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Autore: Hermes    14/01/2017    1 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
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Imagine your life without the melody
No sweet love song for you, for me to sing
Imagine my life without your morning smile
That look of love that says, 'Stay awhile'
[...]
Coult there be life without the melody?
A soixante-neuf without the erotique?
[...]
We're moving through a different part of our lives
On a raging sea, they say no man survives
We move into a different part of our heart
Come on baby now
Let us start
Richard Ashcroft ~ These people

Nella base californiana del J. Craig Venter Institute a San Diego, la ricerca non si fermava mai; erano considerati una delle thinking pots più innovative a livello mondiale.
Per esempio erano a tanto così dal rilasciare in conferenza una scoperta sul genoma umano che avrebbe potuto rivoluzionare la genetica dei prossimi vent’anni.
Ma per arrivare a scoperte così importanti e restare al passo con i tempi e la tecnologia bisognava avere tenacia, pazienza e dedizione.
E lei lo sapeva, eccome se lo sapeva.
Sul bancone stavano sei rastrelliere di campioni di DNA modificati.
Quel giorno, come molti altri, era governato così; passare ore con l’occhio al microscopio e tablet alla mano.
Sì, aveva imparato ad usarlo per pura disperazione ed sopravvivenza…avere un figlio teen ed un cagnone nerd per amico aveva i suoi ups, ecco.
Sono ancora Michelle Hervas la biochimica ed ingegnere genetico (avevo dati altri esami supplementari ed una tesina, solo per raggiunger i requisiti per entrare nel team).
E non lo sono più, non completamente almeno.
All’occasione ho qualche brutto sogno, faccio jogging lungo la costa solo in compagnia e durante le ore di luce, a volte mi capita di accendermi una sigaretta e divagare col pensiero sulle strade, sui passi.
Sono diventata madre ed ancora in parte non riesco a capacitarmene, magari un giorno vi spiegherò il perché…
Per ora sono in trasferta a San Diego dal mio boss supremo. No, non lo chiamiamo Darth Vader dietro le spalle…anche se sono tentata assai!
Occupo un posto fisso nel team di innovazione da quasi dieci anni ormai ed ogni mattina al pensiero di andare al lavoro sono la persona più felice di questa terra. Stacanovista convinta e-
Il silenzio del laboratorio si spezza d’improvviso con la cara, vecchia voce di Ashcroft che intona The Miracle e quando poso gli occhi sull’ora dello smartphone mi scappa un’imprecazione.
Striscio il dito sul display per accettare la chiamata mettendo la vivavoce…so già cosa mi aspetta, purtroppo.
“…” eccolo, il silenzio per farmi sentire in colpa.
“Com’è andato il viaggio, tesoro?” domando, l’occhio premuto al microscopio e la mano sulla messa a fuoco.
“Bene, Mom. Hai cenato?”
Faccio una smorfia, cambiando i vetrini “No, ma ci sto lavorando.”
Liar.
Fisso il telefono per un secondo, chiedendomi come fa ad essergli così simile.
Spengo il microscopio e metto all’orecchio l’apparecchio.
“Okay Kurt, recepito il messaggio.” sospiro “Mamma chiude la baracca e finisce la serata al ristorante dell’hotel. Mi racconti qualcosa?”
As in?
“Carte blanche, love.”
[…]
E solo mezz’ora più tardi che chiudo la telefonata, giocando con la bistecca cotta a puntino con contorno di broccoletti che mi è appena arrivata.
Sono preoccupata.
Vi sembrerà un controsenso ma Kurt non è un asociale, tutt’altro.
Non sopporta gli idioti.
E ogni anno all’arrivo della sua partenza per il deserto non posso che preoccuparmi.
So che lo fa per me, che se fosse per lui non metterebbe piede a Rachel nemmeno se fosse il biglietto d’ingresso per un posto nel team olimpico.
Non so nulla di cosa esattamente succede durante le quattro settimane all’ombra della Base ma posso immaginarlo.
Tale madre, tale figlio.
Sospiro rassegnata.
Se guardo indietro con il senno di adesso il passato è un perfetto caos.
Chiaro come lo specchio, fatto di decisioni che non avevano vie d’uscita.
Non per me, almeno.
Dopo tutti gli sforzi – perché ci aveva provato il topo, e tanto - Linds alla fine non ce l’aveva fatta ed era fuggito via, verso il deserto.

