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Autore: SaintPotter    01/01/2017    1 recensioni
Tra due minuti scatterà la mezzanotte e non sarà più San Lorenzo. Con questa giornata morirà la mia speranza di vedere una stella cadente. Non ci spero quasi più ad esprimere il mio desiderio. So che, in ogni caso, non si realizzerà. Il profumo di James, sdraiato sul telo accanto a me, non alimenta la mia speranza. La sua vicinanza mi fa solo male. Detesto il fatto che la sua testa sia estremamente vicina alla mia, che i miei capelli siano in parte distesi sopra i suoi. Detesto il fatto che a lui questo non faccia venire i brividi. [ ... ] Detesto il fatto che io stia permettendo a qualcuno di prendere il mio cuore, giocarci e restituirmelo a pezzi. [ ... ] ‹‹ Guarda, una stella cadente! ›› sento dire a mio cugino, mentre vedo il suo braccio alzarsi ed il dito indice indicare un punto per me indistinto del cielo. Cerco la stella che cade, ma non vedo nulla. Vedo solo qualche puntino bianco fermo sullo sfondo blu scuro. Sarò stata troppo lenta, mi dico. Non ho espresso il mio desiderio. James Sirius Potter non sarà mai capace di amarmi. Stella o non stella.
[ Serie in corso. ]
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Teddy Lupin | Coppie: James Sirius/Dominique, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Illusion.'
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Illusion
 



 




Sesto capitolo.

 
‹‹ Che succede? ›› sento chiedere con una certa preoccupazione a James, che, con un mirtillo in una mano ed il sacchetto di plastica nell’altra, mi si avvicina con una velocità che neanche Flash! Sì, roba da Babbani.
Io, ripeto, non piango, ma sento che una lacrimuccia potrebbe uscirmi da sola da un occhio, anche contro la mia volontà!, mentre prendo a grattarmi intorno alla puntura, che guardo con aria spaventata – o meglio, che vorrei guardare, ma non ci riesco, perché serro le palpebre per il dolore. Nel mentre, continuo a lamentarmi. Riesco solo a dire: ‹‹ ape! Puntura! Braccio! ››
In un altro momento, mio cugino riderebbe, ma stavolta è impegnato a piegarsi sulle ginocchia per raggiungere la mia altezza, il mirtillo messo nella busta che ora adagia sul terreno sotto di lui, a controllare il mio braccio ed a pensare freneticamente a come risolvere la situazione. Non ha il kit di pronto soccorso con sé e, conoscendomi, sa che non resisterò fino al ritorno alla base, quindi decide di togliermi semplicemente il pungiglione dell’ape dalla pelle. Cosetta, che male! Non ero mai stata punta, prima, e non pensavo che potesse essere tanto doloroso. Pensavo, più che altro, potesse essere come un morso di zanzara, solo un po’ meno veloce. Per fortuna non devo intendermene di certe cose, tanto non voglio lavorare al reparto per le ferite magiche al San Mungo, una volta terminati gli studi. In tutto questo, ancora mi lamento; è evidente che James sia meno concentrato con le mie urla. Vorrebbe dirmi di smetterla, magari, ma non osa pronunciar parola, essendo io la vittima di questa storia. Forse, un po’ gli dispiace per tutte queste piccole disgrazie che mi stanno accadendo. Solo io, comunque, potevo avere una serie di sfortunati eventi! Tutti, poi, in neanche un giorno! Come avevi detto, mamma? Che tu sappia, non è morto nessuno per una settimana di campeggio? Ah, sono pronta a dimostrare il contrario!
‹‹ Okay, senti! ›› fa James. ‹‹ Se stai ferma, riesco a tirare fuori il pungiglione, che è rimasto dentr…›› Si blocca, arricciando le labbra quando urlo ancora più forte per il dolore. Riprende a parlare, incerto. ‹‹ Hai delle pinzette con te o qualcosa del genere? ››
Certo che no! Non sono Barbie, come sosteneva Fred!
