Capitolo
3
Anche
quella giornata era meravigliosa, pensò
Dawn, ammirando dalla finestra l'alba che si rispecchiava nelle acque
cristalline del lago. Erano passate ormai due settimane dal suo arrivo
in quel
paese e per fortuna aveva legato con tutti i dipendenti di Caroline ed
anche
con la donna, per quanto questa si sforzasse di non darlo a vedere.
Tutto andava
per il meglio, nausee mattutine a parte, anche se non riusciva a
dimenticare le
parole di Scott. Aveva udito tutto ciò che lui e Caroline si
erano detti il
giorno in cui questa lo aveva scacciato imbracciando il fucile, ed
anche se non
l'avrebbe mai ammesso apertamente, era rimasta molto ferita dal
comportamento
del ragazzo. Certo, sapeva che sarebbe stato difficile, soprattutto
perché il
rosso non aveva ancora realizzato appieno di star per diventare padre e
le
responsabilità che ciò comportava. Ma anche
quando l'avrebbe realizzato,
sarebbe cambiato qualcosa? Lei pregava la madre terra di sì,
perché voleva
davvero che suo figlio crescesse con un padre.
Si
portò un mano al ventre e sospirò.
«Farò del
mio meglio, piccolino.» Promise.
Non
si sarebbe arresa alla prima difficoltà ed
alla fine l'amore l'avrebbe spuntata, se tutto fosse andato per il
meglio...
no!
Andrà tutto bene!, si disse.
Caricata della sua solita positività, scese in cucina per
preparare la
colazione. In quelle settimane lei e Caroline avevano trovato un
equilibrio
abbastanza solido, lei preparava tutti i pasti della giornata ed in
cambio la
donna le permetteva di continuare a soggiornare lì. Non era
stato facile
convincerla, visto che ogni volta che aveva tentato di aprire bocca per
parlare
la burbera anziana le ordinava di stendersi o sedersi, senza ascoltarla.
Ma alla fine era riuscita a spuntarla, come sempre.
Lanciò un lungo sguardo alla cucina, trovandola ancora
deserta e senza traccia
di un qualunque recente passaggio, quindi Caroline stava ancora
dormendo e lei
si era di nuovo svegliata presto a causa della nausee che, puntuali,
ogni
mattina la tiravano giù dal letto alle cinque.
Si avvicinò al frigo e tirò fuori un po' di
pancetta, delle uova ed iniziò a
trafficare con i fornelli. Le sarebbe piaciuto cucinare anche per
Scott, ma
difficilmente lui sarebbe stato d'accordo. Be', prima o poi avrebbe
ceduto, ne
era certa. E poi... lei cucinava davvero bene!
***
C'erano
tantissime cose che infastidivano Scott, i
ratti che camminavano per la cucina ad esempio, o la mancanza di birra
in
frigo; come in quel caso. Diede un calcio alla porta
dell'elettrodomestico e
masticò qualche imprecazione, aveva bisogno di alcol per
superare quella
giornata che di bello aveva ben poco.
Non aveva quasi chiuso occhio quella notte, la mente era stata di nuovo
invasa
da pensieri che riguardavano Dawn, il bambino e di quanto lui fosse uno
stronzo
senza spina dorsale. Inoltre, sapere che in paese non si parlava
d'altro lo
rendeva furioso e nervoso, non poteva evitare di recarsi lì
per sempre e prima
o poi avrebbe dovuto scontrarsi con le vecchie megere che aspettavano
solo
l'occasione buona per rimbeccarlo. Come se ora, dopo anni, si
preoccupassero
della sua educazione. Patetiche.
Si passò stanco una mano tra i capelli, e decise di recarsi
alle stalle per dar
da mangiare a quei poveri e pochi animali che ancora possedeva. Gli
unici che
non lo guardavano con disprezzo o giudicavano, anche perché
a loro interessava
solo ricevere la propria razione di cibo e poter brucare in pace l'erba
che
cresceva nei suoi campi abbandonati, non interessarsi della sua vita
privata -
comportamento che molti avrebbero dovuto imitare -. Per fortuna di erba
lì ce
n'era davvero molta...
