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Autore: charly    28/01/2017    0 recensioni
La giovane regina di Issa è arrivata alla capitale di Rakon, dove si unirà in matrimonio con l’imperatore secondo gli usi della sua gente. Zaron manterrà la promessa fatta alla sua sposa e al padre di lei? E come si adatterà Deja a vivere alla corte di suo marito, dove le donne non hanno nessun peso politico?
Deja ignorò i bisbigli della corte, scrutava il volto di Zaron e lo vide spalancare leggermente gli occhi per la sorpresa alla vista dei tatuaggi rossi che le decoravano le mani, gli avambracci e salivano appena più su dei suoi gomiti.
[…]
I tatuaggi salivano fino al ginocchio. Aveva mezza idea di urlare addosso a Perla e alle altre ragazze per averla ricoperta di disegni. […] La sua corte doveva essere convinta che lui fosse stato smanioso di giacere con lei, e le nozze affrettate dovevano solo aver rafforzato questa idea.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il cuore di un drago'
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II. DOVE TU ANDRAI*

 
 
Mentre attendeva che l’aeronave attraccasse, Deja era tornata a essere un fascio di nervi. Continuava a toccarsi i capelli, acconciati e legati in modo da ricadere morbidamente sulla spalla sinistra e decorati con piccoli fermagli di diamanti che scendevano dalla corona come una cascata luminosa di gocce di rugiada. Anche Larissa era nervosa e le aveva sistemato innumerevoli volte la gonna e lo strascico, in modo che tutto cadesse perfettamente. L’abito, azzurro come i suoi occhi, aveva ricami in oro dalle forme geometriche ed era impreziosito da una cintura di acquamarina. Indossava il sigillo al pollice della mano sinistra, la lunga collana di sua madre con il pendente e a entrambi i polsi portava dei braccialetti a catenella in cui erano incastonati dei topazi della stessa tonalità.
Quando Larissa aprì la porta a Zaron, lui la guardò con approvazione, le sfiorò con un bacio la mano e la poggiò all’incavo del braccio. Deja inspirò profondamente ed espirando lasciò che tutto il suo nervosismo uscisse assieme all’aria, drizzò le spalle, gomito in fuori, mano poggiata sul corpetto e il volto atteggiato a imitare inconsciamente l’espressione “da stato” del padre.
Poco prima di uscire all’aria aperta, Zaron si fermò e si rivolse a lei.
- So che a Issa è comune cortesia che un uomo porga il braccio per accompagnare una signora, tuttavia qui a Halanda uomini e donne non si toccano spesso in pubblico. Se tu fossi una nobile rakiana ci si aspetterebbe che camminassi al mio fianco, a mezzo passo dietro di me. Come vuoi che ci presentiamo?
La mano di Deja, che era stata con leggerezza posata sull’avanbraccio di Zaron, si strinse.
- Se per te è lo stesso, preferirei avere il tuo braccio, mio signore.
Scendendo la breve rampa che li separava dal terreno Deja fu investita dall’aria calda e secca della capitale. Si guardò in giro velocemente, cercando di assimilare il più possibile i particolari dell’ambiente circostante.
Era notte ormai, il cielo era nero e pieno di stelle, la luna un piccolo spicchio argenteo, il campo su cui erano atterrati era spoglio, di polverosa terra battuta color ocra; sulla destra poteva vedere un’altra aeronave in procinto di attraccare. C’erano numerose torce piantate nel terreno a fare luce e a favorire le operazioni di sbarco. Il campo su cui si trovavano terminava con una serie di edifici in mattoni e pietra le cui finestre illuminate facevano intuire i profili di molte persone che osservavano incuriosite il ritorno del loro sovrano. Alla sua sinistra poteva vedere i bagagli, che venivano caricati su carri trainati da muli. La sua attenzione però fu catturata dalle persone che se ne stavano in piedi difronte a loro, ad attenderli: soldati rakiani, a cui si unirono quelli provenienti dall’aeronave mentre le venti guardie issiane rimanevano il più vicino possibile a lei, e una quindicina di uomini, per la maggior parte con addosso la leggera armatura che indossava anche Zaron, gli altri con ricchi abiti colorati e ricamati. All’avvicinarsi di Zaron si inchinarono, i cortigiani portandosi entrambe le mani al petto, i soldati solo il pugno della mano destra. Quando si drizzarono, Deja poté sentire i loro sguardi curiosi su di sé; la squadravano, osservandole criticamente il viso, alzando gli occhi sulla sua corona, abbassandoli sull’abito per poi posarsi con disapprovazione sulla sua mano, adagiata sul braccio del loro khan.
