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Autore: Signorina Granger    14/01/2017    6 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Agli occhi di molti la Cimmeria Academy è solo l'ennesima scuola privata, con le sue divise perfette e i suoi brillanti e ricchi studenti. La scuola ospita i figli delle più influenti e importanti famiglie di tutto il mondo, i ragazzi più promettenti e destinati a ricoprire ruoli di spicco nella società, come i loro genitori.
Ma mai giudicare un libro dalla copertina: la Cimmeria è molto di più e nasconde dei segreti, come alcuni suoi studenti già sanno... e presto anche altri se ne renderanno conto.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Night School '
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Capitolo 8: Lutto
 
Venerdì 13 Novembre 


Vide un corpo, inerme, sul pavimento freddo e buio.
Un corpo con folti capelli scuri, che in effetti apparteneva a qualcuno che conosceva... ma non ne era sicuro al 100%, così si sporse per guardare meglio.

Quando vide il volto di Jackson Wilkes, un suo compagno di scuola, deglutì, facendo istintivamente un passo indietro... no, non era possibile. 
Era alla Cimmeria Academy... non era più a casa sua.

Era convinto di aver chiuso con la morte, almeno per qualche tempo... e invece no.

All'improvviso Jackson sparì dal suo campo visivo e la testa cominciò a girargli. 
Si mise le mani sulla testa, cercando di coprirsi le orecchie... ma le sentì comunque, le voci. 

In particolare quella sgradevole, odiata, che non sentiva da tempo e che aveva sperato di non dover più udire... eppure era lì, che lo sbeffeggiava e lo insultava. 

Non poteva essere vero, non lì. 



Si svegliò di colpo, mettendosi a sedere di scatto sul letto con il fiato corto... ma sospirò di sollievo quando si rese conto di aver solo sognato, anche se sfortunatamente Jackson era morto davvero.

E forse non era al sicuro come aveva creduto, se un suo compagno era morto. 

Sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli prima di lanciare un'occhiata all’orologio: le quattro. 

Un lieve, ironico sorriso gli incurvò sbiecamente le labbra prima di lasciarsi cadere di nuovo sul materasso: 

Beh, buon compleanno Jude. 

Venerdì 13 Novembre... proprio come quando era nato, stessa data. Sorrise, nel ricordare tutte le volte in cui quell’odiosa voce gli aveva rinfacciato la data della sua nascita, come a volergli ricordare di essere stato un fallimento e un cattivo segno fin dal principio. 


Una volta, parlando con Jackson, aveva capito che il compagno aveva paura della morte. Peccato che ora non ci fosse effettivamente più... e lui ancora non sapeva come fosse successo, per quanto avesse provato a ficcanasare e a fare domande.  
Era sempre stato convinto di sapere tutto di tutti... ma forse si era sbagliato, anche se l’idea non gli piaceva per nulla.

La cosa peggiore era che, anche se lo nascondeva in tutti i modi e non l'avrebbe mai ammesso, anche lui temeva la morte più di qualunque altra cosa, probabilmente. 
E continuava a pensare che se era successo a Jackson Wilkes, nemmeno lui era al sicuro. 

Anzi, tantomeno lui. 


                                                                                    *


Atticus Hamilton bevve un lungo sorso di thè, senza ascoltare le parole dei colleghi e aspettando invece che finissero di parlare a gran voce, sovrastandosi l'un l'altro: la morte di Jackson Wilkes aveva sconvolto tutta la  scuola, non solo gli alunni... anzi, per certi versi loro ne erano usciti molto più danneggiati.

Il Preside appoggiò la tazza sul ripiano in mogano della sua scrivania, schiarendosi la voce prima di parlare con un tono pacato che non somigliava affatto a quello utilizzato fino a quel momento dai colleghi, che ora lo guardavano in silenzio e con apprensione negli occhi:

“Vi prego signori, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento è discutere tra noi. Abbiamo convinto la Gazzetta del Profeta ad insabbiare l’accaduto, con un po’ di fortuna non si saprà nulla. Ho scritto a Silente, ma sembra che ad Hogwarts non sia successo niente di neanche lontanamente simile... è qualcosa di interno alla scuola, probabilmente.” 

“Non è stato un caso, Atticus. La scritta sul braccio di Wilkes... non è una scelta casuale.” 

