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Autore: Raven_Phoenix    17/01/2017    3 recensioni
Spesso e volentieri essere inquilini in una numerosa palazzina non deve essere facile. Vite diverse, divise soltanto da una parete o da un soffitto, che però, ad un certo punto, si intrecciano inevitabilmente. Incrociarsi per le scale, chiedere in prestito qualcosa al vicino, litigare per il turno in lavanderia, spettegolare a bassa voce sulle scale, ritrovarsi per giocare a carte o per guardare insieme i Golden Globes awards...
Ryan Astor ne é forse solo in parte consapevole quando riceve le chiavi del suo primo appartamento, situato in un palazzo non proprio nuovo di zecca, pronto ad iniziare la sua nuova vita.
Non sa cosa l'abbia spinto a scegliere proprio quel posto in mezzo a tutti gli altri, ma appena inizia a fare conoscenza con i suoi nuovi vicini, in particolare la giovane e imprevedibile scrittrice Jane Heart, capisce che forse loro avevano bisogno di lui... o lui di loro.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buona sera a tutti! 
Sono tornata con un nuovo capitolo, dopo aver avuto un riscontro positivo (secondo i miei standard XD). Molte persone hanno letto il primo capitolo e sono estremamente soddisfatta! Sono contenta di aver ricevuto anche alcune recensioni che sono come una coccola per me ^^
Sono riuscita a pubblicare incredibilmente con una sola settimana di distanza, e spero di riuscire a mantenere una frequenza simile in modo da non farvi aspettare troppo, purtroppo, però, non posso promettere niente XD
Vi lascio al capitolo, buona lettura!



Capitolo 2:
 
 
 
Quando aprii gli occhi e mi accorsi che la stanza era inondata da una piacevole luce pensai che tutto sommato sarebbe potuta essere una bella giornata per iniziare la mia nuova vita.
Cambiai idea quando mi ricordai di essere in quell’appartamento, dove avevo dormito solamente su un freddo materasso, circondato dagli scatoloni.
Alzai la testa con cautela guardandomi intorno, e quando constatai che la situazione era ancora più desolante di quello che ricordavo rimasi lì, a fissare quelle pile di cartone, chiedendomi perché diavolo non avessi scritto cosa ci fosse all’interno di ognuna.
Avevo tentato di iniziare già la sera prima, ma avevo perso oltre un’ora nel cercare la macchinetta del caffè che avevo comprato d’occasione il mese scorso, passando poi la successiva mezz’ora a regolarla per riuscire ad avere un espresso che non fosse 99% acqua (ah, dimenticavo anche il resto del tempo sprecato per cercare le tazzine, ovviamente). Avrei potuto iniziare a mettere i vestiti nell’armadio… se non per il semplice fatto che gli armadi erano ancora da montare e non avevo la più pallida idea di dove cominciare, avevo preso in mano trapano e martello si e no due volte in vita mia.
Alla fine mi ero arreso, avevo scartato il materasso (perché ovviamente anche il letto era da montare), avevo collegato brutalmente TV e lettore DVD alla corrente e avevo guardato un paio dei film che mi avevano lasciato in omaggio al negozio di elettronica dove avevo preso tutto. Più di quello non avevo potuto fare, e fu così che riuscii ad addormentarmi, forse con la speranza che al mio risveglio sarebbe cambiato tutto e che magicamente gli gnomi della foresta avessero sistemato ogni cosa.
Feci un lunghissimo respiro prima di alzarmi e andare pigramente a guardare fuori dalla finestra. La visuale migliore era quella della cucina, che dava su un piccolissimo parco dietro al palazzo. Era una bella giornata rispetto a quella di ieri, anche se il sole era leggermente pallido.
L’unica cosa che avevo appeso per il momento era il piccolo calendario che mi avevano regalato alla Lemon House, dove su ogni pagina c’erano aneddoti per cercare di far riacquistare fiducia in se stessi. L’avevo attaccato al frigorifero con due magneti che il precedente proprietario doveva aver dimenticato e che il personale delle pulizie non doveva aver notato. Poco male.
Avevo esattamente una settimana di tempo per sistemarmi perfettamente, dopodiché avrei iniziato con il mio nuovo lavoro al negozio di giocattoli. Pregai che una settimana bastasse. Chi aveva mai affrontato un trasloco?!
Iniziai a misurare l’appartamento con ampi passi, scrutando la stanza da letto che effettivamente non era poi così piccola, e il bagno era decisamente in ottime condizioni.
Ecco! Mi misi a rovistare tra gli scatoloni finché non trovai tutto quello che concerneva l’igiene personale e cacciai tutto alla rinfusa in bilico sul lavandino, o dove c’era spazio, per poi prendere quello che mi serviva. Mi lavai velocemente i denti per poi decidere di fare conoscenza con la doccia. Il profumo del mio bagnoschiuma mi riportò un po’ di familiarità, e tutto sommato dopo una bella lavata ci si sentiva decisamente meglio, certo, se si ignorava del tutto quel generale senso di disagio che mi faceva sentire orrendamente fuori posto. Rimasi a fissare il mio riflesso nello specchio per un po’, mentre mi asciugavo i capelli color ebano frizionandoli con l’asciugamano. Avrei potuto iniziare a farmi crescere la barba, forse sarei riuscito a guadagnare qualche anno in più e sembrare una persona più adulta, ma a chi avrei mai potuto darla a bere?
