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Autore: Harry_Potter992    28/01/2017    5 recensioni
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Comincia un nuovo anno alla Scuola di Magia di Hogwarts! Tra il Torneo Tremaghi e l'attesissimo Ballo del Ceppo, nove ragazzi e ragazze trascorreranno un anno tutt'altro che noioso all'insegna di amori, amicizie, intrighi e complicazioni.
Per di più, tutti e nove si troveranno sulla strada di una ragazza misteriosa, che nasconde un segreto insospettabile...
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Genere: Comico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Prima prova e primi inviti


La mattina del 24 novembre, durante la quale si sarebbe tenuta la Prima Prova, l’atmosfera era di grande tensione ed eccitazione. Sutton era decisamente più propensa per la prima: come poteva essere elettrizzata nel guardare Cedric affrontare una prova pericolosa, di cui tra l’altro non si conosceva l’entità?
Studenti e insegnanti dovettero aspettare fino a dopo il pranzo per scendere nel parco. Mentre prendeva posto sulle tribune, Sutton ebbe modo di vedere ciò che si trovava vicino allo steccato in cui la prova avrebbe avuto luogo.
C’erano quattro gabbie con altrettanti draghi.
Sutton trattenne il fiato, il cuore che le batteva forte contro le costole. Avrebbero affrontato un drago? Era una follia! Come si poteva uscire vivi da un confronto con simili bestioni?
In cuor suo, sperò che Cedric avesse una strategia. Poi ricordò che non aveva idea di cosa lo aspettava e rimase seduta, rigida per la tensione, a fissare i draghi dalle cui bocche di tanto in tanto divampavano fiamme cocenti.
Si udì un fischio e Cedric fece il suo ingresso nello steccato. Era il primo!
Sutton non sapeva se fosse una cosa positiva o negativa. Sicuramente attendere avrebbe contribuito ad aumentare l’ansia… ma andare per ultimi poteva essere un vantaggio per carpire in che cosa consisteva la prova e iniziare a pensare a come muoversi.
Cedric si trovava faccia a faccia con un drago di un colore blu grigio, molto bello, per la verità, anche se il suo proprietario non lo era altrettanto agli occhi di Sutton. Si levarono ruggiti dalla folla, ma lei non vi si unì, lo sguardo fisso sul Tassorosso che da quella distanza appariva come una piccola figura dalla chioma bruna vestita di giallo.
Cedric iniziò l’assalto all’uovo d’oro. Dopo nemmeno un minuto ci fu già un attimo di panico, perché Cedric aveva osato troppo nell’avvicinarsi al drago e quello era arrivato molto vicino a scaraventarlo contro una roccia con la zampa. A quel punto Sutton si unì al grido che la folla aveva cacciato all’unanimità. 
- Oooh, c’è mancato poco, molto poco! - esclamò Ludo Bagman, il Capo dell’Ufficio dei Giochi e degli Sport Magici, che faceva la cronaca. - Corre dei rischi, questo signore!
Trascorsero dieci minuti di tensione, durante i quali Cedric s’ingegnò in tutti i modi a superare il drago. A un tratto, Sutton lo vide raccogliere una pietra da terra e si sporse in avanti, allungando il collo per vedere meglio. Lui puntò rapido la bacchetta verso la pietra, pronunciò una formula che Sutton non riuscì a sentire e quella si Trasfigurò in un cagnolino, che rimase accanto a Cedric scodinzolante e con la lingua di fuori.
Che cosa aveva intenzione di fare? Impossibile che un cane riuscisse a mettere ko un drago… no, doveva avere qualcos’altro in mente.
- E’ stata una Trasfigurazione davvero ben fatta! - commentò Estrelle vicino a lei.
- Come fai a pensare alla sua Trasfigurazione in questo momento? - gridò Sutton in risposta al di sopra del chiacchiericcio della folla, la voce tremolante. L’amica aveva ragione, ma personalmente lei si stava solo scervellando sull’uso che Cedric voleva fare di quel cane.
Il ragazzo lanciò la pietra lontano da sé e indietreggiò di parecchi passi, seguendo con lo sguardo il cane che la inseguiva e la afferrava tra le zampe. Il drago spalancò le ampie ali, si sollevò dalla sua covata e spiccò il volo verso il cagnolino; a quel punto Cedric scattò verso le uova e afferrò quello d’oro, che era quello che i campioni dovevano recuperare.
- Ce l’ha fatta! - gridò Sutton, scagliando le braccia in aria in segno di vittoria. - Voleva che inseguisse il cane. E’ stato geniale!
- Il drago sta andando verso di lui! - esclamò Estrelle, indicandolo.  
Sembrava che il grosso lucertolone avesse cambiato idea a metà strada, infatti si era messo a inseguire Cedric.
Sutton si coprì d’impulso gli occhi con le mani: non riusciva a guardare.
- I guardadraghi l’hanno fermato, ecco, è uscito dal recinto! - la avvertì Estrelle, scuotendola per un braccio, e Sutton levò le mani dagli occhi: era vero, Cedric era sano e salvo, ma si stava dirigendo verso la tenda prontosoccorso poiché si era bruciato.
Sutton lasciò che dalle sue labbra uscisse un lungo sospiro di sollievo. - E’ tutto finito… 
Al termine delle prove degli altri campioni, risultò che Cedric era arrivato al secondo posto: Harry e Krum erano al primo posto a pari merito, mentre Fleur era finita terza. Non era il massimo, ma l’importante era che fosse andato tutto bene.
Sutton abbandonò le tribune per tornare al castello, imitando gli altri studenti, e scorse Cedric fuori alla tenda prontosoccorso, attorniato da un gruppo di amici che gli lasciavano pacche entusiaste sulle spalle. Lanciò di sottecchi un’occhiata in quella direzione mentre passava, senza tuttavia avere il coraggio di avvicinarsi. Poi, però, lo sguardo di Cedric si posò su di lei. Sutton rallentò istintivamente, proprio mentre la mandria di ragazzi mollava Cedric e si allontanava verso la scuola.
Qualcosa scattò dentro di lei, e con un’audacia inaspettata Sutton gli rivolse un sorriso. - Complimenti. Hai fatto un’ottima prova.
Un po’ stupito, Cedric rispose tuttavia raggiante: - Grazie… anche se non credo di meritarmi dei complimenti. Ho avuto fortuna.
Sutton venne distratta dalla bruciatura che gli si allargava sulla guancia destra e socchiuse gli occhi, colpita. 
- Mi fa già molto meno male - disse Cedric, accorgendosi del suo sguardo. - Il tocco di Madama Chips è un portento - aggiunse in tono scherzoso per sdrammatizzare.
Sutton sorrise di nuovo. - Sì… è vero.
- Ced! - Un ragazzo biondo entrò impetuosamente nella loro visuale, avventandosi sull’amico. - Sei stato grande, non ho mai smesso di fare il tifo!
- Grazie, Ricky - replicò lui, divertito.
Sutton fece un passettino indietro, sentendosi fuori luogo, poi borbottò un “ciao” e si allontanò velocemente, dispiaciuta che il biondo avesse interrotto un momento che poteva prolungarsi ancora.


