)
 
 
Non puoi guardare.
 
 
"Xelloss!"
 
 
Era la mia voce ma suonava strana, distorta. Percepivo le sue mani, le percepivo, ma senza provare una vera sensazione fisica a quel contatto, come se il mio corpo fosse stato anestetizzato. Cosa mi stava succedendo? (Era davvero il mare del Caos?)
Il mazoku continuava impedirmi di voltare il capo.
 
 
"Smettila!"
 
 
No.
 
 
"Lasciami andare oppure..."
 
 
Oppure cosa? Sentivo di non poter usare la magia. Al centro del mio essere qualcosa lo negava; non ero in grado di alzare le mani, pronunciare le parole. Conoscevo la formula ma mi sfuggiva, come un nastro sospinto dal vento, lontano, inafferrabile. (...il mare del Caos?)
 
 
Non puoi Lina-san.
 
 
"Cosa mi hai fatto?!"
 
 
Doveva essere stato lui, era comparso come al solito, non richiesto e all'improvviso, durante una delle peggiori crisi che avessi mai avuto. Dopo l'incontro con Louis, la morte di Eliose avevo avuto paura che le parole di Posel potessero essere state veritiere, che fossi nel mare del caos (sono nel mare del Caos?) e bingo! Eccolo! Adesso le mie paranoie sembravano solo stupide. Avevo vissuto. Era stato Louis, era stato Xelloss, era stata Meliloon, era stato qualcuno.
 
 
Tutto ma non il nulla.
 
 
Questo è il mare del Caos.
 
 
"No!"
 
 
Torna a dormire.
 
 
"LASCIAMI!"
 
Rabbia. Ero arrabbiata, lo ero, ma curiosamente non lo provavo. La rabbia che mi saliva dal collo scaldandomi le guance, la rabbia che mi faceva bruciare le orecchie e battere furiosamente il cuore... non c'era. Il mio corpo non era in linea con i miei pensieri, non rispondeva, non c'era. (Ma c’era, sì?)
 
 
Il mazoku taceva.
 
 
"Xelloss... cosa mi succede?" (Davvero non lo sai?)
 
 
Te l'ho detto. Sei nel mare del Caos.
 
 
"Ma... quando... come?!" (Davvero non lo sai?)
 
 
Credo che tu lo sappia, Lina-san. Non si richiama L.o.N. senza patirne le conseguenze.
 
 
"Io sono tornata dal mare del Caos! Sono tornata!" (Sei tornata?)
 
 
Il mazoku mi studiava in silenzio, statua di marmo levigato, senza un respiro, un battito di ciglia. 
 
 
Disperazione. Il mio animo tremava chiuso nella gabbia del mio corpo.
 
 
"TI PREGO, Xelloss!"
 
 
Ricordi di averLa invocata?
 
 
"Sì... SI', l'ho fatto!"
 
 
Quante volte?
 
 
"Io... io... a causa di Fibrizo! E... per combattere Shabranigdu, a Taforasha!"
 
 
Basta?
 
 
"Io... Xelloss! Ok, d'accordo... da bambina la prima volta ma era una versione incompleta. Contro Dark Star ma non ho finito l'incantesimo..." deglutii, senza avere realmente saliva da deglutire. "Le uniche complete sono state contro Fibrizo e Shabranigdu ma sono tornata."
 
 
Se sei tornata, dove sei Lina-san?
 
 
"Tu hai detto nel mare del Caos. Ma non ti credo..." (Non gli credi?)
 
 
Se ti permettessi di guardare, impazziresti. Non sei tornata, Lina-san, non dopo Taforasha. Non è possibile per nessun essere umano controllare la potenza della Signora, neanche uno come te, che ne rechi il marchio, può.
 
 
"Se quello che dici è vero... se quello che dici è vero, perchè io RICORDO altre cose dopo la distruzione di Shabranigdu?"
 
 
Dormire, sognare. Non sei morta, dopotutto. Per altro non sono molti gli esseri umani che sono arrivanti a questo livello, Lina-san. E di solito rimangono qui per sempre, vivono per sempre ma senza svegliarsi mai.
 
 
"Ma... se è così, perchè?"
 
 
Domanda interessante, Lina-san.
 
 
"Posel... Posel mi diceva di svegliarmi e che ero nel mare del Caos... Gourry? GOURRY dove è? E Zelgadiss? Amelia?"
 