Lasciai perdere la contemplazione del mio riflesso ed uscii dal bagno sbuffando.
Decisi di concedermi qualche coccola, e dopo aver trovato qualche vestito pulito afferrai la giacca di pelle che avevo lasciato direttamente davanti alla porta ed uscii con tutta l’intenzione di godermi una bella colazione in qualche bar li vicino. La macchinetta del caffè poteva aspettare ancora per un po’.
Quando arrivai al piano terra vidi Clod dietro al bancone, esattamente nella stessa posa in cui l’avevo lasciato il giorno prima, a sfogliare riviste.
Che dovevo fare? Salutarlo? Non sapevo se la sua gentilezza iniziale era stata pura amministrazione oppure gli ero andato davvero a genio.
Nei pochi istanti in cui ero rimasto lì, indeciso sul da farsi, lui alzò lo sguardo e mi vide. Subito chiuse di scatto la rivista e circumnavigò a saltelli il bancone per venirmi incontro.
-Eccoti qua!- esclamò trafelato.
Subito caddi nel panico. Era successo qualcosa, o peggio, avevo fatto qualcosa?
-Ehm…buongiorno.- lo salutai alzando timidamente una mano –Che succede?-
Clod mi guardò accigliato per qualche istante.
-Nulla. perché?-
Tirai un sospiro di sollievo.
-Non lo so, sembravi preoccupato.-
Lui ridacchiò e fece un gesto di stizza con la mano.
-Perdonami, è che di solito alla mattina presto sono un po’ iperattivo. Sai, arriva la posta, e arrivano i miei nuovi ordini.- ammiccò alla pila di riviste disposte con cura quasi maniacale dietro al bancone.
-Oh…- cercai di controllare le mie espressioni facciali, non sapevo se preoccuparmi per lui o scappare direttamente.
Quel tizio era completamente fuso!
-Allora? Com’è andata la prima notte?-
-Direi bene.- risposi vago –Sono ancora vivo.- cercai di recuperare un po’ di sarcasmo.
-Ma certo che sei vivo! Dove credevi che ti avessero mandato, in una gabbia di matti omicidi?- ridacchiò.
“Più o meno.” pensai tra me e me mascherando tutto con un  mezzo sorriso.
In quel momento l’ascensore si aprì, lasciando rotolare nell’atrio una incredibile quantità di insulti e imprecazioni in russo (o almeno quello sembravano dall’intonazione), o una qualche altra lingua simile.
Clod alzò gli occhi al cielo.
-Scusami- mi passò accanto per andare verso la fonte di quel baccano a passettini veloci –E ora cosa c’è?- gracchiò.
Il suo interlocutore era un uomo piuttosto robusto dall’aria estremamente grottesca. La camicia a quadri ea in perfetto stile boscaiolo appena uscito dalla sua cascina in montagna con la motosega pronta in mano.
-Due volte che il vecchio riempie lavatrici in mio turno! DUE VOLTE!- disse l’omone con voce bassa e possente, aveva un pesante accento.
-Per l’amor del cielo! Lo sai anche tu che Frank ha problemi di memoria, nemmeno si ricorda di che colore ha messo le mutande, se si ricorda di metterle.- replicò esasperato Clod cercando di risuonare autoritario, ma sembrava quasi di assistere a una discussione fra un orso e un criceto.
-Prossima volta vedi come ritorna memoria a quello. Faccio io!- fece il gesto di rimboccarsi le maniche.
-Dovrai passare prima sul mio cadavere.- abbaiò l’altro per poi tornare verso di me –Basta, non ho intenzione di sentire ancora le tue lamentele. Fanno male all’animo e al corpo, lo sai? Diglielo anche tu, Robin!-
Ci misi un po’ a capire che “Robin” ero io.
-Chi è Robin?- chiese l’omone avvicinandosi con fare sospetto –Nuovo consegna posta?-
Rimasi a guardarlo cercando di non spalancare la bocca. Da vicino sembrava ancora più immenso.
-Ti pare che ci mandino postini così giovani e avvenenti?- blaterò gesticolando Clod –È il nuov inquilino!-
-Veramente mi chiamo Ryan.- azzardai timidamente.
-Ryan? Perché lui chiamato te Robin?- aggrottò per un attimo le folte sopracciglia, poi parve illuminarsi –Aaah, lui solito idiota scorda nomi.- si rispose da solo indicando Clod che lo guardò come se gli avesse appena ucciso la madre.
-Idiota a chi?!-
L’omone scoppiò in una fragorosa risata per poi ignorare bellamente le minacce di Clod e porgermi la sua mano che era tranquillamente il doppio della mia.
-Mi chiamo Aleksandr. Tu chiama me Alek, eh?- fece un ampio sorriso.
