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Autore: BellinianSwan    26/01/2017    1 recensioni
"Posò poi lo sguardo su di un ritratto che lo attrasse magneticamente con cieca irrazionalità. Vide due occhi neri fieri, apparentemente impregnati di uno scopo, di un mordente per cui vivere, allargò lo sguardo all'intera figura e si sentì ancora più solo al mondo, lei, chiunque fosse sembrava esperta dell'arte del vivere, quell'arte che era sempre stata refrattaria ad adattarsi alle sue sgradevoli sembianze. Eppure, uno sguardo più attento mise in luce gli angoli della sua bocca, carnosa e ben disegnata, leggermente piegati verso il basso, in un vano sforzo di resistere. [...] Sentì quella figura nel ritratto vicina, dannatamente vicina eppure distante anni luce, a causa di quella vaga luce che le ardeva negli occhi. Lei nonostante tutto aveva trovato un mordente, o forse indossava una maschera oramai divenuta un tutt'uno con il suo volto fiero."
- Gertrude Degl'Innocenzi è stata ispirata al personaggio protagonista del manga "La Rosa di Versailles", Lady Oscar -
Genere: Azione, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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"Le corna sono come le scarpe: tutti nella vita ne hanno avuto almeno un paio."
Anonimo 



 

Giacomo si svegliò presto, dopo una notte agitata, popolata di strazianti ricordi e presentimenti. Fece chiamare il cocchiere, per raggiungere il gabinetto di Viesseux.

- Cocchiere, temo saremo obbligati a chiamare la scorta... e beh... il soldato che ci ha scortato ieri, ha fatto un ottimo lavoro...

Disse abbassando lo sguardo.

- Non so dove sia, Eccellenza, mi dispiace. Credo che adesso sia a casa a dormire, dato che ieri ha fatto il turno di notte...

- Capisco...

Mormorò Giacomo pensieroso.

- Dove debbo accompagnarvi, Vostra Eccellenza?

- Vi sarei grato se poteste accompagnarmi al gabinetto Viesseux, dato il pericolo... ad ogni modo, conoscete il soldato che v'ho menzionato in precedenza?

Chiese infine il poeta, arrossendo.

- No, Eccellenza, mi dispiace. Era incappucciato, mi è stato difficile riconoscerne il volto.

- Comprendo, buon uomo, vi ringrazio ugualmente. Ora andiamo al gabinetto Viesseux, devo rendere grazie ad alcuni amici senza i quali non sarei qui ora.

Disse Giacomo con velata tristezza.

 - Subito, Eccellenza. 

E gli aprì lo sportello della vettura, permettendogli di salire. Infine partirono verso il Gabinetto.  Quando arrivarono, Giacomo si trascinò giù dalla carrozza già esausto e strizzando gli occhi ulteriormente indeboliti dalla luce forte che filtrava attraverso le nuvole, vide due figure armoniosamente simmetriche ed eleganti. Si stavano avvicinando al portone, erano un uomo e una donna abbigliati di tutto punto, si avvicinò loro con passo incerto. Morbidi boccoli color castano carezzavano esili spalle bianche come la neve fresca, su una tanto delicata carnagione come potevano non risaltare due labbra rosse come boccioli di rosa che parevano scolpite da Michelangelo.

- Sono esausta, e questo corsetto mi dà tormento...! 

Cinguettò osservando di sott'occhio il suo interlocutore. 

- Ad ogni modo non potete far nulla per me, in proposito... 

Proseguì maliziosamente, ostruendosi la bocca col suo ventaglio di pizzo perfettamente in tinta con i suoi guanti e con l'abito color panna. Giacomo sentì il cuore accelerare inspiegabilmente, si avvicinò ulteriormente e accennò ad afferrare il battacchio per bussare. 

- Acciderbolina! - Squittì la donna - Un ospite di Giovan Pietro di cui non conosco il nome, buon Dio, Alessandro, permettetemi di rimediare! 

L'uomo si avvicinò a Giacomo e accennando un inchino si presentò:

- Sono Alessandro Poerio, patriota e poeta, piacere di fare la vostra conoscenza. 

Giacomo si inchinò a fatica e mormorò:

- Conte Giacomo Leopardi da Recanati. 

Vide gli occhi della donna puntati addosso e arrossì visibilmente. 

- Posso permettermi di presentarvi la contessa Fanny Targioni Tozzetti, moglie dell'illustre chimico e biologo Antonio... 

