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Autore: Azeria    23/01/2017    0 recensioni
Dal primo capitolo: "Quella sera, allo Smistamento, Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley finirono in Grifondoro. Draco Malfoy, come previsto, finì in Serpeverde. Emma Renard, che venne chiamata subito dopo di lui, dopo lunghi minuti di incertezza per il cappello, venne smistata in Serpeverde con lui. Emma si sedette vicino a Draco quella sera, che le tese la mano. Emma la accettò".
Emma è bella, affascinante e orgogliosa. Ma non indossa l'uniforme verde argento per caso: è una vera Serpe. Ma i serpenti mordono e avvelenano per difendersi, o per il semplice gusto di ferire?
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Fred Weasley, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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CAPITOLO 5
Hermione sedeva al primo banco, prendendo freneticamente appunti del fiume di parole che la McGrannit stava declamando. Emma era invece seduta all’ultimo banco, come al solito nelle ore di Trasfigurazione, e tamburellava nervosamente le dita sul banco, in insofferente attesa della fine delle lezioni.
Di tanto in tanto guardava con disprezzo Hermione, sussurrando poi una qualche battutaccia su di lei all’orecchio di Draco, che dormicchiava seduto di fianco a lei.
Si erano messi ufficialmente insieme circa una settimana prima, ma non era cambiato granché tra di loro. Erano stati inseparabili dal giorno numero uno in assoluto. Il loro era un rapporto fantastico, doveva ammetterlo. Unico. Si sentiva molto più tranquilla di quanto non fosse stata negli ultimi mesi, costantemente arrabbiata per il suo rapporto “problematico” con Fred. Alla fine dei conti, lei non aveva bisogno di lui.
I suoi ragionamenti vennero interrotti dalla McGrannit, che si avvicinò con aria irritata al suo banco. “Signorina Renard” disse con voce secca “è pregata di smetterla di tamburellare sul banco. Sta disturbando la classe”. Emma alzò lentamente lo sguardo su di lei, poi sorrise ironica. “Ad essere sincera, professoressa” disse scandendo bene le parole “è lei che sta infastidendo me. È pregata di smetterla di parlare; è così noioso!”.
La McGrannit rimase pietrificata dallo stupore. “50 punti in meno a Serpeverde” sibilò appena si fu ripresa “e punizione per lei, signorina impertinente!” poi le diede le spalle e continuò la sua spiegazione. Emma stava per ribattere, rossa in viso, ma Draco le mise prontamente una mano davanti alla bocca, ridacchiando.
“Non peggiorare le cose, signorina impertinente”.


