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Autore: Isidora Anadiomene    02/01/2017    1 recensioni
Ho deciso, per questa volta, di raccontare un'Ichigo diversa, un'Ichigo con un problema che accomuna molte ragazze e che ha accomunato anche me e che si fa ancora un po' sentire.
Il mio intento è quello di trasmettere speranza. Per una volta, voglio scrivere una storia, nella quale vinca la forza, perché, dopo il buio, ci possono essere la luce e la vita.
"Finché c'è vita, c'è speranza... per quanto amare possano essere le acque"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Non appena le labbra di Ryou si erano separate dalle sue, Ichigo aveva sperato che tutto quello che aveva sentito, quel fuoco dentro, fosse una proiezione della sua mente o del suo cuore. Aveva sperato che fosse tutto falso, perché ormai si sentiva allo stremo e non vedeva alcun rimedio.
Ryou, nello stesso momento, appena alzatosi, aveva sperato che non fosse accaduto.
 
Le luci del locale, rosse e verdi, erano accecanti. Ichigo aveva un leggero mal di testa, Minto le disse qualcosa che non riuscì a capire. Si voltò per salutare Haruka e, quando si rigirò, Minto non c’era più. Sbuffò, chissà quando sarebbe riuscita a ritrovarla.
Si destreggiò tra la folla. Non le andava di ballare, ma non poteva nemmeno rimanere impalata come una schiocca. Farsi un giro per il locale sembrava la cosa migliore.
Un ragazzo le pestò un piede e, perdendo l’equilibrio, si ritrovò addossata ad un corpo con un odore familiare. Alzò lo sguardo, trovando Ryou che la fissava con un’espressione indecifrabile.
Tre settimane senza parlarsi, fingendo che non fosse accaduto nulla e che tutto ciò che avevano costruito in quattro anni di amicizia fosse svanito. Solo l’amarezza della perdita per un errore.
La gioia di averlo così vicino dopo tanto tempo e il conseguente annebbiamento la presero in contropiede e si sentì incapace di controllarsi. Gli posò un delicato bacio sul mento.
Ryou la prese per un polso e si fece strada tra le persone per uscire fuori.
L’aria gelida li colse ed Ichigo rabbrividì. Si voltò a guardarla, in attesa.
“Sei ubriaca?”
“No, mi gira solo un po’ la testa.”
Ryou sospirò. “Sei bella.”
Ichigo sbarrò gli occhi. “Sei ubriaco?”
Ryou si lasciò scappare una risata e si avvicinò. “Lucidissimo.”
Gli prese la mano con cautela. Sperò che lui non la scansasse.
Nello stesso istante, uscirono dal locale anche Yuzuyu e Shin, due amici di Heiji.
Si staccarono immediatamente e nessuno sembrò notarlo.
“Ryou, è ora di portare a casa Atsushi, ha bevuto troppo. Certo che è sempre il solito.” Rise .
Shin le era stato sempre molto simpatico. Divertente, facile alla risata, di buona compagnia e quasi sempre di buon umore, ma vederlo arrabbiato una sola volta ad Ichigo era bastato per capire quanto non riuscisse a contenere l’ira. Ichigo era certa che fosse innamorato di Yuzuyu, lei sembrava non accorgersene. Si chiese perché le cose andassero così un po’ per tutti.
“Ehi, Ichigo, tu non vai a soccorrere il povero Atsushi?”
Shin le lanciò un occhiolino e Ichigo arrossì.
“Shin, sei sempre il solito idiota! Fatti gli affari tuoi!”
Yuzuyu gli rifilò una gomitata poco gentile.
Ryou entrò nel locale senza nemmeno guardarla e Ichigo rimase a fissare la porta per qualche secondo.
“Yuzuyu-chan, non ti preoccupare, non ha detto nulla! – rise- comunque siamo usciti a stento quattro volte! Per me, Atsushi-kun è solo un amico.”
La porta del locale si aprì di nuovo e ne uscirono Atsushi portato per le braccia da Heiji e Ryou.
“Ichigo… come sei carina stasera!” bofonchiò Atsushi, guardandola. Era completamente ubriaco.
Ichigo non disse niente, guardò Ryou che aveva qualcosa di indefinibile nello sguardo.
“Portiamolo a casa, Heiji, prima che vomiti qui davanti.” Disse freddamente.
Ichigo notò solo in quel momento Minto, ferma dietro Heiji. Si guardarono e sentì una fitta all’altezza dello stomaco.
Forse… Ryou provava davvero qualcosa per lei.
 
