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Autore: CaptainKonny    30/01/2017    8 recensioni
"Quando hai accettato la tua vita e sei pronta ad affrontare il tuo futuro.
Quando ti senti abbastanza forte, credendo che il passato non potrà mai tornare a farti del male.
...E poi arriva uno psicopatico a smontare il tutto."
***
Mi chiamo Serena Brooks e Aaron Hotchner è mio padre...e si è appena fatto rapire dal mio prossimo S.I.
Il vero problema è che io non voglio avere niente a che fare con mio padre.
***
[Dal testo della canzone "Daddy's little girl": Daddy, daddy, don't leave/I'll do anything to keep you right here with me/I'll clean my room, try hard in school/I'll be good, I promise you/Father, Father, I pray to you]
***
Un ringraziamento speciale ad una persona molto importante che ha contribuito alla revisione della storia una volta ultimata.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aaron Hotchner, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 

BAU TEAM

Toc toc.

-Oh, buongiorno anche a te dolce visione. Anche tu qui così presto?-

Garcia salutò dalla sua postazione in mezzo alla  “Stanza dei monitor” la collega appena entrata. JJ dal canto suo le porse una bella tazza di caffè ancora fumante.

-Buongiorno anche a te. Avevo un po’ di cose da sbrigare prima che arrivassero i ragazzi. E tu come mai sei così mattiniera oggi?- la donna prese posto accanto all’amica, badando bene a non urtare niente in quel miscuglio di documenti, tastiere varie, post-it e pupazzetti. Garcia si poteva dire quella più eccentrica del gruppo, persino più di Spencer, il cervellone. E come a voler rafforzare quella teoria appurata ma mai espressa, la collega fece dondolare i biondi codini riccioluti, trattenuti da due appariscenti fiocchi rosa a pois bianchi.

-A dire la verità sono andata a dormire molto presto ieri sera e così questa mattina alle sette ero già bella arzilla, così mi sono trovata qualcosa da fare.-

-Non mi avevi detto che avevi un programma da guardare o qualcosa del genere?-

Garcia la guardò con la stessa espressione sconsolata di un bambino di sei anni che ti accusa di non comprendere quanto i suoi cartoni siano importanti.

-Non era un programma, era un videogioco. Il problema è che parlava di 24 capitoli, ma ce n’erano solo 14. E dove sono finiti gli altri 10?-

JJ sorrise dell’espressione di Garcia, era incorreggibile, come sempre.

-Piuttosto, strano non si sia ancora visto Hotch in giro.-

-Meglio. Una persona in meno a cui dover spiegare la mia frustrazione.- rispose l’altra senza distogliere lo sguardo dai monitor, mentre le mani danzavano sui tasti come se avessero vita propria. JJ sorrise ancora una volta.

-Vado a vedere se è arrivato qualcun’altro.- 

-Mmh. Ah, grazie del caffè! Sei stata un tesoro.- la fermò giusto in tempo Garcia, facendo ruotare la poltrona girevole con una spinta decisa.

-Figurati. A dopo!-

Nell’openspace non c’era tantissima gente, più di metà delle scrivanie erano riservate alla loro squadra. Un’arruffata chioma castano chiaro faceva capolino da sopra una delle divisorie.

-Buongiorno Spence!- JJ era l’unica a chiamare il ragazzo con quel nomignolo e a lui andava bene, c’era un rapporto molto particolare tra loro, di estrema fiducia. Sentendosi interpellare il ragazzo alzò lo sguardo dalle carte che aveva davanti, sorridendole radioso.

-Buongiorno a te JJ!- era così dolce, la donna non poteva fare a meno di pensare che ai suoi occhi quel ragazzo non sarebbe mai cambiato. Un bambino dalla conoscenza infinita circondato da adulti freddi e austeri.

-A quanto pare stamattina nessuno aveva voglia di stare a casa. Anche Garcia è già al lavoro.-

-A dire il vero sono arrivato prima perché avevo ancora dei rapporti da completare. L’altra sera Emily me ne ha passati qualcuno dei suoi.- rispose il ragazzo, storcendo un pò la bocca di malavoglia. Preferiva di gran lunga mettere in pratica le sue abilità sul campo, che restare chiuso in ufficio.