Fred uscì nella fredda aria di fine autunno, avvolgendosi la sciarpa rosso-oro attorno al collo per proteggersi dalle ventate. Al suo fianco c’erano George, Ron e Harry. Incontrarono poi Ginny, Angelina, Dean e Hermione già pronti al campo di Quiddich. Quest’ultima gli rivolse un sorriso timido; lui distolse lo sguardo, imbarazzato. Si sentì subito lo sguardo del gemello addosso; non gli aveva raccontato nulla di quello che era successo tra lui ed Hermione la settimana prima. Ci stava ancora pensando su. Si sentiva tremendamente in colpa per quello che era successo tra di loro; era stato sbagliato illuderla così. Probabilmente lo avrebbe detto a George quella sera: aveva bisogno di un consiglio.
“Pronti, ragazzi?” disse Harry con voce tremante dal freddo “la partita è tra una sola settimana, ed è contro Serpeverde. Quindi non risparmiatevi durante gli allenamenti”.
Si diressero insieme verso il Campo, mentre Hermione andava a sedersi sugli spalti con un grosso libro stretto contro il petto. Fred la osservò allontanarsi, accigliato.
Quando arrivarono al campo, dovettero aspettare che Serpeverde finisse gli allenamenti. Aspettarono per una ventina di minuti, ma bastarono per demoralizzarli tutti: Emma Renard non aveva perso tempo, e la squadra che aveva messo in piedi poche settimane prima era già formidabile. Lei, poi, era senza dubbio la migliore. Ginny la osservò con invidia mentre sfrecciava con la pluffa stretta al petto verso la porta, con i capelli rossi legati in una coda alta che svolazzavano nell’aria e il viso affilato concentrato. Quando era immersa in quello che stava facendo, pensò Ginny, non aveva la solita espressione arrogante e strafottente, ma si mordeva il labbro inferiore e teneva le sopracciglia aggrottate. Era bellissima, come al solito.
Gli stessi pensieri stavano attraversando la testa di Hermione che, preoccupata, spostava velocemente lo sguardo da lei a Fred in continuazione. Fred aveva gli occhi fissi su di lei, Emma. La guardava come si guarda una cosa che si vuole disperatamente, ma che non si può avere. Hermione sentì una fitta, come un pugno allo stomaco, e distolse lo sguardo.
Quando Draco tornò con il boccino per la quarta volta, Emma decise che era soddisfatta. Smontò dalla scopa, e chiamò gli altri a raccolta per dare le ultime correzioni della giornata. Sorrise, contenta di come la squadra si stava dimostrando e di come le obbedivano e la ascoltavano. Fissò appuntamento per il giorno successivo alla stessa ora, poi li lasciò andare.
Mentre attraversava il campo sentì Draco affiancarla e passarle una mano intorno alla vita. Si fermò e avvicinò il suo viso a quello del ragazzo. Lui le sussurrò “sei fantastica. Vedrai che vinceremo la settimana prossima”. Lei rise, divertita, e si lasciò baciare da Draco. Vennero interrotti dalle voci scocciate dei Grifondoro che stavano scendendo in campo.
“Prendetevi una stanza” sbottò Ginny Weasley. Emma si voltò a fronteggiarla, spostandosi la coda dietro le spalle e ridacchiando altezzosa. “Cosa c’è, Weasley? Ti vedo frustrata. Harry non è il massimo come fidanzato, non è così?”. Harry dovette trattenere Ginny per il polso per impedirle di saltare al collo della Serpe, che si allontanò ridendo di gusto, tirandosi dietro Draco che la guardava adorante.
“Non ascoltarla, Gin” le sussurrò Harry, “lo dice solo per farti arrabbiare… vero?” concluse incerto. Ginny rise, rilassandosi e abbracciando il fidanzato. “Dai, iniziamo questi allenamenti e schiacciamo quelle Serpi la settimana prossima!” disse con trasporto.


Hermione aveva osservato bene la tecnica delle Serpi e osservò altrettanto bene quella dei suoi compagni di casa. Ne concluse che, se avessero continuato così, sarebbero stati spacciati. Il problema era la strategia, ragionò. Emma aveva creato una macchina da guerra, dove ognuno sapeva esattamente cosa doveva e non doveva fare. Invece nella squadra di Harry, anche se erano tutti indubbiamente bravissimi, ognuno faceva quello che credeva fosse meglio. Angelina, ad esempio, essendo la cacciatrice più anziana, si sentiva in dovere di non passare mai la palla agli altri, giocandosela tutta da sola; e Ginny, frustrata dal suo comportamento, sembrava giocare contro di lei, e non nella sua stessa squadra. Fred e George, invece, continuavano a scaraventarsi il bolide l’uno contro l’altro, ma probabilmente non si accorgevano che così facendo intralciavano i cacciatori; Dean, ad esempio, aveva dovuto lasciar cadere la pluffa per scansare uno dei tiri micidiali di Fred. Erano una squadra che indubbiamente avrebbe intimorito le squadre di Tassorosso e Corvonero. Ma non la squadra di Serpeverde capeggiata da Emma Renard. Oh, Emma avrebbe saputo esattamente come comportarsi.
Chiuse di scatto il libro che teneva sulle ginocchia e di cui non aveva letto nemmeno una riga. Poteva non essere assolutamente capace di montare una scopa, si disse, ma con la logica se la cavava piuttosto bene.
Il problema era che anche Emma Renard, a quanto pareva, sapeva usare la logica.


“Harry, promettimi di non prenderla nella maniera sbagliata”. Il ragazzo si aggiustò gli occhiali, uscendo dallo spogliatoio con i capelli ancora umidi. Rivolse uno sguardo interrogativo alla sua migliore amica, che evidentemente lo aveva aspettato seduta davanti l’ingresso allo spogliatoio maschile. “Ok, prometto di non prendermela scoprendo che sei una stalker professionista”, ridacchiò Harry, prendendo al volo il libro che Hermione gli aveva lanciato contro. “Idiota!” gli urlò contro l’amica, ma stava ridendo anche lei. In quel momento uscì anche Ron, assumendo la stessa espressione accigliata di Harry. “Ehm, che cosa sta succedendo qui fuori?”. Hermione si ricompose all’istante, come se quelle parole le avessero fatto ritornare alla mente il vero scopo della sua intrusione.
“Ragazzi, in questo momento mi odio davvero per dovervelo dire ma…”. Harry e Ron avevano un’espressione preoccupata. Hermione sospirò “se continuate così, Emma Renard e la sua squadra di Serpi ha praticamente già vinto!”