Afferrò velocemente il cappotto dall'appendiabiti ed
uscì di casa per dirigersi
nelle stalle, e come al solito la decadenza di quel posto
amplificò il suo
cattivo umore. Ricordava ancora lo splendore di quella fattoria, da
bambino si
sentiva così felice e fortunato di vivere lì
nonostante i suoi genitori, prima
che ogni traccia di candida gioia lo abbandonasse.
Sua madre e suo padre non si erano minimamente preoccupati della
gestione di
quel posto, spendendo tutti i loro soldi in viaggi, alcol, gioielli ed
altri
vizi che sicuramente non avevano mai potuto permettersi. Ed alla fine,
erano
arrivati al punto di non riuscire nemmeno a pranzare. Il risentimento
per i
suoi genitori era palese e molte volte aveva pensato di lasciare quel
posto, ma
per andare dove se non aveva un solo spicciolo? Era già
tanto che avesse
convinto i suoi a mandarlo a Toronto per il suo ultimo anno di liceo.
Aveva
lavorato mesi per racimolare la somma necessaria al viaggio, ed una
volta lì si
era mantenuto facendo qualche lavoretto part-time. Non era stato facile
lavorare per poter pagare l'affitto e studiare per riuscire a
diplomarsi, ma ce
l'aveva fatta - con buoni risultati, tra l'altro -. Ed era proprio
lì che aveva
conosciuto Dawn, ricordava ancora l'esatto momento in cui i suoi occhi
si erano
posati su di lei; quel giorno era in ritardo per l'inizio delle lezioni
ed
aveva percorso il vialetto alberato della scuola con una fretta che
aveva
tentato inutilmente di celare. Era sempre stato brillante negli studi,
anche se
negli ultimi anni i suoi voti erano calati visibilmente e solo in
quella città
così lontana era riuscito ad impegnarsi di più,
nonostante il lavoro, e non
voleva rischiare che un ritardo influisse sulla sua media.
All'improvviso, un
lucente raggio di sole - così insolito per quel freddo
giorno di dicembre -
aveva attraversato le pesanti nuvole scure per posarsi sulla familiare
testolina bionda che più volte aveva visto aggirarsi per il
liceo. Ed era stato
allora che i suoi occhi avevano incontrato la figura angelica della
ragazza.
Dawn se ne stava seduta contro un albero, gli occhi chiusi e
l'espressione
serena illuminata da quel raggio di sole sfuggito dal cielo. Le era
sembrata un
angelo, una creatura eterea scesa in terra per portare la pace. Era
rimasto
fermo a fissarla per molto tempo, dimenticandosi del ritardo, fino a
quando lei
non aveva aperto i suoi occhi grigi puntandoli su di lui e regalandogli
un
sorriso così dolce da ferirlo. Si era sentito sporco,
indegno di quel sorriso
così caldo e sincero, troppo corrotto per essere fissato da
una tale creatura.
Così, spaventato da simili emozioni, era scappato via
sperando di non
incontrarla mai più. Ma così non era stato,
perché entrambi frequentavano il
corso di botanica e si era ritrovato a parlare con lei più
volte, troppe volte,
scoprendo quanto la ragazza fosse forte nonostante il suo aspetto
fragile. Come
lui, anche lei era un'emarginata, tutti la etichettavano come "la
squilibrata delle auree" proprio perché la ragazza affermava
di poter
leggere l'aura di una persona. L'aveva provato sulla sua pelle quello
strano
"potere" e doveva ammettere che la bionda aveva visto cose del suo
passato che nessun altro sapeva, inquietandolo. Questo era stato uno
dei motivi
per cui aveva iniziato a trattarla con più freddezza del
solito, riprovando per
la prima volta dopo anni l'orribile sensazione del rimorso, ma Dawn non
si era
lasciata intimidire ed aveva continuato a parlargli e stargli vicino.