Per tutta la durata della colazione, Shari ebbe lo sguardo puntato verso il tavolo di Grifondoro, nel tentativo di carpire lo stato d’animo di Harry. Da quella posizione, però, non poteva capirci molto. Decise che doveva assolutamente parlargli prima della prova: forse, fargli sapere che lei gli era vicino avrebbe
contribuito a scioglierlo un po’.
- Harry! - lo chiamò rincorrendolo fuori dalla Sala Grande, a colazione terminata. La prova sarebbe iniziata verso mezzogiorno e mezzo, ma fino a quel momento gli studenti dovevano seguire le lezioni, e Shari già sapeva che sarebbe stato un compito arduo, tesa com’era. Harry si girò verso di lei e la ragazza rimase a scrutare quegli occhi verdi che di solito le trasmettevano serenità, ma che quel giorno esprimevano solo ansia e frustrazione.
- Buona fortuna - gli disse alla fine, senza trovare altre parole significative. - Io… sono sicura che ce la farai. Devi solo stare tranquillo e non perdere la testa.
A quel punto si fermò, sentendo che la voce iniziava a incrinarsi, e batté le palpebre per scacciare il luccichio di pianto che per un attimo aveva brillato nei suoi occhi.
Harry aveva un’aria un po’ distante, come se si trovasse in un mondo tutto suo, ovattato. - Grazie - rispose. - Perdere la testa è proprio quello che temo possa succedere.
- No, non devi farlo - esclamò Shari, sporgendosi verso di lui. Resasi conto di quel gesto istintivo, si ritrasse leggermente. - Se perdi il controllo della situazione… Promettimi che rimarrai lucido, o che almeno ci proverai.
Harry annuì per mostrare che aveva capito e poi, piegando le labbra in quello che voleva essere un sorriso ma gli riuscì più come una smorfia intrisa di tensione, si allontanò.   
Il momento fatidico arrivò troppo presto. Seduta sugli spalti in mezzo ai compagni di Corvonero, Shari fissava terrorizzata Harry che entrava nello steccato dentro cui c’era ad aspettarlo un drago enorme, nero come il carbone e munito di una coda irta di punte.
Andrà tutto bene, Harry. Andrà tutto bene, pensò intensamente, quasi desiderando che lui la sentisse, ma più che altro per convincere se stessa.
E poi Harry levò la bacchetta e, grazie a un “Accio”, richiamò la sua Firebolt e vi si mise in sella. Dalla bocca di Shari proruppe un urlo: - Grande, Harry! Vai così!
Incredibile come gli fosse subito balzata in mente quell’idea. Gli sarebbe stato sicuramente più facile evitare il drago volando!
Tra il ragazzo e il mostruoso lucertolone iniziò una sorta di danza: il primo cercava di arrivare all’uovo d’oro, che doveva prendere per superare la prova, e schivava il drago ogni volta che si vedeva arrivare un getto di fuoco oppure la coda spinosa addosso. Non furono momenti tranquilli: Shari strillò quando una fiammata investì il punto in cui Harry si era trovato un secondo prima, e ancor di più quando venne colpito da una delle punte della coda del drago, che gli scalfì la spalla strappandogli l’abito. A ogni difficoltà, però, Harry si riprendeva rapidamente e alla fine, grazie agli abili movimenti in sella alla scopa volti a smuovere il drago dalle sue uova, riuscì nel suo intento e con una veloce virata afferrò l’uovo d’oro.
Shari esplose in urla di gioia insieme a molti altri studenti, applaudendo fino a spellarsi le mani. Sollevandosi sulle punte, riuscì a scorgere Harry che abbandonava il recinto e veniva portato da Madama Chips in una tenda: probabilmente voleva curargli la spalla.
Dopo che i giudici ebbero assegnato il punteggio anche a Harry, che era l’ultimo ad aver gareggiato, Shari superò i compagni che cominciavano a scendere dalle tribune per tornare a scuola e si diresse svelta verso Harry che, con grande sorpresa, trovò vicino allo steccato in compagnia di Ron.
- Ce l’hai fatta, Harry! - esclamò con un sorriso radioso. Fece per abbracciarlo, ma poi ci ripensò all’ultimo secondo e si ritrasse timidamente. - E sei arrivato primo, anche se alla pari con Krum - aggiunse, le mani dietro la schiena e le guance un po’ rosse.
Anche lui le sorrise, finalmente rilassato. - Mi sembra ancora incredibile che me la sia cavata con una ferita alla spalla.
Shari lanciò un’occhiata interrogativa al rosso. - Ciao, Ron, che ci fai qui? Voi avete…?
- Fatto pace - completò Ron, annuendo allegramente.
Shari si illuminò. - Meno male. Era ora - aggiunse in tono scherzoso, con uno sguardo eloquente verso Ron.
Quest’ultimo si strinse nelle spalle, un po’ a disagio. - Sono stato un idiota, lo so… ma ho capito di aver sbagliato.
- Tutto è bene quel che finisce bene - decretò Shari.
In quel momento, a qualche metro da loro, le parve di scorgere Hermione che si passava una mano sugli occhi come a voler scacciare una lacrima, mentre seguiva gli altri studenti verso il castello.
- E’ successo qualcosa a Hermione? - domandò Shari, incerta.
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata divertita.
- E’ scoppiata a piangere quando io e Harry ci siamo chiariti - rispose Ron, quasi rassegnato. - A volte si comporta in modo strano.
Shari aggrottò la fronte, perplessa, ma non fece altre domande. Non capiva come Hermione riuscisse a piangere in un momento come quello. Lei si sentiva davvero felice: quel giorno per Harry c’era stata non una vittoria, ma due.


