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Autore: EvelynJaneWolfman    25/01/2017    1 recensioni
Nulla sconvolge il grigio e monotono mondo di Scott, tranne Dawn, la ragazza che gli ha rubato il cuore ai tempi del liceo e che non vede da anni. E quando finalmente la rincontra, i due si lasciano andare ad un momento di passione, sempre sognato da entrambi, prima di dirsi addio nuovamente. O almeno questo è quello che pensa lui, perché due mesi dopo a bussare alla sua porta è proprio la bionda con una sconvolgente notizia: aspetta un bambino! Scott non accetta quell'improvvisa bomba nella sua vita, non è in grado di prendersi cura di un bambino. Come se non bastasse in paese lo odiano tutti, complice il comportamento orribile dei suoi genitori nei confronti della comunità, e sa che per suo figlio crescere accanto a lui significherebbe vivere le stesse situazioni orribili che ha vissuto egli stesso nella sua infanzia, trasformandolo nel mostro che è ora. Dawn però è caparbia, tenace e non si arrende: vuole un padre per suo figlio e l'uomo che ama per sé. Ed è disposta a tutto pur di farsi accettare da lui, anche sconvolgere la vita degli abitanti di quel piccolo paese, portando alla luce segreti e crudeltà ancora da scontare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 3

 

 

Anche quella giornata era meravigliosa, pensò Dawn, ammirando dalla finestra l'alba che si rispecchiava nelle acque cristalline del lago. Erano passate ormai due settimane dal suo arrivo in quel paese e per fortuna aveva legato con tutti i dipendenti di Caroline ed anche con la donna, per quanto questa si sforzasse di non darlo a vedere. Tutto andava per il meglio, nausee mattutine a parte, anche se non riusciva a dimenticare le parole di Scott. Aveva udito tutto ciò che lui e Caroline si erano detti il giorno in cui questa lo aveva scacciato imbracciando il fucile, ed anche se non l'avrebbe mai ammesso apertamente, era rimasta molto ferita dal comportamento del ragazzo. Certo, sapeva che sarebbe stato difficile, soprattutto perché il rosso non aveva ancora realizzato appieno di star per diventare padre e le responsabilità che ciò comportava. Ma anche quando l'avrebbe realizzato, sarebbe cambiato qualcosa? Lei pregava la madre terra di sì, perché voleva davvero che suo figlio crescesse con un padre.

Si portò un mano al ventre e sospirò. «Farò del mio meglio, piccolino.» Promise.

Non si sarebbe arresa alla prima difficoltà ed alla fine l'amore l'avrebbe spuntata, se tutto fosse andato per il meglio... no! 
Andrà tutto bene!, si disse.
Caricata della sua solita positività, scese in cucina per preparare la colazione. In quelle settimane lei e Caroline avevano trovato un equilibrio abbastanza solido, lei preparava tutti i pasti della giornata ed in cambio la donna le permetteva di continuare a soggiornare lì. Non era stato facile convincerla, visto che ogni volta che aveva tentato di aprire bocca per parlare la burbera anziana le ordinava di stendersi o sedersi, senza ascoltarla.
Ma alla fine era riuscita a spuntarla, come sempre.
Lanciò un lungo sguardo alla cucina, trovandola ancora deserta e senza traccia di un qualunque recente passaggio, quindi Caroline stava ancora dormendo e lei si era di nuovo svegliata presto a causa della nausee che, puntuali, ogni mattina la tiravano giù dal letto alle cinque.
Si avvicinò al frigo e tirò fuori un po' di pancetta, delle uova ed iniziò a trafficare con i fornelli. Le sarebbe piaciuto cucinare anche per Scott, ma difficilmente lui sarebbe stato d'accordo. Be', prima o poi avrebbe ceduto, ne era certa. E poi... lei cucinava davvero bene!