Uno di loro, con un ampio ventre che tendeva la stoffa della casacca arancione che indossava, si fece avanti.
- Mio khan, acconsentimi di rivolgervi, a nome di tutta la tua corte, un caloroso bentornato a casa. La notizia della vostra vittoria sul regno di Issa e del vostro matrimonio, vi ha preceduto. Desidero essere il primo ad offrirvi le sue felicitazioni, mio signore.
Quando Zaron rispose lo fece con voce profonda, priva di tonalità; anche il suo viso era una maschera impassibile.
- Grazie per il tuo augurio, Brafit, soprattutto perché ti sei trascinato fin qui per accogliermi, ma è ancora prematuro: le nozze si svolgeranno nei prossimi giorni. Visto che siete qui permettetemi di presentarvi la mia promessa sposa, la vostra futura sovrana: la regina Deja di Issa.
Deja sollevò ulteriormente il mento, in un gesto di sfida, ma tutti loro si chinarono con la stessa deferenza mostrata al khan. Quando si raddrizzarono però, notò che erano nuovamente rivolti verso il loro re e non le prestavano più attenzione.
- Vi ringrazio per il vostro caloroso benvenuto, signori.
Zaron al suo fianco sbuffò divertito, cercando di trattenere una risata, mentre i suoi cortigiani si voltavano come un sol uomo a fissarla, alcuni spalancando la bocca. Fu nuovamente Brafit a parlare per loro, dopo averla guardata interdetto ed essersi schiarito nervosamente la voce.
- Sì, mia signora, ovviamente. Siamo tutti lieti di offrirle il nostro più caloroso benvenuto nella nostra splendida città, come siamo grati della sua presenza al fianco del nostro signore e ansiosi di potervi chiamare nostra regina.
Deja gli rivolse un piccolissimo cenno per indicargli che aveva accettato il suo benvenuto e poi lo fissò dritto negli occhi finché lui non li abbassò.
Zaron riprese la parola.
- La vostra futura regina è issiana, le usanze sono diverse e farete meglio ad abituarvi in fretta. Ora, è sera inoltrata e sono sicuro che la mia signora desidera ritirarsi.
Detto questo si rivolse a un uomo anziano, vestito meno riccamente degli altri, che era rimasto leggermente in disparte.
- Rispra, le accomodazioni sono state preparate?
Il ciambellano si fece avanti, inchinandosi profondamente sia a Zaron che a Deja, prima di rispondere.
- Come hai ordinato così è stato fatto, mio khan. Il palazzo degli ospiti è stato preparato per accogliere la regina e i suoi accompagnatori.
Zaron si rivolse a lei.
- Rispra ti guiderà, mia signora. Riposa serena e domani parleremo ancora.
Le prese la mano destra in entrambe le sue e, guardandola negli occhi, le baciò intensamente il dorso. Anche se Deja si rendeva perfettamente conto che un simile gesto era esclusivamente a beneficio dei suoi cortigiani e non implicava niente di più, non poté trattenere il rossore che le si diffuse sulle guance, ricordando come Zaron le avesse spiegato le varie sfumature che il baciamano poteva assumere.
Zaron si prese un attimo per guardarla salire su una delle carrozze chiuse che attendevano lei e le nobildonne al suo seguito. Aveva fatto preparare anche un cavallo, per lei, ma non glielo aveva neanche offerto: non aveva una sella adatta al vestito. Le sue concubine invece, pesantemente velate, lo avrebbero accompagnato a cavallo fino a Palazzo; non vedeva l’ora di raccontare a Perla di come Deja avesse messo in imbarazzo il suo orgoglioso cognato.
Prima di partire per Issa, aveva dato ordine a Rispra di far preparare il palazzo riservato ai dignitari stranieri, sicuro di tornare con una moglie e numerosi ospiti. Era sollevato che le cose fossero andate come aveva previsto e che ora il palazzo sarebbe stato occupato secondo i suoi piani. Non era stupito che Brafit sapesse della regina: probabilmente tutta la Città Vecchia e anche quella Nuova ormai, erano un brulicare di supposizioni e voci contrastanti. Gli informatori dovevano aver ammazzato i cavalli per essere giunti prima di lui.