- Potter! Weasley! Volete stare attenti?
La voce della professoressa McGranitt risuonò irritata nell’aula di Trasfigurazione, quel giovedì di dicembre.
Era la fine della lezione, avevano concluso il loro lavoro e Harry e Ron stavano tirando di scherma in fondo alla classe con due delle bacchette finte di George e Fred. A quel richiamo, alzarono entrambi lo sguardo: Ron brandiva un pappagallo di latta e Harry un merluzzo di gomma.
Lanie, seduta in prima fila a chiacchierare con Hermione, lanciò un’occhiata agli amici e ridacchiò. Aveva già testato quelle bacchette, e anche lei c’era rimasta male quando si era ritrovata in mano un ratto di plastica.
- Ora che Potter e Weasley sono così gentili da comportarsi come si conviene alla loro età - riprese la McGranitt - devo dire qualcosa a tutti quanti. - Contemplò per qualche secondo gli sguardi curiosi degli studenti. - Si avvicina il Ballo del Ceppo: un evento tradizionale nell’ambito del Torneo Tremaghi e un’opportunità per noi di socializzare con i nostri ospiti stranieri. Ora, il ballo sarà aperto solo a quelli dal quarto anno in su… anche se potete invitare una studentessa più giovane, se volete. È di rigore l’abito da cerimonia. Il ballo comincerà alle otto della sera di Natale e finirà a mezzanotte, nella Sala Grande.
A quella notizia, Lanie sgranò gli occhi color cioccolato. Un ballo? Un ballo a Hogwarts? Suo padre lavorava al Ministero (era un Auror) e perciò le aveva accennato del Torneo Tremaghi in anticipo, prima che cominciasse il nuovo anno scolastico, ma non le aveva detto niente riguardo quella faccenda, quel mascalzone!
- Hai sentito? - fece girandosi verso Hermione, inutilmente, poiché era evidente che lei avesse compreso tutto. - Che bello! Finalmente si vede qualcosa di nuovo e di divertente a Hogwarts!
- Sì… è un’iniziativa carina - commentò Hermione, che sembrava non condividere lo stesso travolgente entusiasmo.
- Mio padre non mi aveva neanche accennato a questo, eppure lavora al Ministero! La prossima volta mi sentirà…
- A meno che nemmeno lui ne fosse informato - osservò Hermione.
Per il resto della giornata Lanie non riuscì a concentrarsi sulle lezioni e sui compiti e, quando la sera tardi in sala comune scorse Harry, Ron, Hermione, Fred e George seduti attorno al camino, li raggiunse e si lasciò cadere in una poltrona libera vicino a George.
- Avete saputo la notizia? - domandò ai gemelli in tono allegro.
- Dipende a cosa ti riferisci - replicò Fred. - Ma scommetto che si tratta del ballo.
- Esatto! Non vedo l’ora. Devo andare in cerca di un vestito… ah, no, che stupida, ce l’ho già in valigia, c’era scritto di comprarne uno sull’elenco dei libri. Sono troppo curiosa di vedervi sfoggiare i vostri smoking - aggiunse con un sorrisetto furbo in direzione dei ragazzi.
- Meglio non parlarne - borbottò Ron, spostando lo sguardo altrove con fare cupo.
- Mamma gli ha dato un vestito… - sghignazzò George.
- E’ spettacolare - annuì Fred sullo stesso tono.
- Zitti! - sbottò Ron, le orecchie in fiamme.
- Visto che siamo entrati nel discorso - disse Fred, senza far caso all’espressione confusa di Lanie a quello scambio di battute - avete già un’idea di chi volete invitare?
- O di chi vorreste che vi invitasse - aggiunse George con aria maliziosa.
- Insomma, abbiamo tempo fino al 25 dicembre - replicò Ron.
- Beh, fratello, se non vuoi restare solo come un cane, direi che ci sia tempo al massimo fino al 20 - obiettò Fred. - A meno che non vuoi trovarti la ragazza fuori dalla Sala Grande cinque minuti prima del ballo.
Lanie lo ascoltava distrattamente: era impegnata a osservare di sottecchi George. Il suo più grande desiderio era quello di essere invitata da lui, ma aveva poche speranze che si avverasse… Doveva decidere come comportarsi. Probabilmente avrebbe aspettato un po’ e poi, se non avesse ricevuto nessun invito da lui, avrebbe cercato qualcun altro.   
In quel momento George incrociò il suo sguardo e Lanie distolse in fretta il suo, imbarazzata.
- Io non ho ancora nessuna da invitare - confessò il ragazzo.
- Non ci credo - disse Fred. - Nemmeno qualche ragazza carina del nostro anno? Alicia, per esempio.
Lanie sapeva a chi si stava riferendo: Alicia Spinnet, una ragazza bionda molto amica dei gemelli. Una fitta di gelosia la attraversò.
Ma George replicò tranquillamente: - Credo che abbia già qualche tresca.
I suoi occhi si posarono su Lanie e parvero osservarla per qualche secondo, pensierosi.
- Mi è venuta un’idea! - esclamò, continuando a guardarla. - Perché non andiamo insieme io e te?
Harry, Ron e Fred spostarono lo sguardo dall’uno all’altra, sorpresi. Lanie era pervasa da un profondo sbigottimento e inizialmente non riuscì a proferire parola. Aveva sentito bene? Il suo desiderio di ricevere un invito da George Weasley si era appena avverato? E così presto, poi?
- Sarebbe un piacere per me andare al ballo con la mia migliore amica - continuò George, sorridente. - Che ne dici, Weasley?
Sebbene l’utilizzo dell’espressione “migliore amica” non facesse  proprio piacere a Lanie, era davvero troppo felice per farci caso.
- Sai che non è una brutta idea? - disse, fingendo disinvoltura. - Mi risparmierai la scocciatura di trovare un cavaliere!
- O di rifiutare i cavalieri che non ti piacciono - aggiunse George, divertito.
Lanie fissò il luminoso sorriso del ragazzo, sentendosi svenire. Quello doveva essere un sogno. Tutto un assurdo, bellissimo sogno.