"Ovviamente no, è un messaggio. C'è da chiedersi se abbiano ucciso Jackson per un motivo ben preciso o se volevano solo spaventarci e hanno colpito un ragazzo scegliendolo a caso.” 

“Non dimenticare di chi è figlio, Atticus. Non so se sia stato un caso, suo padre ha molta influenza qui... forse volevano colpire la scuola, forse vogliono metterci l'uno contro l'altro. Wilkes ha molta influenza sul Consiglio, lo sai anche tu.” 

Il Preside annuì con un’espressione torva poco velata, consapevole della situazione sgradevole in cui si trovavano: non era morto un ragazzo qualunque, bensì il figlio di una personalità di spicco per l’Accademia... il padre di Jackson era un ex studente, e membro del Consiglio per di più. 

Davanti a lui c'erano il Vicepreside, Jefferson, più Oldman... non li aveva convocati a caso, erano i responsabili della Night School. Ed era proprio di questo che voleva parlare Hamilton:

“Sono passate due settimane, abbiamo aspettato che il polverone calasse... e il momento di rimboccarsi le maniche, a mio parere. Non possiamo permetterci altri incidenti di questo calibro, lo sapete. Jackson faceva parte della Night School da molto tempo, era ad un livello piuttosto avanzato da quello che ho potuto capire... perciò, c'è la possibilità che centri qualcosa proprio la Night School.” 

“Pensi che sia stato uno dei ragazzi?”   Oldman inarcò un sopracciglio, osservandolo quasi come se stentasse a credere ad un simile pensiero: il Preside però si strinse nelle spalle, evitando di confermare o smentire quelle parole.

 “Tutto può essere. E se dobbiamo indagare, credo sia giusto che ci pensino proprio loro... sarà un modo per fare pratica sul campo, no? Ma prima voglio che indaghino all'interno. Fate in modo che si interroghino a vicenda, se nascondono qualcosa dobbiamo saperlo, e subito.” 


                                                                            *


Seduta sulla panca, in seconda fila, teneva gli occhi verdi puntati dritti davanti a sè, osservando la parete dietro all'altare. 

Era cosparsa di frasi e poesie in tutte le lingue... e Isabelle le aveva già lette tutte molte volte, dal suo primo anno alla Cimmeria.
Non per niente sapeva dove guardare e cosa stava cercando... lo sguardo le cadde su una delle frasi più brevi di tutta la Cappella, ma forse una tra tutte ad avere maggiore significato:


Exitus acta probat 


Un live brivido la scosse, ricordando chiaramente quelle parole incise sul braccio di Jackson. Gli occhi blu del ragazzo, vacui e spalancati, continuavano a tormentarla nel sonno anche dopo due settimane... 

Non le sembrava fosse passato tanto tempo, in effetti: quei giorni erano volati, mentre il caos si era appropriato della scuola: Auror, membri del Wizengamot, membri del Consiglio della scuola... non aveva mai visto tanti maghi girovagare per i corridoi per parlare con il Preside. 
Aveva anche intravisto il padre di Jackson, un paio di volte... frustrato, teso, arrabbiato. Non ci voleva un Veggente per sapere che voleva, esigeva sapere come era successo e chi era stato. E Isabelle conosceva la famiglia di Jax, sapeva quanta influenza avesse suo padre nel Consiglio della Cimmeria. 

La scuola non era stata chiusa, la notizia era stata tenuta sotto controllo e la Gazzetta del Profeta non aveva dato segno di esserne a conoscenza... oppure lo sapevano, ma nessuno aveva scritto niente di niente sotto insistenza di Hamilton e del Consiglio. 

Il fine giustifica i mezzi 


Perché aveva la netta sensazione che quella frase fosse indirizzata a lei? In un modo sottile, certo... perché tutti quelli che avevano sentito di quella frase avevano pensato fosse un semplice riferimento alla Cimmeria, visto che era il motto dell’Accademia. 

Aveva sentito milioni di storie in quei giorni... storie di come lei o Alastair avessero trovato il corpo. 
Per una volta non si era neanche fermata a preoccuparsi di cosa pensassero i suoi compagni, mandandoli a quel paese e preoccupandosi solo di tenere gli occhi aperti. 


Non aveva più avuto notizie, da quella sera... e non aveva più trovato il biglietto che le aveva lasciato sulla scrivania, che aveva letto prima di correre nei sotterranei e cercare Alastair. 

