Film > Pirati dei caraibi
Segui la storia  |       
Autore: Laura Sparrow    15/01/2017    5 recensioni
Quinto capitolo della saga di Caribbean Tales. - La Perla è perduta. Jack è perduto. Una tempesta separa Laura Evans dalla sua ciurma e dal suo capitano, per gettarla sola su coste sconosciute. Devono ritrovarsi, mentre il pericolo incombe sottoforma di uno spietato cacciatore di pirati incaricato di trovare proprio loro...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 13


Dormivamo nel ventre di una nave.
Nulla di diverso dal solito, se non per il piccolo dettaglio che la nave fosse un relitto incagliato sulla terraferma e inchiodato ad un centinaio di altri scheletri di vascelli con chiodi e bulloni. Era la cosa più simile ad una casa in cui avessi messo piede da molto tempo, esclusa la Sirena.
Avevo sempre trovato che la cabina sulla Perla Nera fosse un ottimo esempio di eccesso tutto piratesco, e il letto che io e Jack dividevamo sarebbe stato decisamente più adatto alla camera di una villa piuttosto che ad una nave.
La cabina trasformata in stanza da letto che ci avevano assegnato al Palazzo, tuttavia...
Erano riusciti a conservare quasi tutta la struttura originale, così che sembrava di trovarsi ancora a bordo di un vascello, ma senza l'esigenza di dover incatenare ogni mobile al pavimento. La testiera in legno massiccio era incassata nella parete. L'unica finestra era una vetrata per metà coperta di assi, ma in giro per la stanza c'erano abbastanza candelabri con le fiamme che danzavano sui moccoli di cera residui per rischiarare il tutto a dovere.
Udii i passi di Jack che si avvicinava dal corridoio in punta di piedi, e mi misi più comoda sul materasso intanto che lui apriva la porta con esagerata cautela.
Il profilo affilato del suo naso si affacciò dalla soglia, seguito poi dalla bandana rossa e dal resto di lui. Colsi il suo sguardo vagare per un attimo sulle candele accese, per poi accorgersi di me che stavo sdraiata sul letto.
- Ciao capitano. - gli sorrisi. - Hai intenzione di entrare o resti lì?-
Lui sorrise di rimando, anche se per un momento scrutò la porta come se la considerasse un'opzione prima di richiudersela alle spalle.
- Pensavo dormissi già. Non sei stanca?-
- Lo siamo tutti. -
Diedi un colpetto sulle coperte accanto a me. Jack si avvicinò a passi dondolanti, poi si mise a sedere sul bordo del materasso con uno sbuffo di soddisfazione, si tolse il cappello e il cinturone con la spada. Mi lanciò uno sguardo, e poi me ne diede un altro ben più approfondito quando si accorse che ero in camicia e me ne stavo beatamente a gambe nude. Lo lasciai guardare per qualche secondo, qualche altro ancora, poi i suoi occhi si rialzarono su di me.
Mi accostai a lui spostandomi sul gomito e gli presi il viso con una mano, sporgendomi a dargli un bacio sulle labbra.
- Come stai?-
Sospirò sulla mia bocca e premette la fronte contro la mia.
- Sto bene. - le sue spalle furono scosse da una risata. - Oh, al momento sto davvero bene. Perché non dovrei?-
Mi spostai e mi misi alle sue spalle, circondandogli il collo con le braccia. Per un istante lo sguardo di Jack rimase sospeso nel vuoto: sembrò concentrato al massimo, concentrato sul mio petto che aderiva alla sua schiena, sulle mie gambe attorno ai suoi fianchi. Mi appoggiò la mano sul ginocchio, lievemente, come se ce l'avesse messa per sbaglio. Gli misi le mani sulle spalle e affondai le dita, andando a massaggiare i muscoli sotto la camicia. Poi mi feci avanti e infilai una mano sotto la stoffa per accarezzargli il petto.
La sua mano prese la mia, fermandola. Jack si voltò come per dire qualcosa, ma rimase a bocca aperta senza dire una parola, faccia a faccia con me che mi sporgevo da sopra la sua spalla. Feci per muovere la mano e lui mi trattenne di nuovo.
- Jack. - feci in tono paziente. - Non c'è un modo raffinato per dirlo: che devo fare per portarti a letto?-
Le sopracciglia si inarcarono mentre i suoi occhi si allargavano. Mi scrutò un'altra volta: era concentrato, eccome. Un sorrisetto a metà tra il beffardo e lo smarrito tremolò sulle sue labbra.
- Tecnicamente ci sono, a letto. -
- Va bene. Allora vuol dire che dovrò occuparmi io di tutto il resto. -
Insinuai le mani sotto la stoffa e mi addossai a lui, mentre le nostre bocche si incontravano un'altra volta in un bacio più profondo. Mi lasciò fare per un momento, lo sentii cedere e assecondarmi. Poi si scostò.
- Aspetta. Aspetta aspetta aspetta, ferma un minuto. -
Mi prese per i polsi e mi fece spostare. Quando fummo seduti uno accanto all'altra non mi lasciò andare le mani, ma se le tenne in grembo.
- Mi stai mettendo in una posizione assai difficile, gioia, e ho bisogno che ne parliamo prima che la troppa pressione mi dia alla testa. -
- Qual è il problema, Jack?!- sbottai.
- Questo. - le dita di Jack mi sfiorarono il ventre con cautela, con inaspettata tenerezza, indugiando per qualche istante per poi ritrarsi. - È che... non so come devo comportarmi. Non sono sicuro di poterlo fare. Non voglio fare danni, ma... -
Non riuscii a trattenere un sorriso e lasciai andare il fiato, accarezzando la sua mano tra le mie.
- Jack... -
- Cristo, hai idea di quanta voglia ne ho?- sibilò il capitano con improvvisa cupidigia. I suoi occhi scuri avevano un luccichio febbrile nella mezza luce delle candele.
- Oh, ne ho più di un'idea. - sorrisi, mi portai le sue mani alle labbra e posai un bacio sulle nocche. - Jack, lo so. È strano, è normale essere preoccupati. Anche io mi sono chiesta se non... se ci fossero delle complicazioni. Ma ascolta, ho parlato con miss Hawk e lei mi ha dato qualche consiglio. -
Questo lo fece ridere sul serio, e ad un tratto mi abbracciò, tirandomi sul suo grembo.