Kurt aveva due anni quando era avvenuto il distacco definitivo ed avevamo raggiunto la decisione di prenderci una pausa a tempo indeterminato.
Da quando ci siamo separati posso contare sulle dita delle mie due mani le volte che l’ho rivisto.
E non mento quando le telefonate non superano nemmeno la dozzina nell’arco degli ultimi quindici anni.
Pausa…più che altro io sono diventata incandescente e radioattiva e lui non riesce più a toccarmi, figurarsi guardarmi.

I termini della pausa non li avevamo mai veramente incisi sulla pietra e dopo un anno di assoluto silenzio – che solo io avevo cercato di rompere con una parvenza minima di contatto con qualche mail o telefonata - decisi che non avevo più sangue da versare.
Ed era venuta l’ora di farsi un drink.
All’epoca Kurt stava per compiere quattro anni: una creaturina intelligente e briosa, il mio bambolotto già alto più di tre piedi e mezzo che scorrazzava come una mina impazzita per tutto il loft. Sempre con un sorriso sulle labbra.
Adorava costruire con i mattoncini, ed ogni linea di tasselli era regola farla con lo stesso colore od il gioco era perso. Tanto metodico da ricordarmi qualcuno.
Quella particolare sera avevo ceduto – meglio dire che Alice mi aveva sbattuta fuori a calci – ed accettato di passare una cena pre-weekend fra colleghi e vecchie conoscenze.
Non mi sono mai convertita a Facebook ma alcuni dei miei vecchi compagni di corso all’Uni erano riusciti a rintracciarmi tramite le mail di contatto sul sito del Venter Institute.
Ero genuinamente curiosa di rivedere vecchie facce e magari nuovi volti.
Tanto Kurt non avrebbe dato problemi guardato da Alice ma…
Aveva troncato il pensiero sul nascere con un taglio netto.
Era inutile aspettare che Linds tornasse dalla base quando era ovvio che non lo desiderava.
Quindi aveva cercato di godermi la serata.
Avevo rivisto Max e Richard ormai affermati ingegneri civili della city e Barbara, una manciata di altri corsisti ed alcune ore dall’inizio avevo scoperto che ci ero riuscita: mi stavo divertendo.
Arrivati al terzo martini del dopo cena le conversazioni si erano fatte più ristrette.
Alcuni ormai avevano messo su famiglia ed avevano deciso di tornare a casa, altri avevano programmato un ultimo weekend fuori per sciare sulla Sierra.
Io ero tranquilla e senza particolari impegni; non me la sentivo ancora di gettare la spugna…non avevo rivelato a nessuno di essere madre, o di avere una relazione con Lagden.
Il treble bass del locale nel quale ci eravamo spostati faceva vibrare il liquido nel vetro, l’oliva ondeggiante a ritmo.
Avevo legato con un amico di qualche mia collega – non mi ricordavo più chi a dire il vero – ed ci eravamo immersi in una conversazione fitta.
Si chiamava Jude ed aveva delle mani bellissime.
Un paio di perforanti occhi color azzurro ghiaccio che pizzicavano in modo piacevole quando mi guardava.
Ed m’aveva guardata, parecchio.
Ci eravamo scambiati frecciatine per un po’ – avevo una leggera titubanza - poi alla fine ci eravamo allontanati per il suo appartamento ed eravamo finiti a letto.
Semplicemente.
Sono una donna e non l’ho sentito come un tradimento, pensate pure cosa volete.
Avevo atteso che Jude si addormentasse poi ero scivolata via per rivestirmi e tornare a casa, senza la minima intenzione di rivederlo o risentirlo in futuro.
Il giorno dopo ero di nuovo Mom, avevo cucinato per colazione i waffles e tutto era perfettamente normale nel mio piccolo mondo con Kurt che mi trotterellava al fianco.