Era così
dolce e pura, ma allo stesso tempo forte e consapevole del male
umano.
Non poteva restare lì, lui non aveva nulla da dare
né a lei né al bambino, a
parte i guai. E quel piccolo esserino che cresceva dentro di lei
sarebbe stato
etichettato come un poco di buono solo perché figlio suo,
quindi l'unica cosa
di veramente utile che poteva fare per loro era tenerli lontani da se
stesso e da
tutto ciò che lo riguardava. Ormai non era più in
grado di amare ed alla fine
quel bambino avrebbe finito per odiarlo, proprio come lui odiava i suoi
genitori. Dawn, buona com'era, credeva davvero che sarebbe potuto
essere un
buon padre, ma si sbagliava. Doveva farle capire che la cosa giusta da
fare per
lei ed il bambino era andare via, lontano da lui e
dall'oscurità che lo
logorava dentro.
Entrò nelle stalle con un macigno nell'anima, ma si disse
che era causato solo
dall'amarezza e dal disgusto verso se stesso. Non era mai stato in
grado di
farsi amare, per quanto ci avesse provato, ed avrebbe trasmesso quella
maledizione anche a suo figlio, l'avrebbe corrotto e non poteva. Il
muggito
delle mucche gli ricordò che aveva un lavoro da fare e non
poteva perdersi in
simili pensieri in quel momento e né mai, in
verità.
***
«Vi
ho portato della limonata!» Esclamò Dawn,
avvicinandosi a Caroline e ai dipendenti della fattoria che quella
mattina si
trovavano occupati a rinforzare un recinto.
«Scricciolo,
non dovresti essere in casa a
riposare?» La riprese la donna, lanciandole un'occhiataccia
contrariata che per
poco non la fece sbuffare, cosa non da lei. Ma ormai erano giorni che
Caroline
le stava sul collo, dicendole quello che poteva o non poteva fare -
quasi nulla
- ed ormai non ne poteva proprio più. Stare ferma la rendeva
nervosa ed
inquieta, ancor di più perché era ospite di una
signora non più nel fiore degli
anni e lei odiava essere un peso.
«Lasciale
un po' di aria, Vecchiaccia!
L'angioletto sa che non deve stancarsi, e poi stare all'aperto
può farle solo
bene.» La difese Anderson, guadagnandosi un sorriso di
gratitudine da parte
sua. L'uomo e gli altri dipendenti prendevano spesso le sue parti
quando
Caroline le ricordava con insistenza di dover stare a riposo e non in
giro a
passeggiare o dare una mano. Si era ormai affezionata a tutti loro,
guadagnandosi l'appellativo di "angioletto" che all'inizio l'aveva
fatta imbarazzare un po'.
«E
va bene.» Si arrese in fine la padrona di casa,
prendendo un bicchiere di limonata dal vassoio che la ragazza stringeva
tra le
mani. «Ma appena ti senti anche solo un po' stanca torni
dentro, chiaro?»
Dawn
sospirò esasperata ed annuì, mentre
distribuiva a ad ognuno dei dipendenti un bicchiere della bevanda
rinfrescante.
Vederli tutti all'opera scatenava in lei il desiderio di aiutarli, ma
sapeva
che se solo ci avesse provato... be', Caroline l'avrebbe chiusa a
chiave in
camera. Quella donna si preoccupava troppo, ma era anche per quello che
le
voleva bene e non riusciva a capire perché i suoi figli ed i
suoi nipoti non la
comprendessero o apprezzassero.
«Lo
farà, non rompere sempre con le stesse
raccomandazioni, Vecchiaccia.» Di nuovo Anderson prese parola
al posto suo
facendo ridacchiare tutti, lei compresa.
«Torna
a chiamarmi Vecchiaccia e ti metto a
spalare letame per i prossimi sei mesi, chiaro Andy?» Lo
minacciò Caroline,
impugnando intimidatoria il martello. Quella donna era pericolosa con
qualsiasi
oggetto contundente - o non - tra le mani, da un fucile ad un martello,
ma lei
sapeva benissimo che non avrebbe mai usato nessuno dei due per far del
male
agli altri.