 
Non sono qui.
 
 
Una luce, dorata e intensa, iniziò ad avvolgere Xelloss. Il mazoku sembrò trasalire poi, chiudendo gli occhi, scomparve. Al suo posto una donna dalla lunga frangia, le sue mani sui lati del mio volto che mi attiravano a lei.
 
 
"Figlia mia."
 
 
Avvicinò il viso al mio, finchè i miei occhi si fissarono direttamente sulla zona d’ombra sotto alla frangetta. Piegò la testa di lato e le sue labbra sfiorarono le mie.
 
 
"Figlia mia." Ripetè con voce atona, asessuata.
 
 
La sua presenza, sebbene rappresentata da un sinuoso corpo femminile, era indefinibile ed infinita. Il suo potere mi schiacciava, annientandomi.
 
 
"Ti ho marchiata."
 
 
Parlava ma la sua bocca non si muoveva, le labbra chiuse sulle mie nell’inquietante parodia di un bacio.
 
 
"Tu non sei."
 
 
Tacque nella tremenda immobilità che anche Xelloss sapeva assumere.
 
Improvvisamente mi afferrò per il retro della testa con una mano mentre l'altra affondava nel mio petto.
Strinse.
 
 
Gridai.
 
 
Il mio corpo esisteva.
 
 
Fuoco. Lingue incandescenti che dal mio cuore si diramavano in ogni punto del corpo.
 
 
"Il soffio della vita"
 
 
"Brucia"
 
 … C’era una volta
 
Una luce dorata e il pianto di un neonato.
Una fuga, durante la tempesta.
 
All’orizzonte la casa della bambina di Ceiphied. Una donna lentigginosa apre la porta.
 
Fulmine. Tuono.
 
Nella casa della bambina di Ceiphied. Una candela si spegne.
 
Buio. Braci morenti rischiarano i volti.
 
Nella sua stanza la bambina di Ceiphied inizia a piangere. La bambina dorata apre gli occhi. Ruby Eye.
 
La bambina di Ceiphied e la bambina dorata litigano vivono ora insieme. La bambina dorata impara la magia.
 
Giga Slave.
 
 
Aprii gli occhi sentendomi miserabile. Le tempie mi pulsavano, mi facevano male le ossa, il petto bruciava. Xelloss che gravitava sopra di me, coprendo la luna piena, vestiva il suo solito sorriso benevolo.
 
Non ricordavo un accidenti di quello che mi era successo ma intuivo avessi lottato e duramente. Ero circondata da macerie e fumo. Mi misi seduta e con lo sguardo cercai Gourry.
 
 
"Non c'è nessuno, Lina-san. Se ne sono già andati."
 
 
Mi accigliai. Anche l'atto di aggrottare la fronte mi procurava dolore. "Figlia mia."
 
 
Scossi la testa procurandomi un capogiro. "Cosa... hai detto?" Mi sembrava di aver stretto i denti a lungo. Ma che diavolo era successo?
 
 
"Ho detto che Gourry-san e gli altri sono andati via." Aprì un occhio. "Posso però agevolare la tua ricerca."
 
 
"Non capisco... ma non mi da sicurezza il fatto che tu voglia in qualche modo di agevolarmi." Mi scese un gocciolone. Xelloss che ti aiuta. Certo. Ma poi qual è il conto che ti presenta alla fine del servizio? Grazie ma… no grazie.
 
 
Il mazoku alzò le spalle. "Seguo gli ordini, Lina-san."
 
 
"E quale demone ti avrebbe chiesto di essere tanto gentile con me?" Ecco, questo era pure peggio.
 
 
"Dovresti saperlo, Lina-san. Da ovresti proprio saperlo."
 
Adoravo gli indovinelli. Soprattutto quando mi sentivo come se fossi appena stata investita da un Dragon Slave.
 
 
Il mazoku volse il capo, portando platealmente una mano all’orecchio.
 
 
“Credo che alla fine non ci sarà neppure bisogno del mio intervento, Lina-san.”
 
 
Facendo l’occhiolino si eclissò. In realtà non c’era nessuno e io non avevo sentito un bel niente. Mi conveniva darmi una sistemata e cercare i ragazzi. Non volevo neppure per un secondo iniziare a pensare che fosse successo qualcosa di veramente grave a loro. Negativo. No.
 