I suoi cortigiani e i consiglieri gli si assieparono attorno, ansiosi di riferirgli cosa fosse successo a corte durante la sua assenza, e di congratularsi personalmente con lui della vittoria su Issa e per aver conquistato la mano della sua regina. Notò che il nobile Varkis era assente. L’anziano signore era il più grande pettegolo della città e si sarebbe mangiato le mani la mattina quando avrebbe saputo di essersi perso l’arrivo della regina issiana.  Soprattutto quando la voce della sua impertinenza si sarebbe diffusa.
Deja gli piaceva ogni giorno di più ed era sinceramente lieto della vena di umorismo che aveva scoperto in lei. Avrebbe di sicuro reso la vita coniugale interessante. E si sarebbe anche fatta un sacco di nemici, rimuginò cupamente, considerando Brafit. Suo cognato, in virtù del matrimonio con la sua sorellastra, si era sempre considerato un personaggio importante a corte, attorno a cui avevano finito per gravitare numerosi ruffiani. Non potendo sapere se il khan avesse già generato o meno un figlio maschio, si era considerato una specie di erede presunto, dato che Zaron si era fino a quel momento astenuto dal prendere moglie e la guerra di conquista che aveva intrapreso era, dopotutto, un’attività pericolosa. Adesso invece la guerra era finita e dalla sua ultima campagna il khan era tornato con una moglie e questi due fattori contribuivano ad offuscare l’astro di Brafit.
In un tintinnio di gioielli e avvolte in una nuvola di profumo e veli Perla e Cara si avvicinarono, scortate da tre guardie faliq ciascuna. Zaron salì a cavallo, seguito dalle concubine e dai nobili, Guardò in alto, verso la montagna, scura contro il cielo dato che l’accademia dava sul versante sbagliato. Sapeva che presto, appena avessero fatto il giro della città, avrebbe potuto vedere le luci della Città Vecchia. Si concesse un largo sorriso soddisfatto. Era a casa.
 
Deja non vide nulla della Città Nuova. In seguito Larissa le avrebbe riferito che la parte bassa di Halanda che aveva visto lei, dal carro che trasportava i bagagli e su cui era salita con le cameriere delle altre cinque nobildonne che avevano scelto di prendere l’aeronave, era sporca e puzzolente e che la strada che si inerpicava lungo la china della montagna era scomoda e sassosa. La carrozza su cui era salita Deja era ben diversa da quelle a cui era abituata: bassa, chiusa, interamente imbottita all’interno e con un pesante tenda rossa che copriva le piccole finestre, rendendo l’ambiente buio e soffocante. Avrebbe voluto scostarle, ma ritenne non sarebbe stato dignitoso essere sorpresa a sbirciare con il naso di fuori come una ragazzina curiosa. A trainare il mezzo erano, come le aveva anticipato Zaron, dei muli e dovette ammettere la saggezza della scelta, e dell’imbottitura sul soffitto, quando cominciò la salita. Tirò un sospiro di sollievo quando finalmente la carrozza si raddrizzò di nuovo, a segnalare che erano in piano e ringraziò sentitamente la dea quando questa si fermò e Rispra aprì la porta. Il cortigiano fece un passo indietro e si inchinò, attendendo che lei scendesse e Deja si rese conto con stizza che la cortesia rakiana imponeva che lui non la toccasse, neanche per aiutarla a smontare; se avesse indossato un abito moderno scendere non sarebbe stato difficile, ma l’abito tradizionale era rigido e lungo e le impediva di chinarsi bene. Per fortuna Ostin si era affrettato a raggiungerli e le allungò una mano con un leggero inchino, a cui Deja si aggrappò con gratitudine mentre si piegava a fatica e scendeva da quella trappola. Conscia di come il ciambellano potesse trovare impropria tale sollecitudine ritirò immediatamente la mano una volta che entrambi i suoi piedi furono sul selciato di pietra, con una certa fatica perché Ostin le aveva stretto l’arto e aveva cercato di trattenerlo.
- Credo che lady Pastis gradirebbe il tuo aiuto, lord Ostin.
Deja indicò al ragazzo la carrozza che si era appena fermata dietro di loro e la nobildonna di mezza età dall’espressione arcigna che era ferma sulla soglia della porta spalancata.
- Fai strada lord Rispra.
L’uomo si inchinò nuovamente.
- Solamente Rispra, mia regina. Da questa parte, prego.