Per un momento credetti di essermi spaccato tre falangi mentre gli stringevo la mano, mi sforzai di camuffare la smorfia di dolore.
-Io sono Ryan.- scandii ad alta voce lanciando un’occhiata di sottecchi a Clod di modo che stavolta se lo ricordasse.
-E io che ho detto?- replicò lui scocciato.
-Non preoccuparti, lui fatto così. Primi tre mesi che io era qui chiamava me Andrey.- disse Alek facendo salire ulteriormente il livello di isteria di Clod.
-Cosa posso farci se avete dei nomi così maledettamente comuni?- storse il naso incrociando le braccia.
Si udirono di nuovo le porte dell’ascensore aprirsi, e poco dopo arrivò Pam, decisamente meglio vestita della sera prima, a stento la riconobbi. In un certo senso me l’aspettavo che nascondesse un’anima da rocker: portava un chiodo di pelle, strettissimi jeans strappati sulle ginocchia, stivali in stile motociclista e soprattutto una moltitudine impressionante di bracciali, collane e una fila notevole di orecchini per ogni lato. Nonostante l’età il tutto gli stava incredibilmente bene, sembrava una vissuta cantante di qualche gruppo metal anni novanta.
-Cos’è questa riunione abusiva?- commentò con la sua voce roca per poi mettermi a fuoco, battendo un paio di volte le palpebre e scrutarmi con i suoi occhi indagatori cerchiati pesantemente di kajal.
-Ehi, Pam! Tu hai visto nuovo ragazzo?- disse allegramente Alek dandomi una “leggera” pacca sulla spalla (per poco non mi trovai a strisciare sulle piastrelle del pavimento qualche metro più in là).
-Ah, si! Ci siamo incontrati ieri- abbassò la voce –in circostanze non proprio belle.-
-Cioè?- chiese lui facendosi attento.
-Era una giornata no.- fece eco Clod da dietro al bancone sporgendosi verso di noi.
-Aaaah… capito.- fece lui annuendo energicamente con la testa.
Di nuovo quel “giornata no”.
-Beh? Come sta andando il trasloco, Ryan?- mi chiese Pam cercando palesemente di cambiare discorso.
-Non ho ancora iniziato del tutto, a dire il vero.- dissi cercando di nascondere un certo imbarazzo.
-Come mai?- mi guardò sorpresa –Ti immaginavo impegnato a cospargere l’appartamento con roba da teenager e a trovare un nascondiglio sicuro per nascondere i porno.- diede una gomitata ad Alek facendolo partire di nuovo con la sua risata baritonale.
-Io non nascondo porno!- replicai sperando con tutte le mie forze di non essere arrossito –Comunque… non sono un gran genio nel montare i mobili, tutto qui.-
Pam parve illuminarsi.
-Davvero? E cosa aspettavi a dirlo? Alek viene dalla terra di Mr. Ikea, sicuramente ti saprà dare una mano, vero?- disse guardandolo in cerca di consenso.
-Ikea è di Svezia!- ribatté lui lanciandole un’occhiataccia.
-Russia, Svezia, che differenza vuoi che faccia!- gesticolò con una mano –Allora, lo aiutiamo, si o no?-
-Veramente non…- cercai di rimediare precipitosamente.
-Certo! Io doveva già andare da ferramenta a prendere chiodi per mensole.-
-Allora ci troviamo da lui diciamo fra un’ora, che dici?-
-Andata sicuro! A che piano tu abita, Ryan?-
-Abita al quarto. Io vado a prendere qualche birra, sicuramente faranno comodo mentre lavoriamo.-
-…serve.- finii la mia frase senza che venisse minimamente ascoltata dai due che sembrava stessero architettando un piano per armi di distruzione di massa.
-Vedrai, ci metteremo un attimo.- mi rincuorò Pam.
-Sentite, non ho bisogno d’aiuto, davvero. Forse ci metterò un po’, ma ce la posso fare. Avrete sicuro altro di ben più importante da fare.- dissi cercando di oppormi a quell’assurdo piano d’attacco verso i miei mobili.
-Non dire sciocchezze. Se non vedi Alek con addosso l’attrezzatura da scalata vuol dire che è il suo giorno libero.-
-Io istruttore!– disse lui come a conferma delle sue parole puntandosi un pollice al petto orgoglioso.
-Io invece vivo grazie agli alimenti di quello stronzo del mio ex marito banchiere, e mi assicuro sempre di riuscire a rovinargli la vita ogni giorno.- sorrise compiaciuta.
-Ma… non mi conoscete nemmeno. Non voglio fare l’approfittatore di turno!-
-Prontoooo- disse Clod alle mie spalle che nel frattempo era tornato alle sue riviste –non sei tu l’approfittatore, sono loro ad approfittarsi di te per non rendere monotone le loro patetiche vite.-
-Sentilo! Hai di nuovo le emorroidi?- ribatté aspra Pam –Io non ci vedo niente di male nel fare i buoni vicini.-
-Ma…- tentai per l’ultima volta di oppormi.
