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Autore: Testechevolano    22/01/2017    2 recensioni
Una bambina viene abbandonata misteriosamente sulla porta di un monastero con una croce che sembra portare il peso di quell'azione. Viene chiamata Suryan, come il sole che sembra portare dentro.
Sembrava che quella croce le volesse cadere addosso ma era solo un'incisione, non poteva. Ma la donna sapeva che se avesse potuto l'avrebbe già schiacciata[...]Se lo meritava.
Ella viene allevata dalle suore del convento e segue le loro orme insieme alla sua inseparabile amica Judit.
Judit, nonostante fosse contro le regole, aiutò Suryan a sistemarsi. Sapevano che la vera arma per mantenere un segreto era quella di non farne parola nemmeno fra di loro.
Il passato di Suryan però non ha niente di più lontano dalla chiesa, anzi. Il suo passato parla di perseguitazioni, di superstizione, mistero ma soprattutto di una profezia.
Beatrix fece volare il bicchiere con un solo gesto e lo face finire in grembo al cugino, che sorridendo lo fece fluttuare alzando semplicemente lo sguardo. Il contenuto del bicchiere tremò. I due cugini si guardarono negli occhi.
Bombe. Spari. Urla.
-Benvenuto all'inferno, cugino.

Coppie principali femslash ed het.
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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VI


Carol mal sopportava le esigenze della strega più anziana di tutte, ma doveva essere tipico della sua età. Da giorni, non faceva che entrare ed uscire dalla Grande Stanza senza avere il consenso della vecchia a interloquire con lei - l'aveva pure chiamata!
Era seduta sul bordo di una grande finestra che dava sul giardino reso oscuro agli occhi dalla notte, le mani strette a pugno e la pazienza al limite. Aveva rinunciato a molte cose pur di arrivare a quel traguardo; aveva sacrificato la sua adolescenza per mettersi al suo servizio, ricevendo in cambio vaghe risposte e sorrisetti da pazza. Voleva ucciderla, prendere il suo posto e compensare gli anni di isolamento in quel palazzo. Voleva davvero ucciderla.
- Signorina Carol Sonya, la Grande Signora vuole vederla.
Carol sbuffò, mentre si alzava. Congedò la cameriera e attraversò il corridoio dorato dagli arazzi rossi; uno raffigurava un grande sole senza raggi che schiacciava uno spicchio di luna. "L'Eclipse War" pensò, ricordando le parole del suo testo di storia.
Si trovò dinanzi un grande portone scuro, l'unico portone a non avere incisi soli, soltanto quattro figure sullo sfondo di un tempio. Fiore era la più alta.
Sfiorò il pomello e immediatamente il meccanismo scattò. Fiore si mosse repentinamente e alzò le braccia al cielo. Il portone si aprì altrettanto velocemente e le diede accesso.
L'atmosfera tesa all'interno della stanza era palpabile grazie alla sua grandezza: la prima volta in cui era entrata aveva trattenuto il fiato. Il cielo artificiale era sempre chiaro e pieno di stelle. Non vi erano né sole né luna. C'era solo un lungo corridoio dorato che portava al centro della stanza, sotto c'era il vuoto.
Percorse quel corridoio quasi correndo, fino arrivare alla Grande Clessidra, una clessidra con dentro palle dorate, sopra di essa vi era il più grande orologio astronomico del mondo, galleggiava in aria. Il palchetto era una semplice circonferenza, la clessidra apriva un buco al centro. La Strega Madre sembrava molto piccola a confronto di quell'immensa clessidra.
- Madre di tutte le streghe, desiderate vedermi oggi? - si inginocchiò, come di consuetudine.
La donna si voltò, mostrando un sorriso accennato. Il suo era il volto più vecchio che Carol avesse mai visto, ogni ruga sembrava la conferma di un anno vissuto.
- Alzati, oggi parleremo.
Carol fece come ordinato e quasi si dimenticò ciò che le doveva dire, tanto era certa che l'avrebbe rispedita a casa. - Abbiamo catturato una complice di Beatrix Dumont, a quanto pare è in grado di predire il futuro.