Jude non era stato l’ultimo ma solo il primo di una dozzina di uomini nel corso degli anni.
Li sceglievo con discrezione, in modo di non portarmi dietro delle palle al piede il mattino dopo, anche se con qualcuno avevo tergiversato ancora un paio di volte per poi troncare.
Intanto il tempo passava inesorabile, Kurt cresceva e se avevo sentito una punta di risentimento nei confronti di Linds ormai era sparita – come era sparito lui, in pratica – e non mi fermavo a pensare al significato delle mie azioni.
Non più.
Poi…poi avevo trovato Hugo.
Un incontro di nuovo segnato da una cena allargata, un’animata conversazione sulle nostre divergenze di opinione a proposito delle politiche pro/contro l’immigrazione e prima ancora che me ne rendessi conto si erano fatte le tre di notte e mi era venuto un colpo pensando a Kurt.
Quella fu la prima volta che scambiai il mio numero telefonico con un esponente del sesso opposto che non fosse un mio collega di laboratorio.
La settimana dopo avevo ricevuto un invito per uscire fuori a cena ed avevamo passato un’oretta piacevole in una autentica pizzeria italiana.
Hugo era un’anima solare ed aperta, lavorava come avvocato civile nel team municipale di San Francisco ed si occupava anche di politica, era perfettamente capace di raccontarmi tutta la sua vita assieme alle sue ombre senza alcuna vergogna, mentre io mi sforzavo di non sembrare poco interessata od ermetica.
Fu lui che mi sorprese…

“Michelle sei a disagio.”
“Scusa…?”
“Siamo qui da due ore e non mi hai ancora raccontato nulla di te…sei sposata?”
“No, certo che no.”
“Allora perché continui a guardare l’orologio?” per un momento lo vidi ricacciare indietro il biasimo e mi sentii una grandissima stupida.
“Non sono sposata, te lo assicuro Hugo…io…”
“Non sei obbligata a dirmi niente se non lo vuoi.” si era passato una mano fra i capelli con un principio di nervosismo “Perdonami, dopo il divorzio da Agatha mi capita di vedere ombre in tutte le cose…”
“Ho un figlio di sei anni.”
I suoi occhi blu si erano fissati su di me, sorpresi.
Avevo preso a giocare con il tovagliolino di carta, continuando a parlare “Siamo solo noi due ed ho sempre paura che gli capiti qualcosa…”
Una delle sue mani si era posata sulla mia ed il contatto mi lasciò muta.
“Io ho una bambina, si chiama Giulia ed ha solo quattro anni, me l’hanno affidata dopo il divorzio. Non siamo poi così diversi quindi.”

Sorridemmo insieme e da quel momento le cose cambiarono.
Avevo trovato molto più di un amico e, dopo qualche mese, avrei potuto mettere un braccio sul fuoco per lui all’occorrenza.
Pensavamo allo stesso modo – se non si parlava di politica - lavoravamo entrambi con passione ed avevamo una predilezione per le serate tranquille e le sessioni di corsa sul lungomare la domenica mattina presto.
Eravamo quasi sulla stessa lunghezza d’onda anche come priorità.
Non gli avevo raccontato che un surrogato accuratamente editato del mio passato, non falso ma nemmeno completo.
Di Linds sapeva solo che lavorava fuori ed era uno scienziato.
Ci erano voluti un paio di mesi prima che alle uscite in due si aggiungessero anche Kurt e Giulia.
Non erano passati cinque minuti ed avevano iniziato a scorazzare per il parco accanto al nostro condominio, giocando a guardia e ladri.
Qualcuno si schiarì la gola accanto a me, strappandomi dai miei pensieri.
“Mi scusi per l’intrusione, signora ma il ristorante chiuderà in dieci minuti.”
“Certo, scusi lei…”
In fondo non c’era altro da raccontare. No, avevo proprio detto tutto.