-Niente ma! Alek, andiamo a prendere quello che manca.-
-No preoccupa per trapano e martello, io ha tutto.- fece eco Alek mentre li guardavo uscire, ormai senza speranza.
Rimasi a guardare la porta a vetri cercando di realizzare quello che era appena successo. Due perfetti sconosciuti sarebbero entrati in casa mia e avrebbero visto quanto patetico potevo essere, e io ero così codardo da non essere nemmeno riuscito a fermarli.
-Siamo alle solite.- commentò Clod che si limitò ad alzare appena le spalle.
-Credi che seriamente lo faranno?- chiesi speranzoso di sentirmi rispondere che era tutto uno scherzo per i nuovi arrivati.
-Se lo faranno? Certo che sì! Secondo me tenteranno anche di appenderti in casa qualche decorazione di Natale in anticipo se non li tieni d’occhio.- rispose come se per lui la cosa fosse del tutto normale –Non ti spaventare, sono innocui.-
-Innocui.- ripetei cercando di farmelo entrare in mente come un mantra.
Uscii dal palazzo cercando il primo bar dall’aspetto invitante. Trovai un pub poco distante e mi ordinai una sostanziosa colazione. Volevo avere tutte le energie possibili per affrontare quella giornata, non sapevo davvero cosa aspettarmi da quei due. Per un momento fui tentato di chiamare George e chiedergli se secondo lui potevo davvero stare tranquillo. Chissà, forse ero io a ragionare troppo da solitario e si poteva considerare normale un atto caritatevole come quello. Guardai il cellulare per un po’, ma alla fine lo rimisi in tasca senza fare nessuna chiamata.
Dovevo imparare il prima possibile a cavarmela senza l’appoggio invisibile della Lemon House, altrimenti non sarei mai riuscito ad andare da nessuna parte.
Mangiai i waffle ai frutti di bosco con gusto e finii il cappuccino gigante per poi tornare verso casa.
Mentre frugavo nelle tasche per trovare le chiavi mi scappò inevitabilmente l’occhio verso l’altro appartamento.
Non avevo sentito nessun suono dalla sera prima. Forse era il caso che qualcuno iniziasse a preoccuparsi per quella ragazza, o forse ero solo io ad aver dormito troppo profondamente e lei era uscita prima che io mi svegliassi.
Scossi la testa ed entrai per confrontarmi di nuovo con i miei odiati scatoloni.
Mentre aspettavo che Pam ed Alek arrivassero iniziai a sistemare meglio le cose in bagno. Misi medicinali e quant’altro nell’armadietto dietro allo specchio o in quello sotto al lavandino, appesi gli asciugamani e mi appuntai sul cellulare di dover comprare un tappetino per la doccia. Giusto il tempo di sistemare quelle poche cose che il campanello stava già trillando insistentemente, e potevo sentire attraverso le pareti la voce di Alek.
Andai ad aprire e me li ritrovai davanti con una sfilza di sacchetti e sacchettini alla mano.
-Tutto pronto.- disse Alek alzando il pollice e sollevando una pesante cassetta degli attrezzi dall’aria parecchio vissuta –Da dove noi comincia?-
Entrarono senza fare troppi complimenti e si misero a dare un’occhiata.
-Che razza di stronzi! A te la lavastoviglie almeno l’hanno lasciata. Quando sono arrivata io ci mancava poco che staccassero anche le piastrelle da terra.- commentò Pam che stava ispezionando la cucina.
-Tutta qui tua roba?- chiese Alek fissando la pila di cartoni.
-Eh già.- risposi con un certo imbarazzo.
-Oh beh, noi farà prima allora.- dedusse dopo una breve pausa, come se niente fosse.
Iniziai con il dividere in un unico mucchio quello che erano i mobili e li accatastai in mezzo al salotto.
Il resto si ridusse a due misere scatole contenenti i miei effetti personali.
-Sei un tipo minimal, eh?- commentò Pam.
-Dovevo farci stare tutto in una stanza.- replicai tentando di sembrare disinvolto.
-Capito. Con il tempo vedrai che farai diventare questo posto una discarica di cianfrusaglie. Basterà un niente, ne sono sicura.-
-Se lo dici tu.- alzai le spalle per poi andare a vedere cosa stesse combinando Alek.
Ci mettemmo goffamente all’opera, Alek e Pam erano decisamente più in sintonia di me che traballavo tra un pezzo di mobile e l’altro e cercavo di capire cosa dovessi farci.
-Questo è facile.- disse Alek dopo aver studiato il mobile della TV.
La cosa si rivelò effettivamente molto più semplice di quello che pensavo. Alek riconosceva i pezzi ad occhio e diceva a me e Pam come attaccarli, oppure si limitava a dire un “tu tiene questo” e dovevo stare a sorreggere un qualche pianale mentre lui  lo avvitava velocemente.
In un batter d’occhio il mobile della TV fu montato.
-Wow. Sembra quasi bello.- commentai quando lo vidi ultimato e in posizione –Ora dovrò solo riuscire a collegare il decoder e tutto il resto.-
-Per quello avrai bisogno sicuramente di un tecnico.- disse Pam alle mie spalle.