La Strega si dimostrò sorpresa. - Credevo fossero estinte. Ha una discendenza particolare?
- Non siamo in grado di indagare oltre, vogliate scusarmi.
- Vuoi scusarmi tu - sorrise - ultimamente non sono stata in salute, la clessidra sta finendo. Carol divenne confusa. L'altra si voltò verso la clessidra. - Guarda bene. Questa clessidra esaurisce le sue palle dorate ogni volta che avviene un grande cambiamento - tossì - tu mi succederai: sarai tu ad ammirare quel cambiamento.
Carol guardò meglio la clessidra. Le palline stavano raggiungendo il fondo.
- Pensi che questa ragazza sia collegata? - disse, voltandosi - anche i cugini Dumont?
La bionda divenne rigida. - Beatrix, forse.
La Madre sorrise. - Anche il ragazzo, secondo me. È davvero un prodigio.




- Sei davvero un prodigio - disse Judit, addentando l'unica fetta di pane che era riuscita a rubare in mezzo alle sbarre dalla cesta delle guardie.
- Lo so, questo trucchetto è infallibile. Pochi però riescono a non farsi beccare e tu sei una di loro! - udì la voce di Hector, oltre il muro. - Ma scommetto che puoi fare di meglio.
- Alludi al mio potere? - domandò, pur conoscendo la risposta. - Non sogno da quando sono qui. Forse sto proprio sognando. Forse tu non esisti. Pensi che tra poco mi sveglierò nel letto del monastero?
Hector sembrò esitare. - Sei una bella compagnia, mi dispiacerebbe, ma forse sarebbe meglio per te.
Judit sussultò. Davvero desiderava svegliarsi nel monastero, ricominciare la routine, studiare e diventare suora? Senza amici, oltre Suryan. Senza Hector.
Subito si rese conto del pensiero formulato ed arrossì. Credeva di essere arrossita, riconobbe il calore nelle guance e i battiti che andavano ad accelerare. Respirò a fondo.
- Ci sei? - la voce di lui non tradiva alcuna emozione, sperava vivamente che la propria ne fosse altrettanto capace.
- Ho sognato prima della morte di mia madre e prima della gita sul treno - suonò rassegnata, stanca.
- Cosa hai sognato prima di venire qua? - la sua domanda la sorprese, ma si guardò bene dal non farglielo capire.
- La distruzione - l'immagine di un ragazzo dagli occhi ardenti si impossessò della sua mente, rendendo vivo il ricordo. - Forse ho sognato anche te.
Si tappò la bocca. Aveva parlato senza pensare, dando voce ad un presentimento che avrebbe voluto tenere per sé.
Il riso dell'altro suonò stridulo. - Me lo dicono tutte. La cosa strana è che lo fanno dopo avermi visto.
Judit si sentì avvampare e subito si rannicchiò. "Sei una stupida! Aveva ragione, Suryan, quando diceva che parli troppo!"
L'orgoglio precedette ogni altro senso. Si ricompose. - Hai gli occhi azzurri e i capelli castani tendenti al nero?
La risposta tardò ad arrivare, ma arrivò comunque, inquieta. - Sì.
Judit si lasciò sfuggire una risata. - Hai visto, io non ho bisogno di vederti, mica sono come le altre donne.
Hector non parlò più ed ella rimase in silenzio, nell'imbarazzo.
"Sarà il monastero più libero di questa prigione, ma tu mi fai sentire ancora più libera."




Suryan si alzò dal letto come consuetudine e si pettinò i capelli scuri davanti alla specchiera in legno scuro. Non riusciva a capacitarsi dell'essere lì in mezzo a quella strana gente ed essere lì proprio perché obbligata da un vincolo d'amicizia. Aveva accettato tutto, magari a modo suo, per Judit, per cercarla, viva o morta che fosse.
Beatrix varcò la soglia silenziosamente e si sedette sulle comode coperte azzurro cielo. La prima cosa di lei che Suryan vide fu la chioma scura e spettinata che la contraddistingueva dal resto della compagnia.
- Oggi come va?