La precedette attraverso i portoni spalancati del palazzo davanti al quale si erano fermati, seguiti dalle guardie issiane e dalle nobili scese dalla carrozza. Gli ambienti interni erano fortunatamente freschi, i pavimenti di marmo coperti da tappeti e le pareti intonacate. Rispra le presentò un uomo ossuto e una donna anziana che sprofondarono in un prolungato inchino senza mai incrociare i suoi occhi, che il ciambellano introdusse come il divro e la divra, il capo della servitù maschile e della servitù femminile. Poi anche lui si congedò.
Dopo aver conferito brevemente con lady Pastis che, neanche a dirlo, aveva assunto il comando delle sue compagne, chiese che a tutte loro fossero mostrate le loro stanze e poi servita in camera una cena leggera.
- Sono arrivati i bagagli e le nostre cameriere?
Fu il divro a rispondere.
- No, mia signora.
- Appena arrivano mandateci tutto in camera. Adesso desidero ritirarmi, ma domani mattina mi farete fare un giro della residenza, anche se non so per quanto tempo la occuperò.
Lady Pastis si fece avanti.
- Vi accompagnerò, vostra maestà.
Deja era così stanca che non ebbe neanche la forza di irritarsi. Dopo un attimo di incertezza il divro le chiese esitante.
- Come desiderate che vengano acquartierati i vostri uomini, mia signora?
- Non ci sono stanze per loro?
Il divro parve in imbarazzo.
- Solitamente la scorta degli ospiti stranieri del khan rimane nella Città Nuova.
Deja considerò un attimo la cosa e poi decise.
- Gli ufficiali avranno delle stanze, dato che sono anche nobili della mia corte. I soldati semplici, invece… se fosse possibile vorrei che gli trovaste posto nell’ala della servitù. So che è un inconveniente per voi, ma si trasferiranno dopo il matrimonio, quindi non dovrete ospitarli a lungo.
- Come la mia signora desidera, così sarà fatto.
Il divro rispose ossequiosamente.
A Deja fu mostrato il suo appartamento, una serie di stanze eleganti con delle finestre spalancate che davano in un giardino. C’erano due servitrici rakiane ad attenderla e presto giunse il pasto ordinato: un’insalata di pollo al limone, formaggio e frutta, accompagnati dal thè di cui Deja temeva ormai di non poter più fare a meno. Larissa arrivò a metà pasto, fece una reverenza e poi diede istruzioni ai servitori di portare dentro alcuni dei suoi bauli. Mentre masticava e guardava quegli uomini, Deja si stupì che fossero nelle sue stanze, data la rigida divisione che vigeva a Rakon tra i due sessi, poi si ricordò che quello era il palazzo riservato agli ospiti stranieri e quindi era probabile che la servitù fosse abituata alle tradizioni differenti delle persone che avrebbero dovuto via via ospitare. Finito di mangiare congedò le due servitrici, dato che Larissa era più che capace di occuparsi di lei per quella sera. Rimaste sole, mentre l’aiutava a indossare la camicia da notte e a togliere i gioielli, la cameriera le riferì dei pettegolezzi che aveva raccolto chiacchierando con le altre cameriere. Solo cinque nobildonne avevano avuto il coraggio di salire sull’aeronave rakiana, quando ce n’era stato posto per otto, ed erano state rintanate nelle cabine per tutto il tempo a spettegolare delle concubine dell’imperatore che viaggiavano con loro e, ammise con mortificazione Larissa, di Deja stessa, che viaggiava assieme al khan. Le riferì che le cameriere l’avevano interrogata in maniera incalzante, per carpirle particolari di quello che era successo tra Deja e suo marito, ma Larissa non aveva detto nulla, rimanendo caparbiamente muta.
- Non sono affari loro, ho detto loro. Spero di aver fatto bene mia signora, oppure preferivate che riferissi come re Zaron vi abbia ceduto la sua stanza?
Deja aveva sospirato esasperata ed era violentemente arrossita rendendosi conto di cosa sospettavano quelle donne e cosa avrebbero poi riferito alle loro signore.
- No, hai fatto benissimo Larissa. Continua con questa linea anche in futuro. Desidero che i particolari della mia relazione con mio marito rimangano interamente privati. Non devi dire nulla, non voglio che abbiano materiale su cui speculare. Lascia che facciano galoppare l’immaginazione.
A casa, a Issa, Larissa e le altre sue due ancelle avevano condiviso una piccola stanza a fianco dei suoi appartamenti, così da poterla servire costantemente ed essere pronte e vicine quando lei le chiamava.
Ora invece la sua cameriera le indicò una piccola corda al fianco del letto, dicendole che tirando quella avrebbe suonato una campanella corrispondente nelle stanze riservate alla servitù e che lei sarebbe accorsa.