-Ma scusa, perché non le hai detto di no?- il ragazzo alzò le spalle come se fosse una cosa ovvia, di non rilevante importanza, sorridendo altruista; gli occhi la guardavano completamente limpidi, spalancati e le ricordarono quelli dei suoi due  figli.

-Lo sai che mi fa piacere dare una mano.-

-Spence, un conto è dare una mano, un conto è approfittarsene.- sottolineò lei, incrociando le braccia davanti a sé con fare materno. Il ragazzo sorrise, sapeva che JJ era molto protettiva verso di lui. Un po’ tutti lo erano a dire la verità, in fondo era il più giovane del gruppo. Eppure JJ aveva un modo tutto suo di farlo sentire a casa. Lui poi che ha avuto un padre assente ed una madre malata da molto tempo.

-Tranquilla, non succederà. E comunque vedrai che Morgan non si smentirà.-

-Riguardo a cosa?-

-Ad arrivare presto. A mio parere non sarà qui fino alle 9:30.-

-Non provare a cambiare discorso.- lo accusò sorridendo la bionda, puntandogli l’indice contro con fare accusatorio; anche il ragazzo rise.

-Cos’è che succederà alle 9:30?-

Una trafelata Emily prese posto alla sua scrivania dopo aver gettato la malaugurata borsa che aveva con sé in parte alla sedia. Dai capelli in disordine e dalla cera pallida, la donna non aveva passato una buona nottata.

-Buongiorno anche a te.- fece ironica la bionda, l’altra sospirò, stufa ancora prima di iniziare.

-Dicevamo che Morgan non sarà qui prima delle 9:30.-

-Probabile, ma non gli conviene se non vuole sentirne quattro da Hotch.- si aggregò la mora.

-Beh, per il momento ne Hotch ne Rossi sono ancora arrivati.- sentenziò JJ, aguzzando la vista oltre il soppalco, dove sapeva erano ubicati gli uffici dei suoi superiori.

-Questo sì che è strano.- commentò distrattamente l’altra, accendendo il suo pc.

-Ehi Emily, tutto bene? Hai una faccia.- domandò il ragazzo.

-No, ricordatemi la prossima volta di non dormire più in aereo. Mi è venuto un torcicollo! Non sono più riuscita a chiudere occhio per tutta la notte.- rispose la collega, frustrata.

-Hai provato a prendere un antidolorifico?- propose JJ.

-Per il momento ho messo una pomata, sperando faccia effetto.-

-Buongiorno a tutti!-

 Quella voce allegra e squillante riportò un po’ tutti alla normale e rilassante quotidianità dell’ufficio; Rossi era l’unico ad arrivare di primo mattino al lavoro con un sorriso raggiante. Ad eccezione di Morgan dopo che aveva passato una delle sue serate di fuoco.

-Buongiorno! Finalmente qualcuno allegro.- sorrise JJ.

-Perché? Qualcosa non va?- domandò l’uomo, preoccupandosi dei suoi giovani ed esperti sottoposti come se fossero i suoi stessi figli.

-A quanto pare è stato un brutto rientro un po’ per tutti.- sorrise Reid dalla sua postazione, con fare tra l’ironico e il divertito.

-Ieri sera mi avevi accennato a dei rapporti da finire, ma a te e Emily cosa è capitato?-

-Torcicollo.- rispose questa tra un colpo di tosse e l’altro.

-E a te JJ?.- domandò l’uomo, guardandola con occhio clinico.

-A me nulla per il momento, ma Garcia è qua quasi da prima di me.-

-Questo sì che è strano.- commentò Rossi alzando un sopracciglio e facendo così ridere tutti quanti.

-Sì, ma lei non è partita con noi.- ci tenne a sottolineare Emily.

-A quanto pare Morgan è riuscito ad addormentarsi senza problemi.- continuò il loro capo, avviandosi verso il suo ufficio, mentre i colleghi ridevano per quella battuta prevista. A metà strada l’agente anziano si fermò, osservando tra le tendine dell’ufficio del suo capo, ubicato a metà strada tra il suo ufficio e le scale.

-Hotch non è ancora arrivato?- domandò serio, questa volta nella sua voce si udì perfettamente quella nota insolita, da avvenimento non calcolato.