 
Misi la testa tra le mani. “Recovery”. Un secondo dopo mi sentii afferrare e un abbraccio stritolante mi mozzò momentaneamente il fiato mentre una voce acuta mi gridava all’orecchio: “Lina-san!”
 
 
“A… Amelia!”
 
 
La principessa si allontanò, tenendomi per le spalle, gli occhi arrossati. “Lina-san… Lina-san, pensavamo…” Singhiozzò, poi mi strinse ancora un pochino a sè. “Sei salva.”
 
 
Eh? Non capivo.
 
 
I miei ricordi arrivavano fino a Shabranigdu che risorgeva, non avevo la più pallida idea di come lo avessimo sconfitto. E che diavolo mi era successo? Nebbia fitta.
 
 
“Amelia… cosa?”
 
 
La mia amica si scostò, scrutandomi a fondo, poi, apparentemente soddisfatta del mio aspetto (?), annuì. La confusione sul mio volto doveva essere evidente.
 
 
“Non ricordi… è così, vero?”
 
 
Amelia abbassò la testa poi, prendendomi una mano, quasi a volersi accertare fossi veramente lì, sospirò.
 
 
“Hai usato il Giga Slave e…”
 
 
“COSA?” la interruppi, gridando. Avevo giurato che non lo avrei mai più usato. Troppo pericoloso, troppo potente… persino per una come me. Conoscevo la portata devastante delle conseguenze se avessi commesso anche solo il più piccolo errore.
Ma allora…?
 
 
La principessa mi strinse le dita. “Hai dovuto… saremmo morti, saremmo morti TUTTI se non lo avessi almeno tentato, Lina-san. E per tutti intendo tutti gli abitanti del pianeta.” Alzò il volto, lo sguardo fermo. “Non volevi. Ma lo hai fatto.” Tacque. Mi lasciò la mano per asciugarsi i palmi sudati sui calzoni, poi si passò le mani sul volto. “Shabranigdu era infinitamente forte… non c’erano altre soluzioni.”
 
 
Il suo racconto non faceva risuonare nulla in me, non il dubbio, né la paura. Doveva essere stato tremendo ma alla fine… (figlia mia). Scossi la testa. Cos’era quella sensazione che mi prendeva ogni tanto? Un eco di qualcosa di lontano che non riuscivo ad afferrare.
 
 
“E poi… la luce dorata, come quando ci siamo risvegliati dopo che hai distrutto Fibrizio. Shabranigdu è esploso e tu sei svanita, avvolta in questo bagliore accecante. Lina-san, eravamo certi…”
 
 
“Amelia… ho perso il controllo?” Avevo giurato. (Non potevo averlo perso, giusto? Il mondo esisteva ancora).
 
 
“Non lo so. Non lo so, sembrava che lo tenessi… ma poi quella luce… credo che se ne avessi perso il controllo saremmo tutti morti, giusto?” La principessa si interruppe, accarezzandosi un braccio. Lo aveva rotto? Perché mi veniva in mente che lo avesse rotto? (Ma lo aveva rotto?) Mi strinsi il ponte del naso, cercando di pensare.
 
 
“Lina-san?”
 
 
Trasalii. “Sì, sì.” Mi interruppi. “Ci sono.” C’ero? “Dicevi che non ti sembrava che avessi perso il controllo del Giga Slave.”
 
 
Amelia annuì. “Esatto. Infatti Shabranigdu è stato sconfitto. Io ero svenuta…” Mi indirizzò un sorriso storto con tanto di gocciolone, “ma Zelgadiss-san mi ha detto che nel momento in cui Shabranigdu è esploso, la luce dorata è diventata molto più forte e tu… ti sei…” deglutì, poi si portò una mano alla gola con una smorfia, “dissolta.” Mi piantò i suoi occhioni blu in faccia. “Lina-san,  Gourry-san è quasi impazzito.”
 
 
Sussultai bruscamente al suono del suo nome. “Gourry… Gourry sta bene? Zelgadiss?” Non mi sentivo lucida. Come avevo potuto non chiedere di loro, non pensare…? Dannazione. Dannazione.
 
 
“Lina-san. Stai bene?” Non sapevo che aspetto potessi avere io ma la povera Amelia aveva sicuramente visto giorni migliori.
 