***

C'erano tantissime cose che infastidivano Scott, i ratti che camminavano per la cucina ad esempio, o la mancanza di birra in frigo; come in quel caso. Diede un calcio alla porta dell'elettrodomestico e masticò qualche imprecazione, aveva bisogno di alcol per superare quella giornata che di bello aveva ben poco.
Non aveva quasi chiuso occhio quella notte, la mente era stata di nuovo invasa da pensieri che riguardavano Dawn, il bambino e di quanto lui fosse uno stronzo senza spina dorsale. Inoltre, sapere che in paese non si parlava d'altro lo rendeva furioso e nervoso, non poteva evitare di recarsi lì per sempre e prima o poi avrebbe dovuto scontrarsi con le vecchie megere che aspettavano solo l'occasione buona per rimbeccarlo. Come se ora, dopo anni, si preoccupassero della sua educazione. Patetiche. 
Si passò stanco una mano tra i capelli, e decise di recarsi alle stalle per dar da mangiare a quei poveri e pochi animali che ancora possedeva. Gli unici che non lo guardavano con disprezzo o giudicavano, anche perché a loro interessava solo ricevere la propria razione di cibo e poter brucare in pace l'erba che cresceva nei suoi campi abbandonati, non interessarsi della sua vita privata - comportamento che molti avrebbero dovuto imitare -. Per fortuna di erba lì ce n'era davvero molta... 
Afferrò velocemente il cappotto dall'appendiabiti ed uscì di casa per dirigersi nelle stalle, e come al solito la decadenza di quel posto amplificò il suo cattivo umore. Ricordava ancora lo splendore di quella fattoria, da bambino si sentiva così felice e fortunato di vivere lì nonostante i suoi genitori, prima che ogni traccia di candida gioia lo abbandonasse.
Sua madre e suo padre non si erano minimamente preoccupati della gestione di quel posto, spendendo tutti i loro soldi in viaggi, alcol, gioielli ed altri vizi che sicuramente non avevano mai potuto permettersi. Ed alla fine, erano arrivati al punto di non riuscire nemmeno a pranzare. Il risentimento per i suoi genitori era palese e molte volte aveva pensato di lasciare quel posto, ma per andare dove se non aveva un solo spicciolo? Era già tanto che avesse convinto i suoi a mandarlo a Toronto per il suo ultimo anno di liceo. Aveva lavorato mesi per racimolare la somma necessaria al viaggio, ed una volta lì si era mantenuto facendo qualche lavoretto part-time. Non era stato facile lavorare per poter pagare l'affitto e studiare per riuscire a diplomarsi, ma ce l'aveva fatta - con buoni risultati, tra l'altro -. Ed era proprio lì che aveva conosciuto Dawn, ricordava ancora l'esatto momento in cui i suoi occhi si erano posati su di lei; quel giorno era in ritardo per l'inizio delle lezioni ed aveva percorso il vialetto alberato della scuola con una fretta che aveva tentato inutilmente di celare. Era sempre stato brillante negli studi, anche se negli ultimi anni i suoi voti erano calati visibilmente e solo in quella città così lontana era riuscito ad impegnarsi di più, nonostante il lavoro, e non voleva rischiare che un ritardo influisse sulla sua media. All'improvviso, un lucente raggio di sole - così insolito per quel freddo giorno di dicembre - aveva attraversato le pesanti nuvole scure per posarsi sulla familiare testolina bionda che più volte aveva visto aggirarsi per il liceo. Ed era stato allora che i suoi occhi avevano incontrato la figura angelica della ragazza. Dawn se ne stava seduta contro un albero, gli occhi chiusi e l'espressione serena illuminata da quel raggio di sole sfuggito dal cielo. Le era sembrata un angelo, una creatura eterea scesa in terra per portare la pace. Era rimasto fermo a fissarla per molto tempo, dimenticandosi del ritardo, fino a quando lei non aveva aperto i suoi occhi grigi puntandoli su di lui e regalandogli un sorriso così dolce da ferirlo. Si era sentito sporco, indegno di quel sorriso così caldo e sincero, troppo corrotto per essere fissato da una tale creatura. Così, spaventato da simili emozioni, era scappato via sperando di non incontrarla mai più. Ma così non era stato, perché entrambi frequentavano il corso di botanica e si era ritrovato a parlare con lei più volte, troppe volte, scoprendo quanto la ragazza fosse forte nonostante il suo aspetto fragile. Come lui, anche lei era un'emarginata, tutti la etichettavano come "la squilibrata delle auree" proprio perché la ragazza affermava di poter leggere l'aura di una persona. L'aveva provato sulla sua pelle quello strano "potere" e doveva ammettere che la bionda aveva visto cose del suo passato che nessun altro sapeva, inquietandolo. Questo era stato uno dei motivi per cui aveva iniziato a trattarla con più freddezza del solito, riprovando per la prima volta dopo anni l'orribile sensazione del rimorso, ma Dawn non si era lasciata intimidire ed aveva continuato a parlargli e stargli vicino. Era così dolce e pura, ma allo stesso tempo forte e consapevole del male umano. 
Non poteva restare lì, lui non aveva nulla da dare né a lei né al bambino, a parte i guai. E quel piccolo esserino che cresceva dentro di lei sarebbe stato etichettato come un poco di buono solo perché figlio suo, quindi l'unica cosa di veramente utile che poteva fare per loro era tenerli lontani da se stesso e da tutto ciò che lo riguardava. Ormai non era più in grado di amare ed alla fine quel bambino avrebbe finito per odiarlo, proprio come lui odiava i suoi genitori. Dawn, buona com'era, credeva davvero che sarebbe potuto essere un buon padre, ma si sbagliava. Doveva farle capire che la cosa giusta da fare per lei ed il bambino era andare via, lontano da lui e dall'oscurità che lo logorava dentro.
Entrò nelle stalle con un macigno nell'anima, ma si disse che era causato solo dall'amarezza e dal disgusto verso se stesso. Non era mai stato in grado di farsi amare, per quanto ci avesse provato, ed avrebbe trasmesso quella maledizione anche a suo figlio, l'avrebbe corrotto e non poteva. Il muggito delle mucche gli ricordò che aveva un lavoro da fare e non poteva perdersi in simili pensieri in quel momento e né mai, in verità.

