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Autore: MAFU    09/01/2017    1 recensioni
[Lilith x Amaimon] - [Lilith x Mephisto] - [Lamia x Yukio]
“Yukio , non vedo niente …” Si lamentò Rin che mentre seguiva Yukio come un ombra avanzava nell’oscurità del corridoio. Le vecchie e malconce travi di legno del pavimento polveroso scricchiolavano ad ogni loro passo riecheggiando nel silenzio più tetro.[...] Dalla parte opposta del corridoio, a passo fiero, Mephisto camminava con disinvoltura nell’oscurità. Passando accanto ad una delle massicce porte delle stanze del dormitorio si fermò sentendo un rumore sospetto. Un rumore di acqua corrente aveva attirato la su attenzione. “Qui c’è qualcosa che puzza …” Pensò rimanendo in ascolto finché lo scrosciare non cessò. A quanto pare quella era la porta di uno dei bagni. “ Mhm .. qui c’è davvero qualcuno ..” Afferrò con decisione la maniglia di ottone e con uno strattone spalancò la porta.
Lilith e Lamia sono sorelle. Tutto lascia pensare che in passato abbiano avuto a che fare con Mephisto...ma la loro vera natura fatica ad essere tenuta a bada...
(!!!)Ci sono espliciti riferimenti al manga(!!!)
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amaimon, Mephisto Pheles, Un po' tutti, Yukio Okumura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAP 34

La sera, in camera, Lilith fissava il soffitto stesa sul letto. Lamia era appena tornata dall’ultimo giro di pattume e si era accasciata sul pavimento, ora lindo e splendente. “Giuro che se quello non fosse il mio partner servente, gliel’avrei fatta mangiare tutta quella immondizia.” Lilith la guardò taciturna. “Potevi dare una mano, signorina.” La sorella cambiò poi tono guardandola storto, “Lamia oggi ho avuto un problema.” “Oh, sai che novità.” “Non scherzo… Amaimon è tornato alla carica.” “Ah sì?” “Lamia, sono seria.” “Piacere seria, sono L…” “L’hai già fatta questa battuta, sei ripetitiva!” “Da che pulpito, miss non fare sciocchezze, Lamia.”. Lilith in risposta, sbuffò roteando gli occhi. “E dimmi…” Lamia allora ammorbidì i toni incrociando le braccia senza muoversi da terra, “Che cosa avrebbe fatto sta volta?” “Tanto per cominciare non mi ha baciata.” “Oh santo cielo e io che pensavo fosse una cosa grave!” sbuffò la succube alzandosi a sedere per guardarla esasperata. “Non prendermi in giro!” Lilith si girò su un fianco fulminandola. “Non capisci… È come se d’un tratto, qualcuno avesse preso le redini delle sue azioni.” Tornò a sdraiarsi guardando il soffitto. “Ieri notte… Ho incontrato Mephisto sul tetto.” Continuò il monologo, “E dopo un po’ è arrivato anche lui…” “Pizzetto eh?” Lamia cominciò a fare piccoli segni con le unghie sulle travi del parquet, “Sì… Mephis…” Lilith sgranò gli occhi troncando la frase a metà. “Amaimon sta cercando di farmi cedere e questa volta opponendosi agli istinti del battesimo avrà anche la lucidità per farlo a regola d’arte!” Lilith sembrò come venire a capo della questione. “Non è che… Mephisto vuole che ci riesca e lo sta pure… Aiutando?” “Ma andiamo, non scherzare!” Lamia scoppiò a ridere lanciando via le scarpe dimenandosi come un’anguilla, “Pizzetto non vorrebbe mai rispedirti all’inferno da quella strega. Figuriamoci…”, Lilith ammutolì rimuginando in silenzio. “Però…” aprì poi bocca titubante, “Fidati, è troppo ossessionato da te per farlo. Semmai… No, no… È stupido.” “Semmai?” “No… Niente.” “E dai! Che volevi dire!?” “Semmai… Se fossi in lui… Vorrei piuttosto sbarazzarmi di nostra madre per eliminare il problema alla radice. Ma è una follia considerando che metterebbe a repentaglio la sua carissima accademia e i suoi carissimi studenti.” La donna fece il verso al preside mimando la sua bocca con una mano. “Vuoi forse dire che vorrebbe riportare Eva in superficie!?” “Te l’ho detto che era un’idea stupida.” Lamia alzò gli occhi al cielo. “Avanti, per adesso dormi… Domani se vuoi puoi anche andare da Pizzetto in persona a discuterne…” sbadigliò animatamente alzandosi da terra per andare ad arrampicarsi sul suo giaciglio. “Io sono serena.” Aggiunse biascicando rotolando nel letto. Lilith la guardò con gli occhi a mezz’asta sospirando. “Grazie al cavolo.” Scossò il capo.
