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Autore: Rose Wilson    29/01/2017    2 recensioni
Ormai da tempo, la City ha conquistato l'America, distruggendo le insulse città e metropoli e devastando la vegetazione. Il motivo? Il Progresso, ovvio.
L'America è adesso priva di regioni o stati; ricoperta totalmente di cemento, è diventata un'unica enorme città, la City, che ora si appresta a invadere il resto del mondo e a portare il Progresso ovunque.
Col tempo però, un gruppo di ribelli terroristi ha fondato la Lega Anti-Progresso, votata a ostacolare i nobili progetti del Sindaco, la massima autorità della City.
Non si conosce l'identità del capo della Lega, ma senz'altro si conosce il suo agente migliore: l'esperimento 929, una ragazza con un passato ancor più oscuro del mantello che indossa…
Ora, è nelle mani della City. Ma nessuno, neppure lei, sa che le cose stanno per cambiare per sempre.
Genere: Angst, Dark, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Slade, Terra, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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~CITY~





CAPITOLO 8

RISPOSTE, FINALMENTE

 




I pensieri di Luke non avrebbero potuto essere più confusi e disorientati in quel momento. I ribelli ti hanno sequestrato. Rachel ti ha salvato la vita. ha salvato Tara.

Tutte le sue certezze si stavano incrinando sotto il peso delle rivelazioni che, a poco a poco, sfuggivano dalle labbra di Rachel e Amalia, mentre queste, in infermeria, discutevano animatamente sulle condizioni tutt'altro che perfette della Megattera in seguito ai macigni scagliati da Tara. Con tanto di imprecazioni e bestemmie da parte della mora.

Non capiva molto di ciò che diceva, ma non era certo stupido e, a giudicare da quanto fosse agitata, il viaggio verso la loro, a lui ignota, destinazione si sarebbe protratto più a lungo di quanto chiunque lo desiderasse, a bordo.

Pure Rachel era accigliata, e rispondeva ai toni volgari della compagna con mormorii lugubri e per nulla rassicuranti.

In quel momento il ragazzo si trovava seduto su di un piccolo sgabello dotato di schienale che aveva trovato in infermeria, e stava chino su sé stesso accanto al piccolo lettino candido dove, dormiente, giaceva la sua amica.

O meglio, lui avrebbe davvero voluto con tutto il cuore che Tara stesse semplicemente dormendo, pronta a svegliarsi di lì a poco con la voce impastata di sonno a chiedere perché diamine Ainsworth la costringesse a svegliarsi prima di mezzogiorno.

Ma anche un cieco avrebbe capito che non stava dormendo. La pelle era pallida, smorta, come quella di un cadavere. Le palpebre erano serrate, rivoli di sudore le incollavano i capelli dorati alla fronte e al collo. Il respiro, seppur regolare, era flebile e poco profondo, come se potesse arrestarsi improvvisamente senza che nessuno se ne accorgesse in tempo.

Il bracciale grigio le avvolgeva quasi totalmente l'avambraccio, con il minuscolo pulsante rosso che aveva cessato già da parecchio di illuminarsi a intermittenza.

«Cittadino» lo richiamò alla realtà la voce profonda di Wildebeest. Luke si voltò, per vedere il mostro porgergli un vassoio. Sopra di esso sembrava esserci cibo, ma il ragazzo faticò a riconoscerlo come tale, abituato ai pasti stomachevoli e assolutamente anonimi della City.

Scosse la testa, e allungò la mano per respingere l'offerta ma tutto ciò che ottenne fu uno sbuffo animalesco. La mano libera, non impegnata a reggere il cibo, si richiuse poco delicatamente sul suo braccio, poi l'uomo lo costrinse ad afferrare il vassoio.

«Digiuno non aiuta la tua amica» disse fissandolo severo. Luke era incredulo. Quello... voleva essere un atto di gentilezza?

Notò che, per via della malformazione del viso e della mascella, faticava nel parlare. Ciò spiegava perché non avesse spiccicato parola sino ad allora. Eppure aveva parlato - aveva cercato di confortarlo? - e questo solo perché si era reso conto del dolore che provava in quel momento. E come avrebbe potuto accorgersene se, come sosteneva la City, non aveva un'anima?

Come ad aver intuito i suoi pensieri, sul viso ben poco espressivo della belva si dipinse una nota di disappunto, poi l'uomo gli voltò le spalle e abbandonò l'infermeria, probabilmente per dirigersi alla sala comandi.