-Nessuno l’ha ancora visto.- rispose JJ.

-Magari ha deciso di prendersi qualche ora, ieri non ha chiuso occhio nemmeno per un minuto.- azzardò Emily, ben sapendo che la cosa stonava anche a lei mentre la diceva.

-Hotch? No, non è il tipo.- Spencer, la bocca della verità, aveva dato adito al comune pensiero.

-Ad ogni modo avvisatemi quando arriva, devo parlargli di una questione piuttosto urgente.- tagliò corto Rossi, sparendo definitivamente nel suo ufficio.

Hotch con la sua serietà e autorevolezza aveva il potere di far sentire tutti in soggezione, sotto esame in ogni momento. Di conseguenza, avere una mattinata per rilassarsi avrebbe dovuto farli sentire meglio, a quanto pareva invece la cosa non faceva altro che farli innervosire e preoccupare sempre di più. Hotch era il loro capo e loro erano la sua squadra. Tra loro non c’era solo un giuramento burocratico, ma un vero e proprio rapporto di fiducia e lealtà.

Le ore si susseguono nella più completa tranquillità, compilando scartoffie e rispondendo al telefono. Come premesso, il don Giovanni della squadra non fece il suo ingresso se non un paio di minuti prima che scattassero le 9:40.

-Buongiorno gente! Vi sono mancato?- la sua aria rilassata e festante suggeriva che non solo era riuscito a dormire, ma aveva passato anche una gradevole nottata. Tutti i suoi colleghi gli restituirono occhiate minacciose dalla loro postazione.

-Ehi, che sono quei musi lunghi?- domandò ancora Derek, prendendo posto alla propria scrivania.

-Tu che dici? Noi siamo al lavoro già da un pezzo. Mentre tu dov’eri?- la minaccia di Emily lasciava trapelare tutta la curiosità di cui era intrinseca.

-Tesoro, ricordo solo di essermi svegliato con un vassoio sul comodino con la colazione pronta e una lettera profumata nella parte del letto accanto alla mia. Che vuoi che ti dica?- rispose l’uomo con fare a dir poco poetico.

-Questo non toglie il fatto che sei in ritardo.- sottolineò il giovane dottore, senza distogliere gli occhi dal monitor del computer.

-Reid, lo sai vero che a parlare è la tua invidia e non tu. Vero?-

-Invidia? Invidia per cosa?-

-Per la “compagnia” che tu non hai.- rise l’altro divertito.

-Ma sentitelo!-

In quel preciso frangente, forse attirato dal vociare che aveva animato l’openspace, David uscì dal suo ufficio, appoggiandosi alla balaustra e osservando i ragazzi, come se stesse cercando qualcuno.

-Morgan! Sono contento tu ti sia ricordato di noi questa mattina.-

L’agente di colore non rispose a quella battutina; divertente che fosse, Rossi era uno dei suoi capi e un avviso di richiamo in quelle parole c’era senza ombra di dubbio. David continuò a scrutare la stanza con le sopracciglia arcuate; aveva una strana sensazione da quanto era arrivato e non se n’era più andata. JJ tornava proprio in quel momento da un ufficio accanto, le braccia ricolme di cartelle contenenti ognuna casi diversi.

-JJ, Hotch è arrivato?- la ragazza si fermò, sollevando lo sguardo verso di lui.

-Non che io sappia.-

-Nessuna telefonata o messaggio?-

-No, niente.-

-Aspettate un momento! Hotch non è ancora arrivato?- Morgan aveva dissolto il sorriso burlone, lasciando emergere la persona seria che c’era in lui, il profiler.

-Non è da lui.- sul viso di Emily la preoccupazione era del tutto evidente.

-No, per niente.- anche Spencer aveva lasciato perdere i suoi rapporti.

David, mantenendo un fare controllato, ma non mascherando il forte dubbio che lo attanagliava, prese il cellulare dalla tasca interna della giacca, portandoselo all’orecchio sotto gli occhi di tutti. L’apparecchio iniziò a squillare. Un’attesa bruciante, neanche i secondi erano così lenti. Poi il silenzio assoluto.