“Ahh… Che sonno!” Rin si accasciò su una delle sedie della cucina guardando Yukio finire di mettere in ordine. “Non credere che sia ancora finita…” sbuffò il fratello drizzando la schiena sciugandosi il sudore dalla fronte, “Che!? Sono quasi le due di notte… E le ragazze sono già andate…” biascicò Rin con la guancia incollata al tavolo, “Manca poco.” Ribatté Yukio appendendo lo straccio al chiodo, “Mancano solo i secchi da sciacquare.” Guardò l’altro per poi sospirare, “Tranquillo, faccio io.” Sembrò rassegnarsi afferrando il primo per metterlo nel secchiaio. “Dove sono quelli che avete usato tu e Lilith?” chiese iniziando a sgurarlo con la spugna, “Non lo so… Forse in giardino.” “Non li avete riportati dentro!?” Yukio si voltò allibito dall’incompetenza del fratello. “Non so il perché ma non li abbiamo più usati.” “Che seccatura.” Scossò il capo l’altro gettando la spugna nel lavello girando i tacchi, “Vado e torno.” Aggiunse privo di spirito. “Grazie, fratellino.” Rin alzò una mano assonnato guardandolo uscire dalla mensa di tutta fretta. Yukio camminò rapido lungo il corridoio buio uscendo nel giardinetto posteriore in cerca dei secchi abbandonati. Ne trovò uno ribaltato e l’altro ancora pieno fino all’orlo. Lasciandosi sfuggire un lamento si avvicinò a questi nella pallida luce del faro d’emergenza attaccato al muro alle sue spalle cercando di ignorare le sagome minacciose degli alberi neri. “Vediamo…” prese quello ricolmo sollevandolo faticosamente appoggiandolo sul bordo del secchiaio di servizio, e mentre lo svuotava con veemenza notò un qualcosa di piccolissimo uscirne cavalcando l’onda per poi andare a incastrarsi nella retina di sicurezza del sifone. Mollando un istante il secchio tornando a raddrizzarlo, strabuzzò gli occhi per cercare di vedere nella penombra avvicinando il naso a quel misterioso oggetto e sollevandolo titubante con due dita lo portò alla luce del faro studiandolo con circospezione. Sgranò gli occhi accorgendosi della sua natura. Era l’involucro di una capsula di un qualche cosa. Lo annusò per istinto ma non riuscì a riconoscerne l’odore. Piuttosto scettico, se lo infilò poi in tasca con l’intento di studiarlo in un secondo momento. Gli unici ad essere entrati in contatto con i secchi di quel cortile erano stati suo fratello e Lilith. Qualunque cosa fosse, probabilmente erano loro gli unici a potergli dare delle risposte e non fidandosi dell’attinenza del fratello, optò per chiedere spiegazioni all’altra. Di questo però se ne sarebbe parlato il giorno dopo.