‹‹ Ti pare che abbia delle pinzette con me, adesso? ›› ribatto acidamente. Peccato!, è stato bello, finché è durato, andare d’accordo con l’amore della mia vita. Credo dispiaccia anche a lui.
‹‹ Che ne so! ›› risponde, palesemente nel panico. Be’, almeno si preoccupa per me! O forse è solo preoccupato per lui, che sarà responsabile della mia morte? Non la sto facendo troppo tragica, no? ‹‹ Aspetta! ›› tenta. Nota di avere le unghie più o meno lunghe. ‹‹ Forse ce la faccio lo stesso! ›› Con le sole dita, si intende. Non è sicuro di agire in questo modo, lo percepisco dalla sua faccia – o meglio, lo percepirei, se non fossi tanto occupata a soffrire. Ancora una volta, non sto esagerando, vero?
Ora, non so bene cosa stia accadendo, occupata a sentire quell’odioso pungiglione nella mia pelle, ma le agili dita del mago cercano di salvarmi e dopo due lunghi minuti (ma quanto ci mette?) esclama di avercela fatta, quindi lancia a terra la parte più appuntita di quell’animale che ormai, avendomi punta, è morto. Certe volte mi domando perché alle api piaccia tanto suicidarsi.
Il dolore, però, non se n’è andato, infatti continuo a lamentarmi, ma James s’è già rialzato, dicendo nel mentre che presto mi passerà (osa pure dirmi di abbassare la voce, il maledetto! E ride!), quindi torna ai suoi mirtilli. Poco dopo, nemmeno mi accorgo di star cento volte meglio. Effettivamente, il braccio non mi fa più male. Dovrei ringraziare mio cugino?
‹‹ Un’ora è passata? ›› Alla faccia dei ringraziamenti!
‹‹ Forse ›› mi risponde con una scrollata di spalle, raccogliendo gli ultimi frutti. Lancio un’occhiata alla busta e noto che i mirtilli sono davvero parecchi. Se fosse stata una gara, anche da solo James avrebbe sicuramente stravinto! Ma non stiamo qui a notare che razza di mito sia in tutto e per tutto!
‹‹ E allora perché non stiamo tornando indietro? ›› faccio, le braccia incrociate sotto al seno e la testa alta. Ho l’espressione che ha Victoire quando ha la puzza sotto al naso e squadra una ragazza che indossa qualcosa di sì e no tre stagioni prima.
James ridacchia, evidentemente pensando che ho ragione, che dopotutto me l’aveva promesso, quindi mi raggiunge; messosi la bustina coi mirtilli in tasca, mi porge una mano per aiutarmi a rialzarmi. Adesso, mi rendo conto, dovrò di nuovo saltargli in spalla per tornare indietro, dovrò di nuovo essere a contatto con lui. Posso solo dire… che schifo la vita?
Sospiro a tal pensiero, mentre grazie al suo aiuto mi metto in piedi e, con un gioco perfetto di coordinazione, salgo sulle sue spalle e di nuovo mi lascio afferrare per i polsi, tanto per essere sicuri che io non cada. James si incammina verso la base ed io non posso fare a meno di pensare che in fondo non è stato così male, che in un’ora insieme a lui avrei potuto, non so!, soffrire di più. Forse posso resistere, mi dico. Quando abbasso gli occhi, trovo i suoi bellissimi capelli e mi dico che posso cedere per una volta e poggiare, facendomi un po’ più gobba e quindi piegandomi un po’ in avanti, il mio mento sul suo capo. Tanto siamo cugini, queste piccole cose fra noi sono normali! O, almeno, dovrebbero esserlo. Lo faccio e lui non dice niente. Sto bene e proprio per questo so di star malissimo, perché a lui non cambia niente. Perché non è un gesto romantico, non per lui. Perché io per lui sono solo una delle tante cugine. Non quella che preferisce. E sento il suo profumo, e questo mi fa star peggio, perché è davvero buono. Non si sente troppo, per quanto è leggero. Non lo so distinguere, non sono brava a capire gli odori. So riconoscere a malapena il profumo della menta e per certo questa non è menta. Comunque, so che mi piace. Abbasso ancora un po’ gli occhi e noto che ha un orologio da polso che segna l’ora esatta. Non è passata un’ora, James ha mentito. Questa cosa mi fa sorridere.