-Allora?- domandò Derek, lui e tutti gli altri avevano il volto rivolto verso l’alto. Non ebbe il tempo di rispondere che il telefono sulla scrivania di JJ prese a squillare. Per un paio di secondi nessuno si mosse, in preda all’ansia più completa. Era Hotch quello pacato e deciso, quello che dopo un attimo di silenzio sapeva perfettamente come gestire ogni situazione. David annuì ad uno sguardo della bionda, consentendole di rispondere.

-Pronto.- la dolce e attiva JJ era terrorizzata, la sua voce non era mai risuonata così distaccata.

-Salve Jennifer, o come ti chiamano tutti, JJ.- la ragazza premette un tasto, mettendo la chiamata in vivavoce, poggiò la cornetta sulla scrivania e vi si allontanò come se vi fosse rimasta scottata.

-Chi parla?- domandò la donna, ormai non mascherando il panico di quanto grave si stava per rivelare la situazione. David scese prontamente le scale, raggiungendo gli altri colleghi attorno alla scrivania, muovendosi col fare irrequieto di un leone anziano quando qualcuno osa entrare nel suo territorio, guardingo.

-Questo non ha importanza, non adesso. Piuttosto, voi che non vi siete neanche accorti dell’assenza di un vostro collega, non vi siete neanche domandato il perché.-

-Che cosa gli hai fatto viscido bastardo?- sbottò Morgan, pieno di rabbia. Fu David ad afferarlo per un braccio e a imporgli la calma con un singolo sguardo; non potevano assolutamente permettersi un passo falso in un momento delicato come quello. Una risata sguaiata proruppe dalla parte bassa della cornetta.

-L’agente Morgan! Lo sai, saresti un ottimo capo, se solo non fossi così impulsivo. È quello che pensano tutti.-

-Non hai risposto alla domanda.- sottolineò con innaturale calma David, cercando di riportare la conversazione su un territorio sicuro.

-Ah, l’agente Rossi. Sapevo avrei parlato con lei.-

-Davvero?-

-Il braccio destro dell’agente Hotchner. Com’è prendere ordini da uno più giovane di te? Non ti senti umiliato?-

-Aaron Hotchner è il mio capo, ed è una buona guida per tutti noi. Ha le qualità e l’esperienza necessarie per occupare il posto che occupa.-

-Ma che carini. Sacrifichereste ognuno la propria vita per salvare quella dei vostri compagni.-

-Ci conosci molto bene, vedo.-

-E’ così. Siete famosi in prigione, lo sapevate? Ad ogni modo, era necessario che vi conoscessi. Non abbiatene a male, non ho nulla contro di voi, ma io e l’agente Hotchner abbiamo una questione in sospeso.-

-Non ci hai ancora detto cosa hai intenzione di fare.-

-Vedrete.-

-Sta bene?-

-Per il momento. Adesso però, se volete che continui a star bene, dovrete seguire alla lettera le mie istruzioni. E vi intimerei di non indugiare, ogni secondo che passo in attesa mi annoio e voi non volete che utilizzi il vostro amico come passatempo, vero?- i loro cuori battevano così forte da pensare che tutti nella stanza potessero sentirli.

-Che cosa vuoi?-

-C’è una ragazza, Serena Brooks. Voglio parlare con lei.-

-Ce ne saranno decide di ragazze con quel nome.- ribatté David.

-E’ così, ma a noi ne interessa una sola. Mi rifarò vivo io. Buona fortuna agenti.- la linea cadde e la cornetta prese a squillare a vuoto nel silenzio che si era creato.

La squadra rimase zitta per una buona trentina di secondi, Spencer non aveva potuto impedirsi di contarli sotto shock. C’era qualcosa in tutta quella faccenda che la faceva apparire terribilmente irreale secondo lui. Il primo a riprendersi fu Derek: estrasse uno dei suoi due cellulari e chiamò immediatamente Garcia.

-Buongiorno anche a te Zuccherino. Lo sai vero che dovrai farti perdonare per questo tuo ritardo?- fece giocherellona la ragazza dall’altra parte dell’apprecchio, ancora ignara di quanto erano appena venuti a conoscenza.

-Garcia non abbiamo tempo per i giochetti. Controlla il telefono della scrivania di JJ e vedi se riesci a risalire a chi ha fatto l’ultima telefonata.- ordinò Derek.