Suryan scosse la testa e dallo specchio puntò i suoi occhi grigi in quelli scuri della compagna di avventure, oramai.
- Vuoi che chiami 'Lice? - lo sguardo di Beatrix era neutro, nessuna emozione traspariva da esso, o forse era lei a non voler comunicare il suo stato d'animo agli altri; tuttavia l'apprendista poté giurare di aver colto una nota di preoccupazione.
- No, non è ancora necessario - si carezzò gli angoli della fronte e sospirò esausta. Forse tutta quella magia, essendo a lei estranea, le faceva del male?
- Mi sembri preoccupata. È per le lezioni? Andrai bene all'esame!
Beatrix sorrise e fece una smorfia come a dire "se ce l'ho fatta io.."
Suryan si girò e le si mise davanti e le sorrise, non era certamente amica sua ma sentiva che poteva capirla, se solo si sforzasse.
- E Judit?
Beatrix rimase in silenzio per un po', tirò Suryan per un braccio e la fece sedere accanto.
- Ti prometto che la cercheremo. Abbiamo degli infiltrati a palazzo, stiamo carpendo informazioni per sapere qualcosa a riguardo. Tanto dobbiamo pure visitarlo, il castello.
Suryan guardò disorientata Beatrix. Ma se erano nemici come avrebbero fatto ad entrare a palazzo?
- Ma sei stupida? Mica sarà una visita di cortesia né tantomeno entreremo dall'entrata principale. Passeremo da un posto che si trova.. ma che ne sai tu di queste cose!
Suryan si imbronciò e le tirò uno schiaffetto sul braccio.
- Ahia!
- Come faccio a sapere le cose se non me le spiegate?! E poi perché dovremmo entrare nella tana dei nemici?
- Hanno preso mio cugino, devo liberarlo.




Beatrix si accomodò sulla poltrona in velluto verde e fece spazio sui braccioli per Jalice e Suryan. Le loro postazioni erano ormai consolidate.
- Stasera inizierete un percorso fin sopra la valle e lì dovrete andare nella Rocca di Madame Lola, lei vi darà il permesso per attraversarla e cercare le erbe rare che ho già illustrato alla nostra futura erborista Helga.
Helga sorrise stupefatta e compiaciuta, il cammino sarebbe stato lungo ma sapeva che aveva vaste conoscenze e stava imparando dalla migliore maestra erborista mezzosangue, Romina.
- Madre, ma ti sembra il caso di portare Suryan? Non sa niente a riguardo, non ha manifestato alcun cenno magico e sta ancora studiando per sapere almeno le basi della magia.
- Probabilmente il potere di Suryan consiste solo nel riuscire a neutralizzare gli attacchi dei mezzosangue, non cosa da poco. Le servirà questa esperienza come bagaglio culturale, mi corregga se sbaglio, professoressa.
La donna sentitasi chiamata in causa annuì con decisione: - Portatela con voi e spiegatele ciò che c'è da sapere.




Il bosco era popolato da diverse specie di alberi e piante come primule, crisantemi, acanti, malva, fragole, ortensie, lino, pioppi, abeti, querce, castagni, aceri, rose, delie, edere, cardi.
Si incontravano anche alberi da frutto: nespoli, sorbi, fichi, pruni, mandorli, viti e olivi.
Suryan guardava la natura circostante rapita da tale bellezza. Aveva sempre amato la vegetazione, molto spesso da piccola le capitava di sognare gite in montagna dove poteva correre e giocare a palla con Judit.
Il silenzio umano e il rumore della natura la faceva sentire al sicuro e il caldo le stringeva il cuore affettuosamente, come a volerla rincuorare, come a dirle che a volte, il ghiaccio, poteva sciogliersi.
Era vestita completamente di nero e quel colore sentiva le appartenesse, nonostante il suo nome e nonostante non sembrasse il tipo.