La donna nel frattempo si era elegantemente seduta su una panca a fianco del portone, con le gambe lievemente distese in avanti per riposare i piedi dai tacchi. Giacomo si avvicinò a lei accennando un inchino ma inciampò maldestramente nei suoi piedi finendo per cadere in avanti. Conficcò convulsamente le unghie nelle cosce della donna e si ritrovò le labbra appoggiate al suo generoso décolleté. Pensò di morire. Si rialzò a fatica e vide che la donna, pur trattenendo a stento le risate non era per nulla sconvolta dell'accaduto, come se fosse particolarmente avvezza a tali evenienze. Giacomo si rimise in piedi paonazzo per la vergogna. 

- Non era mia intenzione, assolutamente, chiedo venia... 

Mormorò quasi in lacrime. Sollevò lo sguardo e vide un cavaliere incappucciato sferzare il cavallo, allontanandosi con furore dalla piazza.  

- Maledetto... Che siate maledetto!

Urlò con voce tremante per la via e il suo grido riecheggiò tra i palazzi e i vicoli, facendo voltare tutti verso di sé. Li aveva visti. Li aveva visti, le aveva baciato il petto! A cosa erano servite le carezze e i baci a quelle sue mani così delicate e candide? Sentì il pianto scuoterle nuovamente le membra dopo tre interminabili anni.

Giacomo inspirò a fondo sperando che i suoi sospetti circa l'identità del cavaliere fossero infondati, ma sapeva benissimo che il suo cuore e il suo istinto non mentivano.

- Voi conoscete i soldati?

Chiese d'improvviso alla donna ansimando lievemente in preda all'ansia

- Certamente, ma... come ho potuto... perdonatemi, contessa... temo di non essere al meglio quest'oggi

Mormorò muovendo rapidamente lo sguardo a destra e a manca.

- Alessandro, n'è vero? Bussate voi, vi prego!

Poerio si riprese dall'accaduto che lo lasciò non poco confuso e si schiarì la voce tornando alla realtà e riscuotendosi. Bussò e un valletto aprì porgendo le solite domande.

- Sono Alessandro Poerio e con me vi sono la Signora Targioni Tozzetti ed il Conte Giacomo Leopardi.

Giacomo si tranquillizzò un poco nel rivedere tutti quei volti amici.

- Non vi ringrazierò mai abbastanza per avermi permesso d'essere qui...

Disse accennando un sorriso, poi si rivolse a Ranieri, felice di rivederlo:

- Ho così tanto da dirvi...

Mormorò con angoscia. Vide che la contessa li stava osservando, sbattendo le lunghe ciglia.

- Oh, Conte Leopardi! Sono lieto infinitamente di rivedervi!

Affermò Ranieri avvicinandosi ai nuovi arrivati e dopo aver stretto la mano a Poerio e aver fatto un galante baciamano alla contessa, s'inchinò davanti al conte, stringendogli la mano.

- Sono passati tre anni. Sembrano un'infinità, n'è vero?

Gli disse sorridendogli gentilmente. A quel punto Viesseux intervenne:

- Il Conte aveva bisogno di trovarsi un impiego e di sentirsi nuovamente a casa... e dove trovare entrambe le cose se non nel mio Gabinetto?

- Certo che siete molto modesto, mio caro Viesseux!

Rispose Ranieri ridendo, suscitando il riso generale.

- Non posso certo negare il mio modesto contributo, tenendo in conto di quanto vi devo... - rispose Leopardi accennando un sorriso. - Per quanto concerne l'Antologia, non ritengo opportuno collaborare, non sarebbe onesto date le mie posizioni ideologiche.

Disse il poeta abbassando poi lievemente lo sguardo.

- Ma nell'Antologia non si tratta solo di politica, amico mio!

Intervenne il vecchio.

- Certamente... vi comunicherò la mia decisione in seguito, ad ogni modo... potete contare sulla mia collaborazione per articoli e critiche letterarie" rispose imbarazzato

- Ma certo, vedremo in seguito!

E così ebbe inizio l'ennesima riunione nel Gabinetto Scientifico-Letterario Viesseux,

- Ho sentito che c'è un nuovo pericolo, in città.

Disse Giacomo al Viesseux, notando lo sguardo di Fanny posarsi su di lui.

- Pericolo? Che genere di pericolo?

Chiese Viesseux sistemando dei libri sulla scrivania.

- Quando Sono giunto a Firenze m'hanno obbligato ad accettare la scorta...

Mormorò quello, tenendo gli occhi bassi e osservando di sottecchi le bianche mani della contessa, ne era irrazionalmente attratto, sebbene se ne vergognasse enormemente

- Ah, sì... beh... nelle scorse settimane ci sono state due aggressioni notturne.