- Ti ha dato qualche consiglio? Oh mio Dio, ora non riuscirò mai più a togliermi dalla mente la visione della signora nelle vesti di matrona dispensatrice di segreti viziosi. Grazie per quest'immagine, tesoro!-
- Oh, finiscila!-
Mi trovai a soffocare una risata a mia volta mentre lo stringevo. Poi fummo di nuovo faccia a faccia, il calore dei nostri respiri sulla pelle. Lui si mosse, spostandosi un po' più indietro, e io mi accomodai a cavalcioni sopra le sue gambe. Gli circondai il viso con le mani, le mie unghie graffiarono lievi le guance ruvide.
Fare sparire la mia camicia fu piuttosto semplice. Lo avevo considerato. Procedere a spogliare lui fu più impegnativo, ma trovai il capitano particolarmente accondiscendente una volta che fui inginocchiata sopra di lui senza addosso neanche il minimo lembo di stoffa.
Jack si sollevò appena dal materasso per avvolgermi le mani attorno ai fianchi e avvicinare il viso al mio. La sua mano scivolò sulla mia pancia, ad un tratto lo sentii picchiettare l'indice contro la pelle.
- Fila a dormire, tu. -
Scivolai tra le sue braccia sbottando in una risata, e la soffocai contro la sua bocca fino a trasformarla in un sospiro profondo.

*


Una settimana dopo, il porto della Baia dei Relitti era pieno dei colori delle navi della Fratellanza riunita.
I nove Pirati Nobili e i loro equipaggi si erano riversati all'interno della città e avevano riempito il palazzo fino a scoppiare, come insetti lasciati a colonizzare un immenso alveare di legno.
Curioso a dirsi, ma almeno la prima ondata la vidi solo da lontano.
Io, Jack e gli altri pezzi grossi della nostra ciurma eravamo stanziati da giorni nelle stanze superiori del palazzo, ed ebbi la conferma che tutti i Pirati Nobili avevano infine risposto alla chiamata solo quando quella mattina fu Teague Sparrow in persona a fare il suo ingresso annunciando: - Bisognerà spalancare le porte del salone. Abbiamo compagnia. -
La sala era sembrata grande, almeno fino a quando non si era riempita di una masnada di uomini di tutti i colori.
Nove sedie simili a troni erano sistemate attorno alla tavolata. Io sedetti su una seggiola più piccola accanto a quella di Jack, sentendomi affondare in mezzo al mare di teste che si affollavano sempre più numerose. I sedili di rappresentanza erano per i Pirati Nobili, e ognuno di loro si circondava di parte della propria ciurma.
Jack, Elizabeth e Barbossa avevano piantato in un antico mappamondo le loro spade, alle quali si erano presto unite altre armi delle fogge più disparate: un fioretto francese, una spada giapponese, una pesante scimitarra...
Devo ammetterlo, credevo di essere ormai abituata ad incontrare altri pirati.
Avevo combattuto al fianco della ciurma di Calico Jack Rackham, avevo sparato ad Edward “Barbanera” Teach ed ero sopravvissuta per raccontarlo. Ma quando mi ritrovai in quella stanza e cominciai a collegare facce sconosciute a nomi che sapevano di leggenda, per la prima volta dopo molto tempo cominciai a sentirmi veramente intimidita.
Stranamente mi chiesi se Nathaniel fosse presente per vedere con i suoi occhi la Fratellanza al completo, evocata come per magia, ma poi mi ricordai che era improbabile che facessero entrare qualcuno che non fosse né un Pirata Nobile né legato ad una delle loro ciurme.
Avevo appena formulato quel pensiero, quando mi voltai e vidi la sua faccia spiccare in mezzo alle altre, accanto ad Elizabeth e Will. Quasi sussultai: con tutta quella gente non mi ero neppure accorta che fosse entrato insieme agli altri. Essendo piuttosto alto superava entrambi i miei amici di tutta una testa, e lo vidi gettare attorno a sé uno sguardo che era allo stesso tempo corrucciato ed impressionato.
Il clamore scemò soltanto quando Barbossa prese in mano una palla di metallo incatenata e batté sul legno del tavolo reclamando l'attenzione generale.
Le conversazioni si spensero lentamente, gli sguardi si concentrarono. Io mi agitai lievemente sulla sedia e lanciai un'altra occhiata furtiva alle mie spalle. Teague Sparrow non si era unito a noi al tavolo dei Pirati Nobili, ma si era accomodato sul suo trono e se ne stava assorto ad accordare le corde della chitarra, dimentico di qualsiasi altra cosa.
- Dichiaro aperto questo quinto consiglio della Fratellanza!- annunciò Barbossa con un ghigno storto.
La folla era cupa, le facce scure. Il fumo sprigionato dagli stoppini delle candele si mescolava a quello grigio e acre che saliva dalle pipe strette tra le labbra di alcuni, e dalla punta del sigaro voluminoso che uno dei Pirati Nobili, un basso spagnolo dal volto rubizzo e la barba incolta, si gustava mostrando i denti. Nonostante gli squarci di cielo visibili fra le assi spaccate, quella marea umana sembrava riuscire a tenere alla larga la luce tenue del mattino, incupiva l'atmosfera. Anche se fuori c'era un lustro cielo mattutino, sotto il soffitto di quella sala potevamo benissimo credere di trovarci rintanati nella peggiore delle bettole nel cuore della notte.
- Consiglio che si chiuderà rapido così com'è stato aperto... - berciò una voce dallo spiccato accento francese, mentre il capitano imparruccato dal viso truccato come quello di un cicisbeo si alzava in piedi e puntava il dito. - Se le ragioni per cui siamo stati convocati sono quelle che sospetto. -
Barbossa roteò gli occhi, chiaramente seccato per l'interruzione.
- Che sarebbe, di grazia, capitano Chevalle?-
- Se siete pronto a giurarmi che non ci troviamo qui a causa di un problema di Sparrow, allora non alzerò i tacchi in questo istante. -
Lo sguardo di Barbossa e dei presenti si voltò verso Jack. Percepii occhi che lo sondavano, e che si allungavano a scrutare anche me e il resto della ciurma alle sue spalle. Jack allargò le braccia.