- Luna, come fai a girare per la scuola con la bacchetta dietro l’orecchio?
La Corvonero ricambiò lo sguardo dell’amico con i limpidi occhi grigi, che si riflessero in quelli azzurri e vivaci e del ragazzo.
- Perché mi piace - rispose con semplicità. - E’ divertente, dovresti provare anche tu.
Lei e Ricky stavano facendo una passeggiata in cortile, che quel giorno era abbastanza affollato, forse a causa della giornata sì nuvolosa, ma fortunatamente priva di pioggia.
Ricky tacque di fronte a quell’affermazione e prese a rifletterci su. La sua era stata una domanda stupida: sapeva bene che a Luna non interessava il giudizio degli altri. Veniva presa in giro per tante cose, non solo per lo strano modo di portare la bacchetta, e ogni volta che gli era possibile Ricky rispondeva per le rime a chi la scherniva, ma lei non aveva bisogno di difese: poteva sembrare una ragazza fragile, così minuta e col volto pallido, ma in realtà era una delle persone più forti che Ricky conoscesse. Sotto quel punto di vista avrebbe voluto imparare da Luna, perché lui era spesso vergognoso, anche se non gli piaceva perché sapeva che era un male non essere se stessi. E Luna era l’esempio vivente del suo pensiero, che però non riusciva sempre a mettere in pratica.
Beh, potrei iniziare da oggi, pensò all’improvviso.
- Hai ragione - saltò su. - Dovrei provare anch’io. - Estrasse la bacchetta dalla tasca del mantello. - Dimmi come fai a tenerla ferma.
Dopo l’iniziale sorpresa, Luna si aprì in un sorriso.
- La metti con questa inclinazione, guarda - disse, sfilandogli la bacchetta dalle mani e sistemandogliela dietro l’orecchio sinistro con fare esperto. - Ecco, così dovrebbe… aspetta… Ok, perfetto.
Ricky alzò una mano per controllare, ma lei lo bloccò.
- Non la toccare, rischi di farla cadere! Guardati - disse, e tirò fuori un grazioso specchietto.
Ricky osservò attentamente il proprio riflesso. - Su di me è ancora più evidente perché ho i capelli corti - notò, ridendo. 
- Vuoi provare la sensazione di girare per Hogwarts così? - domandò Luna.
- Volentieri!
Ritornarono sui propri passi attraverso il cortile ed entrarono nel castello, mentre Ricky avvertiva diversi sguardi puntati su di loro. Distinse persino un paio di risatine, ma lui trotterellava accanto a Luna felice come un bambino.
- Sai, devo farlo più spesso - dichiarò mentre salivano le scale che portavano al primo piano.
- Visto? E’ una cosa così carina! Nessun mio amico l’ha mai fatto, tu sei il primo. 
Ricky sorrise, tutto compiaciuto.
Passarono accanto a un gruppo di ragazze bisbiglianti e, quando le ebbero superate, Ricky sentì uno scoppio di risa alle sue spalle. Pensando che ridessero di lui, voltò la testa, ma si accorse che la loro attenzione era rivolta a un gruppo di ragazzi poco lontani.
Sospirò piano: quel comportamento era molto diffuso tra le ragazze, dopo che tutta la scuola aveva avuto notizia del Ballo del Ceppo. Non solo scoppiavano a ridere al passaggio dei maschi, ma bisbigliavano nei corridoi, si scambiavano mucchi di bigliettini su quello che avrebbero indossato la notte di Natale… Erano ossessionate, ma non erano le uniche: anche i ragazzi non scherzavano.
Insomma, tutta Hogwarts era in gran fermento. Anche Ricky era felice di quell’evento, avrebbe potuto scatenarsi ed era sicuro che si sarebbe divertito, ma come molti suoi compagni aveva un grosso problema: la ragazza da invitare.
Per questo, ogni volta che vedeva delle ragazze parlare del ballo o comportarsi in quei modi strani, si ricordava del fatto che non aveva nemmeno un’idea sulla propria accompagnatrice e sopraggiungeva in lui un senso di scoraggiamento.
Lanciò un’occhiata furtiva a Luna, ignara di ciò che lo affliggeva.
Avevano accennato al ballo, ma non ne avevano parlato granché, anche perché lei era del terzo anno e, a suo dire, era impossibile che venisse invitata. A Ricky dispiaceva molto. Sarebbe stato bello se ci fosse stata anche lei quella sera, ma non c’era niente che potesse fare...
In realtà, non era del tutto vero.
Ricky ripensò all’incontro che aveva avuto a Hogsmeade con Hazel, la Corvonero con cui aveva fatto amicizia. Gli aveva rivolto delle parole strane che, non sapeva bene perché, gli erano rimaste impresse…
- Ed è anche piuttosto carina, non è vero?
Ricky batté le palpebre, colto di sorpresa. - Beh… - In realtà, non ci aveva mai pensato. - Sì. Cioè, non che abbia mai prestato attenzione al suo aspetto fisico, ma… sì, è carina.
- Carina, simpatica… sembra la ragazza perfetta, no? - disse Hazel con un sorrisetto misterioso.
- No, aspetta - si affrettò a chiarire lui, pensando che avesse frainteso. - Siamo solo amici.