Da quello che aveva inteso, era il colore dominante in quel gruppo e Beatrix ne era molto legata. Capì fin da subito il tipo di soggetto e se ne spaventò ma allo stesso tempo sentiva il premente bisogno di allungarle la mano e svegliarla da quel torpore. Scuoterla e dirle di cambiare, di vedere il mondo da un'altra prospettiva, di riuscire a capire che certe cose vanno prese in modo differente. Questo fu il primo pensiero completo che fece su di lei e fu proprio questo pensiero a farla camminare verso di lei chiedendole, come pretesto per parlarle, varie informazioni sulle piante che vedeva in giro. La ragazza ne sapeva ben poco ma Suryan non si arrese trovando un argomento che la coinvolgesse in pieno...
- Sì! Adoro i frutti di bosco. O le fragole. Ne mangerei a quintali! Da piccola me li facevano frullati per paura mi affocassi, non capivano quanto fossi forte, io!
- Da noi qualche volta li mangiavamo, erano omaggi di persone venute da fuori. Judit ne era ghiotta. Io preferisco le more alle fragole.
- Effettivamente sei più tipa da more che da fragole.
- Esistono i tipi con i frutti?
- Esistono i tipi con qualsiasi cosa.
Le ragazze si arrestarono di colpo al gesto di Jalice di fare silenzio. Un mostriciattolo verde e della grandezza di un coniglio adulto si mise a due zampe simulando un girotondo.
- Siamo qui per l'erba Maga, ne abbiamo un disperato bisogno. È davvero importante.
Il mostriciattolo si fermò e poi con veemenza, scosse la testa. Non voleva proprio aiutarli.
- Facciamo uno scambio. Avete bisogno di qualcosa? Io sono Jalice, la figlia dell'Anziano capo del pub Hidden.
Il mostriciattolo la guardò attentamente e con verso strano e petulante fece avvicinare altri due suoi simili, ma di colori differenti. Quello alla sua sinistra era marrone e quello alla sua destra giallo. Si riunirono in un piccolo cerchio e dopo cinque minuti il mostriciattolo verde fece comparire un foglio ed una penna, dove scrisse qualcosa facendolo fluttuale verso la rossa.
- Sappiamo che hai il potere di un guaritore. Uno di noi è stato ferito da un Cipresso Nero e ha bisogno di urgenti cure. Madame Lola è in viaggio. Per questa sua assenza io ne prenderò le veci.
Jalice si illuminò ed entusiasta esclamò: -Portateci da lui!
Varcarono per circa mezz'ora cespugli intricati, alberi attaccati in modo anomalo, Suryan rischiò di essere imprigionata pure da un buca circondata da cavallette aggressive.
Era stanca morta e dolorante. Non era vita che faceva proprio per lei.
Jalice entrò in una grotta buia e alzò il dito facendo spuntare una mini luce che effettivamente non illuminava gran che.
- Ma perché lo fa se non serve a nulla?
Suryan sembrava contrariata. Non capiva nulla.
- Le piace mostrare cose che non sappiamo fare, anche se sono piccolezze. Probabilmente proviene da una Stirpe di Luce. Molto lontana da lei, ovviamente. - parlò Helga sospirando, prendendo per un braccio Suryan. Anche lei se la stava cavando male.
- Oh, capisco.
Poco dopo quindici minuti, Jalice uscì con l'erba che cercavano tutti, in mano.
- Menomale che ci sono io! - urlò contenta di aver raggiunto quel risultato praticamente da sola e consapevole lo sapessero tutti.
- Sì, va bene, brava. Ora basta, Jalice. Abbiamo lavorato tutti duramente. Guarda Helga e Suryan, sono due stracci.
I capelli di Helga erano diventati neri, segno che fosse infastidita.
- Rimaniamo sempre bellissime! - esordì Suryan, abbracciando di lato la povera Helga, che a quelle parole si rilassò diventando più stabile.
- Tu certamente no, Suryan. Forse forse, Helga...
- Basta, è ora di andare!
Jalice saltellando superò tutti gli ostacoli varcati prima senza nessun graffio, trascinandosi Beatrix perfetta e aggraziata come lei.
Suryan ed Helga erano rimaste indietro prendendosi tutte le "trappole" in pieno.




Il sole stava tramontando tra gli alti alberi verdi, di quelli che non perdono mai le proprie foglie incantate, le aveva detto Beatrix.