- Sapete bene quanto me che non indirei mai un raduno della Fratellanza se posso evitarlo. -
- Oh, allora volete negare di essere qui per implorare il nostro aiuto? Il cane da guardia è stato messo sulle vostre tracce. Non c'è alcun motivo al mondo per cui l'intera Fratellanza debba soffrirne. -
Elizabeth si alzò in piedi. Quel giorno sfoggiava quella che io definivo la sua tenuta da capitano: molto simile, in realtà, a come eravamo vestiti Jack ed io. Giacca lunga dai bottoni d'argento, stivali, fusciacca e cinturone, sebbene privo di spada, e i capelli biondi erano sciolti sulle spalle a incorniciare il suo viso severo. Era chiaro che avesse tutte le intenzioni di convincere i presenti a prenderla sul serio, anche se notai i suoi occhi guizzare in modo impercettibile come per tastare il terreno.
- Chi minaccia uno dei Pirati Nobili minaccia l'intera Fratellanza. - dichiarò in tono marziale, rivolta al capitano Chevalle. Quest'ultimo arricciò le labbra truccate in una smorfietta esasperata e alzò gli occhi al cielo.
- Idealmente, forse. Ma non certo fisicamente, almeno non per ora. -
- Questo non è parlare come una Fratellanza. - rincarò Elizabeth. - Siamo radunati per affrontare la minaccia di Balthazar proprio come un tempo ci unimmo per combattere lord Cutler Beckett. -
- Non è esatto. - tuonò una voce dal fondo della sala. - Soprattutto se si tratta di unirsi per combattere il nemico di un uomo che non è un Pirata Nobile. -
Il suono di quella voce mi provocò una sensazione di gelo allo stomaco.
Con una mano mi aggrappai al bordo del tavolo e con l'altra cercai alla mia cintura una pistola che non c'era. Ai raduni della Fratellanza erano bandite le spade, almeno così era scritto nel Codice, tuttavia non era mai stato detto nulla riguardo le pistole, di cui tutti i presenti erano ben forniti. In quel momento desiderai non essermi accomodata così tanto nella falsa familiarità di quel luogo, confidando di non aver bisogno di un'arma.
C'era qualcun altro che si stava facendo strada, con la folla dei pirati che si separava come un'onda davanti a lui.
Gli uomini che lo spalleggiavano erano tizi nerboruti dall'aria selvatica. Lui stesso appariva più irsuto e provato rispetto a quando lo avevo visto per l'ultima volta.
Robert Silehard.
Il fantasma che si era inabissato a largo delle coste di Tortuga sfuggendo alla mia vendetta ricompariva adesso nell'ultimo posto in cui mi sarei aspettata di ritrovarlo.
Udii i presenti rumoreggiare con sussurri di sdegno e meno discreti sbotti di rabbia, ma nessuna di quelle voci era pari al mio attonito silenzio.
Silehard era più basso dei pirati che lo accompagnavano, ma la sua presenza era in qualche modo molto più minacciosa. Il braccio sinistro pendeva quasi inerte al suo fianco, e la mano, o quello che ne doveva rimanere, era nascosta dalla manica della giacca. Io stessa avevo visto quella mano esplodere per un colpo di proiettile solo un anno prima.
Rispetto a come lo ricordavo, sembrava uno scheletro. I capelli lunghi sotto al cappello dalla tesa larga, la barba e i baffi erano stati castani, e ora erano striati di grigio. Non era mai stato imponente, ma ora la pelle del viso sembrava tirata sopra le ossa, le orbite degli occhi erano scure come quelle di un teschio, eppure il suo sguardo bruciava di determinazione febbrile e qualcos'altro... Soddisfazione, forse.
Lo vidi divorare con gli occhi la sala del consiglio, felice di trovarsi lì, felice delle imprecazioni e delle esclamazioni di stupore che il suo arrivo aveva provocato.
E la cosa peggiore era vederlo venire avanti e accorgermi che nessuno muoveva un dito per fermarlo, nessuno si alzava per piantare una pallottola in corpo a quel bastardo.
Robert Silehard sfoderò la spada e con un colpo secco la piantò fino a metà lama dentro al mappamondo, insieme alle altre. Sobbalzai. Notai molti sguardi scattare in direzione di Teague, che tuttavia non si era mosso dal suo trono: probabilmente non sbagliavo ad interpretare quelle espressioni come la conferma che, se lo stesso Custode del Codice non era il primo ad intervenire, fosse il caso di non intervenire affatto.
- Con quale diritto volete presenziare a questo tavolo?- sbottò il nero ingioiellato chiamato Jocard, mentre squadrava il nuovo arrivato con velata curiosità.
Silehard si avvicinò allora al tavolo, incedendo pericolosamente proprio accanto a noi, e poi batté con decisione una mano sul legno. Solo quando la ritrasse mi accorsi che aveva lasciato sul tavolo un piccolo oggetto. Un osso ricurvo lucido. Un ciondolo che fino a non molto tempo prima avevo visto appeso al pendaglio di perline sulla bandana di Jack.
- Con il diritto di Pirata Nobile del mar dei Caraibi. - ringhiò, lapidario. - Titolo che ho tolto al qui presente capitano Sparrow insieme al suo pezzo da otto. -
Il silenzio calò per un istante soltanto sopra alla tavolata, poi i pirati esplosero in un boato di voci contrastanti.
- Non si può eleggere un nuovo Pirata Nobile solo sul furto del pezzo da otto!-
- L'ultima volta che abbiamo riunito i pezzi da otto sono andati distrutti!-
Silehard cacciò un urlo perentorio che, se non zittì le grida di protesta, le fece affievolire, se non altro catturando la curiosità dei pirati.
- Mi appello al Codice: non può esserci la Fratellanza se i Nove non possiedono il proprio pezzo da otto. Non nascondetevi! Vorreste farmi credere che Sparrow sia stato l'unico a sostituire il suo pezzo dopo la distruzione del primo? Basta con le scuse. Mostratevi, e che si raccolgano i nove pezzi come si conviene ad un vero consiglio, e non ad un raduno di codardi. -
Avrei quasi potuto apprezzare la faccia tosta nelle sue parole, se solo non fossero venute proprio da quella bocca.
- Ditemi se dico il falso. - per la prima volta gli occhi brucianti di Silehard si puntarono in una direzione precisa, alle spalle di tutti gli altri pirati. - Custode! Ditemi se dico il falso!-
Scese nuovamente il silenzio mentre qualcosa di simile ad una corrente gelida attraversava l'intera assemblea, e le teste di tutti si voltavano verso il custode del Codice, il quale ancora sembrava non ritenere tutto quanto più interessante della sua chitarra. Solo quando si sentì interpellato direttamente, Teague Sparrow alzò appena lo sguardo.
