Film > Miss Peregrine - La casa dei Bambini Speciali
Segui la storia  |       
Autore: Soly_D    14/01/2017    1 recensioni
#01. E bruciare per te − «Eri geloso di Abe e lo sei anche di Jake. Perché, Enoch?».
#02. Il più bel 3 settembre 1943 di sempre − A Olive era sempre piaciuto aiutare Enoch nel suo laboratorio.
#03. Promesse di matrimonio − «Vorresti sposare Jake?».
#04. Un futuro da costruire insieme − «Saresti potuto morire!».
#05. Di draghi e principesse − «È vero quello che mi hai detto a casa? Non vuoi più essere mia amica?».
[Raccolta Enoch/Olive♥]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
contest

He saw the darkness in her beauty,
she saw the beauty in his darkness.




#03. Promesse di matrimonio


Tratto dal film (scena della cena):

Olive: - Puoi sederti qui, Jake.
Horace: - Guardate, Enoch è geloso!
Enoch: - Perché dovrei essere geloso? Olive può anche sposare Jake, non mi interessa.
Fiona: - Non essere scortese, Enoch. Non vuole sposarlo, è emozionata perchè abbiamo un ospite!
Miss Peregrine: - Qui nessuno sposerà nessuno. Mangiate prima che la cena si raffreddi.