‹‹ Tutto bene, lassù? ›› La sua voce mi pare più dolce del solito. Immagino che mi sorrida amorevolmente. Non lo fa perché è affezionato a me, lo fa perché è il suo carattere. ‹‹ Siamo quasi arrivati, eh! ›› mi rassicura.
Io annuisco, credo lui lo percepisca. Non dico nient’altro. Gli sta bene. Sta bene ad entrambi.
Lo sento esitare. Vorrebbe dire dell’altro, io lo so. Forse vuole dirmi che abbiamo iniziato col piede sbagliato e che le cose possono migliorare. Forse vuole dirmi dove ha messo il mio baule. Forse vuole dirmi che, se voglio, posso subito tornare a casa, ma che spera che io resti. Non credo voglia davvero che io resti, non penso lo voglia nessuno in cuor proprio. Forse vuole solo dirmi che peso. Però non dice niente, richiude la bocca, le labbra serrate. Odo solo il suo respiro regolare.
Non riesco a comprenderne il motivo, ma mi viene da piangere. Non a catinelle. Solo, un paio di lacrime fredde mi rigano le guance. Non ho deciso io di farle scendere. Vorrei che lui non se ne accorgesse, spero che non abbia sentito nessuna goccia sui suoi capelli scuri. Per sicurezza, tiro via una mano, così che lui me la lasci, per asciugarmi il viso. Non impiego troppo tempo a pulirmi, tanto sono soltanto un paio di lacrime. Dimentico di asciugarmi quando do di nuovo la mia mano a James, giusto per questioni di equilibrio. Spero non ci faccia caso.
Forse non si accorge di nulla, tanto resta in silenzio. No, decisamente: James non ha capito niente.
Trascorrono un paio di minuti e rientriamo alla base, siamo gli unici. Gli altri devono essere ancora dispersi nel bosco alla ricerca dei mirtilli, dovrebbero tornare tra un’ora. James, a proposito, tira fuori il sacchetto coi propri, di mirtilli, dalla sua tasca, una volta lasciatami adagiare sul terreno e sedutosi di fianco a me. Non mi ha nemmeno chiesto se preferissi o meno stare nella mia tenda. Ovviamente, voglio starci, ma non mi ha portato dentro di essa. Fa niente.
‹‹ Vuoi assaggiarne uno? ››
‹‹ Non mi piacciono ›› dico io, ma non risulto maleducata. Mi sorride.
‹‹ Secondo me non ti fidi di me ›› risponde. Sorride ancora mestamente, ma con dolcezza. Credo di star sciogliendomi. Nel frattempo, sono pure confusa, perché non capisco cosa c’entri la fiducia. Quindi piego la testa su un lato, la fronte leggermente aggrottata. ‹‹ Sì ›› continua. ‹‹ Credi che abbia raccolto roba velenosa, non è così? ›› Quindi ride.
‹‹ Oh ›› riesco a dire soltanto, è un sussurro. La sua frase mi fa sorridere. ‹‹ No ›› rispondo, ma voglio essere convincente, quindi scuoto la testa un paio di volte. ‹‹ Non mi piacciono e basta. ››
‹‹ Li hai mai provati, almeno? ››
Ci penso un momento. Non mento. ‹‹ Sì, ma mi sembrano un po’ aspri. Preferisco altri frutti. ››
‹‹ Okay ››, non insiste. Sembra soddisfatto dalla mia risposta. Io lo sarei stata di più se a sentirmela dire fosse stato Fred, che è convinto che io non voglia fare le cose senza prima provarle. Ah be’, sarà per la prossima volta! James ruba un mirtillo dal sacchetto, poi lo richiude. Lo mangia con un semplice boccone e infine pone il dito indice dinnanzi al suo viso per farmi segno di tacere. ‹‹ Sarà il nostro piccolo segreto, okay? ››
Mi viene da ridere, mentre annuisco. Quando eravamo piccoli, avevamo molti segreti, noi due.