Colsi lo scambio di occhiate, silenzioso, affilato come una lama, fra i due capitani. Poi Teague fece un cenno del capo, senza aprir bocca, e riportò l'attenzione sul suo strumento da accordare come a dire: “proseguite”.
Stranamente fu proprio Barbossa il primo a protendersi sul tavolo e, con gesto quasi sprezzante, gettare accanto al pezzo da otto portato da Silehard un secondo oggetto. Un anello d'oro con una pietra ovale, che ruzzolò sul legno e si fermò catturando la luce delle candele.
- Ebbene... - Barbossa fece un gesto plateale invitando gli altri pirati a fare altrettanto. - A una situazione imbarazzante del genere è già stata posta una pezza una volta in passato, possiamo farlo ancora. Che ciascuno mostri il suo pezzo da otto, o se ne trovi uno nuovo. Ora. -
Nessuno degli altri apparve particolarmente felice della richiesta, tuttavia neppure uno si fece indietro o emise un solo fiato di protesta, anzi, uno dopo l'altro si fecero avanti con solerzia sorprendente. Uno degli uomini che avevo visto al servizio di Teague, non un pirata, ma un ometto con l'aspetto di un contabile, alto a malapena quanto me con il cranio lucido e una gran barba bianca, passò in mezzo ai capitani reggendo tra le braccia un drappo rosso nel quale raccolse gli oggetti dalle mani dei pirati.
Jack mi aveva accennato qualcosa riguardo i cosiddetti pezzi da otto, così che non rimasi sorpresa davanti alla varietà di forme che potevano assumere quei talismani distintivi.
Ammand il Corsaro, un turco dal naso aquilino, i baffi impomatati e un turbante colorato drappeggiato sulla testa, lasciò cadere sul drappo di stoffa un piccolo teschio di giada. Il capitano Chevalle, il damerino che aveva parlato poco prima, sfilò con aria altezzosa dal taschino una regina bianca degli scacchi e la consegnò a sua volta. Villanueva, il capitano spagnolo, tozzo e con un gran cappello nero, consegnò un dado da gioco. La Vedova Ching era l'unica altra donna fra i Pirati Nobili insieme ad Elizabeth: era un'attempata signora cinese il cui trucco bianco gesso non smorzava affatto la sua espressione micidiale, né la fissità lattiginosa dei suoi occhi ciechi. Non ebbe bisogno di alcun aiuto da parte dei due soldati dal cranio rasato che le stavano a fianco: allungò la mano e lasciò cadere un minuscolo stiletto dall'aria letale. Jocard, un nero di statura colossale dalla barba ornata di perline, mise un chiodo. Sri Sumbhajee, il terrore dell'oceano indiano, che io conoscevo per essere tra le oltre cose anche un sacerdote indù, aveva occhi sporgenti che sembravano grandi come piattini da tè al di sopra della barba e i baffi folti che nascondevano completamente il resto della faccia: senza guardare nessuno né dire nulla posò sul drappo una penna d'oca.
Elizabeth sembrava presa alla sprovvista.
Gli sguardi si rivolsero verso di lei, lei tentennò ad occhi sgranati, poi frugò nelle tasche e infine ne estrasse un doblone d'argento, che fece tintinnare mentre lo mandava a raggiungere il mucchietto di oggetti, e l'ometto incaricato della raccolta deponeva tutto quanto sul ripiano di legno. Un pezzo da otto, l'unico in senso letterale presente sul tavolo. Scrutai le espressioni dei Pirati Nobili e avrei potuto giurare di vederli quasi delusi.
Guardai Jack. Era ancora seduto e, come al solito, l'immobilità forzata pareva proprio causargli fastidio. Ma non potevo evitare di notare come lui fosse stato appena rimosso completamente dal piatto, insieme a tutta la sua ciurma, insieme a tutto ciò che rappresentava. Il pezzo da otto che era appartenuto a lui ora se ne stava lì a rafforzare la legittimità della presenza di Silehard all'interno del consiglio.
Non si metteva bene per noi. Realizzarlo mi fece accartocciare lo stomaco. Forse mi ero permessa di adagiarmi fin troppo durante quella settimana fra le mura del Palazzo dei Relitti, perché non avrei mai pensato di poter fare una tale considerazione, non lì dentro.
Eppure Jack non faceva nulla. Teague stesso avrebbe continuato a non fare nulla?
- Adesso ragioniamo. -
Silehard fece un sorriso sgradevole mentre i suoi occhi scivolavano sui Pirati Nobili, uno ad uno.
- Il mio nome è Robert Silehard. Sono stato il signore dell'isola di Tortuga, ho generato l'ordine dal caos. Ho avuto al mio servizio una delle leggendarie sacerdotesse di Calypso, la Dea selvaggia che questo stesso consiglio ha scatenato contro i suoi nemici, e l'ho piegata al mio volere. Sono il capitano dello Squalo Tigre. È davvero un piacere trovarmi in vostra compagnia, finalmente. Fra pari. -
I pirati lo guardavano e ascoltavano. Ora un fremito di interesse stava attraversando l'assemblea, e me ne accorsi con un brivido. Se Silehard sapeva giocare bene le sue carte, e avrei scommesso di sì, avrebbe senz'altro saputo che c'era una sola cosa che i gentiluomini di ventura come quelli radunati in quella sala desideravano più della libertà e del denaro. Essere intrattenuti.
- Come stavo dicendo, pare che la posizione del capitano Sparrow all'interno di questo consiglio sia alquanto labile... per non dire inopportuna. O non necessaria. Signori, vi dico che possiamo liberarci dell'elemento che ci minaccia tutti quanti come Fratellanza in un batter d'occhi, semplicemente negando a Sparrow il diritto di asilo all'interno del Palazzo. -
L'indiano dal turbante e la lunga barba che stava accanto al Pirata Nobile che aveva pressapoco lo stesso aspetto, scambiò uno sguardo con il suo padrone e intrecciò le dita.
