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Autore: ___Darkrose___    28/12/2016    5 recensioni
Ci troviamo negli Stati Uniti, negli anni delle continue conquiste del territorio da parte degli americani a discapito dei nativi. Kagome è cresciuta in mezzo alla tribù Apache, mentre Inuyasha è un cowboy che condivide le idee espansionistiche dei suoi compatrioti. Nonostante le loro differenze i loro destini sono legati indissolubilmente.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Al villaggio Apache ormai la battaglia era cessata. Sango si era rifugiata nel bosco, rifiutandosi di abbandonare il luogo in cui era vissuta. Koga aveva dovuto portare via il Patriarca, con la promessa di ritrovare Kagome non appena lo avesse messo in salvo.
La giovane cercava di consolarsi con il pensiero che sua sorella era un’ottima nuotatrice e che sicuramente si era salvata.
Quando si avvicinò di nuovo al villaggio era ormai giorno. Il fumo si levava alto nel cielo e ormai non vi era più nessuno in quel luogo di morte.
Quei bastardi che li avevano attaccato sapevano sicuramente che la loro tribù era ormai praticamente priva di uomini e che i pochi domatori di lupi arrivati non sarebbero riusciti a sgominare quelle armi che sputavano tuoni.
Si mosse incerta tra le tende distrutte e i corpi lasciati abbandonati. L’odore di sangue la prese alla gola e si portò una mano sul viso per cercare di ripararsi da quel tanfo.
Ricacciò indietro le lacrime che le stavano per solcare il viso. Doveva trovare l’anziana Kaede.
Aveva provato a trascinarla lontano dalla battaglia, ma con le sue sole forze non ci era riuscita.
Quando la trovò era distesa nella stessa posizione in cui era morta e lei si accasciò vicino al corpo della sua amata nonna adottiva.
Questa volta non riuscì a trattenere le lacrime e carezzò il corpo ormai freddo ed esanime. Non poteva credere che lei non ci fosse più. Quando era sola e sperduta lei e Kagome l’avevano trovata e condotta al villaggio, crescendola come se avesse sempre fatto parte della loro famiglia.
Non poteva lasciarla in quello stato e decise di scavare una fossa per seppellirla. Trovò una pala in mezzo alle macerie e cominciò il suo lavoro.
Adagiò il corpo della donna nella terra e si levò la piuma che portava sul capo per adagiarla sulla salma.
- Ti voglio bene, nonna – mormorò.
Si tirò in piedi e cominciò a riempire la buca. I ricordi le ritornavano alla mente e ognuno di essi era come una stilettata al cuore.
Quando finì prese una delle pelli di daino che prima costituivano una delle tende, l’adagiò sulla tomba e pregò.
Il suo pensiero volò a Kagome e, nonostante le facesse male, lasciò la tomba di sua nonna per andare a cercare la sorella.
Correva sulla riva del fiume, gridando il suo nome.
Pregava che si fosse salvata e che quel demone bianco non le avesse fatto del male, altrimenti lo avrebbe ucciso. Un enorme desiderio di vendetta si fece strada nel suo cuore e si promise che avrebbe fatto giustizia.
- Eccoti dannata pellerossa! –gridò una voce alle sue spalle.
Fu afferrata da una corda che le imprigionò le gambe e cadde a terra.
I banditi del villaggio erano tornati e l’avevano trovata. Un ragazzo dalla lunga treccia ghignava tronfio sopra di lei, ma quando si avvicinò parve deluso.
- Ah, non sei la piccola bastarda che è caduta nel fiume con Taisho – sentenziò.
Un altro uomo dall’aspetto femminile arrivò e anche lui parve deluso nel vederla.
- Possibile che sia un villaggio di sole donne? Proprio qui mi dovevi trascinare Bankotsu -.
- Zitto Jakotsu, non è il momento per queste sciocchezze! – sbraitò.
Dietro di loro arrivò un uomo a cavallo. A differenza degli altri era vestito in maniera più elegante e sembrava parecchio preoccupato.
Non appena vide che avevano catturato la ragazza si mise in mezzo.
- Non è il caso di ucciderla, lei è solo una donna e non costituisce un pericolo per noi! – esclamò, scendendo da cavallo e liberandola.
- Signor Miroku, ricordatevi che è una lurida sgualdrina indiana, non merita pietà! – ribatté quello di nome Jakotsu.
Sango rimase in silenzio. Osservava colpita l’uomo che l’aveva appena difesa, ma per lui riusciva a provare solo un profondo disprezzo. Non poteva perdonare uno degli uomini che avevano distrutto la sua casa.
Bankotsu sbuffò. – E cosa vorreste farne? Tanto sola in questo luogo sarà destinata a morire -.
Miroku si rese conto che aveva ragione, se l’avessero abbandonata in mezzo alla foresta con le creature selvagge che vi abitavano avrebbe rischiato di morire e presto puma e coyote si sarebbero avvicinati per fare razzia dei corpi.