Nel frattempo, dall’altra parte del globo, il Paladin Arthur August Angel era stato convocato nello Yemen per una questione piuttosto puntigliosa. Lui e il suo assistente stavano camminando nel deserto sotto il sole cocente verso una roccaforte imboscata in mezzo al nulla. “Voi siete gli esorcisti?” gli chiese un signore anziano con un turbante avvolto in testa vedendoli arrivare, “Sì vecchio.” Rispose Angel fermando il passo. Il signore aveva il volto coperto da pustole di miasma. Altri due uomini lo affiancarono e non erano in condizioni migliori, “In città cominciano ad esserci dei morti.” Disse uno dei due abbassando lo sguardo verso l’orizzonte. Sotto quell’altissima duna di sabbia e rocce si stagliava la città murata a cui erano giunti a prestare soccorso. “La maggior parte delle persone non riesce a vedere quel mostro… Ma potrei giurare che è tutta colpa sua.” Tossì il primo vecchio venendo sorretto dagli altri, “Ormai potete stare tranquilli.” Sorrise il Paladin imbracciando la sua spada, “Il sottoscritto provvederà ad eliminare la minaccia.” Si batté il petto per poi lanciare un’occhiata al compagno di viaggio. L’uomo con addosso una buffa palandrana e un bizzarro cappello calcato sulla nuca sorrise in silenzio. I capelli gli coprivano gli occhi quasi fino alla punta del naso impedendo di scorgere il suo sguardo. “Grande Angel. A vederti lavorare manca poco che mi abbagli.” Disse poi tutto tranquillo seguendo il capo lontano da quegli uomini. Avevano imboccato la via per il cuore del deserto. Un paio di guide però li precedevano badando ai fatti loro. “Oh mio fedele Lightning, un giorno riuscirai a brillare anche tu!” si pavoneggiò Angel ridendo come un ebete dandogli una pacca sulla spalla, “Ma io non voglio brillare. Comunque grazie.” Ribatté l’altro serenissimo. “Sentir parlare quei due mi dà sui nervi…” bisbigliò una guida all’altra. “Ma ora non abbiamo tempo per le ciance.” Il Paladin avanzò per primo sul ciglio dell’ultima duna che dava sull’orizzonte. “La principessa dell’impurità si è risvegliata.” Disse osservando l’ammasso di lerciume in lontananza che si protraeva verso l’alto baciato dal sole. “Bella grossa eh?” Lightning si sporse al fianco del suo superiore senza smettere di sorridere beato. “Da quel che so il suo cuore era stato diviso in due proprio qui nello Yemen. Come ha fatto a risvegliarsi?” “Circa cinque ore fa le due metà sono state rubate e in concomitanza con questo spiacevole evento, il suo castello ha cominciato a formarsi.” Rispose una delle guide. “Capisco.” S’intromise Angel facendosi torvo, “È successa una cosa Analoga anche in Giappone la settimana scorsa. Sembra che il marciume stia dilagando ovunque ma ancora non ne sappiamo il motivo.” Disse serio. “Solo che invece che chiamare il Paladin hanno lasciato sbrigare il lavoro a quel figlio di Satana.” Aggrottò le sopracciglia. “Lightning!” chiamò poi all’ordine il compagno, “Sì?” “Lo so che hanno chiamato entrambi per questa missione ma ti prego di lasciare a me la principessa. Devo ristabilire il mio ruolo di salvatore dell’umanità.” “Come? Ah sì… Beh, se ci tieni tanto.” Fece spallucce l’altro. “Perfetto.” Sogghignò allora Angel risvegliando la sua Calibur e tagliandosi una ciocca di capelli per rispettare il contratto stipulato col demone che la abitava, sferrò un unico colpo a distanza annientando ogni briciola di impurità. “Fatto.” Rinfoderò la lama davanti alle guide attonite. Per il Re dell’impurità erano serviti 200 uomini mentre per la principessa uno e uno soltanto: Il Paladin. D’un tratto però dal fumo venne sparata in aria una sagoma nera e una donna incappucciata ricoperta di pustole si schiantò nella sabbia poco al di sotto di loro. “Eccola! È lei che ha risvegliato la Principessa!” l’additò uno degli uomini. La donna tossì sommessamente per poi farfugliare qualcosa di insensato e lasciarsi sopraffare dal miasma letale. “La giusta punizione.” Angel non si sbilanciò più di tanto, “E ora andiamo a riferire del successo al Vaticano.” Dette le spalle al punto dove prima sorgeva la bestia con tutta calma, “Non vedo l’ora di vedere che faccia farà quel millantatore di Lord Pheles.” Si leccò le labbra pieno di sé.