Quando era entrata di corsa nello spogliatoio e l'aveva visto seduto sul pavimento aveva tirato un sospiro di sollievo... o almeno finché non aveva visto il corpo innaturalmente rigido di Jackson dietro di lui. 


“Al...” 

Gli aveva messo una mano sulla spalla, sforzandosi di parlare con un tono normale mentre il ragazzo quasi tremava, alzando gli occhi su di lei. 

“L’ho trovato... così.” 

“Belle, ma si può sapere perché sei scappata in quel... Jackson?” 

Phoebe, al contrario suo, aveva sgranato gli occhi con orrore, stentando a crederci prima di correre a cercare gli insegnanti sotto invito dell'amica, l'unica ad essere rimasta calma di fronte a quella situazione. 


Alastair si era alzato e l'aveva abbracciata senza smettere di tremare, mentre Isabelle si sentiva quasi in colpa per il sollievo che stava provando: voleva bene a Jackson, certo... ma aveva pensato che avrebbero colpito Alastair, ed era sinceramente felice che non fosse andata in quel modo.

Anche se aveva voluto lasciarglielo credere, scrivendole che l'aveva avvisata e che le aveva lasciato qualcosa come incoraggiamento. 


Il flusso di pensieri della ragazza s'interruppe quando vide con la coda dell'occhio qualcuno sedersi accanto a lei, osservando l'altare a sua volta prima di parlare:

“Ciao Isabelle... come vanno le cose a scuola?” 

“Un po’ movimentate. Sai, non capita spesso che ritrovino un cadavere nei sotterranei.” 

“Uno spiacevole incidente di percorso. Ma ti avevo avvisata Isabelle... se non ti sbrighi, non sarai soltanto tu a pagarne le conseguenze.” 

La ragazza contrasse la mascella, trattenendosi dal dirgli che non avrebbe potuto dimenticare neanche per un attimo, anche senza la morte improvvisa e inaspettata di Jackson, un suo amico. 

“Il messaggio era già chiaro. Non serviva ucciderlo e lo sai. Non deve ripetersi.” 

“Non detti tu le regole del gioco Isabelle.” 

“Ovviamente no. Ma potrebbero far chiudere la scuola, se continuate... e tu non vuoi questo, dico bene? Perché la scuola ti serve.” 

“Ovviamente ci serve, Isabelle... non la chiuderanno, non preoccuparti di questo. L'unica cosa di cui devi preoccuparti è ciò che devi trovare per me... e a ciò che accadrà a chi ti circonda se non lo farai. Hanno portato via il corpo ieri, vero?” 

“Si. L'hanno... restituito ai suoi genitori.” 

Isabelle sfoggiò una smorfia, pensando alla triste fine del compagno di scuola: non era mai andato molto d’accordo con suo padre, di certo non avrebbe voluto finire nelle sue mani anche da morto. Ma nessuno di loro aveva potuto fare nulla, ovviamente. 
Avevano passato giorno ad esaminare il cadavere, ma non avevano trovato nulla di insolito, eccetto per quella scritta insolita... nessuna prova, nessun indizio. 

L'unica a sapere chi era stato era lei. E sfortunatamente non poteva parlarne con anima viva. 

“Bene. Ora devo andare, ma avrai mie notizie... cerca solo di non rovinare l'atmosfera a tutti, non manca molto al Ballo, dico bene?” 

Dovette seriamente trattenersi dal Schiantarlo nel vederlo sorridere con aria beffarda prima di alzarsi, incamminandosi lungo la navata senza dire altro. 

Quando fu di nuovo sola, anche Isabelle si alzò... c'erano anche altre persone che doveva vedere, quel pomeriggio. 


                                                                                   *


“Sei sicura di voler venire?” 

Francisca Lothbrock annuì, rivolgendo un debole sorriso ad Adrianus Stebbins mentre camminavano fianco a fianco sul prato, diretti alla riva del lago:

 “Sì, sicura. Non voglio ficcanasare, ma mi dispiace davvero per voi... Jackson non mi piaceva molto, ma lo conoscevo da più di sei anni. Non si può restare indifferenti, non credi?” 

Adrianus annuì, la stessa espressione cupa dei giorni passati stampata sul bel volto: non riusciva ancora a credere che Jackson fosse morto... lì dentro, a scuola. E anche se l'avevano fatto passare per un incidente, non sapeva se crederci davvero o meno.