 
“Bene. Sto bene.” Mi sembrava che il cervello reagisse troppo lentamente. “Dove alloggiate… alloggiate insieme o…?” Mi era appena venuto il dubbio che si fossero separati. Però… perché avrebbero dovuto mai?
 
 
Da quanto mancavo?
 
 
 “Riesci ad alzarti?” Senza darmi il tempo di rispondere, non ero neanche troppo sicura della risposta che avrei potuto dare, mi cinse con un braccio la vita e, afferrandomi il polso, si mise il mio braccio sulle spalle.
 
 
“Da quanto sono… sparita?” Mi si spezzò la voce. Una moltitudine di sentimenti ai agitava in me. Rabbia, perché avevo dovuto usare il Giga Slave. Terrore per quello che poteva essermi successo e di cui non conservavo memoria. Commozione per l’affetto di Amelia. Tristezza per il dolore che avevo causato. Paura, per Gourry.
 
 
“Quasi due settimane, Lina-san.”
 
 
Chiusi gli occhi, le gambe molli. Grazie agli Dei, Amelia mi stava sorreggendo. Quando avevo perso letteralmente il controllo del Giga Slave a causa di Fibrizo e L.o.N. mi aveva portato via ero rimasta nel mare del Caos poche ore. Questa volta… Ma era possibile, dopo aver avuto la forza necessaria per eseguire perfettamente l’incantesimo, essere trasportata nel Caos ancora una volta? Perché? Era apparsa una luce ma non lei in persona. Non avevo commesso errori. Ma allora…?
 
 
“Tutto bene, Lina-san. Ti tengo io.”  La stretta di Amelia si rinsaldò.
 
 
Quando si era fatta così grande? Il viso smunto, la voce seria, l’atteggiamento quasi materno me la facevano diventare molto più adulta. D’altra parte non potevi rischiare la vita così tante volte senza che prima o poi un po’ di quell’ottimismo sfrenato venisse intaccato. Improvvisamente, senza nessuna continuità con i miei pensieri precedenti mi venne in mente Xelloss e la sua sospetta proposta di aiuto.
 
 
“Cosa ci facevi qui, Amelia?”
 
 
“Vengo tutti i giorni, in ricognizione. Cerco eventuali superstiti… è improbabile ma… io non perdo le speranze. So che è sciocco ma è giusto.” Girò la testa per incontrare il mio sguardo. Ormai eravamo alte uguali. “Non le ho perse neanche per te, ogni giorno tornavo qui pregando che…” Alzò le spalle scuotendo il capo. “Non poteva essere. Non poteva essere e basta. Dovevi tornare. E lo hai fatto! Avevo ragione io! Zelgadiss-san ha fatto di tutto per dissuadermi, diceva che mi facevo solo del male e che… non aiutavo Gourry-san a guarire.”
 
 
“Gourry è..?” Un sapore acido di risalì in gola. Se a Gourry fosse successo qualcosa me lo avrebbe detto prima, subito. Lo avrebbe fatto.
 
 
Amelia sospirò.  “Gourry-san… è in condizioni pietose.”
 
 
“E’ ferito?!”
 
 
“Il suo cuore è ferito, Lina-san” mi rimbeccò, il fantasma di una risata nella sua voce. “Seriamente, Lina-san,” riprese in modo più grave, l’allegria repentinamente svanita, “non te lo devo dire io, vero?”  No. Non doveva, avevo quasi distrutto il mondo per lui. “I primi giorni veniva con me, poi ha smesso. Non parla più… e da qualche giorno si rifiuta di uscire dalla camera.” Sospirò.
 
 
Non potevo più aspettare. Amelia, quasi mi avesse letto nel pensiero, proseguì. “Bene, allora. Andiamo. RAYWING!”
 
 
Il vento freddo in faccia era rigenerante. Non mi ero resa conto di quanto fossi accaldata, ad ogni metro la mia mente sembrava più lucida. Amelia viaggiava non troppo veloce, appesantita dalla fatica di dovermi trasportare, ma il paese dove alloggiavano non era lontano e le prime luci dell’abitato ci venivano già incontro.
 
 
Quando atterrammo Amelia mi lanciò una occhiata in tralice, soppesando in modo neanche troppo nascosto la mia abilità di camminare senza barcollare. Rassicuratasi che mantenevo la posizione eretta senza enormi difficoltà, mi fece strada verso la locanda. Nessuna delle due parlava, io avevo in mente solo Gourry a quel punto. L'ingresso della locanda era deserto, a parte una sguattera che strofinava svogliatamente le bottiglie di liquore dietro al bancone di legno.
 