- Aggressioni... a danno di chi? È una mossa politica o semplice brigantaggio?

Chiese Giacomo, allarmato.

- Non si sa ancora. Per adesso le aggressioni sono state troppo poche per poter indagare.

Intervenne Poerio.

- Hanno rubato degli oggetti di valore?

Chiese Ranieri.

- Sì, i sopravvissuti hanno lasciato dichiarazioni in cui dicevano che avessero una benda dal naso in giù, si vedevano solo gli occhi. Sembrano dei ladruncoli. Però non hanno ferito nessuno. Almeno finora...

Continuò Alessandro.

- Ad ogni modo, non c'è nulla da temere, è ancora a Firenze quel soldato senza pietà, n'è vero?"

Disse Giacomo con una punta di curiosità. Viesseux scoppiò a ridere, divertito. Era un modo per rassicurare sé stesso e gli altri.

- Ma certo che sì! Fino a quando il Granduca lo pagherà abbastanza, s'intende. Sapete come sono i mercenari...

Giacomo abbassò lo sguardo.

- I mercenari sono persone volubili, n'è vero? Non che ne abbia avuto esperienza, non ne ho mai conosciuto uno, ad ogni modo di lor si dice ciò.

- Molto, mio caro Giacomo. Molto.

Rispose l'altro per poi prendere un sorso d'acqua dal bicchiere alla sua sinistra.

- Pagano bene costui?

Intervenne Fanny

- Il Granduca non è un datore di lavoro come tutti gli altri...

Continuò il vecchio.

- Che intendete...? Suvvia non fate il misterioso... - squittì Fanny - non vedete com'è interessato il conte Giacomo?

- Mia carissima signora, il Granduca è il Granduca.

Aggiunse Poerio.

- Vi proibisco di provocarmi così... rispondetemi, signori!

Aggiunse stizzita, guardando Ranieri implorante. Quello si voltò verso la donna e sorrise. 

- Ebbeh, signora mia. Cosa volete aspettarvi dal Granduca di Toscana in persona? È l'uomo più potente di tutta la Toscana. Oibò, Voi dovreste saperlo meglio di me, dato che siete di qui. O sbaglio?

La contessa abbassò lo sguardo senza levarsi dal volto il sorrisetto malizioso che l'adornava. 

- In vero, ho avuto modo di conoscere il Granduca in parecchie occasioni, per via di mio marito, s'intende. 

S'affrettò ad aggiungere mentendo visibilmente e Ranieri, vedendo quella situazione irritante, si alzò dal suo posto ed andò a sedersi accanto al poeta. Quella smorfiosa era lì da soli dieci minuti e già gli stava dando sui nervi.

- Conoscete la signora contessa, Antonio?

Chiese Giacomo, felice che Ranieri gli si fosse seduto accanto.

- Solo per sentito dire... - E poi mormorò: - Maronn'o Carmene quant le odio e' femmene accussì.

- Per... sentito dire? Per via del marito, immagino.

- Sì... chell è più cornut di nu cerv."

Giacomo arrossì improvvisamente. 

- Io... veramente credevo fosse conosciuto per i suoi studi di biologia e chimica... non mi dite che questa è la sede in cui tradisce il marito. 

Ranieri scoppiò in una risata divertita e diede una pacca sulla spalla all'amico al suo fianco. 

- Eccellé... - cominciò cercando di trattenere le risate e gli si avvicinò all'orecchio. - Eccellenza, chella va cu cani e porci. Le conosco le femmene comm a' issa. Prima li adesca... - disse facendo un gesto con la mano - e poi se li spolpa vivi.

Giacomo scoppiò a ridere, come non faceva da tempo, da troppo tempo. 

- Ad ogni modo, Giovan Pietro non è a rischio! 

Azzardò, cercando di rimanere serio.

- Tsé. Figuratevi! Chella la carne fresca, si piglia, altroché!

- Sempre uomini d'alto rango ad ogni modo, n'è vero?

Gli chiese, oramai magnetizzato da quella diabolica contessa dai guanti bianchi e dall'anima nera

- Ma che è? Vi piace?

Giacomo arrossì di fronte a tanta schiettezza. 

- Ma... che dite, suvvia nemmeno la conosco... - Incollò lo sguardo al pavimento. - E' forse stato un matrimonio combinato, il suo?

Ranieri sogghignò. 

Non c'è nulla di cui vergognarsi, signor Conte. E comunque, sapete meglio di me come funziona l'ambaradàn, no? I matrimoni combinati sono all'ordine del giorno, nei ranghi come il vostro...