«Va
bene, scusa.» L'uomo alzò le mani in segno di
resa, anche se il suo sorrisetto malizioso e divertito faceva intendere
che non
si era arreso per nulla. Quei due formavano proprio una bella coppia,
si
ritrovò a pensare la ragazza, e sicuramente Andy provava
qualcosa per la
scorbutica padrona di casa.
«Sai
cosa? È meglio che vada a fare la spesa o non
risponderò più delle mie azioni.»
Borbottò la donna, lanciando la sua arma sul
terreno ed incamminandosi verso casa.
«Non
dovresti farla arrabbiare così, alla sua
età.» Disse uno dei braccianti, rivolto ad
Anderson, che scrollò le spalle
incurante.
«Quella
donna è più sana di te, credimi.»
Commentò
ironico lui con uno strano luccichio negli occhi, alimentando i
sospetti di
Dawn.
«Scricciolo?!»
La chiamò all'improvviso Caroline,
ferma a metà strada. «Allora, vieni o
no?» Chiese esasperata, come se avesse
dato per scontato che lei l'avrebbe seguita.
«Oh,
sì, certo!» Urlò a gran voce per farsi
sentire. Salutò gli uomini che avevano ripreso a lavorare e
corse dalla donna.
«Non sapevo volessi compagnia.» Si
giustificò una volta raggiunta.
«Non
potevo di certo lasciarti lì da sola, li
avresti convinti a farti fare qualcosa.» Fu il semplice
commento della donna.
Dawn
si ammutolì, non sapendo che dire. Era vero,
di sicuro alla fine avrebbe chiesto agli uomini di dare una mano,
convincendoli, e constatare quanto quella donna la conoscesse bene dopo
solo
una settimana in quel posto, la lasciava sbalordita. Era sicura che
nemmeno i
suoi genitori la conoscessero così bene, non dava la colpa
di ciò a loro naturalmente;
sapeva di essere una ragazza riservata e chiusa, quindi non poteva
incolpare
sua madre e suo padre per lo scarso rapporto "confidenziale" tra di
loro. E poi, non avevano proprio nulla in comune di cui parlare; lei
adorava la
natura, sua madre la detestava; lei nutriva un'amore incondizionato per
gli
animali, suo padre invece teneva lontano qualsiasi "bestiaccia"
pelosa e non. Inoltre credevano che sua nonna, ormai scomparsa da anni,
l'avesse ammattita con la storia del riuscire a vedere e leggere le
auree, di
conseguenza lei era solo una povera pazza da internare.
Sospirò tristemente, sapendo che tra lei ed i suoi genitori
non ci sarebbe mai
stata quell'intesa che vedeva nei telefilm. Almeno l'amavano, questo lo
sapeva
e doveva ritenersi fortunata, a Scott non era capitata la stessa
fortuna con i
suoi.
Il suo povero
Scott... così buono
e capace di infinito amore, dalla vita non ne aveva ricevuto nemmeno un
po'. Le
salirono le lacrime agli occhi al solo pensarci, nel pensare che un
povero
bambino innocente fosse dovuto crescere così in fretta,
scontrandosi col lato
gelido e crudele dell'essere umano fino ad esserne quasi del tutto
corrotto.
Quasi però, lei sapeva che c'era ancora del buono in lui, lo
aveva letto nei
suoi occhi prima che nella sua aura. Perché le bellissime
iridi blu di Scott
non avevano segreti per lei, e qualcosa nel profondo di se stessa le
diceva che
lui era l'amore della sua vita e che valeva la pena rischiare.
«Sali
in macchina, Scricciolo, non abbiamo tutta
la giornata.» Le ordinò Caroline, riportandola al
presente.
«Ti
perdi molto spesso in pensieri, eh?» Le fece
notare la donna, una volta che si fu accomodata accanto a lei.
«Be'...
credo di sì, a volte preferisco ragionare
da sola che con altri.»