-Tu dici?- chiesi mentre già avvertivo brividi freddi. Le mie finanze non erano illimitate, quanto poteva costare un tecnico. –Ieri sera sono riuscito a collegare il lettore DVD, però.-
-Qui ci vuole ben altro, tesoro.- rispose lei picchiettandosi per qualche istante un dito sul mento –Vado a chiamare Jamie.- si diresse verso la porta a passo spedito.
-Jamie?- ripetei.
Lei riemerse dal corridoio giusto qualche secondo.
-Il tecnico.- disse come se fosse la cosa più normale del mondo –Abita al piano di sotto, ci darà sicuramente una mano se è in casa.-
-Aspetta, non…- in risposta ricevetti lo sbattere della porta. -Quanti sconosciuti intende introdurmi in casa quella donna?!- mi uscì di getto mentre mi passavo nervosamente una mano fra i capelli.
-Non preoccupa, Ryan. Jamie è bravo ragazzo. Ripara sempre tutto a tutti, dice che così fa pratica.- disse pacifico Alek che nel frattempo stava scartando i primi pezzi del tavolo.
-Va bene, ma non posso continuare a farmi fare favori dalla gente che nemmeno mi ha mai visto.- ribattei non riuscendo a capire come facesse ad essere così calmo.
-Qui funziona così.- disse con un ampio sorriso –Ognuno qui è bravo a fare qualcosa. Io aiuta a montare cose, Jamie aiuta con elettronica, Piccola Jasmine di sesto piano sistema tende e buchi nei pantaloni, vecchia Ginevra a secondo piano prepara dolci, e tutto via così. Tutti aiuta tutti, quando serve.-
Rimasi a guardarlo spiazzato. Cose simili le avevo sentite solo nelle telenovelas.
-Stai scherzando, vero?-
-Io sarei qui se scherzavo?- rispose lui agitando un pacchetto di viti.
-Ma io… non sono bravo a fare niente.- mormorai –Non so come potrei ricambiare.-
Non ne avevo davvero la minima idea, non avevo mai brillato per nulla in particolare se non forse per riuscire a finire abbastanza velocemente i puzzle.
Alek fece un mezzo verso.
-Tutti bravi in qualcosa.- e come se le sue parole fossero una legge scritta nei secoli tornò a dedicarsi al tavolo ignorando bellamente i miei balbettanti tentativi di replicare.
Poco dopo Pam rifece la sua comparsa portandosi dietro un ragazzo che doveva avere un paio d’anni in più di me, altissimo e magro all’inverosimile con la tipica postura ricurva di chi si sentiva evidentemente a disagio per la sua corporatura da giraffa. Portava spessi occhiali quadrati dalla montatura pesante che nascondevano quasi metà faccia, e i corti capelli biondi sembravano essersi appena fatti un giro in una centrifuga.
-Oggi deve proprio essere il tuo giorno fortunato.- disse Pam mettendo una mano sulla schiena del ragazzo (perché alla spalla non ci arrivava) –Lui è Jamie, il genio dell’elettronica e affini.-
-Ehilà, forestiero.- disse lui alzando una mano in segno di saluto e sorridendo mettendo in evidenza una fila di denti bianchi perfetti, quando in realtà mi sarei aspettato un apparecchio immenso o una dentatura simile alla struttura di Stonehenge.
-Ehi.- risposi al saluto con un certo imbarazzo.
-Dimmi dove devo compiere la magia e farò del mio meglio.- disse muovendosi con un passo ondeggiante schivando i vari oggetti sparsi per terra –Oh, ciao Alek. Tutto a posto con il computer?-
-Fa fusa come un gattino.- rispose sorridendo l’altro –Tuo rubinetto di vasca tiene?-
-Alla grande.-
Rimasi piacevolmente meravigliato. Sembrava essere vero sul serio, tutti si aiutavano a vicenda. Inevitabilmente, però, mi misi a pensare che effettivamente io non sapevo fare davvero nulla di utile, come avevo appena detto. Cos’avrebbero pensato quando l’avrebbero appurato?
Pam fece strada a Jamie verso il televisore, e lui subito si mise a dividere cavi ed armeggiare con prese elettriche.
-Dimmi, hai bisogno anche di un imbianchino?- mi chiese Pam, che sembrava aver preso l’andazzo di un direttore d’orchestra.
-No no!- mi affrettai a direi.
-Perfetto, perché è una delle poche cose che ci manca qui dentro!- scoppiò in una risata acuta per poi andare verso Jamie per fargli da “assistente”.
Decisi di fare lo stesso e andai da Alek che subito partì in una sequenza di “tu regge questo”, “tu alza quello”, “tu martella qui” e “tu mette vite su quello”.
Tutto sommato la cosa dopo una qualche ora si rivelò anche divertente. Mentre lavoravamo ci eravamo lanciati in una discussione generale sugli altri inquilini. Sciorinarono parecchi nomi che mi dimenticavo subito dopo, quello che facevano o non facevano, chi stava antipatico a chi, finché io non mi azzardai a fare la fatidica domanda, cercando di essere il più disinvolto possibile.