- Peccato. - Hazel gli fece l’occhiolino. - Per me sareste una bella coppia. Beh, ora devo andare, ciao ciao!
Ricky non sapeva perché gli fosse venuto in mente quell’episodio proprio in quel momento. Batté le palpebre, tornando alla realtà. A cosa stava pensando prima? Ah, già, il ballo… e Luna.
Il pensiero di invitarla aveva iniziato a insinuarsi in lui. In fondo sarebbe stato un modo per permetterle di partecipare alla festa, e lui avrebbe risolto tutti i suoi problemi. 
Aprì la bocca per formulare l’invito, poi però la richiuse, incerto. Alla fine, per qualche oscura ragione, non riuscì a chiederglielo e, quando si separarono, rimase con un senso di rimpianto che non lo abbandonò per qualche ora.  


Quella mattina, Estrelle ebbe estrema cura di sedersi lontano dal fratello al tavolo di Corvonero per la colazione, come faceva ormai ogni giorno dall’uscita a Hogsmeade in cui era cambiato tutto.
Dopo l’accesa conversazione che aveva avuto con Penelope, quel giorno, Estrelle non aveva più avuto il coraggio di rientrare ai Tre Manici di Scopa, dove stava pranzando con le compagne, così si era lasciata Hogsmeade alle spalle ed era corsa verso il castello. Dopo poco Sutton, Cho, Hazel e Marietta l’avevano raggiunta in strada, preoccupate per la sua sparizione, soprattutto le prime tre. Erano tornate a scuola tutte insieme, ben prima del solito orario, mentre cercavano di consolarla come potevano.
Estrelle si riscosse da quei ricordi e scorse Ethan che prendeva posto molto più lontano, con la solita espressione rilassata. Gli aveva parlato il giorno dopo la gita, e da quel momento quasi non si erano più rivolti la parola (non che normalmente parlassero molto, in realtà).

Estrelle raggiunse il fratello in un angolo della sala comune di Corvonero, dove stava giocherellando distrattamente con un mazzo di carte. Lo fronteggiò con aria accigliata, beccandosi un’occhiata di sorpresa da parte di lui.
- Star - l’apostrofò Ethan con un sorriso falso, sapendo quanto non le piacesse essere chiamata con quel soprannome e, più in generale, con qualsiasi soprannome potesse venire in mente a qualcuno, visto che li odiava. - Hai avuto una brutta giornata?
Estrelle gli lanciò uno sguardo torvo. - Dobbiamo parlare - dichiarò, dopo aver preso un profondo respiro.
- Di cosa? - chiese il ragazzo, per niente incuriosito.
Di fronte a quell’atteggiamento di noncuranza, Estrelle rimase immobile tremando di rabbia per qualche secondo, poi esplose: - Si può sapere perché hai raccontato ai tuoi amici il mio segreto?
Lui non si aspettava che toccasse quell’argomento.
- Per “il tuo segreto” intendi…
- Sì, intendo Percy! Che cosa, se no? - Le guance della ragazza, già tendenti all’arrossamento per via della sua carnagione chiara, si accesero di un bel colore rosso pomodoro. Si stava controllando a stento dall’alzare la voce solo perché si trovavano in sala comune: non voleva certo dare spettacolo di fronte a tutti.
- L’hai detto ai gemelli Weasley, e sai cos’è successo? Che sono andati a spifferarlo a Percy e adesso Penelope sa tutto!
Ethan sgranò appena gli occhi, colto di sorpresa.
- Sul serio? - chiese lentamente. - Immagino che si sia arrabbiata molto…
- Certo che si è arrabbiata! E’ da ieri che non mi parla, e sarà un miracolo se tornerà a farlo. - Estrelle fece una pausa. Per un attimo l’irritazione lasciò il posto allo sconforto. - E’ tutta colpa tua. Se avessi tenuto la bocca chiusa…
- Non è colpa mia! Come potevo sapere che glielo avrebbero detto?
- No, non venirmi a dire che non lo immaginavi - replicò Estrelle, scuotendo la testa - perché li conosci bene! Figurati se rinunciavano all’occasione di farsi sfuggire una notizia così compromettente e di mettere qualcuno in ridicolo.
Non sopportava Fred e George, perché erano i migliori amici di suo fratello e perché li trovava stupidi. Dopo quell’episodio, quei sentimenti per loro non erano ovviamente cambiati, anzi, semmai si erano rafforzati.
- Dovevi dirlo proprio a loro, vero, proprio ai fratelli del diretto interessato…
- Secondo me la questione è un’altra - la interruppe Ethan. Lei tacque e lo guardò, confusa. - Non è che te la stai prendendo con me solo perché vuoi cercare qualcuno su cui sfogarti?
Estrelle non sopportava quell’accenno di sorriso strafottente che era comparso sulle sue labbra. A lui poteva anche non importare niente, ma intanto quella che si era cacciata in un mezzo guaio era lei. - Io mi sono arrabbiata perché se non fosse stato per te…
- Dovresti avercela con te stessa. Sei stata tu a creare questa situazione, a mentire a Penelope, a continuare ad avvicinarti al suo ragazzo. E non puoi piangere, dopo, se le cose si vengono a sapere. Perché la verità prima o poi viene a galla: che sia per mezzo di una persona o di un’altra, è inevitabile che succeda.
Estrelle boccheggiò, indignata. - Ma se tu… se voi foste stati zitti, non sarebbe successo nulla, non c’entra niente quello che dici…
- Allora vai a parlare con Fred e George - replicò Ethan. - Sfogati anche su di loro, se ti può far stare meglio. Ma ricordati che la prima responsabile di tutto questo sei solo tu.
Estrelle rimase chiusa per qualche istante in un silenzio irritato. - Dovevate farvi i fatti vostri - ripeté, con una calma quasi gelida. - Dovevo risolvere io questa situazione!
- Non è mica colpa mia se non riesci a nascondere il tuo batticuore ogni volta che vedi il secchione - ribatté Ethan con un piccolo ghigno sardonico. - Se non mi avessi fatto capire che ti piaceva, forse le cose sarebbero andate diversamente, non credi?
Estrelle strinse gli occhi grigi che, già molto piccoli di per sé, divennero due fessure. - Siete tre guastafeste - sibilò, per poi voltargli le spalle e dirigersi verso i dormitori.
Non gli avrebbe mai permesso di avere l’ultima parola: era troppo arrabbiata. Non si era nemmeno scusato, neanche a nome di Fred e George, niente di niente. Di certo, lei non sarebbe andata a parlare con i gemelli: non aveva una confidenza tale con loro da poterselo permettere, e poi non ne aveva la minima voglia. In quel momento aveva solo voglia di dormire, l’unico modo per staccare dalla realtà che, a volte, si dimostrava senza scrupoli.