“Buongiorno.” Lilith mise per prima il naso in cucina per la colazione. Rin e Yukio alzarono gli occhi stupiti di vederla lì a quell’ora e non lo furono di meno quando anche Lamia le comparve alle spalle. Dopotutto ora sapevano dell’esistenza del cibo gratis la mattina. “Yo.” “Che sorpresa!” Rin aprì un po’ di più gli occhi seppur alquanto assonnato. Yukio invece sembrò trattenere il fiato per una manciata di secondi fissando prima l’una poi l’altra tornando però a concentrarsi il silenzio sulla sua colazione. Si limitò a salutarle con un cenno avendo la bocca piena. “Che fate lì impalate? I vassoi sono lì.” Sbadigliò Rin tornando a chiudere gli occhi in dormiveglia mentre mangiava per inerzia. Indicò la fessura nel muro accanto a loro dove due bei pasti fumanti le attendevano. Lilith si leccò i baffi con gli occhi che le brillavano mentre invece Lamia fece una faccia schifata. “Io passo.” Disse andando a sedersi schizzinosa al tavolo dei ragazzi. Si accomodò accuratamente in diagonale rispetto a Yukio che alzò distratto lo sguardo su di lei masticando torvo. Intanto Lilith aveva preso il suo vassoio con delicatezza portandoselo al posto. “Sembra delizioso!” si lasciò sfuggire un sorrisetto accomodandosi invece di fronte al professore. “Lamia, tu non hai fame?” Rin posò la ciotola di riso spazzolata pulendosi la bocca con la manica del pigiama, “Scherzi?” la donna fece una faccia disgustata. “Lamia non mangia cibo umano.” Tradusse Lilith sorseggiando la sua zuppa di miso a occhi chiusi, “Oh… Dimenticavo…” il ragazzo si grattò la punta del naso distrattamente, “Allora il tuo posso mangiarlo io?” “Rin, non hai fatto altro che spazzolarti tre porzioni ogni mattina per non offenderlo, dubito che ora tu debba chiedere il permesso a lei per essere cortese.” Yukio sembrò seccato. In realtà fremeva di avere risposte sentendo l’involucro di plastica stuzzicarlo dalla tasca. “Offenderlo?” Lamia alzò un sopracciglio e anche Lilith smise un attimo di mangiare guardandolo stranita. “Il demone servitore che vive in cucina. Non importa che sappiate il resto.” Tagliò corto il ragazzo mentre Rin alzandosi saltellando andò a prendersi il bis. “Gnam!” disse tornando al tavolo azzannando la prima fetta di pane con sopra un uovo all’occhio di bue. Lilith riprese a gustarsi il pasto nel silenzio un po’ imbarazzante che era calato. “Tra un quarto d’ora dobbiamo essere in classe, Rin sei l’unico ancora in pigiama vatti a cambiare.” Yukio riaprì bocca solo dopo aver dato un’occhiata al suo orologio da polso. Sotto al tavolo aveva cominciato a prendergli la tremarella a una gamba forse per l’impazienza. “Dammi un secondo!” si affannò allora il fratello trangugiando il riso a velocità della luce. Lamia a braccia conserte lo guardava rabbrividendo mentre Lilith aveva quasi finito la sua colazione coi suoi tempi giurassici. “Fatto!” strillò Rin alzandosi di scatto, “Vado e torno!” scattò verso la porta con la coda che sbatteva da tutte le parti. “Santa pazienza… Nonostante i miei rimproveri arriva sempre in ritardo.” Sospirò Yukio prendendo un sorso d’acqua. “Bene.” Disse poi rabbuiandosi posando il bicchiere sul suo vassoio. Lanciò un’occhiata a Lamia che la ricambiò un po’ stupita e poi a Lilith e stava finendo la zuppa tutta tranquilla. La ragazza sentendosi quegli occhi di ghiaccio puntati addosso posò la ciotola guardandolo muta come un pesce. “Sì?” chiese timidamente sentendo la tensione salire. “Cos’è questo?” Avendo attirato la loro attenzione e approfittando dell’assenza di Rin, Yukio estrasse dalla tasta l’involucro posandolo sul tavolo davanti al naso delle ragazze. “L’involucro di una supposta?” Lamia alzò un sopracciglio arricciando il naso, “L’ho trovato in giardino dentro uno dei secchi.” “Che schifo! Ma chi è che si mette le supposte in cortile!? Per poi farla dove? Nel prato!?” “Non è una supposta, per diana!” sbraitò lui afferrando l’affarino tra le dita sventolandolo