Si voltò verso la ragazza. Era bella, ma il suo sguardo era pieno di odio e di rancore, non sarebbe stato facile condurla con lui a Forest County e ancora meno convincere i cittadini a farla restare.
Si passò una mano tra i capelli castani e alla fine rispose.
- Ho voglia di spassarmela, va bene? Torno a Forest County e dopodiché me ne disferò –, stava mentendo spudoratamente, ma sapeva anche di essere un maestro in quell’arte.
I due banditi risero divertiti e acconsentirono.
Sango era disgustata al pensiero di quello che quel maledetto le avrebbe fatto, ma aveva un asso nella manica. Sotto al vestito portava un coltello di pietra che avrebbe usato non appena fossero stati abbastanza lontani. Quegli sciocchi avevano sottovalutato le sue doti di guerriera.
Miroku la legò e lei lo lasciò fare senza opporre resistenza. Il ragazzo avrebbe voluto scusarsi per il suo comportamento, ma probabilmente la giovane non avrebbe compreso le sue parole.
Salì a cavallo e mise la giovane davanti a lui, fiero di essere riuscito a salvarla da morte certa. Nel frattempo pensava ad Inuyasha. Chissà se si era salvato. L’unico modo che aveva per ritrovarlo era avvertire Lord Taisho, anche perché quei maledetti non avrebbero mosso sicuramente un dito per cercarlo.
Sango, invece, era pronta per compiere la sua vendetta.
 
Il fiume li aveva trascinanti fino a una vallata dove l’acqua sfociava in un lago. Kagome fu la prima a riprendere i sensi e a guadagnare la riva.
Tossi fuori l’acqua che aveva ingoiato e si guardò intorno. A prima vista non riusciva a riconoscere quel posto e neanche il lago dove la loro corsa era stata arrestata.
Quando si voltò vide il corpo del ragazzo che l’aveva salvata galleggiare nell’acqua. Senza neanche pensarci si rituffò e si prodigò per recuperare il suo salvatore. Fu difficile per lei riuscire a trasportarlo a riva e quando ci riuscì cominciò a schiacciargli il petto per farlo respirare.
Qualcosa nel suo cuore le diceva che doveva salvarlo, anche se andava contro ogni logica o istinto di sopravvivenza.
L’istinto di Inuyasha, invece, lo portò ad estrarre la pistola dalla fondina non appena riprese i sensi e la puntò contro la persona che gli stava schiacciando il petto.
Quando riuscì ad inquadrare meglio la figura che aveva davanti si rese conto che si trattava della piccola indiana che lo aveva trascinato nel fiume.
Questa lo guardava con aria impaurita e si allontanò velocemente da lui, stringendosi le ginocchia al petto. Erano entrambi zuppi e si rese conto che era stata lei a trarlo in salvo e rianimarlo.
Si tirò a sedere e mise la pistola in terra.
- Guarda, la metto via – sussurrò per non spaventarla. – Tu mi capisci? -.
Kagome si sentiva completamente terrorizzata e non sapeva cosa fare. Quando lui le aveva puntato la sua arma contro si era resa conto dell’enorme sbaglio che aveva fatto a salvarlo dall’annegamento. Lui era uno dei demoni bianchi che avevano assassinato i suoi genitori e forse Koga aveva ragione nel dire che molti di loro non provavano pietà. Era anche uno di quei barbari che avevano ucciso la sua amata nonna.
Nonna
Quel pensiero le attraversò la mente all’improvviso, lasciandola svuotata. Calde lacrime le rigarono il viso senza controllo e si strinse le ginocchia al petto. Era rimasta sola, l’unico parente che le era rimasto al mondo era partito con gli spiriti del cielo e della terra e lei non aveva potuto darle una degna sepoltura.
Inuyasha la vide ritrarsi e chiudersi in sé stessa. Stava piangendo, eppure non singhiozzava o emetteva un fiato. Se ne stava seduta vicino alla riva del lago e rimaneva muta nel suo dolore.
Provò una grande compassione e si diede dello stupido. Da quando si era rammollito in quel modo? Lui che si faceva abbindolare in quel modo da una comune pellerossa. Se fosse stata insieme ai suoi compagni non avrebbe esitato due volte a lasciargli fare lo scalpo e l’unico motivo per cui lo aveva salvato era perché aveva bisogno di lui. Ne era certo.
Si alzò, prendendo il suo cappello trascinato a riva dalla corrente e dopo averlo strizzato se lo rimise in testa.
L’indiana era ancora lì a piangere in silenzio. Odiava vedere una donna piangere, era qualcosa che non riusciva proprio a sopportare.
Fece per avvicinarsi a lei, ma questa lo scacciò via con uno spintone, lanciandogli uno sguardo di puro odio.
A quel punto Inuyasha si spazientì, le prese rudemente il viso e la costrinse a guardarlo.
- Senti, non mi interessa se mi capisci o meno, ma non cascherò nei tuoi trucchetti da piccola squaw dagli occhi dolci, quindi me ne vado, tanti auguri! -.