***

«Vi ho portato della limonata!» Esclamò Dawn, avvicinandosi a Caroline e ai dipendenti della fattoria che quella mattina si trovavano occupati a rinforzare un recinto.

«Scricciolo, non dovresti essere in casa a riposare?» La riprese la donna, lanciandole un'occhiataccia contrariata che per poco non la fece sbuffare, cosa non da lei. Ma ormai erano giorni che Caroline le stava sul collo, dicendole quello che poteva o non poteva fare - quasi nulla - ed ormai non ne poteva proprio più. Stare ferma la rendeva nervosa ed inquieta, ancor di più perché era ospite di una signora non più nel fiore degli anni e lei odiava essere un peso.

«Lasciale un po' di aria, Vecchiaccia! L'angioletto sa che non deve stancarsi, e poi stare all'aperto può farle solo bene.» La difese Anderson, guadagnandosi un sorriso di gratitudine da parte sua. L'uomo e gli altri dipendenti prendevano spesso le sue parti quando Caroline le ricordava con insistenza di dover stare a riposo e non in giro a passeggiare o dare una mano. Si era ormai affezionata a tutti loro, guadagnandosi l'appellativo di "angioletto" che all'inizio l'aveva fatta imbarazzare un po'.

«E va bene.» Si arrese in fine la padrona di casa, prendendo un bicchiere di limonata dal vassoio che la ragazza stringeva tra le mani. «Ma appena ti senti anche solo un po' stanca torni dentro, chiaro?»

Dawn sospirò esasperata ed annuì, mentre distribuiva a ad ognuno dei dipendenti un bicchiere della bevanda rinfrescante. Vederli tutti all'opera scatenava in lei il desiderio di aiutarli, ma sapeva che se solo ci avesse provato... be', Caroline l'avrebbe chiusa a chiave in camera. Quella donna si preoccupava troppo, ma era anche per quello che le voleva bene e non riusciva a capire perché i suoi figli ed i suoi nipoti non la comprendessero o apprezzassero.