nervoso. Lilith era sbiancata e non riusciva a spiccicare parola. “Lilith, tu ne sai qualcosa?” il ragazzo tentò di tranquillizzarsi tornando a posarlo sul tavolo sistemandosi gli occhiali. La ragazza scossò il capo a scatti deglutendo rumorosamente. “Lilith, sono abbastanza ferrato per capire che stai mentendo.” “No!” disse lei in falsetto alzandosi da tavola, “Si è fatto tardi devo andare in classe.” Aggiunse rigida come una statua dileguandosi in un battito di ciglia. Yukio e Lamia rimasero nel silenzio glaciale a fissarsi. “Pensi che mia sorella si faccia di supposte in giardino?” “Ancora con ste supposte!?” il poveretto divenne paonazzo sbattendo le mani sul tavolo. “Calmati, occhialetti…” ridacchiò maliziosa Lamia abbassando poi lo sguardo sulla conchiglia di plastica. Prendendolo in mano un po’ schizzinosa lo annusò a malapena ributtandolo via facendo una smorfia. “Sono ferormoni per demoni.” Guardò Yukio saccente, “O almeno, la cosa conteneva ciò.” Aggiunse facendo spallucce. “Ferormoni per demoni? E come ci sarebbero finiti nel secchio delle pulizie?” il professorino alzò le sopracciglia scioccato. Stava ottenendo le risposte che desiderava anche se a dargliele era quella donna che aveva dichiarato di odiare. Si morse la lingua abbandonandosi sulla sedia cercando di contenere la curiosità. “E io che ne so?” allargò le braccia la succube quando invece poteva intuirlo benissimo. Amaimon ci covava ma Yukio non sapendo niente di tutta quella storia era meglio che continuasse a restarne allo scuro. “Magari non c’entra mia sorella. Ma infondo non importa che tu lo sappia.” Gli fece il verso citando le sue stesse parole quando prima aveva tagliato corto con la storia del demone delle cucine. Yukio aggrottò le sopracciglia davanti a tutta quella spavalderia incassando il colpo in silenzio. “Oh, guarda sono le nove e un quarto.” Lamia alzò gli occhi sull’orologio da parete, e il ragazzo balzò sulla sedia agitato “Non è possibile!”. “Yukio Yukio, eccomi! Scusami, siamo in ritardo!” Rin si affacciò sulla porta tutto sudato e scarmigliato mentre il fratello boccheggiava in preda al panico. Non era mai successo che tardasse. L’unica a essere tranquilla era proprio Lamia, intenta a godersi lo spettacolo.
A lezione, Lilith mordicchiava la matita fissando il quaderno. La giornata non era iniziata nei migliori dei modi e questo l’aveva lasciata con un’agitazione non da poco. “Psst, hey.” Le bisbigliò Lamia dal banco accanto al suo, e la ragazza si voltò deglutendo, “Che hai?” “Niente.” “Non me la bevo.” “Signorine, laggiù.” Shura le richiamò acida mentre aveva appena finito di scarabocchiare un cerchio alchemico alla lavagna. “Che avete da bisbigliare?” “Niente prof. Gran bel disegno.” Rispose Lamia svogliata. “Oh! Davvero!?” la professoressa abboccò al complimento guardando di nuovo la sua opera con gli occhi di un bambino a Natale. “Idiota.” Sibilò allora la succube facendo un mezzo sorriso dimenticandosi della sorella. A ricreazione, mentre gli altri erano presi dalle chiacchiere, Lilith mollò a metà il riordinare il proprio banco per prendere per mano Lamia e portarla in corridoio. “Oi, che c’è?” si lamentò la donna mentre passarono accanto a Shura intenta a cancellare la lavagna. La professoressa lanciò loro un’occhiata fulminante mentre sparirono dietro la porta richiudendola immediatamente. “Ah! Lo sapevo che c’era qualcosa!” la sorella maggiore trotterellò dietro alla minore che si fermò poco più lontano. “Lamia sono preoccupata.” Disse infine la piccola mollando la presa. “Ma va…” Lamia incrociò le braccia appoggiando la schiena al muro. “Che ha detto Yukio quando me ne sono andata?” “Voleva sapere perché dei ferormoni per demoni erano finiti in un secchio pieno di acqua.” “E tu non gli hai detto niente di Amaimon, vero?” “No, sta calma!” la donna le fece cenno di abbassare la voce, “Mi credi forse idiota? Yukio è curioso come una scimmia, non potevo lasciare che