-E la tizia che abita qui accanto?- chiesi senza guardare in faccia nessuno, dando l’idea di essere più concentrato su quello che stavo facendo, anche se in realtà era dall’inizio che morivo dalla voglia di saperne di più.
-Ah, Jane.- disse Jamie mentre era seduto a gambe incrociate per terra intento a disfare una matassa di cavi.
-Vero, dimenticavo che hai già avuto l’onore di vederla.- borbottò Pam scuotendo leggermente la testa.
-Oh-oh, era una giornata no quando l’ha vista?- chiese Jamie che sembrava aver interpretato la smorfia.
-Già.-
Anche lui con quel “giornata no”. Perché tutti lo usavano? Era una sorta di codice segreto?
-Fortuna ultimamente succede poco.- commentò Alek che testava se la molla del divano che avevamo appena finito di montare funzionasse.
Pam scrollò le spalle.
-Jane lavora come commessa in una libreria, ma in realtà è una scrittrice.-
-Ah, sì?- feci meravigliato.
-Beh, per come l’hai vista tu effettivamente potrebbe non sembrare proprio una ragazza da letteratura, ma non è sempre così. È una ragazza molto in gamba, ma a volte ha il brutto vizio di lasciarsi soggiogare dalle emozioni. Non preoccuparti, non ti darà problemi come vicina di appartamento, se è questa la tua paura.-
-Ma no, figurati. Non pensavo assolutamente a quello.- dissi subito per mettere le cose in chiaro.
-Pensa se si fosse ritrovato Selly come vicina di casa.- saltò su Jamie subito dopo.
Tutti e tre i miei ospiti ridacchiarono all’unisono.
-Sarebbe uomo spacciato!- esclamò Alek.
Si lanciarono immediatamente in una descrizione dettagliata della suddetta Selly, che a sentir loro doveva essere una sorta di pazza psicopatica che ogni sera tornava a casa con un ragazzo diverso e si divertiva ad intrattenere chi stava negli appartamenti vicini con “discreti rumori molesti”.
Arrivò poi il momento in cui mi chiesero di me, della mia vita. Iniziai a raccontare a grandi linee quella che era stata la mia esistenza alla Lemon House.
-Quindi non sai neanche che faccia abbiano i tuoi genitori?- chiese Pam allibita.
-No, mia madre mi ha lasciato lì appena nato, ma non è stato un gran problema. Da quel che mi diceva George se non mi avesse portato da loro temevano mi avrebbe venduto per qualche dose o qualcosa di simile.-
-Che brutta cosa.- commentò Alek per poi prendere una gran sorsata di birra mentre facevamo una breve pausa.
-Meglio così, no?- dissi tranquillo.
-E come mai… voglio dire… se sei arrivato che eri ancora un neonato, e si sa che le coppie di solito cercano sempre figli adottivi il più giovane possibile…- disse Jamie girando goffamente intorno alla questione.
-Come mai non sono stato adottato?- finii per lui. Ci pensai su un attimo e mi limitai ad alzare le spalle –Boh.-
-Ma come?!- dissero quasi all’unisono tutti e tre.
-Non lo so perché, forse ero sempre casualmente il meno interessante del momento. Ci sono state famiglie che hanno tentato un approccio con me, ma evidentemente non è mai scattata quella scintilla.-
-Non hai dato fuoco a piante o cercato di sventrare gatti, vero?- chiese Pam guardandomi sospettosa per un attimo –Naaah! Che domande faccio, basta guardarti in faccia per capire che sei un tesoro di ragazzo. Fossi più giovane ti adotterei io.-
-Era un complimento?- dissi alzando un sopracciglio.
-Pam vuole sempre fare da mamma.- disse Alek sogghignando –Tratterebbe come figlio anche cassonetto di spazzatura.-
-Ehi!- replicò lei dandogli una gomitata.
Mentre procedevamo con gli ultimi mobili effettivamente mi misi a pensare tra una chiacchierata e l’altra.
Non mi ero mai fermato più di tanto a pensare al perché non fossi mai stato adottato. Non la vedevo come una disgrazia, in fin dei conti. L’idea di dover per forza farmi andare a genio due individui sconosciuti e dover arrivare a chiamarli mamma e papà mi aveva sempre causato qualche problema. Difficilmente legavo con qualcuno per una banale amicizia, figurarsi dovermi fare una famiglia fittizia.
-Penso che così possa bastare, le ultime cose posso farle tranquillamente da solo.- dissi quando anche l’ultimo mobile era stato montato del tutto, e il cielo fuori si era già fatto scuro. Rimaneva solo dover sistemare le mie cose negli armadi, e magari con il tempo andare a prendere qualcosa di carino per abbellire l’ambiente.
Ora faceva decisamente paura, più pieno, anche se ancora abbastanza sterile. Però tutto sommato era carino, mi piaceva.
-Ti ci vorrebbe un bel tappeto per il soggiorno, sai?- disse Pam mentre guardavamo la nostra “opera completa”.