«Lo farà, non rompere sempre con le stesse raccomandazioni, Vecchiaccia.» Di nuovo Anderson prese parola al posto suo facendo ridacchiare tutti, lei compresa.

«Torna a chiamarmi Vecchiaccia e ti metto a spalare letame per i prossimi sei mesi, chiaro Andy?» Lo minacciò Caroline, impugnando intimidatoria il martello. Quella donna era pericolosa con qualsiasi oggetto contundente - o non - tra le mani, da un fucile ad un martello, ma lei sapeva benissimo che non avrebbe mai usato nessuno dei due per far del male agli altri.

«Va bene, scusa.» L'uomo alzò le mani in segno di resa, anche se il suo sorrisetto malizioso e divertito faceva intendere che non si era arreso per nulla. Quei due formavano proprio una bella coppia, si ritrovò a pensare la ragazza, e sicuramente Andy provava qualcosa per la scorbutica padrona di casa.

«Sai cosa? È meglio che vada a fare la spesa o non risponderò più delle mie azioni.» Borbottò la donna, lanciando la sua arma sul terreno ed incamminandosi verso casa.

«Non dovresti farla arrabbiare così, alla sua età.» Disse uno dei braccianti, rivolto ad Anderson, che scrollò le spalle incurante.

«Quella donna è più sana di te, credimi.» Commentò ironico lui con uno strano luccichio negli occhi, alimentando i sospetti di Dawn.

«Scricciolo?!» La chiamò all'improvviso Caroline, ferma a metà strada. «Allora, vieni o no?» Chiese esasperata, come se avesse dato per scontato che lei l'avrebbe seguita.

«Oh, sì, certo!» Urlò a gran voce per farsi sentire. Salutò gli uomini che avevano ripreso a lavorare e corse dalla donna. «Non sapevo volessi compagnia.» Si giustificò una volta raggiunta.

«Non potevo di certo lasciarti lì da sola, li avresti convinti a farti fare qualcosa.» Fu il semplice commento della donna.

Dawn si ammutolì, non sapendo che dire. Era vero, di sicuro alla fine avrebbe chiesto agli uomini di dare una mano, convincendoli, e constatare quanto quella donna la conoscesse bene dopo solo una settimana in quel posto, la lasciava sbalordita. Era sicura che nemmeno i suoi genitori la conoscessero così bene, non dava la colpa di ciò a loro naturalmente; sapeva di essere una ragazza riservata e chiusa, quindi non poteva incolpare sua madre e suo padre per lo scarso rapporto "confidenziale" tra di loro. E poi, non avevano proprio nulla in comune di cui parlare; lei adorava la natura, sua madre la detestava; lei nutriva un'amore incondizionato per gli animali, suo padre invece teneva lontano qualsiasi "bestiaccia" pelosa e non. Inoltre credevano che sua nonna, ormai scomparsa da anni, l'avesse ammattita con la storia del riuscire a vedere e leggere le auree, di conseguenza lei era solo una povera pazza da internare.
Sospirò tristemente, sapendo che tra lei ed i suoi genitori non ci sarebbe mai stata quell'intesa che vedeva nei telefilm. Almeno l'amavano, questo lo sapeva e doveva ritenersi fortunata, a Scott non era capitata la stessa fortuna con i suoi.

Il suo povero Scott... così buono e capace di infinito amore, dalla vita non ne aveva ricevuto nemmeno un po'. Le salirono le lacrime agli occhi al solo pensarci, nel pensare che un povero bambino innocente fosse dovuto crescere così in fretta, scontrandosi col lato gelido e crudele dell'essere umano fino ad esserne quasi del tutto corrotto. Quasi però, lei sapeva che c'era ancora del buono in lui, lo aveva letto nei suoi occhi prima che nella sua aura. Perché le bellissime iridi blu di Scott non avevano segreti per lei, e qualcosa nel profondo di se stessa le diceva che lui era l'amore della sua vita e che valeva la pena rischiare.