Jamison cominciò ad applaudire, seguendo con lo sguardo Ginny che planava verso terra a bordo della sua scopa, i capelli rossi svolazzanti e un gran sorriso sul volto.
- Sei sempre più brava - fu il commento ammirato del ragazzo, mentre la raggiungeva al centro del campo di Quidditch. - Se i tuoi fratelli sapessero che sai volare così bene!
- Grazie. Beh, loro non possono immaginare che è da quando avevo sei anni che entro di nascosto nel loro capanno delle scope nel giardino di casa e le uso quando non ci sono - ridacchiò Ginny.
Jamison sorrise. Lo aveva rivelato solo a lui e, forse, a Hermione.
Per un attimo si incantò a osservare la sua pelle, che pareva di porcellana, e i capelli rossi che le incorniciavano perfettamente il viso lentigginoso. Se solo lei avesse saputo… Purtroppo Jamison non aveva ancora il coraggio di dichiararsi. In compenso, solo qualche giorno prima si era confidato con sua sorella Rachel. 

- Ciao, sorellina! Sono venuto a trovarti.
Jamison si avvicinò alla sorella, che si aggirava nei pressi della carrozza di Beauxbatons, intenta a prendere un po’ d’aria.
- Jamie - lo salutò, contenta. - Almeno tu mi pensi ogni tanto. Richard si fa vedere pochissimo, quel mascalzone.
Jamison ridacchiò sommessamente. Il loro fratellino si era abituato ben presto alla vita a Hogwarts e non faceva che andare avanti e indietro con i suoi amici.
Vedendo la sorella sedersi sul prato, il Tassorosso la guardò con fare incerto. - Vuoi sederti qui?
- Certo! Mica l’erba morde. Non mi va di camminare, stiamo un po’ qua.
Jamison si lasciò cadere accanto a lei, assaporando i timidi raggi di sole che spuntavano da dietro le nuvole.
- Allora… ehm… vedo che hai preso bene la “sconfitta”, se si può chiamare così - esordì cautamente. 
Rachel assunse un’aria interrogativa, che subito dopo fu sostituita da un lampo di comprensione. - Ah, sì, ormai è passato un mese - disse agitando la mano. - Non ci stavo nemmeno pensando più. Siamo tutte un po’ invidiose di Fleur, devo ammetterlo, ma in fondo uno solo di noi doveva essere scelto per il Torneo. In compenso, però, resteremo qui tutto l’anno ed è un po’ come se fossimo in vacanza! - aggiunse, portando le braccia dietro la testa con fare rilassato.
- Beh, insomma, anche voi dovete studiare per non restare indietro - obiettò Jamison in tono divertito.
- Sì, però siamo pur sempre in un posto diverso dal solito, l’aria è più distesa. Bene, che mi racconti? - domandò lei, girando il capo verso Jamison.
Quest’ultimo tacque per alcuni istanti, poi arrossì. - Ecco… ci sarebbe una cosa che ho bisogno di tirare fuori, perché è da molto che me la porto dentro senza dirla a nessuno.
Rachel inclinò il capo, stupita. - Dimmi tutto, ti ascolto.
Jamison la guardò grato, trasse un profondo respiro e le rivelò il suo segreto inconfessabile: gli piaceva da impazzire Ginny, la sua amica di sempre.
- Ginny? - Sulle labbra di Rachel spuntò un sorrisetto. Proprio come Jamison aveva sempre pensato: sua sorella approvava.
- Capisci che sarebbe ancora più difficile dirglielo, perché è la mia migliore amica - disse, disperato. - Non voglio rovinare il nostro rapporto.
Rachel tornò seria. - Lo so. Immagino quanto tu ti senta in trappola. Io non sono un asso in queste faccende, però… - I suoi occhi si illuminarono. - E se provassi a invitarla al Ballo del Ceppo?
Jamison la fissò, battendo più volte le palpebre. - Invitarla? Ma… ma non troverei mai il coraggio…
- Senti - disse Rachel, entusiasta. - Questo ballo è un’occasione irripetibile. Pensaci: può essere il punto di partenza per farti avanti. Devi provarci, promettimi che almeno ci proverai!

- Jamie? - Ginny gli sventolò una mano davanti al viso per richiamare la sua attenzione. - Dai, facciamo un volo tutti e due.
- Oh? S-sì - balbettò lui, riscuotendosi. - Senti… prima, però, devo dirti una cosa.
Ora o mai più. Aveva pensato a lungo a come formulare l’invito, non poteva sbagliare. Rachel aveva ragione: se non ci avesse almeno provato, se ne sarebbe pentito per mesi.
- Va bene - disse Ginny, confusa e incuriosita al tempo stesso.
- Insomma, sarebbe più corretto dire che devo chiederti una cosa. Sai che c’è il Ballo del Ceppo, e… ecco, io non so proprio chi invitare. Che ne dici - la guardò timidamente negli occhi - se ci andiamo insieme? Mi sembrava una buona idea, così tu puoi partecipare, visto che sei del terzo anno…
Si bloccò, sentendosi ardere per l’imbarazzo. Era sicuro che se avesse continuato si sarebbe impappinato e avrebbe fatto la figura dell’idiota. La bocca di Ginny si schiuse in una “o” di sorpresa, per poi aprirsi in un gran sorriso.
- Oh… grazie, non me lo aspettavo! Beh, sì, mi piacerebbe venire.
Jamison si sentì scoppiare di gioia. Gli aveva detto di sì! Certo, probabilmente era contenta soprattutto perché avrebbe partecipato al ballo, e non perché ci andava insieme a lui… ma aveva comunque accettato il suo invito, quindi doveva farle piacere, almeno un po’!
- Grandioso - disse Jamison, rivolgendole un sorriso a trentadue denti mentre cercava di tenere a freno l’emozione. - Sono… ehm… sono molto contento. Bene - avvicinò a sé la propria scopa - facciamo un giro nel campo.