"Prima porta a destra."
 
Amelia sapeva che dovevo, volevo, andare da Gourry. Non mi seguì su per le scale, facendomi invece un lieve cenno di saluto dal salone. Sembrava davvero tanto più adulta dell'ultima volta che l'avevo vista... e contando che era passata solo una settimana, doveva essere stata una settimana terribile. (Una? Quante settimane, Lina?)
 
La prima porta a destra era già arrivata. Era vecchia, la maniglia ossidata. Qualche buchetto di tarlo qui e lì. Un postaccio infimo.
 
Stavo perdendo tempo.
 
Avrei voluto sfondarla, quella porta. Fiondarmi dentro, afferrare Gourry e stringerlo a me così forte da fonderlo col mio corpo. Eppure nello stesso tempo una strana timidezza mi bloccava. Quello che provavo era una gigantesca bolla di amore e sì, lussuria, come se tra me e Gourry ci fosse più della semplice (ma complicata) amicizia che condividevamo. Io e Gourry... eravamo amici. Più che amici, compagni. Il lato romantico... in realtà mancava in gran parte. C'erano stati baci, dopo la sconfitta di Fibrizo, quando avevamo ripreso a viaggiare da soli. Erano stati curiosi piccoli baci, quasi esplorativi, a volte solo fior di labbra, dati a notte fonda, quando cercavamo di riposare un po' prima che uno dei due iniziasse un turno di guardia. C'erano state anche carezze, tutto sommato abbastanza innocenti. Avrei voluto continuassero, avrei voluto di più ma così come non ero timida nella vita in generale, mi ero sentita in imbarazzo nel cercare di portare il nostro rapporto fisico ad un livello superiore. E così invece di progredire, si era fermato. Durante le avventure con Filia viaggiavamo di nuovo con Amelia e Zel e non c'erano stati momenti veramente nostri in cui tentare di riprendere il discorso e con Taforasha e Pokota peggio ancora. Eppure sapevo, sapevo, che era sarebbe bastato poco perchè io e lui tornassimo lì, dove avevamo interrotto. Che Gourry si fosse tirato indietro per me, per una sua idea cavalleresca di non forzarmi, era del tutto possibile. Aveva avvertito il dubbio e aveva voluto rispettare i miei tempi.
Il che faceva di lui la persona meravigliosa che era. D’altra parte, poi, quando il mondo precipitava, e con Alamyce prima e il ritorno di Shabranigdu subito dopo era accaduto, non c'era più tempo per la dolcezza e il corteggiamento. Eppure sapevo bene che quello che volevo io, lo desiderava anche lui. Forse anche più di me, non era più un ragazzino. Mi venivano in mente le notti nella stessa stanza, quando mancavano le camere ed entrambi dormivamo sul pavimento, la voglia che avevo di rotolare verso di lui e farlo mio. Le volte che mi metteva in braccio sulla spalla e io sfioravo le dita con la guancia, bramando un vero bacio e il contatto con il suo corpo. Quante timidezze inutili, quante parole non dette per timore, quante occasioni sprecate.
 
Quando ritornavi dal mare del Caos capivi molte cose.
 
Sfiorai con il palmo della mano il legno scheggiato.
 
Gourry era dietro a quella porta. Forse dormiva, sopraffatto dalla disperazione, più probabilmente era seduto sul letto e si contemplava gli stivali, assorto.
 
Bussai.
 
Nessuno rispose ma mi aspettavo fosse così. Gourry non era una persona scortese ma voleva stare solo. Aveva perso le speranze.
 
"Gourry..." sussurrai. Chissà se avrebbe sentito, chissà se avrebbe riconosciuto la mia voce.
 
Un muro di silenzio rispose alla mia chiamata. Forse dovevo veramente abbattere la porta. Anche se abbattere la porta ci avrebbe fatti sbattere in mezzo ad una strada... e Amelia quanto Zel non avrebbero gradito. Festeggiare il mio ritorno al mondo facendoci prendere a calci in culo dal padrone di questo postaccio… suonava però così familiare che magari non si sarebbero arrabbiati troppo. Mi scappò una risatina.
 