La
donna annuì distrattamente ed esclamò:
«Bene! Perché dove andremo dovrai tenere la bocca
ben chiusa per evitare che ti
cavino con l'inganno informazioni di vitale importanza.»
Dawn
sgranò gli occhi allibita. «Ehm... stiamo
andando in centrale per un interrogatorio?»
«Peggio,
molto peggio...» Sussurrò con orrore
Caroline e questo agitò la bionda; qualsiasi cosa riuscisse
a far tremare di
paura quella donna, doveva essere tremendo.
***
La
vecchia e sudata Jamie Lynn, entrò in negozio
irritata da una infruttuosa caccia al tesoro avvenuta nella dispensa
dove
riponevano la merce appena arrivata.
«Patty! Santo cielo, dove hai messo il carico di gelatine
alla frutta appena
arrivato?» Chiese alla sorella, che se ne stava comodamente
seduta dietro alla
cassa a leggere una di quelle insulse riviste di gossip.
«Perché
vieni a chiederlo a me? Sei sempre tu
quella che supervisiona la merce, visto che io sono troppo "svogliata e
confusionaria". Se non erro furono queste le tue parole quando mi
offrii
di aiutarti.» Storse il naso infastidita, l'altra.
«Certo,
perché buttavi tutto alla rinfusa sugli
scaffali!» Si difese la donna, troppo stanca per portare
realmente avanti un
battibecco che si sarebbe dilungato per troppo, conoscendo Patty.
«Ad
ogni modo, io non so un bel niente delle tue
gelatine scomparse.» La sorella fece spallucce e riprese a
leggere la sua amata
rivista, incurante dei problemi che affliggevano la sorella maggiore.
«Oggi
è venerdì e sai cosa significa? Che se
quella vecchia bocca larga di Theresa non trova le sue amate gelatine
alla frutta,
ci molesterà i timpani per un bel po' sulla nostra
inefficienza nel procurare
alla cittadinanza ciò che serve per vivere.» Le
ricordò con stizza lei.
«Come se delle gelatine potessero addolcire il suo animo
orribile o aiutarla a
vivere meglio.» Pronunciò subito dopo tra
sé.
«Lo
sai che Theresa si lamenta per qualsiasi cosa,
sono anni che ti consiglio di ignorarla e dovresti finalmente darmi
ascolto.»
Tentò di calmarla Patty, senza nemmeno alzare lo sguardo
dalla rivista.
«Lo
sai che non ci riesco quando si tratta di lei!
Quella donna tira fuori il peggio di me.» Sbuffò,
sentendo arrivare il
familiare bruciore di stomaco legato alla donna anche solo nel pensarla.
Patty
sospirò al limite della sopportazione,
abbandonò finalmente la rivista sul bancone e si accinse a
rimproverarla per
l'ennesima volta sull'insensato odio tra lei e la lavandaia, ma venne
interrotta da Wanda, la moglie del sindaco, che fece il suo ingresso in
negozio
con la grazia e raffinatezza che sempre la distinguevano.
«Salve
signore.» Le salutò la donna, col solito
buonumore che la caratterizzava. «Spero che stamane vi siate
svegliate serene e
riposate, o comunque dell'umore adatto a sopportare la massa di gente
che tra
poco accorrerà qui.»
«Quale
massa di gente?» Chiese con orrore Jamie
Lynn, quel giorno non aveva proprio la forza di sopportare nemmeno il
ronzio di
un'ape figuriamoci un calca di gente impazzita come quella che viveva
lì.
«Quella
che irromperà qui dopo che Caroline e
l'amichetta del giovane Douglas se ne saranno andate.»
Rispose serafica la
donna, fissando indecisa due tipi diversi di yogurt dal banco frigo.
«Caroline
e la ragazza nuova stanno per entrare
qui?» Sua sorella scattò subito sull'attenti,
gettando la rivista tanto amata
nel cestino. Ovviamente che senso aveva leggere i pettegolezzi dei
personaggi
famosi quando in quel paese si stava scatenando una battaglia su chi si
sarebbe
fatto prima gli affari dei Douglas, di Caroline e della nuova
misteriosa
ragazza?