A Violet piacevano davvero le storie dell’orrore.
Se avesse dovuto viverle in prima persona, però… beh, quella era un’altra storia, e di sicuro non le sarebbe piaciuto affatto.
Ecco perché, quando si ritrovò ad essere afferrata per un braccio e trascinata in un’aula vuota mentre camminava in un corridoio, una scena ricorrente in molti film (o almeno in quelli che aveva visto lei) e che di solito la elettrizzava, si prese un bello spavento. Poi vide chi era la persona che richiudeva la porta, e la sua espressione divenne accigliata nel giro di un secondo.
- Malfoy! - sbottò. - Si può sapere perché vai in giro a trascinare le persone nelle stanze vuote? Mi hai fatto prendere un colpo!
Il ragazzo rimase in piedi di fronte a lei con aria impassibile, anche se a uno sguardo attento si poteva scorgere un lampo di determinazione nei suoi occhi grigi.
- E’ l’unico modo per parlare con te faccia a faccia, Inazuma.
Violet fece una smorfia. - Non credo. Ma di cosa mi stupisco… la gentilezza non è proprio il tuo forte.
Anche se con me l’hai usata, una volta, non riuscì a trattenersi dal pensare. Beh, più o meno.
Malfoy ignorò il commento. Avanzò di qualche passo e lei d’istinto indietreggiò, guardandolo con aria interrogativa.
- Per dirti quello che sto per dirti, non deve sentirci nessuno - spiegò il Serpeverde.
Violet incrociò le braccia, restando sulla difensiva. - Va bene. Ti ascolto. - Quella conversazione le sembrava così surreale.
Malfoy la fissò a lungo, facendo vacillare leggermente la barriera che la ragazza aveva eretto tra loro.
- Sai che in occasione del Torneo Tremaghi la scuola ha organizzato il Ballo del Ceppo - esordì alla fine.
Violet annuì, sebbene non ce ne fosse bisogno.
- Trovare una ragazza da invitare è una gran seccatura, soprattutto perché ho una vasta scelta.
La Tassorosso alzò un sopracciglio e, per un attimo, provò un moto di fastidio. Se aveva una così vasta scelta, perché non andava dalle sue compagne con la puzza sotto il naso? 
- Bene - disse, asciutta. - Puoi invitare Pansy Parkinson, con lei andresti sul sicuro, oppure un’altra Serpeverde.
Era sicura che Malfoy volesse solo chiederle un consiglio, per quanto fosse già abbastanza strano. Tuttavia, quello non era niente in confronto alle parole che udì subito dopo.
- In realtà, non pensavo a lei, e neanche a una Serpeverde - replicò Malfoy. Sollevò appena il mento e la guardò dritto negli occhi, prima di dichiarare: - Stavo pensando di invitare te.
Le braccia incrociate di Violet si sciolsero lentamente sul suo petto, fino a ricadere lungo i fianchi.
No, un momento. Dev’esserci un errore. Avrà bevuto un po’ troppo Whisky Incendiario. Magari i Serpeverde lo hanno introdotto nella loro sala comune da Hogsmeade. Sì, dev’essere così.
Sulle prime non disse una parola, limitandosi a squadrare Malfoy in cerca di segni di cedimento o di squilibrio.
I suoi occhi non sembrano annebbiati dall’alcool, però… e non barcolla, né niente. Allora cosa…?
- So che non te lo saresti mai aspettato da me - riprese Malfoy, accortosi del suo prolungato silenzio - ma ormai te l’ho chiesto, quindi devi darmi una risposta, non credi?
Violet scoppiò in una breve risata. - D’accordo, bello scherzo, ma non ci casco, ok? Incredibile: prima sei gentile con me, poi ti diverti a scherzare… sembra quasi che vuoi comportarti da amico. 
- Sono serissimo - disse lui, senza che il suo volto si scomponesse di un centimetro o desse segni di ilarità.
Violet lo guardò, scioccata. - Ah, sei serio? Non stai scherzando?
- No - ribadì, ancora più seriamente.
Lei ammutolì, in una disperata ricerca di qualcosa da replicare.
- Va bene… fammi capire una cosa - cominciò, agitando le mani in aria. - Tu mi hai invitato al ballo. Questo significa che speri in un sì… e di conseguenza tu immagini che dovremmo farci vedere insieme in pubblico. Questo non ha senso, considerando i nostri trascorsi e anche il fatto che, fino a un minuto fa, non volevi che qualcuno ci vedesse parlare.
Malfoy parve colpito in un punto debole. Spostò lo sguardo da lei, in difficoltà, poi lo rialzò e rispose: - Ovviamente volevo essere sicuro che tu mi dicessi di sì, prima che tutti ci vedano insieme civilmente per la prima volta.
Violet si sforzò di comprendere, anche se era più confusa che mai. Non capiva a che gioco stesse giocando, cosa gli passasse per la testa. - Ok. Quindi… ehm… vorresti che accettassi il tuo invito.
- Penso proprio di sì - fu la risposta sarcastica.
- Come faccio ad accettare? Io non so proprio con chi andare al ballo, ma… non posso certo andarci con te. Non ci siamo mai sopportati, perché dovrebbe cambiare tutto così, all’improvviso?
Era un ragionamento che stava facendo a se stessa, ancor prima che a lui.
Malfoy annuì gravemente. - Hai ragione. - Fece una pausa. - Ma hai dimenticato quello che è successo l’altra volta?
A quelle parole, Violet trasalì. Certo che non aveva dimenticato come lui l’aveva consolata alla vista delle sue lacrime.
- No, ma sei tu che dovresti spiegarmi perché lo hai fatto. Finché non lo fai, come posso…?
- Non ha più importanza - la interruppe Malfoy. - Non verrai con me al ballo, e non posso biasimarti. Buona giornata.  
Un attimo dopo, era scomparso. Violet si ritrovò sola nell’aula deserta, con mille dubbi e domande che le affollavano la mente.