Il ragazzo scorse qualche figura sulla riva del lago, mentre si avvicinava in compagnia di Frankie... lei aveva insistito per accompagnarlo, sostenendo che aveva bisogno di “supporto morale”. Ovviamente in un primo momento era rimasta quasi sconvolta dalla notizia, ma la tristezza aveva presto lasciato il posto all’empatia per chi era stato più legato a Jackson. Voleva sentirsi utile in qualche modo, voleva sapere come fosse successo... ma si sentiva tristemente impotente. 

Il minimo che potesse fare era stare vicino a chi voleva bene. 

“Lo so che è brutto da dire... ma forse mi dispiace più per voi, che eravate suoi amici. Per te, per Isabelle, per Alastair soprattutto. Poverino, se penso che l'ha trovato lui.” 

La ragazza scosse il capo con aria sconsolata, scorgendo la figura del ragazzo accanto a quella di Isabelle, entrambi in piedi vicino al Lago. 
Non stavano parlando tra loro, ma entrambi sembravano tenere qualcosa in mano. 


Si sentiva quasi una ficcanaso, in realtà... ma non aveva voluto lasciare Adrianus da solo ed era andata con lui, come gran parte dei suoi compagni dell'ultimo anno: nessuno di loro aveva potuto prendere parte al funerale di Jackson, così Alastair aveva deciso di “crearne” uno, in un certo senso. 

“Ciao, ragazzi...” 

Il tono cupo di Adrianus venne ampiamente condiviso da tutti gli altri, specialmente Al... il ragazzo rivolse un'occhiata ad Adrianus ma non disse niente, limitandosi a sorridere debolmente come se volesse ringraziarlo di essere lì. 

Isabelle invece sembrava quasi impassibile, gli occhi vitrei puntati sulla superficie perfettamente liscia del Lago. Non aveva pianto neanche una volta, ma si sentiva comunque tremendamente in colpa... e la cosa peggiore era che non poteva parlarne con nessuno. 

Vedeva Alastair praticamente distrutto, ma non ce la faceva a consolarlo e a stargli vicino come avrebbe voluto... le sembrava quasi di mentirgli, fingendo di non sapere nulla: purtroppo, non era così.

Alastair abbassò lo sguardo sul libro che teneva in mano, sfiorando la copertina rigida con le dita prima di sorridere debolmente: per qualche motivo Jackson aveva sempre amato molto la lettura, specialmente i romanzi Babbani... e quello che teneva in mano era il suo preferito in assoluto. 

“Ok... cominciamo.”   Il ragazzo si inginocchiò, appoggiando IT sulla piccola zattera che avevano costruito mentre Isabelle sorrideva appena, ricordando quando Jackson le aveva raccontato la trama di quel libro e lei ne era rimasta praticamente disgustata. 

“Non so come potesse amarlo... è orribile.” 

“Lo so. Ma lo sai, era davvero un tipo... tu cos’hai?”   Alastair si voltò verso Phoebe che sorrise appena, tirando qualcosa di piccole dimensioni dalla tasca del mantello: uno scacco, un alfiere bianco. 

“Abbiamo giocato a scacchi tante di quelle volte, mi ha insegnato un sacco di trucchi... e come mi ha ripetuto fino allo strenuo, i bianchi muovono per primi.” 

La ragazza appoggiò lo scacco d'avorio e si voltò verso Isabelle, ancora perfettamente immobile e in completo silenzio. 
Phoebe non era mai stata particolarmente legata a Jackson, le dispiaceva quasi più per Alastair e per Isabelle... forse perché ora erano ancora più divisi e la sua amica ancora più taciturna.

Isabelle non aprì bocca, avvicinandosi di qualche passo mentre tirava fuori qualcosa a sua volta da una tasca... un libro, come Alastair. 
Ma non era un romanzo Babbano... o almeno, non un libro che l'amico aveva letto e apprezzato particolarmente.

Isabelle sollevò il libro, sfiorandone la copertina con le labbra prima di lanciare un'occhiata verso il cielo grigio e coperto interamente da nuvole prima di appoggiare il libro sulla piccola zattera senza battere ciglio. 

Tutti spostarono lo sguardo sul libro, chiedendosi che cosa avesse scelto... e si stupirono, nel non leggere un titolo riconducibile a Jackson. 