***


Quando Olive, quella sera, entrò in salotto per l’ora del film stringendo tra le mani guantate un vassoio di tazze ripiene di marshmallow, trovò Enoch seduto tutto da solo in un angolo del divano. Fissava assorto lo schermo sopra il camino come se il film di Horace fosse già in corso, forse stava ancora pensando alla storia di Abe e Jake. Olive fu quasi tentata di tornare indietro e restarci finché la sala non si fosse riempita completamente − l’idea di rimanere sola con Enoch dopo il piccolo battibecco che si era tenuto a cena la metteva un po’ a disagio − ma lui l’aveva sentita arrivare e si era voltato a guardarla, ed ora non le restava altro che raggiungerlo, facendo finta di niente nell’attesa che arrivassero anche gli altri spettatori.
Sedersi sull’altro divano significava incontrare lo sguardo di Enoch ogni qualvolta avesse sollevato la testa, quindi Olive optò di sedersi sul suo stesso divano, ma a debita distanza, così ognuno avrebbe guardato davanti a sé senza incrociare gli occhi dell’altro. Era sempre stato così, tra loro: si consideravano migliori amici, ma non appena uno dei due diceva una parola che offendeva l’altro, la molla che li teneva legati scattava inesorabilmente e cominciavano ad ignorarsi, finché uno dei due non trovava il coraggio di scusarsi e così si riappacificavano.
Il motivo questa volta era parecchio stupido. Anzi, per la verità non avevano nemmeno litigato direttamente: era stata una sorta di battaglia a colpi di sguardo dovuta alle parole pronunciate dai bambini durante la cena, “gelosia” e “matrimonio” principalmente.
Olive non aveva alcuna intenzione di scusarsi, dato che non aveva colpa; era stato Enoch a prendersela tanto e doveva essere lui a cedere per primo. Quindi prese un respiro profondo e si andò ad accomodare sul divano, il più lontano possibile da Enoch, con il vassoio poggiato sulle cosce. Tenne stretti i manici per qualche secondo, incerta se offrire all’amico una tazza di marshmallow − non era assolutamente un tentativo di riappacificazione, ma pura e semplice educazione. Tentò una via di mezzo, una frase tagliata a metà. «Vuoi...?».
«Sì grazie». Come se non avesse aspettato altro per tutto il tempo, Enoch si sporse nella direzione di Olive e allungò un braccio fino ad afferrare una tazza, poi tornò alla posizione di partenza.
La ragazza ne prese una anche per sé e infine poggiò il vassoio sul tavolino. Tutto quello che doveva fare era aspettare in silenzio l’arrivo degli altri. Sperò che non ci mettessero troppo o altrimenti quel silenzio imbarazzante che alleggiava tra lei e Enoch sarebbe diventato insopportabile.
Per ingannare il tempo si tolse un guanto, riscaldò la tazza, si rimise il guanto, mangiò un marshmallow, si lisciò le pieghe del vestito, si arrotolò una ciocca di capelli intorno al dito. Cinque minuti dopo, dei bambini nemmeno l’ombra.
Olive non aveva sollevato lo sguardo nemmeno una volta, ma con la coda dell’occhio aveva visto che in tutto quel tempo Enoch non si era spostato di mezzo millimetro, limitandosi a stringere la sua tazza tra le mani.
Chissà
se l’aveva guardata anche solo per un secondo, chissà a cosa stava pensando.
«Per la cronaca, io non sono geloso».
Olive quasi sobbalzò. Non si aspettava che fosse Enoch a riprendere la conversazione lasciata in sospeso a cena. Di solito era sempre lei a ricominciare e, le rare volte in cui decideva di essere lui a porre fine al loro litigio, lo faceva comunque dopo molte ore (a volte giorni).
Olive si voltò a guardarlo. Enoch fissava i marshmallow nella tazza con finto interesse.
Le sue parole rimbombarono nella mente di Olive come un disco inceppato sulla stessa canzone.
Io non sono geloso. Non sono geloso. Non. Sono. Geloso.
In fondo Olive non ci aveva sperato. O forse sì, solo un millesimo di secondo in cui aveva pensato che Enoch fosse leggermente invidioso delle attenzioni che quella sera lei aveva rivolto al nuovo arrivato, Jake, per pura cortesia. Ma lo sapeva, Olive, che Enoch riservava la sua gelosia solo ad Emma. Era sempre stato così, prima con Abe e ora con Jake. Doveva ormai rassegnarsi all’idea che Enoch per lei provasse solo un sincero affetto fraterno. Doveva, eppure non ci riusciva. E come avrebbe potuto d’altronde? Enoch per lei era molto, molto più di un fratello.
«Lo so», rispose. E a quel punto Enoch sollevò la testa e ricambiò il suo sguardo. Si scrutarono qualche secondo, finché Olive non trovò il coraggio di porgli una domanda che le ronzava in testa dall’ora di cena. Non aveva nulla da perdere, in fondo. Era solo una stupida, stupidissima curiosità.
«Quindi», continuò, «se un giorno ne avessi la possibilità, mi daresti il permesso di sposare Jake?».
«Vorresti sposare Jake?».
Enoch ora la fissava duramente, gli occhi ridotti a due fessure. Olive conosceva bene quell’espressione: significava che Enoch stava cercando di leggerle dentro, ma lei non avrebbe ceduto, non questa volta. Sarebbe stata più forte di lui.
«Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda», trovò il coraggio di dire, senza staccare gli occhi dal viso pallido di Enoch.
Sorpreso, il ragazzo si rilassò sullo schienale del divano accennando un’occhiata di sfida.
«Hai ragione. Allora io rispondo alla tua domanda e poi tu alla mia».