Luke sbattè le palpebre, ancora stupito, poi abbassò lo sguardo sulle pietanze disposte ordinatamente sul vassoio che si ritrovava a reggere. Dopo un'attenta analisi, riuscì a dedurre che doveva trattarsi di pesce - essendo lui a bordo di quella che si poteva tranquillamente definire un'imbarcazione, avrebbe dovuto aspettarselo - cucinato in una maniera che non era in grado di definire, un bicchiare d'acqua e qualche ciuffo di verdura a far da contorno.

Prese a mangiare in silenzio, tendendo un orecchio alla conversazione tra Rachel e Amalia. A quanto pareva avevano terminato di discutere riguardo le condizioni della Megalodon.

«Quante scorte ci restano?»

«Abbiamo cibo e acqua sufficienti per tre settimane, se razioniamo»

«Bene. Quanti giorni dista la nostra base più vicina?»

«Una quindicina, ma con un motore in meno saremo fortunati se riusciremo a raggiungerla in meno di venti, venticinque»

Con la coda dell'occhio vide Rachel annuire pensierosa, poi anche Amalia lasciò la stanza, subito seguita da un gracchiante Ares. La ragazza sospirò, per poi andare a sedersi accanto a lui su una sedia, in silenzio.

Luke ingoiò l'ultimo boccone, sentendosi finalmente sazio. Non si era reso conto di quanta fame avesse, ma a sentire il suo stomaco doveva essere stato svenuto per parecchio tempo senza mangiare.

Ora però che non aveva più scuse per evitare di parlare, sentì l'ansia prendere possesso di lui. Lo metteva terribilmente a disagio la presenza di Rachel, e non gli si poteva certo dare torto. Non era ancora riuscito bene a inquadrarla: era una gelida e spietata assassina priva di anima, coma la City la dipingeva... oppure era qualcos'altro?

Le lanciò un'occhiata di sottecchi. Si era tolta di nuovo il cappuccio, lasciando liberi alla vista il capo e il viso. Ciocche di capelli nerissimi le ricadevano davanti agli occhi in maniera scomposta. Teneva lo sguardo alto e la schiena dritta anche allora che non faceva altro che fissare il vuoto davanti a lei. Se si accorse che lui la stava guardando non lo diede a vedere.

Nonostante la sua postura rigida era chiaro che fosse stremata, sebbene Luke non avesse idea del motivo. Proprio mentre sentiva che la tensione racchiusa in quel silenzio stava diventando opprimente al punto da lasciarlo senza fiato, Rachel aprì bocca.

«Curioso» mormorò, a bassa voce ma di colpo e con così poco preavviso che Luke si trattenne a stento dal trasalire.

«C-Cosa?» domandò, incespicando sulla sua stessa lingua.

«Nulla» rispose lei, sempre con lo sguardo rivolto al vuoto. «Ma è la prima volta che mi guardi senza odio, rabbia o timore negli occhi»

Il ragazzo si sentì avvampare.

«Suppongo dunque che sia un buon momento per porti la mia domanda» disse, voltando il capo di scatto nella sua direzione e piantandogli i suoi occhi color ametista addosso.

«Cosa ci facevi nascosto in quel corridoio, davanti alla sala esperimenti?»

Il suo viso era inespressivo, ma i suoi occhi erano indagatori e parevano scrutarlo nel profondo.

Il ragazzo distolse lo sguardo da lei. Sapeva che, prima o poi, quella domanda sarebbe saltata fuori. Si sentiva parecchio riluttante a rispondere, sopratutto per il fatto che Rachel non avesse ancora risposto alle sue di domande, più che legittime.

«... Niente. Avevo visto Tara allontanarsi dalla sua postazione di lavoro e ho deciso di seguirla per accertarmi che non finisse nei guai, tutto qui» borbottò. Alla fine aveva optato per una mezza verità, per allontanare eventuali sospetti da lui.

«Non potevo certo immaginare che sarebbe finita in una sala esperimenti... E che tu ci avresti rapiti»

Le labbra della ragazza si piegarono in una smorfia.

«A casa mia quello si chiama "salvare la vita"»

Trascorsero vari istanti di silenzio prima che Luke si decidesse a romperlo.

«Ho risposto alla tua domanda. Gradirei ora che tu ripondessi alle mie» le disse, ritorcendole contro le sue stesse parole.

Lei storse il naso di fronte a quella che per lei doveva essere una manifestazione di immaturità e basta. «Non preferiresti attendere che la tua amica si svegli? Sarebbe più facile e meno ripetitivo spiegarvi tutto quando siete assieme, no?»