«Sì,
è quello che ho detto.» Wanda afferrò
una
confezione di yogurt ai mirtilli e si avvicinò alla cassa,
nello stesso istante
Caroline fece il suo ingresso nel negozio, seguita da un bionda minuta
e
graziosa.
«Buongiorno...»
Borbottò svogliatamente la burbera
donna, com'era suo solito.
«Buongiorno
a te, Caroline. Il buonumore è sempre
la tua caratteristica più... lampante.» La
salutò sarcastica sua sorella,
facendole roteare gli occhi al cielo disperata. Patty non sapeva mai
quando era
il momento di chiudere o aprire la bocca, e visto ciò che ne
usciva era meglio
se la teneva chiusa, la bocca.
«Sì,
gli abitanti di questo posto mi mettono tanta
allegria...» Rispose Caroline con lo stesso tono.
«Chi
è la graziosa ragazza che ti accompagna,
Carol?» Intervenne lei, sedando altre stupidaggini della
sorella e ponendo la
fatale domanda che fino a quel momento era rimasta muta in tutte loro
ma
chiaramente percepibile.
«Lei
è Scricciolo, un nuovo aiuto alla fattoria.»
Rispose lapidaria la donna, facendo subito capire che non avrebbe
rivelato
nient'altro sulla ragazza al suo seguito. Soprattutto nulla che potesse
alimentare le chiacchiere già in corso.
«Io
sono Dawn, piacere.» La vocina un po'
intimidita della ragazza spostò gli sguardi di tutte -
eccetto quello di
Caroline - su di lei. Jamie Lynn provò un senso di tenerezza
immediato verso di
lei, sicuramente essere al centro dei pettegolezzi di un paesino
straniero non
doveva essere facile per quella poveretta; e pensare che era
lì da meno di due
settimane!
«Ma
che carina sei!» Esclamò smielata sua sorella.
«Io sono Patty, e quel goblin scorbutico
laggiù», puntò lei
«è mia sorella
Jamie Lynn.»
La
biondina si lasciò scappare un risatina
divertita mentre Caroline sbuffava spazientita.
«Sì, sanno tutte chi siete, ora potreste svolgere
il vostro lavoro e chiedermi
il motivo per cui sono entrata qui dentro?»
Patty
alzò gli occhi al cielo e sospirò
teatralmente.
«Mia cara Caroline, non credo che la vecchiaia ti abbia reso
così demente da
non ricordarti più il motivo esatto per cui sei entrata nel
nostro negozio, ma
se proprio vuoi una mano... suppongo che tu sia qui per fare la
spesa.»
La
donna la fulminò con una delle sue tremende
occhiatacce prima di voltarsi verso di lei ed esclamare:
«Per quale motivo non l'hai ancora uccisa?»
«Me
lo domando ogni giorno anche io, credimi.» Le
rispose.
E
finalmente, dopo quell'inutile scambio di
battute, sua sorella si mise a lavorare, chiedendo alle due nuove
arrivate il
motivo del loro ingresso lì, come aveva chiesto Caroline. La
vecchia arpia,
come la chiamavano tutti eccetto lei, comprò le solite cose
ed uscì in fretta
dal negozio, trascinandosi bruscamente la ragazza dietro. Per chiunque
altro
quello sarebbe sembrato un gesto di scorbutica prepotenza, ma non per
lei;
conosceva troppo bene Carol da poter indovinare facilmente il motivo
delle sue
azioni. Aveva agito in quel modo solo per non permettere a loro - in
particolare a Patty o Wanda - di fare altre domande a Dawn o di
strapparle
promesse come "vieni a trovarci qualche volta, ti faremo fare il giro
del
paese". Caroline si era affezionata a quella ragazza e Jamie Lynn
pregava
che non soffrisse di nuovo come aveva sofferto - e soffriva tutt'ora -
per
l'abbandono dei figli. Stupidi ingrati, non avevano minimamente idea
dei
sacrifici che la donna aveva fatto per loro e non avevano mai imparato
a
comprenderla, troppo accecati dall'egoismo per capire che la faccia da
scorbutica allevatrice non era altro che un modo per proteggersi e
nascondere
emozioni che l'avrebbero resa più vulnerabile agli occhi
altrui. Lei la
conosceva sin da quando erano entrambe bambine, sapeva riconoscere ogni
emozione nascosta dietro un particolare gesto. Caroline era sempre
stata così,
si nascondeva dietro un muro di prepotenza per affrontare i genitori
troppo
severi e le malelingue verso la sua famiglia. Anche per questo motivo
si era
affezionata tanto a Scott, chi meglio di lei comprendeva la sofferenza
di quel
ragazzo? Ma, a differenza della donna, lui da piccolo non si era mai
nascosto
dietro muri di vetro, era sempre stato dolce ed ingenuo, forse troppo;
per
questo motivo quando alla fine l'oscurità aveva prevalso,
non era stato in
grado di vincerla.