«Sali in macchina, Scricciolo, non abbiamo tutta la giornata.» Le ordinò Caroline, riportandola al presente.

«Ti perdi molto spesso in pensieri, eh?» Le fece notare la donna, una volta che si fu accomodata accanto a lei.

«Be'... credo di sì, a volte preferisco ragionare da sola che con altri.»

La donna annuì distrattamente ed esclamò: 
«Bene! Perché dove andremo dovrai tenere la bocca ben chiusa per evitare che ti cavino con l'inganno informazioni di vitale importanza.»

Dawn sgranò gli occhi allibita. «Ehm... stiamo andando in centrale per un interrogatorio?»

«Peggio, molto peggio...» Sussurrò con orrore Caroline e questo agitò la bionda; qualsiasi cosa riuscisse a far tremare di paura quella donna, doveva essere tremendo.

***

La vecchia e sudata Jamie Lynn, entrò in negozio irritata da una infruttuosa caccia al tesoro avvenuta nella dispensa dove riponevano la merce appena arrivata.
«Patty! Santo cielo, dove hai messo il carico di gelatine alla frutta appena arrivato?» Chiese alla sorella, che se ne stava comodamente seduta dietro alla cassa a leggere una di quelle insulse riviste di gossip.

«Perché vieni a chiederlo a me? Sei sempre tu quella che supervisiona la merce, visto che io sono troppo "svogliata e confusionaria". Se non erro furono queste le tue parole quando mi offrii di aiutarti.» Storse il naso infastidita, l'altra.

«Certo, perché buttavi tutto alla rinfusa sugli scaffali!» Si difese la donna, troppo stanca per portare realmente avanti un battibecco che si sarebbe dilungato per troppo, conoscendo Patty.

«Ad ogni modo, io non so un bel niente delle tue gelatine scomparse.» La sorella fece spallucce e riprese a leggere la sua amata rivista, incurante dei problemi che affliggevano la sorella maggiore.

«Oggi è venerdì e sai cosa significa? Che se quella vecchia bocca larga di Theresa non trova le sue amate gelatine alla frutta, ci molesterà i timpani per un bel po' sulla nostra inefficienza nel procurare alla cittadinanza ciò che serve per vivere.» Le ricordò con stizza lei. 
«Come se delle gelatine potessero addolcire il suo animo orribile o aiutarla a vivere meglio.» Pronunciò subito dopo tra sé.

«Lo sai che Theresa si lamenta per qualsiasi cosa, sono anni che ti consiglio di ignorarla e dovresti finalmente darmi ascolto.» Tentò di calmarla Patty, senza nemmeno alzare lo sguardo dalla rivista.

«Lo sai che non ci riesco quando si tratta di lei! Quella donna tira fuori il peggio di me.» Sbuffò, sentendo arrivare il familiare bruciore di stomaco legato alla donna anche solo nel pensarla.

Patty sospirò al limite della sopportazione, abbandonò finalmente la rivista sul bancone e si accinse a rimproverarla per l'ennesima volta sull'insensato odio tra lei e la lavandaia, ma venne interrotta da Wanda, la moglie del sindaco, che fece il suo ingresso in negozio con la grazia e raffinatezza che sempre la distinguevano.

«Salve signore.» Le salutò la donna, col solito buonumore che la caratterizzava. «Spero che stamane vi siate svegliate serene e riposate, o comunque dell'umore adatto a sopportare la massa di gente che tra poco accorrerà qui.»

«Quale massa di gente?» Chiese con orrore Jamie Lynn, quel giorno non aveva proprio la forza di sopportare nemmeno il ronzio di un'ape figuriamoci un calca di gente impazzita come quella che viveva lì.

«Quella che irromperà qui dopo che Caroline e l'amichetta del giovane Douglas se ne saranno andate.» Rispose serafica la donna, fissando indecisa due tipi diversi di yogurt dal banco frigo.