«Voglio delle risposte. Adesso»

Rachel rimase a guardarlo, un'espressione gelida in viso, poi sospirò e si appoggiò stancamente allo schienale della sedia.

«Molto bene. Chiedimi ciò che vuoi» proferì, chiudendo gli occhi come se volesse addormentarsi lì sul posto.

Luke ci riflettè un paio di secondi. «Perché ti trovavi nella City?»

«Ero in missione» rispose con semplicità lei. «Mi sono fatta arrestare e, dall'interno, ho cercato di scoprire più informazioni possibili»

Lo disse con una tranquillità allarmante, come se essere arrestati dalla City fosse una cosa semplice e indolore. Il suo tono indifferente, però, veniva tradito dall'evidente debolezza che cercava di nascondere, dal suo corpo deperito al punto tale da renderla quasi fragile sotto alcuni punti di vista.

Attraverso la maglia aderente nera Luke riusciva a contarle le costole.

«Non credo proprio che questa fosse la tua unica domanda» lo riprese Rachel, mantenendo gli occhi chiusi, serafica. «Anzichè cercare come un ossesso che cosa ci guadagnerei a mentirti, ti consiglierei di passare al prossimo quesito»

Il ragazzo si morse la lingua, rimproverandosi per la sua sciocca esitazione.

«Eri in missione per conto della Lega?» chiese, per poi pentirsene un secondo dopo. Era una domanda stupida, e già si aspettava un commento sarcastico o quantomeno ironico fuoriuscire dalle labbra livide della ribelle.

«No»

Luke sgranò gli occhi, sbigottito: quell'affermazione contraddiceva ogni cosa detta sino ad allora. Come a percepire il suo stupore, Rachel continuò:

«A dire il vero ho scelto io stessa di partecipare, assieme ad Amalia, a questa missione... uhm, come dire?, "clandestina"» cercò di spiegarsi meglio, intrecciando le mani perlacee in grembo.

«Vedi, nonostante qualunque cosa sostenga la City, la Lega Anti-Progresso non è così informata e temibile come vorrebbe essere. Se attaccassimo ora, finirebbe in un bagno di sangue.

«Non disponiamo di dati sufficienti a fare più di tanto, per ora. E il nostro leader» la ragazza arricciò le labbra a scoprire i denti, in un accenno di ringhio. «Diciamo che preferisce "preservare l'incolumità" dei demoni a lui fedeli, piuttosto che rischiare di lanciarli in missioni rischiose e rimanere senza protezione.

«Tu non puoi saperlo, ma sia io che Amalia abbiamo un motivo preciso per combattere contro la City. Non credo di apparirti più insensibile o negativa di quanto tu già mi vedi dicendoti che le nostre sono puramente faccende personali.

«Ora come ora siamo in una situazione di stallo. Ma qualche settimana fa è caduta la goccia che ha fatto traboccare il vaso»

Socchiuse appena gli occhi, lanciandogli un'occhiata. «Sai cos'è accaduto esattamente ventitrè giorni fa, nell'Area Capitale?»

Luke negò piano con il capo. Qualcosa gli faceva sospettare che le parole della ragazza non lo avrebbero lasciato indifferente.

«Dieci dei prigionieri più giovani sono stati prelevati dall'Area Carcere e giustiziati pubblicamente. Molti di loro non superavano i dodici anni. Il motivo è presto detto: erano marchiati»

Nel riconoscere lo stupore del ragazzo, cercò di spiegarsi meglio: «Quelli che voi cittadini definite demoni. Noi preferiamo chiamarci con termini... meno offensivi»

Richiuse gli occhi. «Il resto puoi anche immaginartelo. Assieme a Wildebeest abbiamo pianificato questa piccola missione. Amalia era già infiltrata da qualche anno come Apprendista - il suo compito era aggiornare la Lega sugli archivi di guerra della City - e tutto quello che ho dovuto fare è stato eliminare colui che ha ordinato l'esecuzione e lasciare che mi arrestassero»

Luke rimase in silenzio, cercando di assimilare tutte quelle informazioni. Ma, se il quadro generale stava iniziando pian piano a schiarirsi, l'immagine della ragazza accanto a lui era immersa nelle tenebre.

Aveva appena ammesso di avere ucciso a sangue freddo uno dei - pochi - Ministri della City e aveva sopportato chissà quali torture solo per poter mettere le mani su informazioni utili a distruggere dall'interno ciò che per lui era tutto ciò che poteva definire casa.

«Hai ucciso un uomo» mormorò. La sentì sospirare.