La gente di quel posto si era dimenticata della bontà di
quel bambino ormai
uomo, di come tutti i giorni andasse lì a dare una mano in
negozio, sempre pronto
ad aiutare gli altri e rendersi disponibili per tutti. Anche lei si era
affezionata a Scott, e a differenza degli altri non aveva dimenticato.
Diede
le spalle alle donne appena entrate in
negozio per sapere, come aveva avvisato prima Wanda, altri dettagli
sulla nuova
ragazza. Amare lacrime percorsero il suo volto, ormai rugoso e segnato
dall'età, nel notare che tutti in quel posto erano
interessati solamente a
rompere la loro noiosa monotonia ficcando il naso negli affari altrui e
puntare
il dito su bambini innocenti, segnandone già il futuro. In
quel momento
desiderò tanto essere abbastanza forte da reprimere, anche
solo per qualche
attimo, le emozioni; ma a differenza di Caroline lei era sempre stata
la più
emotiva delle due. Si asciugò le lacrime e raggiunse la
sorella.
«È
una ragazza dolcissima.» Stava dicendo lei,
raccontando alle "clienti" appena entrate tutto ciò che si
era svolto
poco prima in quel negozio, teatro di troppi pettegolezzi negli ultimi
tempi.
«Non capisco proprio in che modo una ragazza simile si sia
lasciata incantare
dal figlio di quei due.» Continuò con sprezzante
odio sua sorella, venendo
appoggiata da qualche borbottio d'assenso.
«Forse,
dolce com'è, avrà creduto di poterlo
cambiare.» S'intromise Wanda, posando sul bancone un'altra
confezione di yogurt
ai mirtilli.
«Nessuno
può cambiare il sangue marcio di un
Douglas.» Commentò Linda, la moglie del
panettiere, e questo la fece infuriare.
Proprio lei avrebbe dovuto ricordarsi di come Scott fosse dolce e puro,
visto
che all'epoca il bambino passava quasi tutti i giorni al forno per dare
loro
una mano e poter racimolare qualche soldo.
Strinse
i pugni e si voltò verso quelle stupide
megere.
«Sangue marcio? Ma avete mai la decenza di pensare prima di
parlare? Avete
sempre trattato quel ragazzo, sin da piccolo, come un mostriciattolo
radioattivo e per cosa? Solamente perché era - ed
è - figlio di Ashley e
Vincent?» Lanciò loro uno sguardo carico di
disprezzo e le vide sgranare gli
occhi sorprese. «Quel bambino non ha mai chiesto altro che di
essere accettato,
aiutava tutti, anche chi lo trattava come un vecchio straccio e l'ha
sempre
fatto con il sorriso sulle labbra e voi... voi avete sempre riversato
su di lui
l'odio che provate verso i suoi genitori. Poi vi stupite di
ciò che è diventato,
non pensando nemmeno per un secondo che la colpa potrebbe essere anche
vostra.
Sangue marcio, dite, eppure io mi domando chi tra di voi non lo
sia.»