~

La consegna di cibarie era arrivata un paio d’ore prima con un camion, un soldato gli aveva passato un paio di scatoloni ed una cassetta di frutta e verdura.
Avevano parlato per un po’ poi il camion aveva ripreso la sua strada sotto il sole.
Ora l’astro infuocato aveva deciso di piantarla per quel giorno e si era abbassato dietro le montagne, colorando il cielo di rosa ed arancione e portando la sgombra valle in semipenombra.
Quell’angolo di deserto vantava la bellezza di quattordici ore di sole al giorno e punte termiche fra i 91° ed i 110° Fahrenheit. Di notte la temperatura si abbassava progressivamente fino a toccare i 50°, abbastanza sotto da doversi infilare un maglione.
Un Inferno in poche parole dove i pochi animali capaci di resistere erano una cinquantina di esseri umani dichiarati ‘civili’, coyote, serpenti a manetta e lucertoloni.
Nella fauna c’erano cactus e qualche yucca, non contando gli sparuti cespugli di fiori selvatici e le quasi obbligatorie balle rotolanti di fieno.
Kurt odiava con tutto il cuore quel postaccio infame ma ne apprezzava con riluttanza come la vita si adattava al clima proibitivo.
Per lui era l’unico posto al mondo che conosceva dove il tempo si fermava quasi completamente, giorno o notte il silenzio regnava con l’aria bollente che ti faceva bruciare i pori della pelle ancora prima di sudare.
In più era il posto perfetto per leggere senza essere disturbato, ora che si era assicurato che la mamma mangiasse qualcosa.
E da leggere ne aveva una valanga.
Nel suo borsone aveva trovato a posto anche una dozzina di libri che aveva racimolato un po’ dalla biblioteca di San Francisco, da scuola ed ordinato da un libraio a qualche isolato da casa per evitare di intersecare i propri ordini con quelli di sua madre, avida lettrice di qualsiasi ed ogni cosa.
Più o meno tutti giravano in tondo sullo stesso argomento ma spiegato/descritto da punti di vista differenti.
Il fine ultimo. Alpha Omega.
Certo non intendeva fondersi gli occhi con grossi volume dallo stampo ultra-tecnico per tutta la durata della sua permanenza, quindi a tarda sera – e dopo una cena di spaghetti e polpette in solitaria - aveva riesumato l’ultimo numero di Mighty Heroes e si era seduto davanti casa leggendo alla luce che colava dalla portafinestra. Mentre il suo telefono trillava quasi tenendo il tempo.
Liz non la smetteva di messaggiarlo come una matta…regolare amministrazione con il suo rifiuto per le materie scientifiche in generale se non fosse stato per la sua attenzione verso il futuro.
Kurt iniziava ad trovarla irritante ma per fortuna di Liz era troppo occupato a dipanare i complessi di Iron Man ed la doppia personalità di Loki.
No la mente umana era troppo interessante per staccare davvero.

The fears of time past
Are the ghosts of time present.
~ Anonymous

The future shall be known when it will arrive;
Before then, forget it.
~ Aeschylus

~~~

Canzone del capitolo:
- Richard Ashcroft ~ These people.

Le note di questo capitolo sono:
- J. Craig Venter è un famoso biologo americano a livello mondiale. Ne avevo già accennato nella precedente storia della serie ma se qualcuno fosse interessato lo rimando alla sua biografia su Wikipedia. A proposito, non ho avuto tempo per controllare, e non sono completamente certa che il J. C. Verter Institute abbia una sede a San Diego, anche se è molto probabile;
- The Miracle è una b-side del singolo Check The Meaning compreso nell'album del 2002 Human Conditions di Richard Ashcroft. Abbiate presente che questa traccia farà la sua comparsa più volte nel corso della storia essendo legata a Kurt in maniera particolare. Nel frattempo potete ascoltarla qui;
- Il clima di Rachel è corretto. In gradi Celsius il picco termico và dai 32 gradi ai 43,3; la massima e minima media notturna è di 10 e 2 gradi;
- Mighty Heroes è una mia invenzione...LoL...non ho fatto in tempo a correggere ma l'idea rimane che sia uno di quei numeri a fumetti tipo Marvel. Chiedo licenza poetica perché sono sicura che chiunque sa cosa intendo per fumetti americani. xD

So che questo è un capitolo mini ma ho avuto idee che - se le avessi inserite qui - mi avrebbero richiesto troppo tempo ed l'aggiornamento sarebbe scivolato a data da destinarsi...
Se l'ispirazione mi continua ad incasinare così dovrò mettermi sotto con lo studio se voglio che il prossimo mi esca prima di Pasqua! Accidenti!
Per fortuna Michelle (la madre di Kurt) mi ha dato una mano a coprire il vuoto, è una donna forte che mi ha accompagnato per molti anni nel corso di questa serie e spero che vi piaccia. xD

Ora un grazie a Petitecherie per aver commentato ed atteso paziente il nuovo chappy heh, la Musa si è fatta sentire forte e chiaro negli ultimi giorni...forse fin troppo decisa e perentoria dato che devo ricostruire una parte di UT adesso...LoL

Per il resto dei lettori silenti sapete cosa fare se vi và...
*indica il bottone 'recensisci'*
Ci rivediamo nel prossimo quando riuscirò a renderlo leggibile, spero presto! =)
Hermes

  
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