Adrianus si accigliò leggermente, spostando lo sgaurdo su Isabelle: perché? 

Tuttavia, nessuno osò proferire parola, anche se Alastair e Phoebe si scambiarono un’occhiata confusa...
Isabelle rimase in silenzio, osservando Il Principe di Niccolò Machiavelli mentre i compagni, a turno, appoggiavano qualcosa sulla zattera. 

Jackson aveva detto molte volte che, prima o poi, si sarebbe immerso nel lago per vedere se c'era qualcosa nascosto sul fondo, come sostenevano diverse storie legate alla scuola... purtroppo non aveva potuto farlo, ma almeno un suo ricordo sarebbe galleggiato su quelle acque dolci. 


Il fine giustifica i mezzi, come disse Machiavelli... eppure, Isabelle sapeva che il mezzo della morte di Jax non aveva giustificazione. 

Nessuno aprì bocca per qualche minuto, senza fare domande sulle varie scelte degli oggetti... ma Jude Verräter osservò quel trattato Babbano per diversi minuti, chiedendosi che collegamento potesse esserci tra quel libro e Jackson. 

Il ragazzo lanciò un’occhiata ad Isabelle, chiedendosi per la centesima volta se centrasse con la morte di Jackson... perché loro lo sapevano, che non era stato un incidente: ai membri della Night School l'avevano detto, contrariamente agli altri studenti.

Di certo sapeva più degli altri, ne era sicuro. Stava solo iniziando a chiedersi se non fosse davvero invischiata in quella storia fino al collo... se non li stesse prendendo tutti in giro, cosa che lui proprio non sopportava. 


                                                                               *


“Sai, da un certo punto di vista mi dispiace di non essere andato... ma non mi sembrava giusto, mi sarei sentito una specie di ficcanaso.” 

“Sì, ho pensato lo stesso. Anche se mi dispiace per i suoi amici, naturalmente. Dev'essere orribile.” 

Camila sfoggiò una smorfia, scuotendo leggermente il capo e facendo così muovere i suoi capelli variopinti mentre camminava accanto a Mathieu, diretta in Biblioteca. Non avevano studiato parecchio nei giorni precedenti, tutti erano stati troppo presi a pensare a ben altro... ma la loro vita non si era fermata come quella di Jackson, e dovevano riprendere a comportarsi normalmente, o almeno provarci. 

Quando aveva sentito che un ragazzo, un suo compagno di corso, era morto Camila aveva subito pensato a sua madre, se scriverle o meno... ma alla fine aveva deciso di non farlo: era solita raccontarle praticamente tutto, ma non voleva neanche farla preoccupare. 

“Sai, non ci avevo praticamente mai parlato... però mi spiace per lui. Insomma, aveva la nostra età, neanche 18 anni... non è giusto che una vita possa essere interrotta in questo modo. E poi hai visto Alastair? Poverino, chissà come deve sentirsi.” 

Camila sfoggiò una lieve smorfia, pregando di non trovarsi mai in una simile situazione: essendo piuttosto empatica, le dispiaceva moltissimo per gli amici di Jackson... voleva provare a rendersi utile in qualche modo ma non sapeva come, oltre a cercare di avvicinarsi a chi soffriva e anche a sua sorella. 

“Già... non vorrei essere nei suoi panni, non so come mi sentirei se dovesse succedere qualcosa ad Et... non ci voglio pensare” 


Mathieu scosse quasi rabbrividì ma si disse di non pensarci, che non sarebbe mai successo niente del genere... non avrebbe mai sopportato di perdere il suo migliore amico, che in quel momento stava parlando con suo fratello maggiore di quanto accaduto per l'ennesima volta, probabilmente.

“Non si è nemmeno capito come è morto, ma credo... che l'abbia trovato lui.” 

“Si, l'ho sentito... qualcosa su Alastair, Isabelle e tua... sorella.” 

“Credo che a Phoebe dispiaccia più per altri, per i suoi amici... in questo almeno, un po’ ci somigliamo.” 

Camila sorrise debolmente, cercando quasi di trovare una minuscola nota di positività in tutta quella storia: non le era mai sembrato tanto difficile farlo, probabilmente.   


                                                                            *


“Perché hai scelto proprio quel libro?” 

“Non sei il primo che me lo domanda, e ti darò la medesima risposta che ho già dato diverse volte: non sono tenuta a spiegarlo a nessuno.” 