Una settimana dopo.
“Oh, per Merlino!”
Emma aveva appena cacciato via in malo modo uno spaventatissimo primino che era stato incaricato di portarle l’invito che aveva appena appallottolato e lanciato nel fuoco. Pregò Merlino che Draco non ricevesse anche lui lo stesso biglietto.
Imprecò a bassa voce quando invece vide il biondo venirle incontro stringendo tra le mani quel patetico bigliettino metà rosso e metà verde e raffigurante un serpente e un leone nell’atto di guardarsi in cagnesco tra loro.
“Ehi, Emma, sei qui. Questo mi è appena arrivato” disse guardandola con aria soddisfatta, agitandole l’invito davanti agli occhi. Emma sbuffò, scocciata. “Sì, anche a me. Ma ovviamente non ci andrò”. Girò i tacchi e si diresse verso il divano, considerando la questione chiusa definitivamente.
Draco le corse dietro, sedendosi accanto a lei. Aprì l’invito e lo rilesse.
“Oh, ma andiamo! È il festino che Lumacorno ha indetto la settimana prossima in onore della partita del giorno dopo tra Serpeverde e Grifondoro! Dovremmo andare sia per intimorire quegli sfigati sia perché i festini di Lumacorno sono sempre divertentissimi, se sai cosa intendo” concluse, guardandola di sottecchi. “È da sfigati, io non ci vado” disse semplicemente la rossa, chiudendo gli occhi e agitando la mano come per scacciare un insetto fastidioso. Draco la ignorò. “Ci andremo invece”.
Emma riaprì improvvisamente gli occhi, guardando il ragazzo con aria di sfida. “E da quand’è che usi il plurale per parlare di me e te, se posso chiederlo?”. Draco la fissò come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso. “Da quando stiamo insieme, Emma, ecco da quando. O lo avevi dimenticato?”. Fu il turno di Emma di rimanere senza parole. Si alzò in piedi di scatto, dirigendosi a grandi passi verso il dormitorio femminile. “Benissimo! Allora ci andremo!” gridò con la voce carica di rabbia, mentre si chiudeva la porta alle spalle, sbattendola più forte che poteva.


“Per l’utima volta, Hermione, sono nella squadra di Quidditch sin dal mio primo anno, saprò qualcosa sulle tattiche di gioco!”. Harry cercò di finire la frase con una risata, ma risultò forzata persino alle sue stesse orecchie. Hermione sapeva benissimo che sarebbe stato scocciato, ma non avrebbe immaginato di trovarlo così irragionevole. “Come vuoi” sbottò, iniziando a irritarsi.
Era più o meno il terzo allenamento a cui assisteva, ed era sempre più convinta di quello che aveva pensato il primo giorno: se avessero continuato così, Grifondoro non avrebbe avuto speranze contro i Serpeverde di Emma. E, mentre la partita era sempre più vicina, i suoi amici non avevano alcuna intenzione di starla a sentire.
“Cerca di ragionare, Herm” stava dicendo Harry. “Da quand’è che ti interessi di Quiddich?”. La ragazza sbuffò, zittendo con un cenno di irritazione l’amico.
In quel momento vide, alle spalle di Harry, che dallo spogliatoio stavano uscendo i gemelli, con i capelli completamente bagnati nonostante il freddo. Fece immediatamente dietrofront, lasciando Harry con la bocca aperta, in procinto di continuare il suo discorso, e Ron che la fissava con aria interrogativa.
Mentre camminava il più velocemente possibile verso il portone d’ingresso della scuola, pregò tutti i santi che le venivano in mente che Fred non l’avesse vista.
Da quando si erano baciati lui non le aveva più rivolto la parola, e a stento l’aveva guardata in faccia. Maledisse mentalmente Fred Weasley e, ovviamente e prima di tutti, Emma Renard.  