«Caroline e la ragazza nuova stanno per entrare qui?» Sua sorella scattò subito sull'attenti, gettando la rivista tanto amata nel cestino. Ovviamente che senso aveva leggere i pettegolezzi dei personaggi famosi quando in quel paese si stava scatenando una battaglia su chi si sarebbe fatto prima gli affari dei Douglas, di Caroline e della nuova misteriosa ragazza?

«Sì, è quello che ho detto.» Wanda afferrò una confezione di yogurt ai mirtilli e si avvicinò alla cassa, nello stesso istante Caroline fece il suo ingresso nel negozio, seguita da un bionda minuta e graziosa.

«Buongiorno...» Borbottò svogliatamente la burbera donna, com'era suo solito.

«Buongiorno a te, Caroline. Il buonumore è sempre la tua caratteristica più... lampante.» La salutò sarcastica sua sorella, facendole roteare gli occhi al cielo disperata. Patty non sapeva mai quando era il momento di chiudere o aprire la bocca, e visto ciò che ne usciva era meglio se la teneva chiusa, la bocca.

«Sì, gli abitanti di questo posto mi mettono tanta allegria...» Rispose Caroline con lo stesso tono.

«Chi è la graziosa ragazza che ti accompagna, Carol?» Intervenne lei, sedando altre stupidaggini della sorella e ponendo la fatale domanda che fino a quel momento era rimasta muta in tutte loro ma chiaramente percepibile.

«Lei è Scricciolo, un nuovo aiuto alla fattoria.» Rispose lapidaria la donna, facendo subito capire che non avrebbe rivelato nient'altro sulla ragazza al suo seguito. Soprattutto nulla che potesse alimentare le chiacchiere già in corso.

«Io sono Dawn, piacere.» La vocina un po' intimidita della ragazza spostò gli sguardi di tutte - eccetto quello di Caroline - su di lei. Jamie Lynn provò un senso di tenerezza immediato verso di lei, sicuramente essere al centro dei pettegolezzi di un paesino straniero non doveva essere facile per quella poveretta; e pensare che era lì da meno di due settimane!

«Ma che carina sei!» Esclamò smielata sua sorella. «Io sono Patty, e quel goblin scorbutico laggiù», puntò lei «è mia sorella Jamie Lynn.»

La biondina si lasciò scappare un risatina divertita mentre Caroline sbuffava spazientita.
«Sì, sanno tutte chi siete, ora potreste svolgere il vostro lavoro e chiedermi il motivo per cui sono entrata qui dentro?»

Patty alzò gli occhi al cielo e sospirò teatralmente.
«Mia cara Caroline, non credo che la vecchiaia ti abbia reso così demente da non ricordarti più il motivo esatto per cui sei entrata nel nostro negozio, ma se proprio vuoi una mano... suppongo che tu sia qui per fare la spesa.»

La donna la fulminò con una delle sue tremende occhiatacce prima di voltarsi verso di lei ed esclamare: 
«Per quale motivo non l'hai ancora uccisa?»

«Me lo domando ogni giorno anche io, credimi.» Le rispose.