Isabelle parlò senza neanche alzare lo sguardo dal suo blocco da disegno, mentre invece Jude sbuffò e le si avvicinò, prendendole il quaderno delle mani per avere la sua completa attenzione: era stufo di giocare in silenzio, dietro le quinte... lo faceva da due settimane e non aveva ottenuto nulla.

Tanto valeva parlarle apertamente e dirle quello che pensava:

“Da quando Jackson è morto sei ancora più strana rispetto a prima, Isabelle. Ho come la sensazione che tu sappia molto più di tutti noi su quanto è successo, sbaglio?” 

“Stai dicendo che io centro con la sua morte, Jude?” 

“Non lo so, in effetti. Come ho detto, sei molto strana.” 

Il ragazzo lanciò un'occhiata al foglio dove Isabelle stava disegnando... e scorse proprio il volto abbozzato di Jackson fare capolino sulla pagina fino a poco prima bianca. 

La ragazza invece contorse la mascella, alzandosi in piedi quasi di scatto per diminuire la differenza d'altezza che li divideva:

“Posso anche non starti molto simpatica, puoi anche ritenermi strana quanti più ti aggrada... io non gli ho fatto niente, tienilo a mente. Era... era mio amico.” 


Quasi sputò con frustrazione le ultime parole, stringendo con lieve rabbia il bordo del tavolo davanti al quale si era seduta: già, erano stati amici per anni. 

Eppure, non era riuscita ad evitare la sua morte... non gli aveva fatto niente certo, ma solo direttamente. Non si era sporcata le mani, ma le sentiva comunque insanguinate.

In perfetto silenzio, i due si osservarono a vicenda per qualche istante, mentre Jude quasi studiava gli occhi della ragazza: nel vedere una buona dose di determinazione e rabbia annuì, guardandola lasciarsi di nuovo svicolare sulla sedia prima di chinarsi in avanti, mettendosi le mani tra i lunghi capelli castani come se volesse estraniarsi dal mondo intero, anche solo per qualche minuto. 

“Ok. Non sei stata tu... ora lo so per certo.” 

Jude appoggiò di nuovo il quaderno sul tavolo, davanti ad Isabelle... ma lei non si mosse, restando immobile e in silenzio come se non l'avesse neanche sentito. 
Anche lui rimase in silenzio, osservandola con espressione quasi accigliata: era combattuto tra la rabbia, la frustrazione, l’irritazione perché qualcosa era andato come non doveva andare: qualcosa era uscito dallo schema ed era uscito dal suo controllo, qualcosa non era andato nel modo giusto... e lui odiava gli imprevisti, abituato com'era a calcolare tutto.

Combattuto, tra il chiedersi che cosa potesse passare per la testa di quella ragazza che, contrariamente a gran parte delle persone che aveva incontrato fino a quel momento, faticava a comprendere e a prevedere: nell'ultimo periodo Isabelle si comportava in modo diverso, e forse era quello ad incuriosirlo ed irritarlo allo stesso tempo: aveva sempre detestato quando qualcosa usciva dallo schema che aveva disegnato con tanta cura. 

L’ex Serpeverde sospirò leggermente, ricordando il suo terzo e ultimo anno ad Hogwarts: la Camera dei Segreti aperta, il mostro, gli attacchi, i sospetti... la scuola nel caos, nel panico.
In quelle settimane gli era sembrato di rivivere quei giorni che, anche se abbastanza lontani, erano ancora perfettamente stampati nella sua memoria.

Non era particolarmente dispiaciuto per la morte di Jackson, in un primo momento era stato più che altro investito dalla sorpresa... poi, progressivamente, dal sospetto e anche da una leggera paura, dal desiderio di capire come fosse successo. 


Jude Verräter abbassò lo sguardo su Isabelle prima di sedersi accanto a lei, esitando per un attimo prima di parlare in tono incerto:

“Isabelle? Andiamo, non sconvolgerti tanto... dovresti ormai essere abituata alle mie accuse, no? Negli ultimi tempi di ho detto un po’ di tutto.” 

“Non sei mai stato più simpatico, probabilmente.” 