 
 
 
Da dieci giorni, Ichigo non si sentiva più se stessa. Non era più lei. Sentiva un fuoco dirompente e impaziente che doveva uscire. Si sentiva in dovere di fare qualcosa. Dopo la festa, non aveva avuto nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia.
Era passato più di un mese da quel bacio e non voleva dimenticare il sapore delle labbra di Ryou. Quante volte sognava quelle labbra? Quelle mani calde che le avevano accarezzato lentamente i fianchi? Quel profumo così dolce, ma anche così pregnante.
Al Caffè, si sorprese dell’atteggiamento di Ryou. La evitava da un mese e, di punto in bianco, quel giorno, continuava a fissarla. Era agitato, si passava di continuo le mani nei capelli e bazzicava tra la cucina e la sala.
A fine giornata, era rimasta, come al solito, da sola, a pulire i tavoli. Alle volte, si sentiva l’unica senza impegni incombenti. Non aveva mai la fretta di andarsene.
Il bussare alla porta dello spogliatoio la distolse da quel pensiero.
“Ichigo, puoi uscire?”
Era Ryou. Fu presa dal panico. Si guardò nello specchio dell’armadietto. Il timore le si leggeva negli occhi. Prese coraggio e borsa e uscì.
“Dimmi.”
Si ritrovò le labbra di Ryou sulle sue. Le mani calde le accarezzavano le guance, con i fianchi la spinse vicino ad un tavolo. Ichigo si lasciò andare e gli arpionò il maglione con forza, poi aprì le mani e gli accarezzò il torace, salì fino alle clavicole e si fece strada con le mani per gettargliele al collo.
Ryou le morse piano il labbro inferiore, la prese per i fianchi e la issò sul tavolo. Scostò le labbra dalle sue e le posò una scia umida di baci dal mento al collo.
Le leccò il collo con maestria e Ichigo si lasciò sfuggire un piccolo gemito.
Mai aveva provato un’euforia così forte. Mai Masaya l’aveva baciata in quel modo, mai l’aveva toccata così.
Desiderò sfilargli il maglione per poter sentire la sua pelle calda. Senza accorgersene, la sua mano era già ad assaggiare il calore del suo ventre piatto.
Sorpreso da quell’audacia, Ryou trattenne un mugolio sulla spalla che le aveva scoperto.
Recuperò la lucidità per un istante e si scostò senza desiderarlo minimamente.
La guardò negli occhi, leggendo il suo stesso desiderio e poggiò piano le labbra sulle sue, per poi staccarsi.
Sentirono una macchina parcheggiare nel viale e si allontanarono bruscamente. Ichigo si sentì quasi male per quel distacco improvviso.
Keiichiro entrò e li guardò spaesato. “Oh, siete qui.” Si limitò a dire.
Ichigo colse la palla al balzo. Prese la borsa e il cappotto, lasciato nello spogliatoio, e fece qualche passo verso Keiichiro. “Io vado a casa. Ci vediamo domani. Buona serata!”
La porta si chiuse e Keiichiro si decise, dopo qualche secondo, a rompere quel silenzio.
“Ryou… cosa è successo?”
“Ci siamo baciati. Il bacio più bello della mia vita, Kei.” Disse, fissando la porta e lasciandosi cadere sulla sedia.
Keiichiro non si trattenne più e scoppiò a ridere. “Vi siete detti qualcosa prima? Mi dispiace di avervi interrotto… Ryou, senti, dovete parlare. Ichigo non penso abbia capito, un bacio si può fraintedere. Ryou, ma mi stai ascoltando?”
 
 
 
Ryou scomparve per due giorni. Usciva la mattina presto e rincasava tardi, non rispondeva al telefono. La sera del secondo giorno, ritornando a casa, verso mezzanotte, prese distrattamente il cellulare, più per noia che per controllare effettivamente chi lo avesse cercato. Aveva inconsciamente sperato in una chiamata di lei.
Quando la vide, il giorno dopo, a fine giornata, pulire di consueto la cucina, non poté resistere al desiderio di rimanere a fissarla. Si appoggiò allo stipite della porta. Ammirò le gambe snelle che stavano diventando più piene, i fianchi, i capelli di quel rosso così intenso. Desiderò toglierle la divisa per poter posare baci leggeri lungo la sua schiena e poter così arrivare al collo che aveva quel sapore inebriante.
Ichigo si voltò per poggiare lo straccio appena utilizzato e sobbalzò nel vederlo. D’istinto, lo posò sul tavolo e si lisciò il grembiule, un gesto alquanto insensato. Ryou se ne stava immobile, le braccia incrociate, il peso su una sola gamba e lo sguardo penetrante, denso di sottintesi. Pensò quasi che, dopo quei due episodi, lui potesse quasi appartenerle. Aveva saggiato quelle labbra, toccato quella pelle e poteva vantarsi con se stessa di averlo avuto per qualche istante. Si sentì trionfante per quella vittoria: non c’era più da immaginarli quei baci, quelle mani, perché li aveva sperimentati. Ma le bastava? Ormai si sentiva troppo smaniosa e vogliosa di lui, voleva le loro pelli a contatto. In quel momento, esistevano solo Ryou e il desiderio di lui. La frustrazione del desiderio la investì, perché così vicino, ma anche così lontano per poterlo realizzare.
“Io… ho finito qui.” Disse piano.
Lui la guardava intensamente. Sicuramente era il desiderio che fosse vero a farle vedere il tormento negli occhi così profondi di lui.
 “Ci vediamo domani.” Le rispose con tono incolore.
“Sì.”
Quando gli passò accanto, Ryou non la fermò e, quando uscì dallo spogliatoio, non lo trovò. Con le lacrime agli occhi, il tratto per tornare a casa le sembrò infinito.
Ichigo aveva iniziato ad avere paura di Ryou – all’inizio, poteva scambiarla per imbarazzo – quando, per la prima volta, fantasticò su come sarebbe stato baciarlo. Era affascinata dalla sua bellezza, aveva solo sedici anni quando lo aveva conosciuto. Quattro anni dopo, quelle fantasticherie non avevano fatto altro che aumentare e diventare più dettagliate. Ogni volta che si trovava libera da altri pensieri, la sua mente aggiungeva un particolare in più alla sua fantasia. E, ora che finalmente si erano realizzate, Ichigo capì di non essere così abile, come aveva sempre creduto, ad immaginare.
Un tempo, se le avessero chiesto cosa valesse di più tra un diletto reale e uno immaginato, avrebbe risposto quello immaginato, perché delusa. In quel momento, invece, contava solo il reale. Quello era vivere, quella era vita. Vivere non era baciare Ryou, era abbandonarsi ai suoi sentimenti, anche se non ad alta voce, e a se stessa. Si stava liberando dell’ombra di paura che l’aveva attanagliata.
Era in ansia, atterrita da ciò che probabilmente Ryou avrebbe potuto non provare per lei, ma questo non toglieva nulla alla gioia della sua libertà, la libertà che era sempre più vicina.
Avrebbe voluto chiamarlo per dirgli che finalmente quella libertà la vedeva e come, ma lui era troppo protagonista di quella storia per poterlo sapere.
Ichigo si guardò allo specchio e, per la prima volta, non badò alle gambe, alla pancia, alle braccia. Badò ai suoi occhi e vi lesse solo codardia. Era una vigliacca e lo aveva sempre saputo. Un continuo piangersi addosso abbracciava tutta la sua esistenza. Stanca, si mise a letto. Nonostante tutto, domani era tempo di continuare a fare colazione.
 