Finita la frase prese le sue cose e se ne andò, lasciando la giovane sola.
Kagome era spiazzata. Quando l’aveva salvata credeva che lui potesse essere come Sango, ma si era sbagliata. Lui era malvagio e lo aveva appena dimostrato trattandola in quel modo.
A differenza di quello che si poteva credere lei conosceva la lingua dei visi pallidi. Quando Sango era arrivata al villaggio aveva sei anni e non parlava la loro lingua. Era stata Kagome a decidere di insegnarle tutto e allo stesso tempo aveva imparato la lingua della sua amica.
Le risultava difficile riuscire a rispondere, dato che era molto tempo che non la parlava, ma sarebbe bastato poco tempo per poterla padroneggiare di nuovo come un tempo.
Il ragazzo dai capelli color della luna si diresse nel folto della foresta e lei lo guardò andare via.
Cercò di farsi forza, non poteva piangersi addosso, doveva riuscire a tornare a casa dal suo sposo e da sua sorella.
Si tirò in piedi e si arrampicò su un albero per poter scorgere meglio la vallata. Si trovavano nell’ultima distesa di alberi prima della steppa e questo significava che era veramente molto lontana da casa.
Con lo sguardo seguì il tortuoso percorso del fiume che li aveva portati fino a quel luogo e si accorse che gli affluenti del lago erano almeno tre e arrivavano tutti da direzioni differenti.
Quello sarebbe stato un problema, se avesse sbagliato affluente avrebbe rischiato di perdersi e magari anche di incontrare i bianchi che aveva distrutto il suo villaggio.
Scese dall’abete e cominciò a riflettere sul da farsi. Era sola in un luogo che non conosceva, oltretutto senza neanche armi con cui potersi difendere.
Strinse forte i pugni per la rabbia quando si rese conto che seguire il barbaro, era l’unica soluzione ragionevole.
 
Koga aveva portato al sicuro il Patriarca e ora era tornato al villaggio insieme ai suoi compagni Ginta e Hakkaku. Anche Ayame aveva voluto seguirli a tutti i costi, anche se a lui la cosa non aveva fatto per niente piacere.
Sapeva dei sentimenti che la giovane provava per lui e gli dispiaceva farla soffrire e per questo non voleva che venisse a cercare la sua sposa.
Arrivò al pendio dove la sua amata era caduta e mostrò ai suoi lupi una delle piume che la ragazza portava la sera dell’attacco. Gli animali la fiutarono e si misero a cercare.
Il villaggio era raso al suolo e i corpi di donne, bambini e soldati erano riversi a terra ormai privi di vita. Quegli occhi ormai spenti sembravano chiedergli vendetta per il dolore patito. Quei barbari si erano lanciati all’attacco e non avevano risparmiato nessuno. Si sentì fiero per essere riuscito ad ucciderne almeno uno, ma il lavoro era appena cominciato. Doveva trovare Sango e soprattutto la sua amata Kagome, caduta nel fiume sotto la forza di quel bianco.
- Voi due perlustrate la zona e cercate la sorella – ordinò il capo tribù.
I due obbedirono senza indugi e si diressero verso la foresta alla ricerca di Sango.
- L’acqua avrà cancellato le sue tracce, i lupi non servono a nulla – bisbigliò la giovane.
Koga si voltò verso di lei adirato. – Smettila! -.
Ayame, però, continuò; la sua furia era molto più grande di quella di lui.
- Hai lasciato la nostra tribù nonostante la profezia, lascerai la tua gente a morire per lei?! – sbraitò questa.
Il ragazzo le si avvicinò, sovrastandola con la sua imponente figura. – Stai zitta – sibilò.
Gli occhi verdi della ragazza si infuocarono per l’odio e la rabbia che provava in quel momento.
- No Koga, hai sbagliato! -.
Il giovane capo si voltò verso il fiume che scorreva veloce e tortuoso verso le steppe e il suo cuore sembrò andare in mille pezzi. Non poteva permettere che lei morisse, non voleva.
- Non mi interessa, smuoverò il cielo e la terra per ritrovarla -.
Quelle parole ferirono Ayame profondamente e lacrime di dolore le solcarono il viso.
 
 
Ciao a tutti!
Eccomi qua con il nuovo capitolo, devo dire che sono sorpresa, non mi avevano mai seguite così tante persone e soprattutto non avevo mai ricevuto così tante bellissime recensioni *.*
Insomma vi voglio ringraziare tutti quanti, è merito vostro in parte se aggiorno così velocemente. Il vostro sostegno è sempre gradito e soprattutto grazie per i mille consigli che mi date. Siete fantastici!
I nostri protagonisti sono costretti a vivere a stretto contatto, riusciranno ad andare d’accordo e capirsi a vicenda? E Koga ritroverà la sua sposa?
Ancora mille grazie, un bacione enorme a tutti!
Silvia
   
 
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