- Sri Sumbhajee afferma che anche come Pirata Nobile non spetta a voi decidere chi ha diritto di asilo alla Baia. -
- Sto solo pensando al bene di tutti. Se Sparrow e la sua ciurma rimangono all'interno della Baia, Balthazar lotterà per venire a prenderlo. -
Mi alzai. Sotto gli occhi di nove -o dieci- Pirati Nobili e della ciurma di ognuno di loro mi alzai e mi sporsi al di sopra del tavolo.
- Sappiamo benissimo che non è possibile che Balthazar si accontenti di un solo capitano rinunciando all'occasione di mettere le mani sulla Fratellanza. E non posso essere l'unica a pensarlo. -
Silehard alzò il capo e per la prima volta da quando era entrato nella sala mi guardò dritta in faccia. Il suo volto era coperto da una patina di sudore e i denti luccicarono in modo sinistro mentre li scopriva nel suo perenne sogghigno sghembo, gli occhi accesi da un'emozione a stento contenuta.
- È naturale che diciate questo, quando sareste la prima a voler approfittare della protezione della Fratellanza. -
- Siamo tutti pirati qui, o no?- protestai, volgendo lo sguardo sugli altri Pirati Nobili. - Godiamo tutti della stessa protezione finché ci troviamo sull'Isola dei Relitti, o no? C'è un cacciatore di pirati là fuori che ci aspetta, e non credo proprio che una volta arrivato sulla soglia della più grande roccaforte pirata del mondo si limiterà a portar via in catene un solo capitano e togliere il disturbo!-
- Questo è vero. - commentò Barbossa, incrociando le braccia. - Non siamo stati radunati per togliere le castagne dal fuoco ad una persona sola. Il nostro intervento è stato invocato dalla gente comune, da chi ancora invoca la giustizia dei mari, chi ricorda la Fratellanza come portatrice di equilibrio. Ancora una volta si chiede il nostro aiuto per rimettere le cose a posto nei Caraibi. -
L'indice di Eduardo Villanueva scattò in direzione di Jack.
- E quindi sta al Pirata Nobile del Mar dei Caraibi trovare una soluzione, direi!-
- Esatto. - Jack sorrise placidamente, e rispedì indietro il gesto allungando il dito verso Silehard all'altro capo del tavolo. - Sta a lui. -
Nelle espressioni dei Pirati Nobili cominciò a balenare un certo divertimento mentre Silehard si ritrovava chiamato in causa dall'ultima persona che si sarebbe aspettato. Tuttavia l'uomo non perse la sua compostezza e replicò in tono duro.
- Vogliamo trovare una soluzione? Balthazar non ha ancora l'appoggio della Marina. Non ha una flotta con la quale assediarci. Non ha il potere di minacciare la Fratellanza. Io dico: compriamo la sua alleanza! Diamogli ciò che vuole. Vuole Sparrow? Che la Perla Nera lasci l'isola, e che i due risolvano le loro questioni da uomo a uomo. Liberiamoci di Balthazar o compriamolo, non importa. E una volta liberati da questo fastidio, saremo liberi di lavorare per estendere il nostro potere sui mari come un tempo. -
Ci fu il suono di una pernacchia, una risata trattenuta. Tutti si voltarono verso Jack.
- Scusate. - si affrettò a giustificarsi lui, allargando le mani. - È che è sempre divertente vedere un mozzo al suo primo giorno da capitano. -
Silehard voltò bruscamente il viso verso Jack, con uno scatto da rettile.
- Avete qualcosa da dire, voi che non dovreste neanche trovarvi a questo tavolo?-
- Oh sì, eminenza, avrei qualcosa da dire in effetti. - il capitano gli rivolse un cenno a mani giunte, con una parvenza di umiltà. - Ecco, le buone intenzioni ci sono, il tono e i paroloni anche, potrebbe quasi funzionare. Il vero problema, esimio neoeletto Pirata Nobile del Mar dei Caraibi, è che voi non conoscete Balthazar. Forse avete sentito le storie che circolano sul suo conto, ma non ci avete mai parlato, non avete mai visto la sua espressione mentre illustrava i cinque modi per sottoporre un uomo al giro di chiglia... il che mi ha alquanto sorpreso perché io ne conoscevo solo due... Questa è un'altra storia ma magari la racconterò in un altro momento. Il punto è che voi ignorate un dettaglio molto semplice. Non si può comprare Balthazar. Non lo si può accontentare. Datemi in pasto a lui, cosa che mi spiacerebbe alquanto, lo ammetto, e lui ritornerà non molto tempo dopo per un altro di voi. Che farete allora? Gli concederete un pirata alla volta, per tenerlo buono, fino a che non resterà più neanche un minuscolo capitano da sacrificare?-
Silehard rimase al suo posto, senza perdere tutta l'altezzosità che sprizzava dalla sua posa. Sbuffò alle parole di Jack, scuotendo il capo.
- Voi siete solo un vigliacco patetico che usa i Pirati Nobili come scudo dietro cui ripararsi dalle conseguenze delle proprie idiozie. -
- Non è così. - protestò Elizabeth, gelida. - Questa è una lezione che tutti noi avremmo già dovuto imparare ai tempi del quarto consiglio. La Fratellanza esiste per un unico motivo. Il mondo dovrebbe sapere che, se farà del male alla nostra gente, i nove migliori di noi si riuniranno e restituiranno l'offesa cento volte. Questo significa condividere lo stesso destino. Abbiamo fatto meraviglie le poche volte che ci siamo veramente uniti per uno scopo comune! Io credo che dovremmo continuare a farlo. -
- Quindi?- abbaiò Silehard. - Scendiamo in guerra contro Balthazar? Sprechiamo tempo, energie, vite e lo affrontiamo in campo aperto?-
- Sì. -
Silehard buttò le braccia al cielo.
- Cristo, non posso credere che questo consiglio si faccia guidare da smidollati e da donne che si travestono da capitani. -
- Dite di essere stato signore di Tortuga. - lo interruppi, in tono insinuante. - Perché non raccontate anche chi vi ha abbattuto, e per quali motivi? In quanto alla vostra nave, lo Squalo Tigre... Bel nome. Un nome nuovo per una nave nuova. Volete che racconti chi è stato ad affondare il vostro precedente Squalo Bianco?-
- Voi e i vostri avete distrutto la mia organizzazione con un'efficienza quasi degna della Marina Britannica stessa... È prodigioso lo zelo che mettete nell'ostacolare qualsiasi altra attività di pirateria!-
- Voi stavate rovinando Tortuga. Voi stavate mettendo i pirati l'uno contro l'altro. Che io sia dannata prima che vi sia permesso di fare altrettanto con la Fratellanza. -
- Davvero?-
Silehard si buttò in avanti con gesto improvviso, scatenando urla di allarme.