Prima che ci allontanassimo… no!, mi correggo, prima che io mi allontanassi da tutti, giocavamo insieme. Spesso. Qualche volta, già allora, preferivo starmene in disparte, ma James c’era sempre a convincermi a lasciar perdere quello che stavo facendo ed a seguirlo, per giocare con lui. Non gli piaceva che fossi per conto mio sul portico di casa a leggere un libro, preferiva che avessi la sua compagnia, voleva che giocassi con lui. Una volta, ricordo, si offese perché decisi di restare in camera mia a dipingere e si rifiutò di andare con gli altri perché doveva a tutti i costi attuare un piano per rubarmi i colori e lasciare che mi inserissi nella gara di… non ricordo neppure quale gioco fosse, insieme agli altri, ma soprattutto insieme a lui. Non ci giocai, tanto allora vederlo offeso non era tanto male, se aveva quel faccino tanto adorabile.
Comunque, dicevo, avevamo tanti segreti. Uno di questi era che un giorno ci saremmo comprati un cane tutto nostro e l’avremmo nascosto su una casa sull’albero (non l’abbiamo mai costruita, ma l’idea di farlo c’era!), l’avremmo chiamato Jamie, perché lui è sempre stato un po’ egocentrico e perché non avevamo tempo da perdere per inventarci un nome migliore del suo soprannome. E a me stava bene chiamarlo come lui, per quanto bene gli volessi. James con me condivideva un altro segreto: era sincero e mi diceva spesso che certe volte non risultavo la più simpatica della famiglia; diceva che sapeva io fossi migliore di così, che avrei potuto essere la sua cugina preferita e che forse lo ero, ma dovevo impegnarmi ad essere me stessa e smetterla di stare da sola; allora era più ingenuo, ma il bambino continuava a dire “non è bello stare da soli”, e probabilmente aveva ragione; ma io non ero mai del tutto sola; diceva che non vedeva l’ora di vedere la mia evoluzione ed allora, e qui mi sembrava palese che scherzasse, avrebbe informato tutta la famiglia che io ero la sua ragazza. Un giorno mi accigliai. Gli dissi che non poteva decidere per me o, comunque, se doveva dire agli altri che io ero la sua fidanzata, almeno doveva avvertire me, prima. Mi rispose che io in realtà già lo fossi. Non seppi cosa dire.
Con il passare del tempo, abbiamo smesso di parlarne; è comprensibile, le cose cambiano quando si cresce e le stupidaggini come queste si scordano. Ormai sono trascorsi così tanti anni che credo che lui non lo ricordi nemmeno.
Merlino, la mia vita è cambiata così tanto!
‹‹ Dominique? ››, sento quasi la voce di un piccolo James chiamarmi. ‹‹ Dom…? ›› Lo sento schioccare le dita.
‹‹ Eh? ›› Mi accorgo che James mi ha chiamata per davvero, ma lui non è più un bambino. Questo mi dispiace, in tutta sincerità. Se potessi, tornerei davvero indietro nel tempo. Più per vivere il passato che per cambiarlo.
‹‹ Ci sei? Sembrava avessi lo sguardo perso! ››
Okay, okay! Sono sul pianeta Terra, ci sono! Tutto normale!