- Stamattina un ragazzo mi ha fermato in corridoio e mi ha invitato al ballo!
- Davvero? E che hai risposto?
- Gli ho detto di no… sto ancora aspettando l’invito di Gilbert. Comunque devo dire che era proprio carino! Tu, invece, sei stata invitata da qualcuno?
Hel ruotò gli occhi, esasperata dalle chiacchiere delle compagne che le giungevano da tutta l’aula. La professoressa Cooman era convinta che stessero disquisendo su ciò che vedevano nella sfera di cristallo posta davanti a ciascuno di loro, ma in realtà la maggior parte dei bisbigli verteva sul Ballo del Ceppo.
Ovunque andasse, Hel non sentiva parlare d’altro ed era frustrante constatare come non ci fosse nessuno che, al pari di lei, non era entusiasta dell’evento. Balli, confusione, folla… erano tutte cose che non le piacevano. Forse, però, non sarebbe stata così prevenuta nei confronti di quel ballo se non ci fosse stata la necessità di cercarsi un compagno.
Non aveva la minima idea di dove partire per trovarne uno, e non sapeva nemmeno se alla fine ci sarebbe riuscita. Di una cosa era certa: se si fosse ritrovata sola, la sera di Natale sarebbe rimasta nel suo dormitorio. 
Lanciò un’occhiata alle compagne sedute al tavolino più vicino al suo: stavano continuando a parlare degli inviti che avevano ricevuto. Hel non era stata invitata da nessuno, e nemmeno le sarebbe interessato se solo, appunto, non ve ne fosse stata la stretta necessità. Dire di sì a qualcuno, almeno, era decisamente più riposante di chiedere. 
Vediamo se la sfera mi mostra se riuscirò a trovare un accompagnatore, pensò sarcastica, guardando la sfera di cristallo. Andiamo… mostrami la sera del 25 dicembre. La Cooman non diceva che dovresti essere in grado di far vedere frammenti di immagini del futuro? 
Come c’era da aspettarsi, la sfera rimase perfettamente trasparente come prima.
La questione Ballo del Ceppo venne accantonata nella sua mente fino alla pausa pranzo, durante la quale scorse Theodore Nott a qualche posto di distanza da lei al tavolo di Serpeverde e le venne spontaneo chiedersi se avesse già trovato un’accompagnatrice.
Perché lo vuoi sapere?, fece una vocina nella sua testa.
E’ solo curiosità, rispose a se stessa, ma sapeva di mentire.
Quel pomeriggio, Hel si recò in Guferia per spedire una lettera ai suoi genitori. Non appena entrò, si rese conto di non essere sola: ad armeggiare con una busta nel tentativo di legarla alla zampa di un gufo della scuola c’era Fred Weasley, riconoscibile anche di spalle per via della notevole altezza e della chioma rossiccia.
Il ragazzo si voltò al rumore dei suoi passi e sul viso gli affiorò un sorrisetto. - Buonasera, Hel Grim, sua altezza reale. Che cosa la porta in un luogo tanto sudicio e frequentato da comuni mortali?
Hel alzò un sopracciglio. - Che cosa c’era nel tuo bicchiere di succo di zucca, Weasley? - replicò, superandolo per avvicinarsi a una civetta marroncina.
- Niente. Sei tu che sembri avere sempre la puzza sotto il naso, quindi ti stavo prendendo un po’ in giro - disse Fred. 
Hel provò un moto di fastidio. Il fatto che lei fosse una delle persone più fredde e distaccate del mondo era pura verità, ma in quella descrizione non si ritrovava per niente.
- Io non ho la puzza sotto il naso. Non mi credo superiore a nessuno… a differenza di molti Grifondoro.
Fred scrollò le spalle. - Non sono d’accordo.
- Va bene - si limitò a prenderne atto la ragazza, mentre legava la lettera alla zampa della civetta.
- Sei di poche parole - osservò Fred dopo un breve silenzio.
Hel si raddrizzò per guardarlo. - Perché, cosa dovrei dire a te? - obiettò.
- Oh, non lo so. Per esempio, se hai già trovato un accompagnatore per il ballo - disse Fred.
Hel si dimenticò per un attimo della civetta che attendeva accanto a lei. - E perché vuoi saperlo?
- Beh, sai… acida come sei, mi chiedevo solo come farai a trovarne uno - disse lui, trattenendo una risata. - Senza offesa, eh.
Hel lo fulminò con lo sguardo e gli voltò decisa le spalle per finire di sistemare la lettera alla zampa della civetta. Poi le diede un colpetto sul piumaggio e il volatile si sollevò dal trespolo e si levò in volo nel grigio cielo dicembrino.
- No, non mi offendi per niente - replicò sarcastica, tornando a guardarlo. - Tu sicuramente troverai una ragazza in un batter d’occhio, con questa innata simpatia.
- Non sbagli - disse Fred, malizioso.
Si squadrarono per qualche istante mentre anche il gufo con la lettera del ragazzo diventava un puntino tra le nuvole.
- Beh, buona fortuna - concluse Fred, e fu il primo a uscire dalla Guferia. Hel rimase a fissare la sua schiena per qualche secondo, leggermente colpita dalla frase gentile (almeno in apparenza) che era uscita dalla bocca del rosso, poi, quando lo vide sparire dietro l’angolo, se ne andò anche lei.






*Angolo autrice* 
Rieccomi, come regalino per il weekend (?), con un capitolo piuttosto sostanzioso! Come vedete ho inserito tutti i personaggi, e sara così anche nella seconda parte, nella quale scoprirete con chi vanno al ballo gli OC restanti ;) Se volete fate pure scommesse!
Sono troppo curiosa di sapere cosa ne pensate degli avvenimenti di questo capitolo *^*
Ci vediamo presto con la seconda parte e buon finesettimana :)

 

  
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