Il buio crescente impediva a Suryan di riconoscere le piante e i frutti che le ragazze le avevano catalogato, portandola a spostare la sua attenzione al cielo privo di nuvole, che dall'arancione che caratterizzava il tramonto passava al blu più scuro, entro il quale la luna sembrava racchiusa. L'aria era umida, probabilmente poco più in là doveva esserci un fiume.
- Questo bosco è incantato, la neve qui non arriva. Riusciamo a proteggere il suolo tramite incantesimi specifici per far crescere annualmente le erbe curative. Le nostre, crescono solo in questo periodo dell'anno, non possiamo permettere che la neve le soffochi.
Helga spostava lo sguardo di qua e di là, contemplando punti che Suryan non riusciva a distinguere, si disse che la ragazza ormai dovesse conoscere a memoria quel posto.
- Coprire i tuoi capelli è così importante? Io non me ne intendo, ma avendo dei capelli abbastanza crespi, invidio i tuoi, è un peccato che tu li nasconda.
Suryan sfiorò istintivamente il panno che aveva avvolto in sostituzione del velo, abbozzando un sorriso. - Sì, è molto importante. Mi fa sentire me stessa.
Helga la guardò come se avesse confessato di avere una cotta per il padre di Jalice, così Suryan si affrettò ad aggiungere: - Sono lontana dal posto in cui ho trascorso la mia vita fino ad ora, questo panno mi ricorda che quella è casa mia, che sono cresciuta lì, che io sarò Suor Suryan.
Non ne capì il motivo, ma l'ultima frase uscì come un lamento, rimbombante il quel bosco come i borbottii di Beatrix e Jalice.
Helga comprese al volo, o forse aveva già capito tutto e voleva solo spingerla ad aprirsi. Come Beatrix, anche Helga era difficile da leggere, almeno quando i capelli non le si tingevano di un colore assurdo.
- Quando avrai trovato la tua amica, tornerai lì?
Quell'ultima domanda la destabilizzò. Ci pensò, come se realmente ci fossero due opzioni. Scosse la testa. Certo che sì, sarebbe tornata in monastero, con Judit, quello era il suo destino! Il loro destino!
Annuì, debolmente.
- Ehi musone, ho dimenticato di fare due commissioni in paese, tornate indietro o mi accompagnate? - l'urlo stridulo di Bea rimbombò intorno a loro, facendole sussultare.
Helga fu la prima a reagire. - Abbassa quella voce, le nostre orecchie funzionano benissimo!
Beatrix sorrise soddisfatta e si girò, proseguendo come se nulla fosse, accompagnata da Jalice.
Suryan le guardò confusa, ma subito Helga chiarì i suoi dubbi: - Oltre il bosco, c'è la piana di Migher, tra di esse un paesello commerciale, vuoi andarci?
La ragazza annuì nuovamente, questa volta convinta. Se Helga la invitava, mica poteva esserci qualcosa di pericoloso! Magari avrebbe scoperto qualcosa di più su Judit.
Si ritrovò a seguire Helga attraverso cespugli aggrovigliati, cercando di non cascarle addosso, ma del resto anche Helga teneva il passo lento. Quel pomeriggio, Suryan aveva appreso quanto fosse goffa, ma al contempo abbastanza forte da rialzarsi all'istante.
- Siamo arrivati - annunciò la ramata, dando un ultimo calcio ad una pianta che si muoveva da sola. "Muoverella", era il nome di essa, e quasi Suryan non si era strozzata con la saliva quando Bea gliel'aveva detto.
Superò quell'ultimo ostacolo, quando su in cielo ormai la notte aveva vinto il giorno, e finalmente il terreno fangoso venne sostituito da uno piatto.
- Beh, benvenuta nel "paese delle lucciole".
La voce di Helga si mischiò tra le tante che giungevano alle sue orecchie e subito sollevò lo sguardo.
La notte era illuminata da tanti piccoli puntini luminosi che si spostavano da una casetta all'altra alcune lentamente, altre correndo. Le case basse in legno di betulla erano avvolte dall'edera, ma non sembravano affatto vecchie o malmesse, solo più colorate. I tetti erano diversi gli uni gli altri, per forma e colore; alcune case avevano la forma di un fungo. Le persone avvolte in leggeri mantelli passeggiavano tra gli alberi bassi, alcuni dei quali sembravano addobbati da piccole stelle.