‹‹ Uh? Sì, certo! Stavo… pensando alla prima volta che ho mangiato i mirtilli? ›› tento. Sappiamo entrambi che sto mentendo, ecco perché ci mettiamo a ridere, lui più energicamente rispetto a me. Mi tiro un po’ su, trascinando le mani sull’erba. Ho paura di tirarle su, non voglio nemmeno vedere lo sporco che vi è sopra. Non voglio neanche sapere quanto sporchi siano i miei vestiti, in particolare i bermuda, se sono stata tutto questo tempo seduta a terra. Mi vien da sospirare. Il mio sguardo è rivolto in avanti, al bosco che mi si apre di fronte, oltre questo cerchietto di pietre ove verrà sicuramente acceso il fuoco, in serata, ed oltre agli alberi che divorano gli altri Potter e Weasley. Nonostante ciò, mi accorgo che James mi si sta avvicinando, ancora una volta oggi spostandosi di qualche sederata di lato. Mi accorgo anche che adesso mi guarda. L’unica cosa che non so è se sorrida o meno. Sono maledettamente curiosa, voglio scoprirlo, quindi mi volto verso di lui.
Non mi sta sorridendo. Mi guarda e basta. Va bene così, me lo sarei dovuta aspettare. Questa, dopotutto, è la realtà, non certamente un sogno, un romanzo d’amore. Se lo fosse, adesso James direbbe qualcosa collegandosi ai miei pensieri precedenti, tirerebbe fuori l’argomento “i nostri segreti di quando eravamo piccoli”. Mi sto immaginando una scena romantica in cui lui mi ricorda di quando mi diceva che io ero la sua fidanzata. È solo un sogno veloce, però, ad occhi aperti. Nulla di ciò che immagino accade. Per un attimo, penso… non può leggermi la mente, non è vero? Suppongo che non possa farlo. Non è un Legilimens, comunque neppure lui è maggiorenne e non potrebbe, in teoria, usare la magia fuori da Hogwarts. Se anche potesse farlo… be’, non lo sta facendo, o la situazione cambierebbe – succederebbe qualcosa! Di bello o di brutto, non importa. Invece è la realtà e non succede assolutamente nulla. Distolgo lo sguardo, quindi mi metto a fissare i miei piedi. Solo adesso James si decide a sorridermi, ma resta in silenzio. Tacciamo entrambi per minuti che sembrano durare in eterno. Non ho la più pallida idea di cosa passi per la testa a mio cugino e nemmeno so se lui sappia a cosa sto pensando. Non lo so neanche io. Non so se sto bene, non so se sto male. So che starei meglio, se avessi la certezza di poter essere amata. Non da un ragazzo a caso. Da lui. Ho la certezza del contrario, tuttavia. Perché, allora, illudersi? Perché stare insieme a lui? Non mi fa stare soltanto peggio?
Il piede mi fa male ancora a causa della vescica sotto l’alluce, ma sono certa di poter fare qualche passo per raggiungere la mia tenda (quella che Louis ha tanto gentilmente montato per entrambi) e stare per un’ora lontana da… sì, sì, il ragazzo di cui sono disperatamente innamorata, ma di cui non vorrei per nessun motivo al mondo esserlo. Mi alzo, perciò, e con un po’ di fatica cammino sino alla tenda, annunciando all’altro: ‹‹ mi fa male la testa, vado a riposare un po’. A dopo! ›› Perciò, mi chiudo nella tenda e mi stendo sul sacco a pelo. Fa abbastanza caldo, al momento, da non coprirmi. Oppure voglio solo convincermene, perché non ho voglia di sprecare le mie energie per infilarmi nel sacco. Non è questione di pigrizia.
Sono sdraiata a pancia in su, a pensare a… cose deprimenti, come al solito. I soliti pensieri, non c’è neppure bisogno di esprimerli. Stavolta, anche senza orologio, sono sicura di quanto tempo stia passando: mezz’ora. Sono da mezz’ora a guardare il soffitto della tenda ed a pensare che vorrei che James fosse una persona diversa, così sarebbe capace di amarmi. In realtà, io dovrei essere una persona diversa, per essere amata da lui. Sono da mezz’ora da sola in una tenda, mentre a pochi metri da me, proprio qui fuori, James se ne sta seduto a far la guardia o qualcosa di simile. Riflettendoci, non so quando si sia avvicinato. Voglio immaginare che volesse entrare per farmi compagnia ma che abbia cambiato idea. Giusto per farmi un po’ più male. Giusto per farmi addormentare con un’enorme tristezza addosso.