I suoi scagnozzi fecero muro attorno a lui. Le mani del capitano si allungarono sul tavolo, sia la destra ancora sana che la sinistra distrutta: la vidi per un istante emergere dalla stoffa della manica, non più cinque ma tre dita rinsecchite, contorte e bluastre. Insieme quelle mani agguantarono il drappo rosso e con un gesto secco imprigionarono i nove pezzi da otto, richiudendoli nella stoffa come un sacco, poi Silehard si arrampicò in cima al tavolo con un balzo brandendo il suo bottino sopra le teste dei Pirati Nobili.
- State indietro e giù quelle pistole. Secondo il Codice, io sono in possesso di tutti i pezzi da otto, e posso proclamarmi seduta stante Re della Fratellanza!-
Per un attimo sembrò che l'intera sala fosse indecisa fra calare in un silenzio attonito o lasciarsi andare a grida di scherno. Fu la vedova Ching a piantare il suo volto dagli occhi ciechi in direzione di Silehard e fare una smorfia di disgusto.
- Vi pare davvero che accetteremmo di farci calpestare in modo tanto stupido? Sarete fatto a pezzi prima di uscire da quella porta, signore. -
- Sto rispettando il Codice. - ringhiò Silehard, lo sguardo puntato verso la figura ancora immobile di Teague. - Non c'è parola a cui mi stia appellando che non sia scritta su quelle pagine. Io reclamo il titolo di Re dei pirati per diritto di conquista!-
Barbossa fece un passo verso il tavolo, e appena si mosse i pirati di Silehard spianarono le pistole. Il capitano alzò le mani mostrando che non era armato, e solo allora Silehard fece un cenno col capo per dargli la parola.
- Quali sono le vostre intenzioni, Re dei Pirati?- si informò Barbossa in tono educato.
Il respiro di Silehard era accelerato, ma parve avere un sussulto nel sentire riconosciuta la sua autorità.
- Consegnare Sparrow, innanzitutto. E poi guidare la Fratellanza verso la grandezza. - brandì il sacco con i pezzi da otto davanti a Barbossa, lo agitò di fronte alle facce immobili degli altri capitani. - Mi dovete obbedienza. Non potete contrastare un mio ordine diretto. -
- Non possiamo, in effetti. -
Barbossa intrecciò le dita e chinò il capo, poi voltò le spalle a Silehard e al tavolo per girarsi in direzione dell'angolo in ombra dove la presenza silenziosa e irremovibile di Teague Sparrow aleggiava sull'assemblea senza però dare il minimo cenno di vita. Barbossa alzò il capo. Fissò l'ombra per qualche secondo, non riuscii a vederlo in faccia. Poi si girò di nuovo e sollevò il viso verso Silehard.
- Io, capitan Hector Barbossa, sfido il qui presente Pirata Re per la sua carica. Al primo o all'ultimo sangue, questo verrà deciso dal Custode del Codice. -
Silehard sbiancò.
- Questo non è possibile. - la voce gli uscì dalla gola con un suono gutturale. - Non potete!-
- Possono. - finalmente la voce profonda di Teague si levò dall'angolo in cui stava seduto: la luce delle candele colse uno squarcio del suo volto rugoso che si puntava in direzione dell'assemblea, le labbra che si corrugavano in un sorriso. - Se il resto del consiglio approva la sfida. -
Una risata, cupa, sorda, dilagante, nacque all'unisono dalle gole dei Pirati Nobili e rumoreggiò attorno alla tavolata come tuoni di tempesta. Gentleman Jocard si erse in tutta la sua altezza e riuscì a sembrare torreggiante anche se Silehard si trovava diverse spanne al di sopra di lui in piedi sopra al tavolo.
- La Fratellanza sostiene la sfida!- declamò, e gli altri pirati gli fecero eco. Scoprì i denti in un sorriso mentre lo fissava. - Hai l'occasione di dimostrare il tuo valore, capitano. Farai meglio a farci divertire. -

*


Quando i pirati cominciarono a battere a ritmo sul tavolo e sul pavimento con i pugni e con il tacco dello stivale, temetti che la sfida annunciata si sarebbe consumata lì e subito, nella sala gremita dove un solo colpo di pistola avrebbe finito per uccidere qualcuno, che fosse il suo bersaglio o meno. Ma poi vidi che la folla si apriva e sciamava in una direzione precisa: uno dei corridoi che si apriva in fondo alla sala conduceva ad una piattaforma esterna, una sorta di balconata sospesa nel vuoto in cima al Palazzo dei Relitti. I Pirati Nobili e le loro ciurme si disposero a lato dell'imboccatura del corridoio come se si trattasse di una parata ufficiale, senza più gridare, ma battendo il ritmo con i piedi con tanta energia che mi chiesi se il pavimento di assi prima o poi non sarebbe crollato sotto il nostro peso.
La folla invitava i due sfidanti: Barbossa e Silehard.
Il capitano più anziano non aveva ancora distolto gli occhi dal suo avversario. Accompagnato dal boato ritmico che si ripercuoteva nel pavimento e nelle pareti fece il giro del tavolo a passi lenti, solenni, raggiunse il mappamondo e strappò la propria spada dal foro che aveva scavato da qualche parte nei pressi dell'Asia centrale. Un grido unanime acclamò il suo gesto.
Vidi Silehard sudare freddo mentre realizzava la gravità della situazione in cui si era cacciato. Tuttavia l'uomo non aprì bocca e non abbassò lo sguardo: porse l'involto contenente i pezzi da otto ad uno dei suoi scagnozzi, quindi scese dal tavolo e si accostò a Barbossa. A sua volta estrasse la spada dal mappamondo, scatenando un secondo coro di urla.
Fianco a fianco, i capitani attraversarono il corridoio umano che si era aperto per loro, e le ciurme si richiusero alle loro spalle accompagnandoli all'aperto, sotto il cielo terso, fino alla balconata.