Poi, sospirando, mi frugai nelle tasche in cerca della fidata forcina e, mentre iniziavo ad imprecare sottovoce, la porta si aprì.
 
Gourry era di fronte a me, scarmigliato e cadaverico. Ci fissammo. Finalmente la comprensione si fece strada in lui e mentre questo accadeva, provavo il primo vero sentimento da quando ero tornata.
 
Rabbia.
 
Una rabbia furiosa, bruciante. Come osava ridursi così ? Magro da far schifo, pesto, abbattuto. No. NO. Gourry non poteva, non doveva. Era un uomo forte, se le cose fossero andate male mi doveva sopravvivere, non diventare uno scheletro ambulante, non lasciarsi morire. Valeva molto più di così.
 
Mentre mi accigliavo, pronta a malmenarlo, mi avvolse strettamente tra le sue braccia, contro il petto magro. "Lina, Lina mia.", sussurrava ritmicamente accarezzandomi la schiena. Finì in ginocchio, trascinandomi con sé e affondando il volto sulla mia spalla, sussultando così forte che finii con lo stringerlo anche io, la stessa morsa a cui avevo pensato prima di aprire la porta e trovarmelo deperito.
 
L’umido che iniziavo ad avvertire dove aveva appoggiato il viso rivelava le sue lacrime. Una gran quantità di lacrime. Oh Gourry. Lo strinsi più forte iniziando a cullarlo. Mi afferrò per le braccia, allontanandomi e scrutandomi con intensità, come aveva fatto Amelia, gli occhi arrossati fissi nei miei. Gli posi le mani sul viso, accarezzandolo.
 
“Stai bene?” Mi chiese, la voce rauca per i singhiozzi trattenuti.
 
“Adesso sì.” Risposi, asciugandogli le lacrime con i pollici.
 
Come erano belli, i suoi occhi azzurri, dello stesso colore del cielo. Come erano lisce le sue guance, perfettamente rasate nonostante tutto. Gli sfiorai il naso, dritto e mi soffermai sulle labbra, delineandone il contorno con l’indice. Il labbro superiore, poi il labbro inferiore, più pieno e morbido, come quello di una donna. Tornai ai suoi occhi. Senza alcun senso pensai al bambino meraviglioso che doveva essere stato, agli splendidi figli che avrebbe generato.
 
La bolla di amore risalì nel mio petto, fino ad esplodere. Inclinai la testa e sfiorai la sua bocca con la mia (figlia mia). Sussultai quando lo spadaccino rispose al bacio, nella mia memoria qualcosa di disturbante premeva per tornare a galla. Scacciai il ricordo che cercava di delinearsi, quello di un altro bacio però freddo eppure incandescente, doloroso e tornai a Gourry e alle sue labbra. Non volevo niente tra di noi, adesso che ci eravamo ritrovati. Avevo rischiato di non vederlo mai più.
 
Ero affamata di vita, ero affamata di lui. Lo desideravo.
 
Socchiusi la bocca e lasciai che il nostro bacio si approfondisse, le sua mani presero ad accarezzarmi il collo e la schiena, mandandomi brividi per tutto il corpo. Quando si interruppe eravamo entrambi affannati.
 
“Lina, ti amo.” Sospirò Gourry.
 
Felicità. Un moto di felicità così grande. Mi avventai su di lui, sbilanciandolo e cadendogli sopra. Lui mi afferrò per la vita e ci baciammo ancora. Sotto di me il suo corpo magro ma ancora forte sembrava bollente. Volevo poterlo rimirare, toccare la sua pelle, fargli sospirare il mio nome. Volevo le sue mani su di me, volevo che lui mi facesse gridare il suo nome.
 
Gli misi le mani sul petto, giocherellando con il laccio che gli chiudeva la casacca e mi alzai leggermente. “Posso?” sussurrai.
 
“Fai di me ciò che vuoi” mi rispose, roco, poi sorrise.
 
Gli aprii la casacca. Poi tolsi la mia, rimanendo con la fascia che fungeva da reggiseno.
Lo spadaccino mi appoggiò il palmo sul fianco nudo.
 
“Sei così bella.”
 
A quel punto Gourry si sollevò di scatto, mettendomi una mano dietro al collo e mi distese, prendendo il controllo. Mi baciò ancora a lungo, facendomi gemere per il desiderio e la frustrazione. Volevo che mi toccasse, doveva farlo. Subito. Mi staccai da lui, fissandolo. “Ti prego, Gourry…”
 
“Dimmi cosa vuoi, Lina, dimmelo e lo farò.”
 