-Controllo subito. Ehi, posso sapere cosa è successo?- l’uomo sentiva chiaramente il battere dei tasti dall’altra parte e sapeva anche che la collega non l’avrebbe presa bene.

-Hanno rapito Hotch.- per un lungo momento rimase solo il battere dei tasti, Derek sapeva che non l’aveva presa bene, nessuno di loro l’aveva fatto. Il loro capo ne aveva passate tante, ma per qualche strana ragione apparente era sempre lui a dare sostegno a loro, erano loro ad avere bisogno di lui; non il contrario.

-Guarda Morgan che se questo è uno scherzo, è davvero di cattivo gusto.- Derek ebbe un tuffo al cuore. Garcia, la sua bambolina, stava trattenendo a stento i singhiozzi. Grande e grossa e terribilmente dolce. Riusciva ad immaginarsela: con gli occhi lucidi, il labbro inferiore coperto dal rossetto tremare e le sue mani battere furiosamente sulle tastiere, trattenendosi dal piangere solo per non perdere la concentrazione e fare quello che lei sapeva essere brava a fare, trovare i criminali.

-Non è uno scherzo. Quello che ha chiamato poco fa era il rapitore.-

-Niente. Chiunque sia sa come far perdere le tracce. La prossima volta che richiamerà lo beccherò sicuramente.-

-Garcia, potresti fare una ricerca?- domandò Emily, una volta che Derek ebbe messo la collega in vivavoce.

-Chiedi e ti sarà dato.-

-Il rapitore ha parlato di una certa Serena Brooks, puoi vedere quante riesci a trovarne?-

-Dammi un secondo.- … -Mi dispiace Emily, ma ce ne sono troppe. Ho bisogno di restringere il campo.-

-Garcia, guarda se Hotch ha avuto contatti con qualcuna di loro. Magari erano parenti delle vittime di cui ci siamo occupati ultimamente o magari lo erano dei criminali.- disse Rossi.

-Un momento…ci sono! Qui risulta una Serena Brooks, ventisei anni. Vive a Georgetown con la zia, Jessica Brooks. Hotch ha telefonato a casa loro alcuni mesi fa.-

-Che sia un vecchio caso a cui ha lavorato?- propose Emily; adesso tutte le opzioni per riuscire a completare quel puzzle erano bene accette.

-Aspettate! Garcia, Jessica Brooks ha/aveva per caso una sorella?- intervenne Reid, come quando il suo preparatissimo cervellino ricordava qualcosa di importante.

-Ne aveva una. Oh, santo cielo!- la voce dell’informatica divenne piccola e vulnerabile quanto quella di un bambino.

-Che hai trovato?- le fece forza Morgan gentilmente, ma il tempo a loro disposizione (e a quello del loro capo) stringeva.

-La sorella si chiamava Haley Brooks, è deceduta una ventina di anni fa.-

-E’ la moglie di Hotch.- concluse amaramente Derek.

-Quindi Serena Brooks deve essere la figlia di Hotch.- disse Reid e la conferma alle sue parole arrivò poco dopo.

-Il genietto ha ragione: Serena Brooks ha cambiato il suo cognome all’età di nove anni e anche la custodia d’affido venne interamente passata alla zia.-

-Ma certo, ve lo siete dimenticati? Dopo l’assassinio di Jack, Hotch decise che la  cosa migliore per la figlia sarebbe stata vivere lontana dall’FBI. Così ha fatto in modo che per nessuno sua figlia fosse mai esistita.- insistette Derek.

-A quanto pare però non siamo gli unici a saperlo.- intervenne JJ.

-Garcia, voglio che mi trovi un elenco di tutti i detenuti che sono usciti nell’ultimo periodo che sono stati arrestati da Hotch. Controlla se qualcuno di loro ha avuto a che fare direttamente o indirettamente con la sua famiglia. Io e Morgan ripercorreremo l’itinerario fatto ieri sera da Hotch. Speriamo di ricavarne qualcosa. Reid e Prentiss, recatevi dalla zia Jessica, dovete convincere Serena a collaborare con noi e qualcosa mi dice che non sarà facile.-

Dopo aver dato disposizioni, David estrasse le chiavi del suv dalla tasca dei pantaloni, diretto ai garage, seguito prontamente da Derek.  

  
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