- Non me ne vergogno... anche perchè... come v'ho detto, non la conosco nemmeno - insistette. - Ad ogni modo potrebbe essere questa, la cagione dei ripetuti tradimenti... forse se avesse incontrato chi avvesse saputo amarla davvero, forse...

Mormorò senza distogliere lo sguardo da quei guanti immacolati.

- Voi dite che non avrebbe fatto cornuto il marito suo? Bah, probabile.

Disse il Ranieri, quasi svogliato, guardando gli altri tre chiacchierare tra loro, mentre notava le continue occhiate della diretta interessata.

Giacomo estrasse dalla finanziera alcuni fogli scritti con la sua grafia maniacalmente pulita. 

- Vorrei che prendeste visione di questo mio componimento... - Mormorò porgendogli il manoscritto del "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia". - Il tema predominante è il mistero dell'esistenza, e le domande di senso destinate a riecheggiare insolute dell'immensità del cosmo, infinito e gelido.

Ranieri lo ascoltava mentre vedeva la contessa alzarsi e dirigersi verso di loro, poi lo guardò e prese i fogli.

- Davvero, Eccellenza? Ma... sapete che non ne capisco molto... Ci darò ugualmente un'occhiata, se ciò vi fa piacere.

Antonio non calcolò nemmeno di striscio la contessa, che nel frattempo si stava avvicinando sempre più, e prese a leggere su quei fogli che il poeta gli aveva dato.

- Si, mi farebbe molto piacere che voi leggeste codesto componimento, che, a dispetto di quanto dite voi, sono certo capirete... Ehm... i miei omaggi, contessa. 

Mormorò propendendosi in avanti verso Fanny che si stava avvicinando ancheggiando vistosamente

- Conte... ci siamo già conosciuti, non c'è bisogno di questi inutili e noiosi convenevoli. - Cinguettò. - Vedete il vostro amico? Lui non si degna nemmeno di salutarmi, chi troppo e chi nulla, non ci sono vie di mezzo a questo mondo...

Sospirò tirandosi indietro un boccolo e sbattendo vistosamente le ciglia. Ranieri fece finta di non aver sentito, continuando a leggere, ma poi ci ripensò e sollevò lo sguardo su di lei.

 - Perdonate, Signora Contessa, stava leggendo il manoscritto che sua Eccellenza mi ha gentilmente concesso di leggere. E comunque anche noi due ci siamo già conosciuti, mi pare, o soffrite forse di memoria corta?

Ranieri sorrise, cercando di farlo sembrare uno scherzo, ma infondo era ironico.

 - Direi che il David di Michelangelo è più simpatico di voi, oltre che ad essere più avvenente... - Squittì. - Ad ogni modo... - Inspirò a fondo e posò lo sguardo sul foglio che teneva fra le mani. - ... Posso posarci gli occhi o nutrite la convinzione che la letteratura non sia fatta per le donne?

Sfiorò delicatamente le mani di Ranieri con i guanti di pizzo, fissando Giacomo negli occhi.

- Non ne sono totalmente convinto, Contessa, ma dovreste chiederlo al Conte, non a me.

Rispose senza degnarla d'uno sguardo, senza dare importanza ai suoi tocchi e anzi, smosse le mani per raddrizzare i fogli che si erano piegati col peso. Un sottile modo per farle togliere le dita da sopra le sue, facendo un leggero sospiro.

- Ci... ci mancherebbe... leggete pure... mi lusinga il fatto che vogliate perdere il vostro tempo sui miei scritti... 

- Chi v'ha detto che è tempo sprecato... - mormorò Fanny quasi ansimando. - Perdonatemi, questo corsetto mi sta torturando, magari potessi liberarmene ora... 

Mormorò fingendosi assorta e guardando Ranieri diritto negli occhi.

- Eh... io non posso aiutarvi. Mi dispiace. - Rispose lui freddamente. - E gradirei leggere in santa pace, se Vostra Grazia non ha nulla in contrario. - Aggiunse guardandola sprezzante e infastidito.

- Siete così presuntuoso da ritenere che avessi chiesto il vostro aiuto? Vi deludo immediatamente... ad ogni modo poi dovete dare quel foglio a me... 

Sorrise compiaciuta posando un tacco sulle scarpe di Ranieri ed egli la fulminò con lo sguardo: 

- Scusatemi. Signora. 

Marcò la parola "signora" scostando malamente il piede, poi si alzò e si allontanò. Si posizionò vicino ad una delle finestre, avendo anche più luce.