Gli afferrai la mano, piazzandomela sul seno, ancora fasciato, e ripetei le sue parole di poco prima. “Fai di me ciò che vuoi.”
 
Non avevo paura, non era strano, eravamo io e Gourry e stavamo per portare la nostra relazione al livello che avrebbe dovuto raggiungere già da molto tempo. Ero pronta, eravamo pronti.
 
“Sei sicura?” Gourry mi baciò l’angolo della bocca.
 
Non avevo dubbi. “Ti desidero Gourry, voglio…” lasciai la frase in sospeso.
 
“Non voglio farti male” Lo sguardo dello spadaccino era dolcissimo mentre, steso di fianco a me, mi metteva alcune ciocche ribelli dietro all’orecchio. “Potrei guardarti per sempre. Potrei davvero. Ma voglio che tu sia sicura e che sappia che non ti forzerei mai e che puoi dirmi in qualsiasi momento di fermarmi.” Mi fissò serio. “Non voglio farti male.” Ripetè.
 
Sorrisi. “L’unico dolore che sarà valso davvero la pena di provare.” Poi cercai ancora le sue labbra, con urgenza.
 
La mano di Gourry si infilò sotto alla fascia, trovando il mio seno e liberandolo. “Questo via.” Sussurrò, separandosi dalle mie labbra. Le sue dita scesero sul mio capezzolo, pizzicandolo delicatamente. Sussultai, sorpresa.
 
“Ti piace?” Mi sussurrò nell’orecchio, prima di iniziare a mordicchiarmi il lobo, baciandomi poi il collo, mentre con la mano scendeva tra le mie gambe.
 
“Mi piace… mi piace tutto quello che fai.” E doveva anche continuare. Senza più pudore, glielo dissi.
 
“Non smetto, allora.”
 
La mani di Gourry erano ovunque, e dove non erano le mani, ci pensava la sua lingua. Sarei potuta morire e di una morte decisamente felice.
 
“Aspetta.” Lo fermai. I suoi occhi brillavano, era splendido.
 
“Mi devo fermare?”
 
Scossi la testa. Iniziai ad abbassarmi i calzoni che erano ormai di troppo. Gourry sorrise malizioso. “Lascia fare a me.” Disse infilando i pollici sulla vita della calzamaglia,  facendola scendere con deliberata lentezza. “Anche io stavo pensando che fossero di troppo.”
 
La lanciò lontano e si piegò a baciarmi la pancia, guardandomi negli occhi poi tornò al mio viso e alle labbra, rimanendo su di me, tra le mie gambe. Indossava ancora i calzoni, morbidi e piuttosto tesi all’altezza del cavallo. Ero felice del “potere” che avevo su di lui, io, la ragazzina dal seno piatto, quella con la fessura tra i denti, bassa e spigolosa.
 
(Figlia mia)
 
A quel punto, senza preavviso, mi venne paura. Non di lui, non di noi. Paura e basta. Una sensazione spiacevole, come se una mano fredda spuntata dal nulla mi avesse toccato il capo. La cosa disturbante che continuava a premere da quando avevo aperto gli occhi era più intensa, adesso. Faceva male?
 
“Aspetta!” Mi divincolai di colpo, quasi tirandogli una ginocchiata in faccia. Mi guardai intorno, freneticamente. Gourry si era sollevato, sorpreso e seguiva il mio sguardo.
 
“Cos-“
 
“Zitto… zitto!” Alzai una mano.
 
Rimanemmo in silenzio, mezzi nudi. Gourry appariva ora preoccupato, come dargli torto? Ai suoi occhi apparivo come una pazza? Però... perché lui non percepiva pericoli? Gourry che aveva un udito finissimo e un istinto infallibile non dava segno di comprendere.
 
Il dolore era dentro o fuori dal mio corpo? Rabbrividii. Gourry mi appoggiò una mano sul braccio.
 
“Lin…”
 
“No!” No cosa? Non toccarmi? Non era quello. Lo volevo ancora però… cosa? Cosa?!
(FigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFigliamiaFiglia)
 
“Ah, Lina-san. Che pasticcio.”
 
Gourry si fece teso.
... e in quel momento Xelloss si materializzò in camera.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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