- Oh, ma dove sono finite quelle due!
Non appena Helga si mosse, Suryan si ridestò. Avrebbe voluto farle tante domande, ma dalle sue labbra uscì solo: - Quelle sono vere lucciole?
Helga arrestò il passo e fissò gli occhi dorati in quelli verdi di lei: - No, ma noi le chiamiamo così. Sono Globosplendenti, palle luminose fluttuanti, capisci dal nome perché le chiamiamo così?
Giusto in quell'istante, una Globosplendente le passò accanto giusto il tempo di contemplarne la grandezza. Era troppo grossa per essere una lucciola, erano tutte diverse.
Le strade erano acciottolate e ad ogni casa si alternava un negozietto più strambo dell'altro. In una boccia di vetro delle bolle si formavano nell'acqua che assumeva colorazioni diverse, prendendo la forma prima di pesci, poi di meduse.
"È solo un trucchetto, non farti abbindolare!", si ripeteva, cercando di contenere la meraviglia che stava provando nel contemplare delle conchiglie che vorticavano con della sabbia attorno ad un acquario.
Avrebbe voluto chiedere spiegazioni ad Helga, ma la ragazza sembrava troppo impegnata a guardarsi attorno per prestare attenzione. Quasi Suryan non andò a sbatterle contro quando arrestò il passo.
- Avverto la sua presenza.
Suryan sussultò lievemente, trovando strano il tono della ragazza. Presenza? Ma non aveva già un'abilità speciale?
Senza curarsi di lei, Helga corse nella direzione di quella che sembrava una locanda. "Lunar Migher".
Spalancò la porta in legno piena di edera e Suryan fu subito dietro di lei giusto il tempo di sentirla urlare: - JASPER!
Nell'angusta locanda, dalle pareti scure e spoglie, calò il silenzio ed una figura soltanto, tra quelle sedute, si alzò in piedi.
Non era distante da loro, la ragazza poté osservarlo bene. Occhi azzurri - il colore del ghiaccio che si formava sul laghetto che andava a visitare ogni inverno con Judit -, capelli castani e ricci, così ricci che avrebbe voluto passare un dito tra essi solo per vederli intrappolati tra le sue dita.
Il modo in cui guardava Helga era strano.. era come se in quella stanza non ci fosse nessun altro. La ragazza aveva i capelli rossi come il fuoco, il colore che associava alla rabbia, e le sue gote erano in fiamme per lo stesso motivo.
Il volto del ragazzo era bello, il taglio di occhi coperti in parte dai riccioli gli conferiva un'aria misteriosa, complici i lineamenti marcati e la brillantezza di quell'azzurro.
- Come hai fatto a trovarmi? - il tono di voce non lasciava trasparire alcun dubbio, la sua sembrava una domanda posta tanto per dire qualcosa.
A Suryan parve che i capelli di Helga avessero preso fuoco. La ragazza in questione si avvicinò lentamente all'interlocutore, mentre i mormorii richiamavano l'attenzione dell'apprendista. "Quella ragazza..", "Strana..", "Sua madre..".
- Non capisci che così facendo ti farai ammazzare!?
Jasper la guardò con malcelata esasperazione, ma quel tipo di esasperazione che nascondeva un affetto che Suryan riuscì a percepire.
Non rispose, continuò semplicemente a guardarla fino a che lei non girò i tacchi e non sorpassò Suryan, che era rimasta immobile per tutto il tempo, quasi non si accorse della scomparsa della ragazza, fino a quando non sentì la sua spalla sfiorare la propria nella corsa.
Confusa, guardò istintivamente il ragazzo, che da terra sollevò lo sguardo fino a incrociare il suo. Sussultò, scoprendosi profondamente a disagio nel guardarlo. Era come se i suoi occhi la stessero studiando.
Si girò e fece per andarsene, quando si sentì avvolgere da due braccia forti.

   
 
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