Olive annuì, tesa come una corda di violino. Non era certa della risposta che le avrebbe dato Enoch. Nel peggiore dei casi avrebbe potuto dirle che non gliene fregava nulla dei suoi affari sentimentali e allora Olive gli avrebbe risposto a tono. Nel migliore dei casi Enoch le avrebbe detto che no, non doveva sposare Jake, e allora forse Olive avrebbe potuto approfittarne per avvicinarsi maggiormente a lui e chiedergli perché, fargli capire che lei... insomma, lei avrebbe voluto tanto... ah, stava fantasticando decisamente troppo! Doveva rimanere con i piedi per terra.
«Puoi sposarti con chi ti pare, Olive. E se vuoi sposarti con Jake, nessuno te lo vieta, men che meno io. E anche se considero Jake un totale smidollato, sono pur sempre tuo amico e tutto quello che voglio è vederti...», attese qualche secondo e il suo sguardo solitamente serio sembrò raddolcirsi per un istante, «...felice».
Olive non potè fare a meno di incurvare le labbra in un sorriso. Non era la risposta che avrebbe voluto sentire, ma quelle parole le fecero ugualmente piacere: erano la dimostrazione che, nonostante i litigi, Enoch ci teneva molto a lei.
Ora era il suo turno. Optò per una mezza verità.
«Sposare Jake? Non saprei. È molto dolce, particolarmente carino...», e lì Enoch fece una smorfia di disgusto perché molto probabilmente Jake non era il suo tipo. Olive continuò: «Forse conoscendolo meglio potrei... be’, potrei... innamor−», si bloccò all'istante. Innamorarsi? No, mai. Quel posto nel suo cuore era già occupato. «Potrebbe piacermi...», si corresse, «come fidanzato e magari anche come futuro marito».
«Capisco». Enoch non sembrava particolarmente sorpreso.
Olive si morse l’interno della guancia, un po’ delusa. Cosa si aspettava? Che Enoch le dicesse che... doveva sposare lui e non Jake? Illusa. Sapeva perfettamente quali fossero i sentimenti di Enoch, eppure non smetteva mai di sperare che un giorno lui avrebbe potuta guardarla con gli stessi occhi con cui lei guardava lui.
A quel punto Olive sentì che non c’era più nulla da dire e che la questione era risolta, così non aggiunse altro. Restarono in silenzio, ognuno con lo sguardo perso nel vuoto, finché le voci dei bambini in corridoio non li riportarono alla realtà.
Il primo ad arrivare fu Horace che si sistemò sulla sedia al centro della stanza, pronto a proiettare i suoi sogni. Subito dopo arrivarono i gemelli, Hugh e Fiona, che si sedettero per terra sul tappeto di fronte al camino, prendendo a chiacchierare tra loro. Dal corridoio provenivano anche le voci di Claire, Bronwyn, Emma, Jake e Millard.
«Olive».
In mezzo a quel vociare confuso, Olive non si lasciò sfuggire la voce sommessa di Enoch che la chiamava.
Sorpresa, si voltò a guardarlo e il suo cuore fece una capriola nel ritrovarselo improvvisamente più vicino, con il braccio poggiato sul bordo dello schienale del divano, come a volerla raggiungere e toccare. «C-che c’è?», rispose, ingoiando a vuoto. Aveva come la sensazione che lui stesse per dirle qualcosa di importante, qualcosa che non avrebbe dimenticato.
«Ho mentito. Non voglio che sposi Jake. Anzi, non voglio che ti sposi. Sei sempre stata...». Si guardò intorno, Enoch, assicurandosi che le voci degli amici fossero abbastanza forti da nascondere la sua, così Olive sarebbe stata l’unica a sentirlo. «Sei stata al mio fianco per sessanta1 lunghi anni e non sopporterei di passarne altrettanti senza di te».
Olive non riusciva a spiccicare parola, stordita dal battito accelerato del suo cuore che le rimbombava nel petto, nelle orecchie, fin dentro la testa. Era la cosa più bella che Enoch le avesse mai detto, meglio di una qualsiasi dichiarazione d’amore, meglio di qualunque altra cosa si sarebbe mai potuta immaginare. Era così felice che avrebbe voluto gettargli le braccia al collo e abbracciarlo forte e dirgli che era lo stesso per lei, ma proprio in quel momento Claire e Bronwyn ebbero la brillante idea di sedersi in mezzo a lei ed Enoch, e tutti i suoi buoni propositi svanirono nel nulla.
Eppure Enoch non smetteva di fissarla da sopra la testa delle bambine, come se nella stanza non ci fosse nient’altro su cui posare lo sguardo all’infuori di lei.
«Olive, dì qualcosa».
«Io...».
Ma che diamine!, dov’erano finite tutte le parole che avrebbe voluto dirgli e che teneva nascoste in fondo al cuore? Perché venivano a mancarle proprio ora? E cos’era quel calore che dal petto si stava irradiando lungo le guance, le braccia e le mani?
«Olive, stai andando a fuoco», le fece notare Bronwyn.
Olive si guardò le mani, emanavano fumo e calore. Ora che se ne rendeva conto, scottavano così tanto che, se non si fosse controllata, avrebbe carbonizzato i guanti. «Oh, santo cielo!», esclamò, «è l’ora di accendere il fuoco!».
Scattò in piedi, raggiunse il camino e, dopo essersi tolta un guanto, fece ardere la legna.
Quando tornò a sedersi sul divano, il calore alle guance e alle mani era quasi svanito, ma ormai Enoch, dall’altra parte del divano, non la guardava più. Olive fece scorrere lo sguardo intorno a sé: ora in salotto c’erano anche Jake, Emma, Millard e Miss Peregrine, e Horace era in procinto di proiettare il suo film.
Sospirò affranta. Aveva perso la sua occasione.