E finalmente, dopo quell'inutile scambio di battute, sua sorella si mise a lavorare, chiedendo alle due nuove arrivate il motivo del loro ingresso lì, come aveva chiesto Caroline. La vecchia arpia, come la chiamavano tutti eccetto lei, comprò le solite cose ed uscì in fretta dal negozio, trascinandosi bruscamente la ragazza dietro. Per chiunque altro quello sarebbe sembrato un gesto di scorbutica prepotenza, ma non per lei; conosceva troppo bene Carol da poter indovinare facilmente il motivo delle sue azioni. Aveva agito in quel modo solo per non permettere a loro - in particolare a Patty o Wanda - di fare altre domande a Dawn o di strapparle promesse come "vieni a trovarci qualche volta, ti faremo fare il giro del paese". Caroline si era affezionata a quella ragazza e Jamie Lynn pregava che non soffrisse di nuovo come aveva sofferto - e soffriva tutt'ora - per l'abbandono dei figli. Stupidi ingrati, non avevano minimamente idea dei sacrifici che la donna aveva fatto per loro e non avevano mai imparato a comprenderla, troppo accecati dall'egoismo per capire che la faccia da scorbutica allevatrice non era altro che un modo per proteggersi e nascondere emozioni che l'avrebbero resa più vulnerabile agli occhi altrui. Lei la conosceva sin da quando erano entrambe bambine, sapeva riconoscere ogni emozione nascosta dietro un particolare gesto. Caroline era sempre stata così, si nascondeva dietro un muro di prepotenza per affrontare i genitori troppo severi e le malelingue verso la sua famiglia. Anche per questo motivo si era affezionata tanto a Scott, chi meglio di lei comprendeva la sofferenza di quel ragazzo? Ma, a differenza della donna, lui da piccolo non si era mai nascosto dietro muri di vetro, era sempre stato dolce ed ingenuo, forse troppo; per questo motivo quando alla fine l'oscurità aveva prevalso, non era stato in grado di vincerla.
La gente di quel posto si era dimenticata della bontà di quel bambino ormai uomo, di come tutti i giorni andasse lì a dare una mano in negozio, sempre pronto ad aiutare gli altri e rendersi disponibili per tutti. Anche lei si era affezionata a Scott, e a differenza degli altri non aveva dimenticato.

Diede le spalle alle donne appena entrate in negozio per sapere, come aveva avvisato prima Wanda, altri dettagli sulla nuova ragazza. Amare lacrime percorsero il suo volto, ormai rugoso e segnato dall'età, nel notare che tutti in quel posto erano interessati solamente a rompere la loro noiosa monotonia ficcando il naso negli affari altrui e puntare il dito su bambini innocenti, segnandone già il futuro. In quel momento desiderò tanto essere abbastanza forte da reprimere, anche solo per qualche attimo, le emozioni; ma a differenza di Caroline lei era sempre stata la più emotiva delle due. Si asciugò le lacrime e raggiunse la sorella.

«È una ragazza dolcissima.» Stava dicendo lei, raccontando alle "clienti" appena entrate tutto ciò che si era svolto poco prima in quel negozio, teatro di troppi pettegolezzi negli ultimi tempi. «Non capisco proprio in che modo una ragazza simile si sia lasciata incantare dal figlio di quei due.» Continuò con sprezzante odio sua sorella, venendo appoggiata da qualche borbottio d'assenso.

«Forse, dolce com'è, avrà creduto di poterlo cambiare.» S'intromise Wanda, posando sul bancone un'altra confezione di yogurt ai mirtilli.

«Nessuno può cambiare il sangue marcio di un Douglas.» Commentò Linda, la moglie del panettiere, e questo la fece infuriare. Proprio lei avrebbe dovuto ricordarsi di come Scott fosse dolce e puro, visto che all'epoca il bambino passava quasi tutti i giorni al forno per dare loro una mano e poter racimolare qualche soldo.

Strinse i pugni e si voltò verso quelle stupide megere. 
«Sangue marcio? Ma avete mai la decenza di pensare prima di parlare? Avete sempre trattato quel ragazzo, sin da piccolo, come un mostriciattolo radioattivo e per cosa? Solamente perché era - ed è - figlio di Ashley e Vincent?» Lanciò loro uno sguardo carico di disprezzo e le vide sgranare gli occhi sorprese. «Quel bambino non ha mai chiesto altro che di essere accettato, aiutava tutti, anche chi lo trattava come un vecchio straccio e l'ha sempre fatto con il sorriso sulle labbra e voi... voi avete sempre riversato su di lui l'odio che provate verso i suoi genitori. Poi vi stupite di ciò che è diventato, non pensando nemmeno per un secondo che la colpa potrebbe essere anche vostra. Sangue marcio, dite, eppure io mi domando chi tra di voi non lo sia.»

  
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