“Spero lei stia scherzando!”
Emma fissò la McGrannit, mentre un’espressione scandalizzata le si dipingeva sul bel viso. La strega invece, notando il suo sgomento, sorrideva soddisfatta. Indicò con un cenno del capo un grosso e maleodorante sacco sigillato. “Lì dento ci sono i topi morti. Mi raccomando, non più di tre topi a gufo, quattro se sono topi piccoli”.
Emma scosse la testa, incredula. “Topi morti?” sussurrò disgustata.
Si trovavano nella voliera, in cima a una delle torri più alte di tutta Hogwarts. Emma aveva già il voltastomaco per il terribile odore che emanava il sacco di topi, mescolato con quello degli enormi volatili che la guardavano con sospetto.
La McGrannit ridacchiò. “Ringrazia il cielo che non siano vivi, o sarebbe stato il doppio spiacevole, signorina impertinente”. Poi, mentre usciva, lasciandola sola in quell’inferno di piume, aggiunse soddisfatta “la bacchetta la potrai riprendere a lavoro concluso. Le auguro una buona serata, Renard, e spero vivamente che la prossima volta ci penserà due volte prima di dare aria alla bocca per proferire inutili commenti”.
Nell’istante in cui la strega si chiuse la porta alle spalle, Emma tirò, frustrata, un calcio nel sacco, ottenendo come unico risultato la fuoriuscita di una mezza dozzina di topi, che fecero agitare ulteriormente i gufi.
Sospirando rassegnata, Emma si legò i capelli in una treccia strettissima, che le ricadde morbidamente lungo la schiena. Proprio mentre si stava rimboccando le maniche, dopo essersi inginocchiata di fianco al sacco, facendo del suo meglio per non respirare, sentì delle voci che si avvicinavano. Per un istante sperò che fosse Draco, che aveva scoperto il luogo della punizione ed era arrivato per fare il lavoro sporco al posto suo. Le sue speranze si infransero nel momento in cui la porta si aprì, e due teste si ritrovarono a fissarla stranite.
Emma cercò di assumere l’espressione più dignitosa possibile, nonostante si trovasse in ginocchio in mezzo a parecchi topi morti e gufi affamati. Si alzò di scatto.
“Potter, Granger” sibilò.
Harry rimase a bocca aperta. “Si può sapere cosa ci fai tu qui?” sbottò. Emma sorrise. “Sono felice di vederti anche io, Potter” aggiunse, sarcastica. Poi aggrottò le sopracciglia, notando che Hermione aveva il viso arrossato e gli occhi lucidi. Aveva pianto, e tanto anche, a quanto sembrava. Il suo sorriso si allargò ulteriormente. “E comunque potrei farvi la stessa domanda, Potter. Dovete spedire la posta? No, non credo, non avete nulla in mano. Oh, e la secchiona è in lacrime, non me ne ero accorta… piangi per quell’altro sfigato di Weasley?”.
A quelle parole Hermione sobbalzò, e Emma rise, sprezzante. Era così patetico vederla lì in lacrime, solo perché il ragazzo per cui aveva una cotta non la pensava. Probabilmente quella secchiona non aveva mai nemmeno baciato nessuno. Figuriamoci poi quell’altro sfigato di Ron Weasley. Sorridendo ironica, Emma pensò che quei due avrebbero formato poi una coppia quasi carina. Due sfigati innamorati. 
Harry, rosso in viso dalla rabbia, le si mise di fronte, puntandole contro la bacchetta. Emma alzò le mani con espressione annoiata. “Non credi che sarebbe scorretto, Potter? La vecchia megera mi ha preso la bacchetta, e finché non avrò nutrito questi stupidi volatili non la potrò riavere indietro. Seccante, non trovi?”.
Harry abbassò lentamente il braccio, continuandola a guardare in cagnesco.
“Andiamo via, Harry” sussurrò Hermione, stropicciandosi gli occhi rossi di pianto.
Harry si girò verso Emma, sforzandosi di usare lo stesso tono di sfida che Emma usava con loro di continuo per stuzzicarli. “Mi raccomando, Edvige preferisce i topi con le code più lunghe, ne va pazza. Divertiti, Renard!”. Rabbuiandosi, Emma sibilò, proprio mentre i due uscivano, “ti giuro che le torco il collo, Potter”.