«Un uomo che ha ucciso decine di persone e in special modo bambini solo per i loro geni. Non credo che una singola vita corrotta possa valere quanto tutto il sangue innocente di cui essa si è macchiata, ma non vado fiera delle mie azioni. Questo è tutto ciò che posso dirti a riguardo»

Rimasero in silenzio svariati secondi. Luke si morse l'interno della guancia.

«Cos'avete intenzione di fare con noi?»

Rachek esitò. «Dipende»

«Dipende da cosa?»

«Dipende da cosa voi avete intenzione di fare»

Il ragazzo rimase sbigottito. Aveva sempre pensato che non avrebbe avuto possibilità di scelta, e si era talmente abituato all'idea che anche solo quel vago accenno al fatto che avesse torto bastò per lasciarlo sconvolto. Al contrario, la ragazza appariva tranquilla e pacata, come se stessero discutendo sul tempo.

«Ma... non sarebbe tuo compito consegnarci alla Lega?»

«Compito?» chiese lei, guardandolo negli occhi con un sopracciglio inarcato. La sua espressione si indurì così all'improvviso che a Luke gli si mozzò il fiato in gola.

«Tutto ciò che voglio è distruggere la City. Non ho mai detto di essere dalla parte della Lega, né di dover eseguire "compiti" per essa»

Disse quelle parole con il gelo nella voce e nello sguardo. Un bagliore rosso fece capolino nelle iridi violacee.
Ma fu solo un secondo, dopodichè si ricompose quasi immediatamente.

«Se per vedere la City distrutta è necessario che resti alleata della Lega sono disposta a farlo. Ma non ho intenzione di costringervi a fare nulla contro la vostra volontà, come invece vorrebbero che facessi»

Luke era profondamente scosso, e si vedeva. Una parte di lui era atterrita e confusa riguardo alla ragazza in nero che gli sedeva accanto. In certi momenti gli pareva di vedere in lei un mostro, il demone che uccideva a sangue freddo e senza pietà.

Ma l'altro lato di lui... si scopriva ad ammirare la giovane. Ammirava come non pensasse due volte a sacrificare sé stessa, prima per la sua causa, qualunque essa fosse, e dopo per Tara, una perfetta sconosciuta solo per strapparla a un destino orribile.

O forse era solo il fatto che non seguisse e infrangesse le regole, comprese quelle che avrebbe teoricamente potuto aiutarla nel suo intento, a gettare una luce diversa su di lei.

«Certo, tu sei ovviamente più libero di scegliere della tua amica» aggiunse Rachel, ponderando bene le parole da usare. «Tra una ventina di giorni raggiungeremo una delle isole della Lega. Se lo desiderate, da lì potrete prendere una nave fino alla terraferma e arrangiarvi. Ma è bene che tu lo sappia»

Prese un respiro, senza staccare gli occhi da quelli di Luke. «Tara non potrà mai vivere una vita normale. Non nelle sue condizioni. Potrebbe anche reprimere dentro di sè i suoi poteri per una decina di anni, forse una quindicina; ma finirebbero con logorarla dall'interno, lentamente, giorno dopo giorno. Luke»

Per la prima volta la ragazza gli afferrò il braccio. La pelle era gelida come se torrenti in procinto di ghiacciarsi le scorressero nelle vene al posto del sangue. Luke si irrigidì ma non si ritrasse.

«Se lei non imparerà a controllare i suoi poteri... i suoi poteri impareranno a controllare lei. E allora neppure il bracciale di costrizione servirà a qualcosa. Penso tu possa ben immaginare cosa succederebbe, non è così?»

Il ragazzo deglutì mentre annuiva. Nella sua mente, la visione di una Tara dagli occhi dorati, feroce e sanguinaria senza neppure un briciolo di ciò che era stata la sua amica era più che sufficiente a fargli accapponare la pelle.

«... Bene» mormorò Rachel, ritraendosi. Si aggiustò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre l'ormai consueto velo di apatia le ricadeva di nuovo sugli occhi.

«Come posso fare... per evitare che ciò avvenga?»

La voce di Luke era rotta, e sentiva che se avesse pronunciato solo una parola in più sarebbe scoppiato a piangere. Proprio lui che aveva passato anni a ripetersi come un mantra che le lacrime non erano altro che un segno di debolezza.

Il viso di Rachel si ingentilì appena.

«La Lega ha sempre bisogno di reclute, umani e demoni in egual misura»

La luce soffusa dell'infermeria illuminava a giorno la stanza e il viso di lei, ma nonostante ciò Luke ebbe ancora l'impressione che decine di ombre si nascondessero in quegli occhi spenti.