-Potrebbe essere un’idea.- effettivamente non avevo preso assolutamente niente di frivolo e inutile per decorare casa. Non un soprammobile o quadro da appendere, e lì si iniziava ad intravedere il mio essere completamente privo di fantasia. Mi sentivo un po’ come quell’appartamento, riempito di ricordi, ma per forza di cose. Non avevo dei particolari momenti felici o tristi, tutto era inspiegabilmente… “vuoto”.
-Tutto bene?- chiese Jamie che doveva aver notato il mio sguardo perso in quei pensieri.
-Ah, si…sì, stavo solo pensando a cosa potrei mettere su quel muro.- indicai un’intera parete completamente sgombra.
-Ti può interessare libreria? Io aveva comprato una ma troppo larga e non avevo posto. Ti regalo se vuoi.- chiese Alek mentre lo vedevo prendere mentalmente le misure di quello spazio.
-Una libreria?- ci pensai su un attimo –In realtà non so se potrei sfruttarla, non leggo mai. Però grazie comunque.- decretai alla fine, chiedendomi cosa effettivamente me ne sarei potuto fare di una libreria che sarebbe rimasta probabilmente vuota.
-Se tu cambia idea io ti porto.- fece uno dei suoi sorrisoni.
Li accompagnai alla porta rifiutando più volte l’invito a cena di Pam.
-Devo imparare a cucinare, altrimenti non sopravvivrò mai.- dissi per tranquillizzarla.
-D’accordo, però insisto perché tu venga da me a mangiare, uno di questi giorni.- replicò lei facendola suonare come una minaccia.
-Ah…ehm… ok.- risposi imbarazzato. Troppe premure, troppe attenzioni.
-Allora ci si vede prossimamente. In gamba, eh?- disse Jamie con un mezzo sorrisetto mentre si incamminava verso l’ascensore.
-Buona serata a tutti.- salutai in generale sorridendo goffamente.
Alek mi tirò l’ennesima pacca omicida sulla spalla venendo prontamente rimproverato da Pam, e si misero a bisticciare mentre se ne andavano.
Mi richiusi la porta alle spalle, rimanendo di nuovo solo. Non mi ero reso conto di quanto fossi esausto.
Era davvero un posto di pazzi!
Eppure… incredibile a dirsi, mi ero anche divertito.
Sembrava incredibile che fosse quasi tutto a posto in un solo giorno, chissà a che punto sarei stato se fossi rimasto da solo come mi ero prefissato.
-Non è male.- ripetei a me stesso a mezza voce, e per una volta non stavo cercando di autoconvincermi. Non era male davvero. Si poteva decisamente migliorare ma non mi dovevo di certo lamentare.
Presi un lungo respiro e mi mossi per andare in cucina, pensando a quale sarebbe potuto essere il mio primo vero pasto da “persona adulta” (se non si doveva calcolare la pizza d’asporto che avevamo ordinato per pranzo quando ci eravamo presi una pausa dal lavoro).
Stavo facendo mente locale su cosa avevo comprato il giorno prima al supermercato quando ci mancò poco che prendessi un mezzo infarto.
Qualcuno aveva suonato il mio campanello.
Cercai di calmarmi, e lentamente mi avvicinai alla porta, pensando che potesse essere Pam che insisteva di nuovo per la cena, o forse Alek aveva dimenticato un cacciavite da qualche parte.
Aprii la porta, ma non riconobbi né Pam, né Alek, né Jamie.
Rimasi a fissare la ragazza sconosciuta che mi stava davanti.
Aveva fluenti capelli neri, lisci e lucidissimi, che gli ricadevano fino a metà schiena. Indossava jeans e maglione con scollo a barchetta neri, una collana con un semplice triangolo d’argento rovesciato le ricadeva sullo sterno. Intravvidi delle fini linee di un tatuaggio sulla parte sinistra del suo collo che finivano dietro all’orecchio che non riuscii a decifrare del tutto, coperto in parte dai capelli.
Un’altra stramba inquilina che veniva a presentarsi e cercare di irrompere in casa mia?
Fu solo quando mi trovai a fissare i suoi grandi occhi perfettamente truccati, di un verde intenso, quasi sembrassero due smeraldi, che mi accorsi di averli già visti.
-Ciao.- disse lei abbozzando un sorriso.
Rimasi bloccato, fissandola con un misto di meraviglia e una spiacevole sensazione di budella che si contorcevano.
-Ciao.- fu l’unica cosa che riuscii a farmi uscire dalla bocca.
 -Scusa se ti disturbo, ma mi sentivo tremendamente una brutta persona per non essermi ancora presentata. Sai… abito qui accanto.- indicò la porta al lato opposto del corto corridoio per poi allungare una mano con un almeno un anello per ogni dito e delle curatissime unghie color blu notte –Io sono Jane.-
Cosa stava succedendo?
Possibile che quella ragazza tanto in ordine, con quel sorriso leggermente imbarazzato e quegli enormi occhi così brillanti e magnetici fosse davvero lei? L’iraconda ubriacona urlante che avevo incrociato la sera prima?