La voce seccata e sommessa della ragazza lo fece sorridere leggermente mentre, dopo aver esitato, le dava una leggera pacca sulla spalla, quasi a volerla consolare: non era solito avvicinarsi alle parole, ma a volte sembrava ricordarsi di essere una persona in carne ed ossa e di poter toccare gli altri... a volte si ricordava di non dover fare per forza ogni cosa per un secondo fine e di poter anche consolare qualcuno, o almeno provarci: l'aveva fatto così di rado che quasi non sapeva come si faceva.


“Tranquilla Isabelle, lo so che non sei stata tu... non saresti così brava da far sparire tutte le prove, probabilmente.” 

“In effetti non ho in programma di uccidere nessuno in un futuro prossimo... perdonami ma temo di non avere la pratica adatta. Ora la finirai di trattarmi da mezza criminale?” 

Isabelle si rimise lentamente dritta, guardandolo quasi con una nota speranzosa negli occhi verdi... ma il sorrisetto del compagno la fece sbuffare, intuendo benissimo la risposta che stava per udire:

“Non hai ucciso Jackson... ma qualcosa stai combinando, non sperare che me lo dimentichi. Io non tralascio mai nulla...” 


                                                                          *


Si morse nervosamente il labbro mentre ripiegava il biglietto, rimettendoselo nervosamente in tasca: un incontro d'emergenza... di certo aveva a che fare con Jackson, ma chissà che cosa volevano da loro. 

“Che cosa leggi?” 

La voce familiare di Adrianus la fece sobbalzare, voltandosi e affrettandosi a sorridere innocentemente mentre lasciava cadere il biglietto nel cestino sapendo che entro pochi secondi si sarebbe auto-combustionato come sempre:

“Niente, solo un biglietto. Come stai, va meglio? Sai, voi maschi vi interstatide sempre a fare le facce di bronzo, ma non è una cosa negativa avere sentimenti e provare tristezza! Quindi con me puoi sfogarti quanto ti pare, non ti giudicherò.” 

Il sorriso sincero di Francisca lo fece sorridere di rimando, guardandola quasi con aria intenerita prima di prenderla per un braccio e abbracciarla: 

“Sai Frankie, a volte penso che se ci fossero più persone come te, vivremmo in un mondo migliore.” 

Frankie non aprì bocca, ma sorrise con sollievo e ringraziando mentalmente Adrianus per averla abbracciata prima di dire quella frase: se non altro non poteva vedere di che colore era diventata la sua faccia al sentire le sue parole. 


                                                                            *


Era stato in camera sua diverse volte, ma non era mai passato di lì neanche una volta... in genere, come lei, usava i tetti. Ma non quella sera: non aveva senso, non aveva nessuna intenzione di fare niente di nascosto. 

“Belle? Per favore, aprimi.” 

Alastair Shafiq sospirò, bussando ripetutamente alla porta e dicendosi di non sfondarla con un calcio... anche se probabilmente a breve l'avrebbe fatto, se lei non gli avesse aperto di sua spontanea volontà. 

Il ragazzo appoggiò il palmo sul legno dipinto di bianco della porta, fissando lo sguardo sulla targa in ottone che riportava il nome in corvino della sua migliore amica.

“Isabelle. Ti prego... ho bisogno di te.” 


Non parlò a voce alta nel dire quelle parole, ormai rassegnato all'idea che lei non avesse voglia di vederlo... ma aveva davvero bisogno di Isabelle in quel momento, dopo aver perso Jackson. Aveva bisogno della sua determinazione, del suo sangue freddo e della sua compagnia.

Alastair sospirò e si allontanò leggermente dalla porta: fece per allontanarsi lungo il corridoio, cupo e rassegnato, quando sentì la porta della camera aprirsi alle sue spalle. 
Stentando a crederci il ragazzo si voltò e subito si ritrovò stretto in un abbraccio da Isabelle, che appoggiò la testa sulla sua spalla prima di parlare con un filo di voce:

“Mi dispiace Al. Per tutto.” 
















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Angolo Autrice:

Buonasera! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie per le recensioni e per le informazioni che mi avete mandato :) 
Questo capitolo è stato un po’ di passaggio, ma nel prossimo vedrete di nuovo la NS attiva... spero di continuare ad aggiornare in fretta come sto facendo di recente, ma a breve inizierò una nuova storia quindi probabilmente avrò meno tempo... insomma, si vedrà, di certo farò il possibile :) 

Questa volta non ho nulla da chiedervi, vi auguro solo la buonanotte e una buona domenica! 
A presto, 

Signorina Granger 

   
 
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