Jack non aveva avuto nessuna fretta nell'alzarsi e seguire gli sfidanti. Se non lo avessi agguantato per la spalla e strattonato forse non si sarebbe neppure staccato dalla sedia: invece lo trascinai con me fino alla piattaforma, dove sgomitammo tra le spalle di alcuni pirati fino a che non riuscimmo a guadagnarci una buona visione di quel che stava succedendo. Barbossa e Silehard si erano fermati in mezzo al cerchio lasciato dagli spettatori abbastanza temerari da restare a pochi passi da due sfidanti armati di spade.
Il viso scarno e i baffi ispidi di Robert Silehard luccicavano di sudore e gli occhi erano animati di un luccichio febbrile, mentre l'espressione di Barbossa era calma, per quanto la sua bocca fosse storta in una smorfia che poteva essere di disprezzo, o forse un ghigno.
- Ultimo sangue. - dichiarò Teague, riuscendo a rendere la voce tagliente come una lama di rasoio senza alzarla di una sola nota.
Silehard strinse l'impugnatura della spada come se di colpo avesse il timore che potesse sfuggirgli. Barbossa allargò le braccia e accennò una sorta di inchino, quasi a dire “Dopo di voi”.
Io mi trovavo a pochi passi da loro, e anche se Silehard mi dava le spalle potevo vedere tutta la tensione che gli faceva tremare leggermente le gambe: e, se potevo accorgermene io, per il capitano doveva essere palese. Silehard lanciò un urlo e si gettò in avanti, rischiando il tutto per tutto in un affondo fortunato.
Capitan Barbossa scartò di lato e parò. Al primo clangore delle lame i pirati tutt'attorno ruppero definitivamente il silenzio e si lanciarono in grida indiavolate.
Il capitano contrattaccò e le spade si incrociarono ancora, violentemente, quattro, cinque, sei volte. Poi la lama di Silehard bloccò la sua verso il pavimento, Barbossa lo allontanò con un calcio, e i contendenti si separarono di scatto mettendo fra loro due metri buoni di spazio.
- Sono curioso, vostra maestà. - abbaiò Barbossa mentre riprendeva fiato, riportando l'arma in guardia. - Esattamente, quali progetti avevate quando siete piombato qui pensando di potervi arrogare la corona?-
- Magari ho davvero a cuore gli stessi interessi della Fratellanza. - Silehard incominciò a girare in tondo, cercando un varco nella difesa dell'avversario che però non ne lasciava alcuno. - Magari voglio salvare tutti quanti da una minaccia peggiore, ci avete pensato? O avete deciso di battervi solo per il gusto di ostacolarmi?-
Il capitano avanzò in una nuova raffica di affondi, e Silehard dovette battere in ritirata talmente in fretta che per poco non travolse i pirati che gli stavano alle spalle. La folla rumoreggiò, poi furono gli uomini stessi a spingerlo di nuovo in avanti, incitandolo a proseguire il combattimento. Barbossa arretrò e sputò per terra.
- Magari un poco. - ghignò.
- Ah, è così?- Silehard emise una specie di ringhio e avanzò, incalzando Barbossa che per la prima volta si trovò ad arretrare. - State dalla parte sbagliata, Barbossa! State combattendo per buffoni codardi come lui!-
La sua mano sinistra, quella deturpata, si alzò puntando un rattrappito indice accusatore verso Jack. Nello stesso momento, la lama stridette su quella del capitano e si schiantò contro la guardia, portando i due avversari pericolosamente vicini.
Barbossa si lanciò in avanti, travolgendo Silehard con il suo peso e opponendogli la lama incrociata con la sua.
- Credete che me ne freghi qualcosa?- sibilò.
La sua sciabola scattò, si liberò dalla presa dell'avversario, sferzò l'aria così vicino alla gola di Silehard che per un istante credetti che l'avesse sgozzato. Invece no: la punta della lama tagliò la camicia e la pelle, colorandosi di rosso, ma il pirata evitò il colpo mortale ruotando bruscamente a destra.
Barbossa però intercettò il suo braccio sinistro e lo acchiappò, torcendoglielo dietro la schiena. Lo stivale del capitano si piantò contro quello di Silehard, bloccandolo.
- In verità volevo verificare di che fibra foste. -
Più veloce di quanto ci si sarebbe mai potuto aspettare, piegò il gomito e terminò dando un colpo secco proprio sull'osso dell'avambraccio.
- Fragile. -
Silehard cacciò un urlo e crollò in ginocchio, mentre anche le grida di incitamento dei pirati si spegnevano solo per quell'istante in cui tutti quanti rimasero con il fiato sospeso. Barbossa bloccava ancora l'uomo nella sua presa: la sciabola sguainata era nella mano destra, un solo movimento e avrebbe potuto chinarsi e piantarla in corpo allo sfidante.
Riecheggiò uno sparo.
Per una manciata di secondi, tutti quanti rimasero a guardare Barbossa come se la detonazione fosse venuta da lui. Ma non era possibile; nessuno dei due contendenti portava la pistola, e il capitano era rimasto immobile, senza sferrare il colpo finale, anche se continuò a tenere ben stretto il braccio di Silehard. Gli occhi grigio acciaio di Barbossa si alzarono per puntarsi in una direzione precisa.
Teague se ne stava col braccio teso e la pistola fumante in aria, sopra la testa.
- Ho cambiato idea. - annunciò, placido, dopo un momento di silenzio che sembrò eterno. - Primo sangue. La vittoria è di capitan Barbossa, e che Robert Silehard sia chiuso in cella. -
Il capitano liberò Silehard, il quale crollò a terra stringendosi il braccio e masticando un'imprecazione dietro l'altra, con il fiato corto. Ci fu un momento in cui i ceffi che facevano parte del suo seguito sembrarono pronti a mettere mano alle armi, con gli sguardi che saettavano sulla folla dei presenti come se stessero valutando il rischio. Le facce arcigne degli altri Pirati Nobili e le occhiatacce ammonitrici del resto delle ciurme dovettero persuaderli molto in fretta che non ne sarebbe valsa la pena. Nemmeno Silehard si ostinò a tentare di resistere, neppure quando due pirati dalla pelle nera della ciurma di Jocard lo raggiunsero e lo fecero alzare, prendendolo prigioniero.
Barbossa fece scorrere un'occhiata quasi distratta sugli spettatori, poi puntò la sciabola in direzione del pirata agli ordini di Silehard che teneva ancora tra le mani l'involto contenente i pezzi da otto. Fece un cenno sbrigativo e più che eloquente con la punta ancora insanguinata della lama, e tese la mano libera.