iniziasse anche lui a indagare su cose che non gli riguardano. Così ho tagliato corto con stile.” “Oh… Ottimo.” Lilith fece un sospiro di sollievo. “L’ultima cosa che ci vuole è anche il tuo partner servente a intromettersi. È già bastato Rin.” Disse amareggiata, “Credo proprio di doverne parlare con Mephisto.” “Saggia decisione.” “Da quando in qua sei d’accordo con me?” “Di solito mai, ma vedi… È della salvaguardia del mio partner che si sta parlando. Anzi, sai che ti dico? Che anche io voglio ascoltare che ha da dire Pizzetto.” “Vuoi venire con me a parlargli?” “Ovvio. All’ora di pranzo andiamo a stanarlo.” “Pensi che se ci sei anche tu parlerà?” “Ci puoi scommettere! Dopotutto siamo le sue protet…” Shura uscendo dall’aula interruppe il discorso di Lamia che senza rendersene conto aveva cominciato a parlare ad alta voce. La professoressa le guardò sospettosa avvicinandosi a loro con i libri di testo stretti al petto, “Buon proseguimento.” Disse diffidente superandole a piccoli passi. “Mi mette i brividi.” Mormorò Lilith voltandosi lentamente guardandola andarsene via. “Ecco, lei. Soprattutto lei, non dovrà mai sapere niente di niente.” Disse poi in un sussurro. “Hai paura di quella smorfiosa?” la schernì Lamia posando le mani sui fianchi, “No ma… A quanto pare ha contatti col Vaticano.” “Sai che terrore… Oh si salvi chi può, la mantella del papa è così paurosamente fuori moda…” “Lamia, io mi riferivo al Paladin.” “Oh, andiamo… è lontano anni luce da noi!” scoppiò a ridere sonoramente riprendendo la via della classe. Al termine dell’ora successiva, le ragazze attesero che i loro compagni prendessero la via della mensa per staccarsi dal gruppo e andare a cercare Mephisto. “Noi… Andiamo un secondo in bagno.” Disse Lilith prendendo per mano Lamia non appena uscirono dall’aula. “Oh, ok…” Shiemi fu la prima a sentirla e si voltò titubante guardandole andare via. “Dove vanno quelle due?” Shima sembrò deluso tornando ad avvicinarsi, “Ma saranno anche un po’ affari loro!?” Kamiki uscì per ultima superandolo scontrosa col pranzo tra le mani. Ryuji la guardò senza espressione mentre Rin ridendo come uno scemo cercò di distrarre Shima dalle sorelle Evangeline. Le ragazze avevano raggiunto la fine del corridoio ed erano uscite in giardino. “Dove pensi possa essere Mephisto?” domandò la minore avanzando per prima guardandosi intorno con circospezione, “Di certo non nel suo studio.” Disse Lamia con gli occhi a mezz’asta, “E tu come ne sei sicura!?” Lilith si voltò sbigottita e l’altra le fece cenno di guardare davanti al suo naso. Il preside in tutto il suo splendore canino stava scorrazzando beato sul vialetto venendo loro in contro senza nemmeno essersene reso conto. “Bingo.” Disse Lilith mordendosi un labbro. Era la prima volta che lei e Lamia si trovavano a collaborare tanto bene. Sembravano vere e proprie partners in crime. “Come procediamo?” “Arraffa e scappa.” “Eh?” “Vai!” Lamia le dette una spinta e la ragazza prese a correre in automatico verso l’animaletto che vedendosela arrivare addosso di corsa non seppe che fare. Sgranò gli occhi inerme davanti all’imminente impatto. In un lampo, Mephisto venne afferrato saldamente dalle braccine di Lilith che come una furia seguita da Lamia partì a razzo verso il primo luogo appartato sulla via. “Ehrm, ra…Ragazze!” balbettò il cane sballottato in qua e in là, “Sono certo che vi era un modo più ortodosso per farlo!” disse col vento che gli lambiva il musetto delicato facendogli scoprire le gengive rosee, “Ti dobbiamo parlare, subito!” ribatté Lilith sudando freddo. “Sì pizzetto, hai capito bene! Tutte e due.” L’affiancò Lamia e l’animale sembrò sbiancare ancora più di quanto già non lo fosse. “Andiamo, perché cotanto affanno?” Mephisto ora tornato in forma umana si era appoggiato a un albero per riprendere fiato dopo la corsa. L’essere sballottato a destra e manca lo aveva affaticato comunque. “Mephisto…” ansimò Lilith reggendosi