 
*
 

Sento un profumo. Il suo. Percepisco che è vicino a me. Sento che posso stringerlo. Anche lui desidera stringermi forte per non lasciarmi più. Mi sorride, non mi è mai sembrato tanto dolce nel farlo. Non mi devo sforzare per sorridergli anche io. Farlo è così naturale. È come se fossi stata messa al mondo solo per sorridergli, per farlo per il resto della mia vita. Potrei davvero farlo, non sarebbe male. Qual è lo scopo della tua vita, Dominique? Sorridere a mio cugino, invece il tuo? Non suona tanto male! James mi stringe più forte, eppure ci riesce con così tanta delicatezza. Potrei definirlo il migliore abbraccio della mia vita. Non è solo un abbraccio. Siamo sdraiati l’uno di fianco all’altra, vogliamo dormire vicini, forse per proteggerci a vicenda. Una sua mano va ad accarezzarmi il fianco, sento un brivido.
‹‹ Dom? ››
Gli rispondo. Credo.
‹‹ Dom? ››
Stringimi e basta, penso.
‹‹ Dom? ›› insiste questa voce.
Apro gli occhi, improvvisamente. Sono leggermente frastornata. Mi sono addormentata…?
‹‹ Finalmente! Ti puoi spostare? Stai sopra il mio sacco a pelo! ›› mi informa Louis, evidentemente infastidito. ‹‹ Per un po’ ti ho lasciata perdere, ma ora basta, sto davvero scomodo! ››
Sognavo. C’era da aspettarselo. James non avrebbe mai potuto dormire di fianco a me. Non avrebbe mai potuto stringermi oppure accarezzarmi con tanta dolcezza.
‹‹ Scusa ›› rispondo mestamente a mio fratello, poi mi sposto per fargli prendere il suo sacco a pelo. Non sto meglio di prima, penso. Mi sdraio di nuovo sul mio sacco, un sospiro sconsolato abbandona le mie labbra.
‹‹ Va tutto bene? ›› mi domanda Louis. S’è già messo sotto la coperta del sacco a pelo. Mi volto a guardarlo. Non gli rispondo.
‹‹ Perché sei qui? ›› gli chiedo invece. ‹‹ La raccolta dei mirtilli è già finita? ›› Quanto tempo è passato?
‹‹ A dire il vero, è finita circa tre ore fa! ›› afferma, dopo averci pensato su un po’. Che cosa? Continua. ‹‹ Quando siamo tornati, tu dormivi. Dato che non ti piacciono i mirtilli e dato che avevi insolitamente un aspetto angelico ››, e qui fingo per il suo bene di non aver sentito quel “insolitamente”, ‹‹ abbiamo deciso di non svegliarti. ››
Sono sorpresa, si vede anche dalla mia faccia. ‹‹ Gli altri erano d’accordo? ››
Impossibile.
‹‹ Sì. ››
Wow.
‹‹ Fred si è arrabbiato con James perché crede che siate tornati prima degli altri, ma nulla di che. Non ho assistito alla lite, eh!, ma da quanto ho capito James gli ha dato del filo da torcere. Però!, sorellina, sei riuscita a far litigare due migliori amici! ›› Non è una cosa tragica, tant’è che Louis non sembra serio, ridacchia piano. Io, invece, non rido. Non so proprio cosa dire.
‹‹ Piove. ›› Ah. ‹‹ Quindi, finché non smette, e non sembra proprio voglia smettere, le attività di oggi sono rimandate a domani. Speriamo che domani almeno il tempo sia bello. ››
‹‹ Sì ›› concordo, ma Louis sa che non mi importa. Anzi, tanto meglio se è cattivo tempo.
‹‹ Tra un po’ si mangia. Stanno pulendo il pesce. Io ho finto di vomitare per lo schifo e mi hanno permesso di non lavorare. ››
Adoro mio fratello.

 
 

 

 
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