Giacomo non capì che cos'era successo e seguì l'amico, scusandosi con la contessa, che lo seguì ridacchiando. 

- Il vostro amico non vuole ch'io legga il vostro componimento, forse è geloso di voi! 

Giacomo divenne paonazzo. 

Ma che dite... nemmeno per sogno, vi passerà quel foglio non appena avrà terminato.

Ranieri sbuffò poco signorilmente e si rivolse al Conte. 

- Conte, permettete 'na parola in privato?

- Certamente ma... prima facciamo leggere alla signora contessa. 

Rispose quello garbatamente, ma visibilmente a disagio. Ranieri porse gli scritti alla donna, con un sorriso forzato sulla faccia, come chi è sull'orlo di una crisi di nervi. 

- Prego, Contessa...

- Vedete che anche voi siete un gentiluomo, quando volete.... peccato vogliate quasi mai, quando avete a che fare con la sottoscritta...

Prese i fogli appoggiando nuovamente le dita sulle sue e lui di tutta risposta allontanò quasi immediatamente la mano, posando la stessa sulla spalla del poeta. 

- Vi prego, Conte...

Disse poi, rinnovando l'invito.

- Andiamo in fondo al corridoio, se v'aggrada.... 

Gli rispose il poeta, sperando che la contessa non vi si soffermasse. 

- Ci assentiamo per un momento, Contessa voi proseguite pure, se non comprenderete qualche cosa, sarò ben lieto di fornirvi una spiegazione...

Disse arrossendo, dopo di che Ranieri lo precedette, assicurandosi che lo seguisse. Quando furono abbastanza lontani, di voltò verso l'amico. 

- Statemi bene a sentire, amico mio, permettetemi la formalità, vi lascio questo consiglio come fossi vostro fratello: non fatevi ammaliare da quella donna. È una strega. Una donna come quella vi prende il cuore e ve lo fa in mille pezzi dopo averlo accarezzato tanto dolcemente. Ho visto come la guardate. È una bella donna, certo. Ma state attento. Lo dico per il vostro bene.

- State... tranquillo... mi lusinga la vostra preoccupazione, e vi confermo che anch'io vi considero un amico. Non cadrò nella sua trappola, anche se sinceramente m'è parso che stesse guardando voi...

- E come potete notare, non m'importa un fico secco di lei. Anzi, tra un po' credo che me ne andrò.

- Stimo la vostra determinazione. Meglio così, non c'è nulla di peggio che soffrire per amore...

- Adesso è meglio che vada a salutare gli altri. Statemi bene.

E gli sorrise dandogli una leggera pacca sulla spalla, sorridendo.

- A presto, Antonio. 

Mormorò il conte dirigendosi verso la contessa che teneva in mano il suo autografo. 

- Cosa ne pensate? 

Le chiese timidamente. 

Solo una persona di grande valore può scrivere cose tanto profonde. - Gli rispose sbattendo le ciglia. - Dev'essere bello avervi in amicizia...- Squittí infine, restituendogli il manoscritto.

Antonio, dopo aver salutato velocemente Viesseux e Poerio, stava uscendo e incamminandosi verso la porta, quando sentì le parole di quella donna e gli fu spontaneo ricordare all'amico l'avvertimento con una leggera gomitata, camuffando il tutto con un nuovo saluto a lui e alla dama. Non si degnò nemmeno di baciarle la mano, fece solamente un veloce inchino e poi si allontanò lasciando il povero Leopardi in pasto a una donna dai costumi poco nobili.

- Sapete, non ho molte amicizie, probabilmente per mio costume... 

Cercò di divagare Giacomo. 

- Vostro marito è molto noto qui a Firenze n'è vero?  

Lei lo guardò intensamente negli occhi. 

- Non parliamo di mio marito, è molto più interessante parlare di voi, un conte poeta che non concede a nessuno il suo sorriso. C'è sempre una prima volta d'altronde... 

Mormorò maliziosamente sistemandosi il décolleté, abbassando la poca stoffa che lo copriva.

- Contessa, non importunante il Conte, per favore! 

Esclamò improvvisamente Viesseux, ridendo.

 - Oh Giovan Pietro, così m'offendete! - Esclamò ironicamente appoggiandosi il ventaglio alla bocca. - Voi adorate parlare con me, n'è vero Conte? 

Giacomo annuí impercettibilmente. 

Si è fatto tardi... temo di dovervi lasciare, contessa... 

Le sfiorò la mano con le labbra e vide Fanny appoggiare con più forza la mano contro alle sue labbra. 

- A prestissimo, spero! 

Concluse lei, ridacchiando.  

 

 

   
 
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