Deja annuì e la congedò; fece fatica a prendere sonno, in quella stanza sconosciuta, senza la familiare presenza dell’altra ragazza a farle compagnia.
 
La mattina seguente, subito dopo colazione, Deja volle incontrare lord Ostin per permettergli di fare rapporto. Lady Pastis, l’unico ex membro del suo consiglio che fosse già arrivato a Halanda, era presente. Ostin riferì delle accomodazioni adeguate e delle postazioni presso cui aveva sistemato i soldati, insistendo per essere una delle due guardie che avrebbero accompagnato Deja ovunque.
- Mi dispiace se sono troppo schietto maestà, ma lei deve permetterci di fare il nostro lavoro. Ieri sera non ci ha dato modo di controllare le sue stanze prima di entrarvi e anche oggi si è spostata senza di noi. La imploro, sarebbe meglio che due guardie la seguissero ovunque, precedendola, e altre due fossero sempre in posizione al di fuori delle porte della stanza dove lei si trova.
Deja era scontenta: a Issa i suoi movimenti non erano mai stati controllati così serratamente ma comprendeva il punto di vista di Ostin, a cui era stato affidato il compito di occuparsi della sua sicurezza.
- E sia come vuoi tu. Tuttavia ti devo avvisare che non potrai fare lo stesso quando saremo a Palazzo Reale: a quanto pare nell’ala femminile l’unico uomo ammesso sarà l’imperatore.
Ostin si irrigidì e digrignò visibilmente i denti.
- Ne sono stato informato, maestà.
- Suppongo che potrete scortarmi durante lo svolgimento delle mie funzioni pubbliche, attendendomi all’uscita e poi accompagnandomi nuovamente quando vi rientro.
Davanti all’espressione sorpresa del ragazzo elaborò:
- Khan Zaron mi ha promesso una spazio in cui tenere la mia corte e mi ha anche proposto di assistere quando lui terrà la sua. In quelle occasioni sarebbe opportuno che io avessi la mia scorta, non trovi?
Lord Ostin annuì doverosamente.
- Direi che può bastare. Ti prego, chiedi alle lady di raggiungerci.
- Sì, mia regina.
Il ragazzo si inchinò, ma poi sembrò esitare, lanciando un’occhiata fugace a lady Pastis.
- Mia signora, io volevo esprimervi tutto il mio … cordoglio, per le vostre nozze affrettate con l’imperatore. Non posso fare a meno di considerarmi in parte colpevole. Se le nostre truppe avessero resistito, se solo fossimo stati più forti... Issa non sarebbe caduta e ora lei non si troverebbe in questa orribile situazione.
Deja rimase interdetta dalla passione dietro le parole pronunciate da Ostin, ricordando poi che era stato presente quando Zaron le aveva estorto il consenso al matrimonio e addolcì l’espressione, commossa.
- Ti ringrazio, ma non è stata colpa tua, né di nessuno. E poi è un matrimonio, non un funerale. Non devi preoccuparti per me, anche se mi rendo conto che è il tuo lavoro.
Lui parve frustrato, ma si congedò con garbo.
Negli attimi che precedettero l’ingresso delle lady issiane, lady Pastis le si avvicinò.
- Quel ragazzo sarà un problema, vedrete. Pensava di avere già in testa la corona di principe reggente, dato che vostro padre lo favoriva spudoratamente.
E questa era la ragione per cui Deja trovava irritante quella donna: oltre a essere orgogliosa e convinta di sapere tutto meglio lei, aveva anche l’abitudine di tirare conclusioni da supposizioni traballanti e poi difenderle a spada tratta anche difronte all’evidenza contraria.
- Ti sbagli, lady Pastis. Ostin è solo preoccupato per l’incarico che gli ha affidato mio padre e demoralizzato, come tutti noi, dalla sconfitta subita. Non si era mai parlato neanche di un possibile futuro fidanzamento tra di noi, quindi ti prego di non rivangare mai più la questione. Sono sposata adesso, e a breve lo sarò anche secondo le usanze rakiane. Sarebbe oltremodo imbarazzante per entrambi e spiacevole per mio marito se certe voci riprovevoli cominciassero a circolare.
Le quattro donne che entrarono erano ben note a Deja, una di loro l’aveva conosciuta all’Accademia, dove avevano seguito le lezioni di filosofia insieme, un’altra era una nobile che aveva voluto intraprendere anche la carriera di guaritrice e a cui si affidavano molte signore della corte issiana, mentre le ultime due erano madre e figlia, quest’ultima con i suoi quattordici anni era la ragazza più vicina alla sua età tra quelle che l’avevano accompagnata. Fu la madre a prendere la parola per prima.
