Marai chiuse gli occhi per qualche
secondo, ascoltando il battito regolare del cuore di suo fratello.
Aveva sempre
voluto bene a Spiro: quando lui era accanto a lei, la principessa si
sentiva
protetta, in pace con il mondo. In quella specifica circostanza,
però, c’era
qualcosa che disturbava, almeno in parte, la sua serenità:
il pizzicorino che
avvertiva all’altezza della nuca, infatti, le faceva capire
che il capitano la
stava osservando.
Socchiudendo appena un occhio e sbirciando
in direzione della porta, la fanciulla esaminò rapidamente
la postura rigida
dell’uomo, con le spalle spinte in avanti e il collo
leggermente incassato in
esse: era nervoso?
Sì,
è nervoso,
decise la ragazza. Se da un lato la cosa le faceva quasi piacere
– il fatto che un guerriero tanto esperto fosse a disagio a
causa sua era
semplicemente adorabile –
dall’altro
quella consapevolezza le causava qualche piccolo crampo allo stomaco:
lui non
aveva voluto sposarla, ricordò. Riuscire a fargli cambiare
idea e, di
conseguenza, farsi apprezzare da lui, sarebbe stato
tutt’altro che semplice.
Il
repentino cambio di posizione di Spiro la
costrinse a interrompere le sue riflessioni. «Non puoi
continuare a bere quella
droga» sospirò il giovane, sfiorandole la guancia
con un buffetto affettuoso.
«A lungo andare ti farebbe più male, che bene: se
Wenza non te ne da più, è
solo perché vuole che tu ti riprenda il prima
possibile.»
Naturalmente, pensò
Marai, trattenendosi a stento dall’alzare gli occhi al cielo
di fronte
all’ovvietà appena espressa da suo fratello.
«Può essere», commentò, poi,
sollevando appena una spalla, «ma forse si diverte a
guardarmi mentre mi
contorco dal dolore: quella donna ha una certa vena sadica,
credimi!»
Spiro sorrise, ma nei suoi occhi non
c’era traccia della sua solita allegria.
«Può essere» concesse. «Ma del
resto
non può permettersi di sbagliare nulla: nostro padre e
nostra madre le stanno
letteralmente con il fiato sul collo da giorni. E non solo a lei, a
dire il vero.»
Con quelle parole, il principe lanciò un’occhiata
oltre le spalle della
sorella, in direzione di Zeru.
Incuriosita e un po’ confusa, Marai si
voltò di nuovo a guardare il soldato, che abbozzò
un sorriso e distolse lo
sguardo. «Pensa», continuò Spiro,
«che nostra madre gli ha addirittura vietato
di venire a trovarti.»
Voleva
venire a trovarmi?
Le guance della fanciulla assunsero una
delicata sfumatura rosata e la sua testa si fece improvvisamente
leggera. «Ah.
Ehm» la ragazza si schiarì la voce, cercando di
obbligare la sua gola –
improvvisamente secca – a collaborare con lei. «Ah,
no. Gliel’ho chiesto io,
quello. Di aspettare un po’ prima di incontrarlo,
intendo.»
Non appena quelle parole ebbero
lasciato la sua bocca, la principessa sbiancò. Cretina! Si disse, vedendo come sul volto
di Zeru si fosse
immediatamente disegnata un’espressione allarmata. Prima che
avesse il tempo di
correggersi, il capitano fece un passo indietro e chinò
rispettosamente il capo
nella sua direzione. «Mi dispiace, Altezza: volevo solo
accertarmi delle tue
condizioni. Non era mia intenzione disturbarti: ti lascio
riposare.»
«No!» Marai avvampò,
imbarazzata per
l’esclamazione, decisamente troppo enfatica, che non era
riuscita a trattenere.
«No», ripeté, più calma,
«era solo che…»
Che
mi vergognavo a farmi vedere da te in quello stato, tutta sporca e
puzzolente? La principessa
deglutì, cercando disperatamente
una spiegazione migliore. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dire una
cosa
tanto audace: il solo pensiero che il soldato potesse intuire il suo
interesse
nei suoi confronti la faceva morire dalla vergogna –
soprattutto se detto
interesse si fosse rivelato interamente non corrisposto.
«… era solo che ero ancora
troppo
stanca e confusa per sostenere una conversazione»
proseguì allora la fanciulla,
prima di incontrare per un secondo gli occhi dell’uomo.
«Adesso sto molto
meglio, però, e desidero ringraziarti per quello che hai
fatto.»
Marai annuì, sentendosi molto fiera
del modo in cui si era tratta d’impiccio, e poi
sgranò gli occhi quando Zeru
scoppiò in un’inaspettata risata secca.
«Aspetta a ringraziarmi, principessa»
le consigliò l’uomo, incrociando le braccia
davanti al petto.
«Eh?» Presa in contropiede, la
ragazza
si ritrasse inconsciamente contro il corpo di Spiro. Proprio mentre le
dita
della fanciulla correvano a stringersi sulla camicia del giovane, il
principe
si raddrizzò, si sciolse dall’abbraccio della
sorella e si mise in piedi.
«Eh, sì, il capitano ha le sue
idee, a
proposito di questa storia.» Per una frazione di secondo,
Marai scorse una
traccia dell’antica allegria sul viso del fratello e quel
particolare accese in
lei una scintilla di curiosità. «Non so se siano
giuste o sbagliate, ma forse
dovreste discuterne?»
Dalla sua posizione accanto alla
porta, Zeru sbuffò e rivolse a Spiro un’occhiata
quasi severa. «Credo che
spetti a tua sorella decidere. Non si è ancora ripresa del
tutto e io non
voglio farla stancare troppo.»