 
Ichigo asciugò l’ultima teglia e la ripose nel mobile della cucina dove Keiichiro teneva le altre. Minto e Retasu avevano accompagnato Zakuro ad Osaka per lavoro. Nel sorteggio, Ichigo aveva avuto la fortuna di non uscire e si era vista costretta ad accettare di rimanere al Caffè. In quel momento, Purin non c’era, era tornata a casa prima. Ichigo aveva passato una giornata infernale, le sue gambe chiedevano pietà e la testa sembrava scoppiarle. Nonostante fosse stanca, si sentiva fintamente serena, solo per aver avuto una giornata senza pensare a Ryou.
Mentre controllava che tutto fosse in ordine e poter finalmente tornare a casa, la porta della cucina si aprì e, come da copione, Ichigo capì chi fosse. Si voltò e se lo ritrovò davanti. Lui avanzò, imperturbabile come sempre.
“Ti amo.”
Ichigo si guardò scioccamente attorno, poi sgranò gli occhi e iniziò a tremare leggermente.
“Come hai detto?” balbettò, incerta.
“Ho detto che ti amo, Ichigo.” Ripeté Ryou, la voce di poco tremante.
“Anche io ti amo, Ryou.”
Per quanto possano amare le acque, Ichigo capì che ce l’avrebbe fatta. A liberarla non furono le parole di Ryou, ma quelle di se stessa. L’aver deciso di esprimere il suo amore per Ryou l’aveva liberata.
Mentre lo baciava, Ichigo pensò che ne fosse valsa la pena. Non le restava che ringraziare sua madre, suo padre, Minto e tutte le persone che l’avevano aiutata.
Nei mesi a seguire, Ichigo avrebbe scoperto che era veramente se stessa quando amava e che il dolore l’aveva aiutata ad amarsi.
Anni dopo, in una casa che li ospitava entrambi, Ichigo si sarebbe raccontata a sua figlia Umiyo senza paura.












Angolo di Anadiomene:

Ringrazio tutti coloro che hanno seguito e aggiunto tra i preferiti la mia storia. Non ho raccontato questa storia come avrei voluto, soprattutto il tema principale, ma è stato davvero difficile per me parlare di una cosa che mi ha fatto soffrire e afflitto per due anni. Ne ho voluto parlare, ma ho avuto paura di rivivere ciò che avevo passato.
Tante volte ho desiderato cancellarla, ma ho pensato sarebbe stato un po' una sorta di vigliaccheria.
Vi lascio con la speranza di scrivere al più presto una nuova storia, un'originale, Madama Ispirazione permettendo, impegnandomi al massimo e smettendo di avere sempre timore.
Non smetterò di scrivere di Ryou ed Ichigo, la cui storia d'amore ho sempre immaginato e sperato che accadesse. Le storie su di loro mi hanno riempito il cuore di gioia, ricordo la tristezza di bambina che mi colse tanti anni fa, quando Ichigo, nell'anime, scelse Masaya.
Auguro a tutti voi un nuovo anno, pieno di gioie e di scrittura, di lettura e di sogni.




Anadiomene.

 
  
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