- Quando arriveranno tutti gli altri, maestà?
Deja comprendeva la sua ansia: la donna era lady Jodina, conosciuta in tutta la corte issiana come la madre vedova di sette figlie femmine. La penultima, Famira, era una sua cara amica e aveva insistito con la madre per partire. Lei non aveva voluto lasciarla andare da sola e quindi l’aveva seguita portandosi appresso, necessariamente, la figlia più piccola ancora minorenne.
- L’imperatore Zaron ha detto che viaggeranno davanti all’esercito, accompagnati da una scorta adeguata e un piccolo contingente di soldati issiani. Mi ha assicurato che non ci vorranno più di un paio di settimane. Dipende dal tempo che incontreranno. È un peccato che Famira soffra di vertigini, mi avrebbe fatto piacere che fosse stata qui in questo momento.
Dopo aver fatto l’esperienza del pallone aerostatico, Deja aveva entusiasticamente invitato Famira e Anka a provarlo. Anka aveva condiviso la sua esaltazione, Famira invece si era sentita male, diventando isterica e urlando finché non l’avevano fatta scendere.
- Mi stupisco invece che non abbiate viaggiato con lei via terra.
Lady Jodina poggiò una mano sulla spalla della figlia piccola.
- Aduna voleva a tutti i costi volare e Famira mi ha detto di accompagnarla, così almeno noi avremmo viaggiato comode.
Deja annuì comprensiva e poi cambiò argomento.
- Vi devo parlare della vostre future accomodazioni. Come voi anche io avevo ritenuto che avreste risieduto con me, pensando che il Palazzo Reale rakiano fosse concepito come quello issiano, ma non sarà così. A quanto pare al Palazzo Reale risiede esclusivamente la famiglia reale. Credo che, se non verrà approntato un edificio appositamente per voi, finirete per risiedere qui. 
Lady Pastis sobbalzò per la sorpresa.
- Come sarebbe a dire? Quell’uomo vi vuole isolare dalla vostra gente e questa è una scusa bella e buona! Perché farci venire se non possiamo starvi vicino?
Deja si indignò.
- Quell’uomo è mio marito e il vostro re!
Passò lo sguardo su tutte le presenti, inalberandosi davanti alle espressioni di ribrezzo al termine marito.
- E come tale esigo che gli tributiate il rispetto che merita!
Lady Pastis assunse un’aria indulgente e poi continuò, con voce esitante e parlando piano.
- Maestà, ci siamo solo noi qui, non deve difenderlo in nostra presenza.
Deja era arrabbiata, ma trattenne l’ira e cercò di vedere la situazione attraverso i loro occhi. Quando parlò usò un tono deciso e autoritario, che non ammetteva repliche.
- Signore, non lo sto difendendo. Zaron è mio marito e ciò lo rende il vostro re, questo è un fatto. Quello che dite su di lui si riflette su di me. Dovrete accettare che “quell’uomo” come lo hai inelegantemente definito tu lady Pastis, è sua maestà re Zaron di Issa, khan di Rakon e imperatore di tutto Zabad. Userete uno di questi titoli quando vi rivolgerete a lui e questo è quanto. Rispetterete me, che sono la sua regina, rispettando lui che è il mio re. Sono stata chiara?
Le donne annuirono contrite e in un coro di “sì, vostra maestà”, si inchinarono accettando la sua volontà.
Prima che potessero procedere oltre ci fu un leggero bussare e la divra entrò a capo chino nella stanza.
- Mia signora, il khan è qui e richiede la vostra presenza.
Deja si congedò dalle nobildonne presenti e seguì la servitrice che la portò in giardino lasciandola con un inchino e scivolando via silenziosamente quando furono in vista di Zaron.
Lui corrucciò le sopracciglia davanti alle due guardie issiane che le camminavano affianco.
- Mia signora, spero tu abbia riposato bene.
Lei gli si avvicinò, intimando alla sua scorta di allontanarsi di qualche passo.
- Mio signore, grazie per la tua sollecitudine. Ho riposato adeguatamente.
Lui guardò fisso ancora per un attimo i due soldati.
- Vedo che i tuoi uomini prendono seriamente la questione della tua sicurezza. Bene.
Deja sospirò insoddisfatta.
- Anche troppo. A quanto pare mi seguiranno ovunque io vada. Come faranno quando risiederò a Palazzo con te?