L'uomo non si fece pregare oltre e avanzò a testa bassa per deporre il sacco nelle mani del capitano.
Il silenzio calò di nuovo mentre Barbossa osservava il proprio bottino, e infine mi sembrò di vedere un vero luccichio di vittoria sulla sua faccia cupa. Le labbra gli si arricciarono in un largo sogghigno mentre gettava attorno a sé un'occhiata trionfante.
- Credo che sappiamo tutti quanti che cosa significa questo. - dichiarò, in tono compiaciuto.
Mi sembrò quasi di sentire un sospiro di rassegnazione collettiva da parte dei Pirati Nobili, ma non ci fu nessuno che osò avanzare qualche protesta. Elizabeth si fece avanti, entrando nel cerchio vuoto che era stato teatro della sfida, e si fermò di fronte al capitano. Quando parlò lo fece in tono molto formale.
- Quali sono le vostre decisioni, capitan Barbossa, Re della Fratellanza?-
Il capitano rinfoderò la sciabola e si portò le mani sui fianchi con aria marziale.
- Da questo momento siamo uniti per combattere Balthazar. -
Sembrava che stesse per lasciare il suo palco come un attore soddisfatto, quando all'ultimo momento si voltò, forse sentendo su di sé lo sguardo accusatore di Elizabeth.
Dopo un secondo sbuffò, frugò nel sacco di stoffa rossa ed estrasse il pendaglio d'osso. Con una smorfia lo lanciò a Jack, e lui lo afferrò al volo. - E capitan Sparrow può riavere il suo posto al consiglio, insieme al suo pezzo da otto. -

*


- Ti stai facendo coinvolgere troppo, Nathan. -
- Il fatto di avere a cuore il destino di metà Isla Muelle sarebbe farmi “coinvolgere troppo”?-
La donna aveva alzato gli occhi al cielo e rivolto al figlio maggiore un'occhiata di sufficienza.
- Non era quello che intendevo. -
- Parteciperò al loro consiglio, madre, e insisterò per venire coinvolto nelle loro decisioni. Non lascerò che si dimentichino di noi. -
- Non lascerai che lei ti ignori, è diverso. -
Nathaniel aveva piantato un pugno sul tavolo.
- Sei così sciocca?!-
Miss Hawk aveva risucchiato il fiato con un sibilo pericoloso, il volto arrossato dall'incredulità. Anche Nathaniel si era morso il labbro, gli occhi febbrili, ma non si era scusato. Lei era rimasta a fissarlo mentre il ragazzo si raddrizzava e trasformava la sua espressione in pietra.
- Io mi preoccupo per la mia gente, e tu vuoi ridicolizzarmi riducendo tutto all'infatuazione per una donna? Sono meglio di così!-
- Senz'altro. - aveva risposto miss Hawk, fredda. - Allora potresti cominciare ad agire con un po' più di criterio e tenerti buoni coloro che ti offrono aiuto, invece di approfittare di ogni scusa per attaccar briga. Noi siamo sopravvissuti, Nathaniel! E la prima regola da imparare è che, se qualcuno ti dà una mano, tu chiudi la tua maledetta bocca e gliela stringi. -
Le labbra del ragazzo si erano ridotte a una fessura.
- Io sto accettando tutto ciò che ci offrono. Sono loro che ce lo concedono come se fosse un favore. -
- Di questo sto parlando! Accetti di malavoglia, con rabbia, con disprezzo, inimicandoti chiunque. E solo perché ce l'hai col capitano Sparrow. -
- Nessuno qui lo sopporta. -
- Vero, ma tu ne fai una questione personale. E, francamente, è ridicolo. Togliti lei dalla testa. Togliti dalla testa di riuscire a metterti fra di loro, perché in questo momento è l'ultimo dei nostri problemi. -
- Non ci sto pensando!-
- Bene. Sappi anche che è una donna innamorata, e aspetta un figlio da lui. -
Solo per un istante fugace era sembrato che qualcosa nel giovane cedesse. Poi la sua faccia era tornata di marmo.
- Non mi importa, come ti ho già detto. - sbottò. - Tutto quello di cui mi importa adesso è partecipare al raduno della Fratellanza. -
E ora il suo Nathaniel era proprio là dove aveva insistito tanto per essere, mentre miss Hawk si trovava in una lavanderia piena di vapore. I vestiti per un centinaio di persone non si lavavano certo da soli.
L'acqua calda ribolliva in una serie di vasconi di rame, e la donna vi spingeva dentro la biancheria con un bastone. C'era qualcosa di ipnotico nel vedere la stoffa gonfiarsi e fluttuare sotto l'acqua come una nuvola... anche se poi tiravi tutto in superficie, e tornava ad essere nient'altro che una massa zuppa e fumante.
Miss Hawk restò a guardare le increspature sulla superficie torbida dell'acqua nel calderone. Poi strizzò gli occhi e smise di rigirare il palo nella massa pesante degli indumenti messi a lavare.
Il suo riflesso si riformò gradualmente, ricambiando il suo sguardo: tuttavia le cose non tornavano, perché le facce che le parve di vedere affiorare erano due.
Fece per voltarsi, quando qualcosa la afferrò alla gola.
Si ritrovò schiacciata contro un corpo duro come il marmo, bloccata da una stretta vigorosa. Il grido venne ricacciato nelle profondità dei suoi polmoni dal laccio di cuoio che le serrò il collo e incominciò a stringere.








... Felice anno nuovo!
Har har har


A coloro che ancora leggono questa storia, a Sara, a Fanny Sparrow, a MC119, a gitana90 che hanno sempre avuto belle parole per ogni capitolo, se saranno ancora qui dopo tanto tempo a leggere.
Tra parentesi, questo episodio finirà, ma non preoccupatevi, non intendo ricorrere a finali forzati. Ciò che deve accadere in questa storia era già nella mia testa da molti anni. La questione "ultimo capitolo" si riferisce al destino di Caribbean Tales: ed è proprio per non sacrificare la qualità della saga che sto prendendo decisioni al suo riguardo. Grazie a chi torna con me a navigare in queste acque.
Wind in your sails.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Pirati dei caraibi / Vai alla pagina dell'autore: Laura Sparrow