“Io non ce la faccio più, Harry!” esplose Hermione, una volta che la porta della stanza delle Necessità si fu richiusa alle loro spalle. “Io sto cercando di fare finta di niente, ci sto provando con tutte le mie forze, ma tutti i giorni diventa più difficile! E il non poterne parlare con nessuno, soprattutto con Ron o Ginny, che sono i miei migliore amici, rende il tutto ancora più insopportabile. E dopo tutto questo, ci si mette anche Emma Renard… oh, ma che dico, quella vipera ce l’ha con me dal primo giorno, dovrei averci fatto l’abitudine oramai…”. Harry la prese per le spalle, bloccando il suo fiume di parole, e le sorrise, rassicurante. “Herm, andrà tutto bene, te lo prometto. La situazione con Fred si sistemerà quanto prima e…”.
“A me basterebbe semplicemente che tutto tornasse com’era prima. Oh, come vorrei non avergli mai detto niente quella sera, solo che mi sembrava il momento giusto, non ce la facevo più a tenermi tutto dentro e poi… beh, in realtà una parte di me sperava davvero che avesse potuto ricambiare. Invece mi sono semplicemente illusa, a quanto pare” mentre parlava, i suoi occhi erano diventati lucidi di lacrime “mi sono illusa e lo sai qual è la parte peggiore di tutto questo? Che io lo sapevo, lo sapevo benissimo che Fred era innamorato di Emma, lo è sempre stato. Eppure ho continuato a sperare, Harry, e ci sono cascata come un’idiota”. L’ultima frase venne pronunciata quasi con rabbia, ma con la voce spezzata dai singhiozzi, mentre le lacrime cominciavano a rigarle il viso. Harry non poté fare altro che abbracciarla e rimanere in silenzio, sapendo che l’unica cosa che poteva fare era farle sapere che lui c’era, e ci sarebbe sempre stato per lei.


I Grifondoro erano seduti insieme in Sala Comune. All’ingresso di Harry e Hermione, tutti si girarono a guardarli, dato che erano gli ultimi. Hermione aveva di nuovo ripreso il suo colorito naturale, e, dopo essersi sfogata con Harry, si sentiva un po’ più tranquilla. L’unica cosa che sembrava preoccuparla ora era che la Renard potesse giocarle qualche brutto tiro, se davvero aveva intuito quello che stava succedendo come aveva fatto capire. Rabbrividì pensando alla sua risata sprezzante e al suo sorriso crudele quando l’aveva vista in lacrime.
“Indovinate un po’ chi abbiamo incontrato su alla voliera” sbottò intanto Harry, lasciandosi cadere di fianco a Ginny sul divano vicino al camino e posando la testa sulle sue ginocchia, iniziando finalmente a rilassarsi mentre la fidanzata gli passava le mani tra i capelli.
 Fred e George ridacchiarono, scambiandosi uno sguardo d’intesa, mentre Ginny alzava gli occhi al cielo. “Beh, Harry, se ce lo dici con questo tono tetro non è difficile indovinare” rise George. “O era Emma Renard, o hai visto Piton in costume da bagno” continuò Fred. Poi dopo aver gettato un’occhiata dubbiosa alla finestra, concluse “ma, dato che fa piuttosto freddo, opterei per la prima supposizione”.
Hermione sbuffò. “Almeno, non potrete mai indovinare cosa stava facendo lì su da sola!” continuò Harry, accennando un sorriso. I gemelli risero di nuovo.
“Oh, Harry, ma ci hai presi per novellini?” ridacchiò George “come se la McGrannit non ci avesse mai mandato in punizione lassù”. Fred si esaminò le unghie in un’impietosa imitazione di Emma “spero solo che le sue unghie non si siano rovinate, altrimenti dovremmo stare attenti: la scuola potrebbe prendere fuoco da un momento all’altro!”. Tutti risero, tranne Hermione. La ragazza non poté fare a meno di notare quanto Emma e Fred fossero simili, e quanto invece loro due fossero diversi, come il giorno e la notte. Si chiese se sarebbe mai riuscita a vivere senza sentirsi costantemente sotto pressione dall’infinita competizione tra lei e Emma Renard.
Una competizione che, le costava ammetterlo, stava perdendo su tutti i fronti.



Spazio Autrice:
Ciao a tutti! Scusatemi per questo capitolo stra-lungo, ma nello scrivere mi sono lasciata trasportare, e non era tagliabile quindi... eccolo qui.
Eppure devo ammettere che è uno dei miei capitoli preferiti fino ad ora, e spero piacerà anche a voi :)
Buona lettura, e lasciatemi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate!
Un abbraccio,
#C



 
  
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