Zaron si concesse un mezzo sorriso.
- Dovranno accontentarsi di farti la guardia quando sarai fuori dai tuoi appartamenti. Potranno risiedere con le altre guardie di palazzo.
Lei annuì, era come aveva previsto.
- Desideravi parlarmi di qualcosa in particolare, mio signore?
Lui fece un cenno affermativo col capo.
- In giornata Rispra verrà da te per parlarti dell’organizzazione del matrimonio.
Zaron esitò un attimo.
- La tradizione vuole che le donne già sposate della casa dello sposo, assieme alla madre e alle sorelle maritate della sposa, l’aiutino a prepararsi assistendola nell’indossare l’abito nuziale, i gioielli e applicando le pitture tipiche. Poi accompagnano la ragazza fino alla sua nuova casa. Per correttezza ho chiesto prima di farlo alla nobile Ingis e a mia sorella, ma solo Sali ha accettato, più per curiosità credo, sua e di suo marito. Lui lo hai conosciuto, il nobile Brafit era quello vestito in arancione che ci ha accolti ieri sera.
Deja si sentì sprofondare.
- Quindi avrò solo lei ad aiutarmi e a scortarmi. Sarà una ben misera processione.
Lui scosse la testa.
- Ho parlato con le mie concubine e se tu le accetti verranno insieme a Sali.
Deja annuì sovrappensiero. Da un po’ aveva desiderio di parlare con le concubine di Zaron, anche se la presenza di sua sorella sospettava che avrebbe inibito la conversazione.
- La loro partecipazione sarebbe un sollievo. Ti prego di porgere loro da parte mia i miei più vivi ringraziamenti.
L’espressione tesa di Zaron si rilassò per un attimo, poi si accomiatò da lei con un leggero baciamano.
Zaron lasciò la residenza che ospitava temporaneamente Deja con animo più sereno di quello che aveva quando vi si era recato. La sera prima, appena entrato nell’ala femminile per salutare le ragazze e le sue figlie, era stato aggredito da Ingis e Cefan, che avevano saputo della sua moglie issiana. Ingis aveva come sempre sputato veleno, accusandolo di avere gli stessi gusti malsani di suo padre per le ragazzine giovani e innocenti, con Cefan che la incalzava con gli occhi colmi di gioia maligna, sapendo quanto quelle accuse lo ferissero.
L’harem che suo padre aveva tenuto era stato pieno di ragazze giovani che venivano mandate via quando invecchiavano, a diciotto anni. Ingis ne aveva avuti solo tredici quando aveva sposato il khan, molto più anziano di lei, e non era stato un matrimonio felice; l’unica gioia che la donna aveva avuto dal marito erano stati i suoi figli e specialmente il suo figlio maschio. Dopo la sua nascita il marito aveva smesso di visitarla, concentrando la sua attenzione sulle ragazzine che preferiva. La morte del suo amatissimo ragazzo l’aveva distrutta e il mese dopo anche suo marito, spezzato dalla perdita di quell’erede che aveva anche lui amato e che era stato il suo orgoglio, era morto lasciandola senza figli maschi e senza corona. Avrebbe potuto tornare da suo padre, a trentanove anni avrebbe persino potuto trovare un altro marito, magari vedovo con figli, ma non aveva voluto lasciare quella che per la maggior parte della sua vita era stata la sua casa e dove aveva vissuto con suo figlio. Zaron aveva avuto pietà di quella donna distrutta dalla sofferenza e sconvolta dai lutti, ma si era pentito presto di quel gesto di compassione, quando lei si era riscossa dalla depressione in cui era scivolata e aveva cominciato a riversare un fiume di rancore sull’uomo che aveva preso il posto che avrebbe dovuto essere del figlio morto. Non mancava mai di criticarlo, dalla concubine che aveva selezionato a come camminava, dalle sue scelte politiche alla guerra che aveva intrapreso, augurandogli ogni volta che partiva di morire in battaglia. Lui l’aveva sempre lasciata parlare, per rispetto in quanto ex regina e madre delle sue sorelle e perché lei era il suo unico legame con la propria madre, essendo l’unica persona ad averla conosciuta e a ricordarsi di lei. Ma qualsiasi rispetto che avesse provato per Ingis e affetto che aveva sperato di ricevere da sua sorella Cefan si era eroso assieme alla sua pazienza e con estrema soddisfazione aveva detto a Ingis che doveva vacare gli appartamenti riservati alla regina e in fretta. Con riluttanza aveva invitato Cefan a restare, avvertendola però che le avrebbe trovato al più