Erano entrambi esausti, e avrebbe dato qualunque cosa in cambio di una notte di sonno, eppure lui aveva ancora così tanti interrogativi per la mente. Al tempo stesso però, non riusciva neppure a comprendere appieno il significato che celava quell'ultima enigmatica frase.

Aprì la bocca per l'ultima domanda che si sentiva in dovere di porre quel giorno, prima di abbandonarsi a letto, da solo, a riflettere e a tentare di assimilare tutte le informazioni che Rachel gli aveva svelato.

Ma prima che potesse parlare la porta si spalancò all'improvviso, facendo apparire un'Amalia che decisamente non era in vena di domande.

Si bloccò nel vederlo, poi fece saettare lo sguardo verso il vassoio vuoto abbandonato sulle ginocchia del ragazzo ed esclamò: «Sei riuscito davvero a mangiare quella roba?»

Lui sbattè le palpebre, poi annuì col capo. Lei lo guardò come se avesse appena ammesso di saper respirare sott'acqua.

«Certo che devi essere davvero disperato per riuscire a mandar giù senza batter ciglio uno dei piatti di Wildebeest» borbottò, scuotendo la testa. «Tutt'ora mi chiedo, dopo tutto il tempo passato nella City come infiltrata, cosa sia peggio: la mensa degli Apprendisti o la cucina di quel vecchio caprone»

Si udì un ringhio profondo e infastidito provenire da qualche parte all'infuori dell'infermeria, e Luke si sentì rizzare tutti i peli delle braccia nel sentirlo.

Amalia invece alzò gli occhi al cielo, poi si voltò verso la porta aperta e gridò: «Lo so che puoi sentirmi dalla sala comandi, perché diavolo credi che sia così sincera?»

Per tutta risposta ricevette uno sbuffo indignato. Lei scosse il capo con fare indignato, poi si girò e si rivolse ai due.

«Allora» disse, indicandoli con fare accusatorio. «Voi. Vi state ancora scambiando i braccialetti dell'amicizia, o già pensate alle nozze?»

Il tono era mortalmente serio, e Luke ci mise più di un paio di secondi a realizzare che stava - ovviamente - facendo del sarcarmo, ma strabuzzò gli occhi comunque. Rachel si limitò ad alzare gli occhi al cielo, esasperata.

«Ehi, chiedevo» scrollò le spalle la mora. Si voltò e si diresse fuori dalla stanza, dicendo ad alta voce: «Se vi serve una stanza, la mia cabina non è a vostra disposizione»

Trascorsero pochi secondi nei quali Luke si accertò che se ne fosse andata, poi guardò in faccia la ragazza accanto a lui e chiede, senza accorgersi di utilizzare un tono molto più confidenziale di quanto gli si addicesse, considerato il suo carattere.

«Ma ce l'ha con me, o ha problemi un po' con tutti?»

L'ombra di un sorriso si dipinse sulle labbra di Rachel. «Diciamo pure che ha fatto dell'essere irrispettosa nei confronti del genere umano la sua ragione di vita»

Sorrisero appena, ma si trattava di un sorriso incerto, vago e fugace, che fa capolino sulle labbra ed è pronto a svanire in un battito di ciglia, poco fiducioso.

Intanto i macchinari continuavano silenziosamente il loro lavoro, emettendo sommessi bip a ogni battito vitale della giovane, respirando al posto suo, impedendo alla lama della morte di cadere sul suo volto troppo presto.





















Alla prossima (si spera non troppo tardi)!

Sì, certo. Poi mi ammalai, la scuola mi prese di mira, l'ispirazione se ne andò a farsi benedire e mi ammalai di nuovo :). Fatanstico, nevvero?
Okay, scherzi a parte mi spiace davvero di aver tardato tanto con questo capitolo. Per farmi perdonare è un po' più lungo dei precedenti  (nove pagine di agonia e bestemmie, per la precisione). Ma no, non mi soddisfa per niente. Sì, è lungo, ma noioso. Moooolto noioso.

Anyway. Lo so che un Red X che arrossisce è una cosa che non sta né in cielo né in terra (specie per ciò che dice a Stella nell'episodio a lui dedicato...) ma suppongo che dopo tutto ciò che stia provando, sia anche un poco autorizzato a essere un pelino più sensibile del solito, no?

E non ho nient'altro da dire, se non scusarmi ancora e sperare che qualunque cosa sia questo capitolo vi sia piaciuto.

Alla prossima,

Rose

 
   
 
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