-Io sono…Ryan.- risposi probabilmente con qualche abbondante secondo di ritardo stringendo la sua mano. Sembrava incredibilmente piccola accostata alla mia, e mi accorsi solo allora di sovrastarla di parecchi centimetri. Era così minuta e dall’aria pacifica… -Scusa, ma… non ci siamo già visti? Sai… ieri sera.- chiesi abbastanza incerto, non sapendo cosa aspettarmi come reazione.
Lei rimase a fissarmi con i suoi occhioni, battendo più volte le palpebre facendo fluttuare le ciglia lunghe.
-Ieri sera?- parve perdersi per qualche secondo nei suoi pensieri, e infine cambiò espressione, arrossendo vistosamente e portandosi una mano alla fronte.
-Oh, cavoli.- si morse il labbro inferiore –Non ricordavo di averti visto. Oddio, scusami. Fai come se… non fosse mai successo, ok? Non sono sempre così, davvero. Chissà cos’avrai pensato!- farfugliò in maniera confusa mettendosi una mano fra i capelli e spostandoli in maniera nervosa.
Avvertii un lieve profumo dopo quel gesto, di un qualche fiore forse, e rimasi lì come un idiota a fissarla mentre balbettava frasi su frasi, inserendo la parola “scusami” ogni tre secondi.
-Giuro che sarò una vicina di casa modello. Non do festini fino alle cinque del mattino e non mi metto ad urlare come una pazza. Ieri sera era solo… solo…-
-Una giornata no?- finii la frase per lei. Quelle parole mi uscirono d’istinto, il mio cervello le aveva forse tirate fuori inconsciamente.
Jane si zittì, sorpresa.
-Già…- mormorò.
Restammo a fissarci ancora per una manciata di secondi, studiandoci a vicenda.
-Beh… anche tu puoi stare tranquilla. Non sono un vicino di casa agitato.- dissi faticando a mettere insieme la frase.
-Oh- fece lei come se si fosse appena destata da un sogno, e di nuovo ricomparve il sorriso di prima –allora siamo a posto.-
-Certo.- risposi un po’ spaesato.
Come era apparsa quella sua improvvisa crisi d’ansia se ne era andata. Che strana ragazza…
-Bene, allora spero di conoscerti meglio!- per un momento i suoi occhi furono come attraversati da un lampo –Ehi! Perché non vieni anche tu al poker abusivo da Frank dopo cena?-
Rimasi interdetto; non mi aspettavo assolutamente una proposta del genere.
-Po…poker abusivo?- chiesi per nulla convinto.
Lei sogghignò e si avvicinò con fare sospetto.
-Milly, la moglie di Robert. Abitano al primo piano, e lei non sopporta che suo marito faccia scommesse o cose simili. Rob si è inventato che il martedì sera va a giocare a squash con qualche collega. Capito, eh?- mi fece l’occhiolino con fare complice –È una delle cose più divertenti del mondo, vedrai!-
Ora sembrava incredibilmente iperattiva come una quindicenne esaltata. Quante personalità era in grado di cambiare in cinque minuti?
-Non so... non ho mai giocato a poker.- e sicuramente non morivo dalla voglia di ritrovarmi sballottato in mezzo ad un sacco di gente che non conoscevo che avrebbe fatto mille domande, le probabilità che potessero essere tutti strambi quanto quelli che avevo già avuto l’onore di conoscere era molto alta.
-Credimi, imparerai presto.- rispose lei scrollando le spalle.
In quel momento mi parve di sentire una lieve vibrazione. Jane si tastò immediatamente le tasche ed estrasse un cellulare con una discutibile cover tempestata di unicorni.
-Scusa, meglio che vada.- abbassò di nuovo la voce –Se per caso cambi idea: dalle nove in poi, settimo piano, porta a sinistra.- si incamminò a passo svelto verso il suo appartamento mentre rispondeva con uno squillante “prontoooo?” e allo stesso tempo mi salutava con una mano, regalandomi un ultimo grande sorriso prima di sparire dietro alla porta di casa sua.
Come in trance rientrai e rimasi lì impalato, cercando di assimilare quello che era appena successo.
Quando ripresi completamente le mie facoltà mentali e motorie, in un gesto quasi automatico e incontrastabile sorrisi. Il primo sorriso spontaneo da quando ero in quel posto.
Ero decisamente finito in un posto pieno di matti… ma la cosa poteva farsi davvero interessante, in fin dei conti.



Ed ecco che iniziano ad apparire nuovi personaggi, compresa la presentazione ufficiale di Jane! Ve l'aspettavate così camaleontica? Ed é apparsa solamente per cinque minuti scarsi, quindi deve ancora dare il meglio. 
E di Ryan che mi dite? Certo, diciamo che non é il ragazzo più positivo del mondo, ma anche su di lui ci sono ancora molti particolari non ancora rivelati.
Ringrazio tutti quelli che finora hanno letto e specialmente chi ha impiegato due minuti per lasciarmi una recensione, grazie grazie grazieee!
Nel frattempo spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^
Appuntamento al prossimo capitolo che spero di pubblicare il più presto possibile!
Raven :3 
 
  
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