presto un marito e che non le avrebbe permesso di rifiutarlo: con il suo matrimonio era tempo che nel suo palazzo si facesse spazio alla sua famiglia e alle nuove generazioni e lei ormai era parte di un mondo passato. Ingis si era ritirata in uno svolazzo di vesti, offesa e indignata e urlando che se voleva la sua camera per sollazzarsi con la sua nuova moglie bambina poteva tenersela, lei di certo non sarebbe rimasta: sapeva per esperienza che le urla acute delle ragazzine non la lasciavano dormire. Cefan lo aveva guardato con disprezzo e lo aveva informato che avrebbe seguito la madre, non sarebbe rimasta in quel covo di bastarde e meretrici di infima estrazione sociale a permettergli di appiopparle come marito il primo contadino di passaggio. Era stata una conversazione estremamente spiacevole e le insinuazioni di Ingis lo avevano offeso e disgustato. Tuttavia aveva sopportato, sapendo che quelle erano le ultime parole sprezzanti che loro gli rivolgevano: una volta uscite dal suo palazzo non facevano più parte della cerchia interna della sua famiglia e la protezione che questo aveva sempre comportato sarebbe cessata. Se gli avessero mancato nuovamente di rispetto sarebbe stato in pubblico e la punizione sarebbe stata veloce e brutale. Come khan aveva il diritto di farle imprigionare e fustigare a seconda dell’offesa arrecata. E lo avrebbe fatto, perché era stato anche fin troppo comprensivo con loro e quelle due ne avevano approfittato troppo a lungo.
Solo al mattino successivo Perla gli aveva fatto notare che la tradizione prevedeva che la madre e le sorelle maritate dello sposo aiutassero la sposa nei preparativi per le nozze e Zaron si era reso conto con disappunto che avrebbe dovuto parlarne con Ingis e Sali. Perla gli aveva detto che lei e le altre ragazze erano pronte a ricoprire quel ruolo se loro non si fossero fatte avanti e se la sua sposa avesse accettato di farsi accompagnare da semplici concubine. Zaron era andato da Sali, presso cui Ingis e Cefan si erano rifugiate, e le aveva parlato assieme al marito di lei. Le aveva chiesto se desiderasse aiutare la regina Deja nei preparativi, avvisandola che probabilmente le sue concubine sarebbero state presenti e rifiutando categoricamente la possibilità che partecipasse anche la nobile Ingis. Zaron non voleva che quell’arpia smontasse tutto il lavoro che aveva fatto con la propria moglie sull’aeronave per metterla a suo agio con lui, permettendole di entrare in contatto con Deja e riempirle la testa di storie d’orrore di quella che doveva essere stata la sua vita da sposa bambina con suo padre. Per fortuna il rapporto che aveva con Sali era diverso, forse perché quest’ultima era già stata sposata quando era divenuto khan e sembrava contenta del suo matrimonio con Brafit, inoltre il fatto che a ogni nascita avesse fatto ricchi doni ai suoi nipoti aveva di certo aiutato. Brafit era pomposo e ambizioso, tronfio d’arroganza, ma non era pericoloso, almeno non per lui, e nessuno degli attentati alla sua vita avevano mai portato al cognato, non era neanche mai stato sfiorato dall’ombra del sospetto. Ma ora che stava per prendere moglie avrebbe dovuto farlo sorvegliare con più attenzione, anche perché la sua piccola regina issiana lo aveva pubblicamente messo in imbarazzo. Sali per il momento era sembrata solamente curiosa e aveva accettato con entusiasmo di aiutare e accompagnare la sua futura sovrana, la sua futura cognata, promettendogli solennemente che non avrebbe lasciato che l’astio di sua madre rovinasse il giorno delle nozze della fanciulla. Riguardo alla presenza delle sue concubine, non la disturbava: suo marito ne aveva dodici e con loro era sempre andata abbastanza d’accordo.
Ora che aveva avuto il permesso di Deja di mandarle anche Perla e le altre si sentiva più tranquillo: anche se Ingis avesse cercato di intervenire, o alla peggio Sali le avesse parlato male di lui, loro avrebbero limitato gli eventuali danni.

 
* “[…] dove andrai tu andrò anch’io; dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio;”. Lo so, devo smetterla con queste citazioni. Ps: nonostante sia spesso usata ai matrimoni qui Ruth non sta parlando al marito, ma alla cognata.
  
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