a un altro tronco faticando a parlare per il fiatone. “Che cazzo stai architettando, eh!?” Lamia passò dritta al sodo seppur faticando anche lei a respirare. “Io? Ma Lamia, non sono mica un architetto.” L’uomo si portò una mano al petto tutto innocente. “Andiamo, anche davanti a Lilith fai ste battute? Non hai paura di ledere il tuo sex appeal?” la donna alzò un sopracciglio riprendendo fiato deglutendo e la sorella la guardò stranita. “Mephisto…” ripeté dunque l’altra schiarendosi la voce, “Ieri Amaimon mi ha attaccata ma per farlo ha usato Rin. Per fortuna l’ho fermato prima che scatenasse le sue fiamme a pieno regime altrimenti…” scossò il capo, “No, non ci voglio nemmeno pensare.”. Calò un velo di silenzio, rotto soltanto dallo scrociare della fontana a una ventina di metri verso il piazzale della mensa. Si erano fermati al limite del bosco schermati dagli alberi. Gli studenti lontani erano intenti a mangiare e nessuno aveva fatto caso a loro. “Oh sì… Amaimon…” Mephisto si grattò il pizzetto chiudendo gli occhi in un brevissimo sospiro, “Per prima cosa ci tengo a dire che ecco… È sì, libero ma al contempo è assolutamente innocuo.” “Innocuo!? Il mio corpo ha rischiato di venir estinto per sempre!” Lilith sgranò gli occhi alzando un po’ troppo la voce, “Lo so, perdonami per questo… Non vorrei mai, credimi.” Mephisto si sporse in avanti facendole un rapido bacia mano schifando Lamia. “Innocuo nel senso che ha promesso di non ucciderti o farti del male lui stesso… Se poi abbia trovato modo di raggirare tali promesse a me fatte è un altro conto.” “Ed è proprio per questo che ti volevamo parlare. Mettigli una stramaledetta museruola e incatenalo a un palo.” Saltò su Lamia, “Stamane Yukio ha quasi rischiato di ficcare il naso dove non doveva. Non voglio che s’impicci con Amaimon, lo gradirei vivo e vegeto.” “Non temere, Lamia.” Il demone lasciò la mano di Lilith guardandola per nulla turbato, “Amaimon non gli torcerà neppure un capello. Né io permetterò che ce ne sia il rischio.” “Bene.”. “Tornando a me…” Lilith si mise in mezzo richiamando la loro attenzione, “Dimmi se sbaglio ma ieri notte sono giunta alla conclusione che tu stia in realtà aiutando Amaimon a farmi rivelare. Perchè vorresti farlo se così fosse?” “Lilith… Mi stupisci…” Mephisto socchiuse la bocca sembrando ferito da quelle parole, “Anche tu sospetti di me? Non bastava il Vaticano?” si asciugò una lacrimuccia immaginaria. “N..No… Io semplicemente…” “Sì bello, ripeto, che vai tramando?” s’intromise Lamia, “Assolutamente nien…” non fece nemmeno in tempo a finire la frase che un frusciare proveniente da sopra le loro teste attirò la loro attenzione. “Hey, Lilith! Dì AAAA!” Amaimon piombando giù a tutta velocità con una mela stretta negli artigli si precipitò a braccio teso verso la ragazza pietrificatasi. In una frazione di secondo le piantò il frutto del peccato in bocca conficcandoglielo tra i denti. Mephisto non mosse un muscolo guardando il fratello con gli occhi spalancati mentre invece Lamia con la medesima espressione si riempì i polmoni d’aria forse per urlare. Gli occhi di Lilith si fecero sempre più ambrati e le pupille sempre più sottili ma la ragazza sputando all’istante la mela non si mosse con la testa completamente nel pallone. “Lilith, la fontana!! CORRI!!” strillò allora Lamia con gli occhi fuori dalle orbite e a rallentatore la ragazzina si voltò verso la fontana sotto lo sguardo magnetico di Amaimon rimasto immobile a fissarla pregustando la sua trasformazione. Mephisto seguì la ragazza con gli occhi precipitarsi verso la l’acqua e con una capriola vi si lanciò dentro tra mille schizzi gelati. Lamia respirando affannosamente fissava la fonte col cuore in gola mentre gli altri due demoni, seppur con la medesima espressione sembravano in attesa di qualcosa. Chi sarebbe riemersa dall’acqua? Un’umana o una demone fatta e finita?
   
 
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