***

Dopo il film si spostarono tutti in giardino per assistere al riavvio dell’anello e infine ognuno si recò nella propria stanza per mettersi a letto.
Olive seguì Enoch nella penombra del corridoio e, un attimo prima che lui aprisse la porta della sua stanza, gli posò una mano sul braccio, decisa a riprendere la conversazione di un’ora prima. Enoch si voltò e, nell’incrociare il suo sguardo incerto e sfuggente, Olive capì che si trovava tanto in imbarazzo quanto lei. Quel pensiero la aiutò a farsi coraggio.
«Enoch, riguardo a quello che mi hai detto prima...».
«Oh, mi dispiace, devo averti turbata con quelle stupidaggini». Enoch scrollò le spalle come a voler liquidare la questione. «Dimenticati di quello che ti ho detto. Puoi sposarti con chi vuoi, dico davvero». E per convincerla di quelle parole, le poggiò una mano sulla spalla e le rivolse uno sguardo incoraggiante.
«Io non voglio dimenticare». Olive scostò delicatamente la mano di Enoch dalla sua spalla. «Ho sempre voluto sentirmi dire quelle parole da te, ero solo troppo... scioccata per risponderti». Fece un piccolo passo avanti e posò la fronte contro il petto di Enoch, aggrappandosi con le mani a due lembi del suo maglione per evitare di guardarlo negli occhi. L’imbarazzo era alle stelle, eppure non riusciva a fermarsi. Era come un fiume in piena. «Hai detto che non vuoi che io mi sposi. E allora te lo prometto, Enoch. Non mi sposerò, ma... ad una sola sola condizione».
Dopo qualche secondo di attesa in cui Olive si chiese se avesse fatto la mossa giusta, Enoch le passò un braccio dietro la schiena, senza veramente abbracciarla. Solo un breve contatto, semplice ma piacevole. «Quale condizione?».
«Non dovrai sposarti nemmeno tu. Promesso?».
«Promesso».
E quello bastava ad entrambi. Rimasero fermi in quella posizione per qualche secondo, poi Olive scivolò via e si avviò verso la sua stanza.
Un attimo prima di varcare la porta, però, la voce di Enoch le giunse nuovamente alle orecchie.
«Ma allora Jake ti piace sì o no?».
Olive sorrise, stringendo la maniglia della porta con la mano bollente.
«Jake mi piace, è vero, tuttavia per ora lo considero solo un buon amico... e comunque non corrisponde al mio tipo ideale».
«E qual è il tuo tipo ideale?».
Colpito e affondato. Il sorriso di Olive si allargò. Non poteva certo dirgli che il suo tipo ideale era un gelosone burbero e orgoglioso con l’inquietante fissazione per le bambole. Forse un giorno Enoch ci sarebbe arrivato da solo e allora non ci sarebbe stato più bisogno di mezze verità e mezzi abbracci. Forse un giorno avrebbero entrambi capito che alla base della promessa di non sposarsi con altre persone c’era la promessa di sposarci a vicenda.
Per quella sera Olive preferì lasciare la conversazione in sospeso.
«Buonanotte, Enoch».
«Buonanotte, Olive...».
Un’ultima occhiata e poi ognuno nella propria stanza. E per il momento andava bene così.










1 Sessanta anni: su wikipedia c'è scritto che Enoch e Olive nel film hanno rispettivamente 112 anni e 75 anni. Considerando che il film è ambientato nel 2016, ho fatto 2016 - 75 = 1941, anno di nascita di Olive. Nel film dimostra circa 17 anni, quindi possiamo dire che è entrata nell'anello di Miss Peregrine nel 1958. Infine ho fatto 2016 - 1598 = 58, per approssimazione 60, che sono gli anni che Olive e Enoch hanno trascorso insieme. Forse non interessa a nessuno, ma ci tenevo a specificarlo :D
Grazie a chi legge e recensisce questa storia!
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Miss Peregrine - La casa dei Bambini Speciali / Vai alla pagina dell'autore: Soly_D