«Non la farai stancare troppo»
replicò
il principe. «Certe cose è meglio chiarirle
subito, non credi?»
Marai, che era rimasta momentaneamente
paralizzata dal rapido evolvere della situazione, fece per lanciarsi
sul
fratello, cercando di trattenerlo: l’improvvisa
consapevolezza che di lì a
pochi secondi sarebbe rimasta da sola con il capitano la
gettò nel panico. Una
fitta violenta all’altezza della ferita la costrinse
però a desistere,
facendola afflosciare sul materasso con un sibilo di dolore.
«Piano!» Zeru le si
avvicinò
rapidamente, mentre Spiro si limitò a lanciarle
un’occhiata per assicurarsi che
stesse bene.
«Dove vai?»
piagnucolò Marai, rimettendosi
a sedere e guardando il fratello con gli occhi sgranati.
«Ho da fare: partirò tra due
giorni e
ci sono ancora un mucchio di cose da preparare. Passerò a
trovarti stasera.»
Senza darle il tempo di replicare, Spiro lasciò la stanza,
abbandonando la
fanciulla al suo destino.
«Ma allora ci va davvero?»
chiese
Marai, con un filo di voce, fissando il punto dove un istante prima
c’era suo
fratello.
«Ci va davvero?»
ripeté Zeru
perplesso.
«A cercare la gente che ci ha
aggredito» mormorò la ragazza, mentre il cuore le
si stringeva improvvisamente
per la preoccupazione.
«Sì, principessa. Ma non
sarà solo» la
rassicurò l’uomo. «Sarà
scortato da alcuni uomini del generale Balzan: si
tratta di guerrieri scelti… tuo fratello non
correrà alcun pericolo.»
Non
correrà nessun pericolo? Si ripeté la fanciulla, in preda
all’angoscia. Noi avevamo ben
più di
qualche “uomo scelto”; e guarda
cos’è successo.
«Tu non andrai con lui?» lo
interrogò
ancora, sebbene la prospettiva di sapere in pericolo anche Zeru non la
confortasse affatto.
Quando scosse la testa, l’uomo parve
quasi imbarazzato. «No: io sono a capo della Guardia Reale e,
in questo
momento, il mio compito è quello di proteggere il re e la
regina consorte.»
E
me no?
«… e anche te,
adesso.»
Ecco,
questo è il momento. Digli che apprezzi veramente quello che
ha fatto per te.
Sii una persona adulta e responsabile. Nonostante i suoi buoni propositi,
però, la ragazza non riuscì a trovare il modo
giusto per affrontare l’argomento:
la sua testa era piena di parole e mezze frasi, ma erano tutte
sbagliate.
«Principessa…» Zeru
le si avvicinò e,
dopo un istante di indecisione, sedette accanto a lei, sulla sedia che
era
solitamente occupata da Wenza o da sua madre. «Se sono qui,
è per dirti che
sono davvero dispiaciuto da quanto è accaduto. In primo
luogo mi vergogno di
aver fallito il mio compito e di non essere stato in grado di
proteggere te e
la principessa Arina. In secondo luogo, poi, voglio che tu sappia che
sono
assolutamente mortificato dalla
decisione presa dal re tuo padre: probabilmente, se ci fossimo presi
qualche
istante in più per riflettere, avremmo trovato una soluzione
migliore.»
Marai si strinse le mani in grembo e
abbassò gli occhi sulle lenzuola stropicciate. Anche se
sapeva che il capitano
era tutt’altro che soddisfatto dallo stato delle cose,
sentirglielo ammettere
così candidamente fu un colpo più duro di quanto
avrebbe immaginato. Ma che cosa credo di
fare, io? Si
chiese, mentre il suo petto era attraversato da una fitta che non aveva
nulla a
che fare con le ferite fisiche. Sono
un’imbranata totale, in queste cose. Sono
un’imbranata totale in tutto, a dire
il vero. Perché dovrebbe trovarmi interessante? È
assolutamente impossibile che
un uomo come lui mi veda mai come qualcosa di più di una
ragazzina da
proteggere.
Eppure, nonostante ciò, Marai sentiva
di dover fare almeno un tentativo per realizzare il suo sogno. Se non
altro, si
disse, aveva il tempo dalla sua parte: in un anno potevano succedere un
sacco
di cose. Il che non significava che
l’impresa
sarebbe stata semplice, non ultimo perché la fanciulla non
aveva la benché
minima idea di quale atteggiamento tenere in presenza
dell’oggetto dei suoi
desideri: nelle sue fantasie – e oh,
ne aveva a migliaia, di fantasie sull’argomento! –
era sempre lui a cercare lei e mai viceversa.
«Non devi… non devi sentirti
in colpa»
balbettò allora, decidendo di procedere un passo alla volta
e di provare a
navigare a vista. «Io non ne capisco niente, di queste cose,
ma ho sentito che
i Nati dalla Nebbia sono selvaggi come animali e che spesso gli
accorgimenti
per proteggersi da loro sono del tutto inutili…»
«Non è proprio
così, principessa» la
corresse Zeru, con un sorriso amaro. «Sono uomini come tutti
noi, il che
dovrebbe renderli prevedibili.»
«Oh.» Marai sbatté
rapidamente le
palpebre, cercando una risposta adeguata. «E, ehm…
per quanto riguarda il resto, non
te ne faccio certo una colpa.
D’altro canto, se stavo per morire…»
«È stato Padre Tyban a
suggerirlo» la
informò Zeru, come per difendersi. «Non metto in
discussione la sua saggezza,
ma a volte è forse un po’ troppo drastico nelle
sue decisioni.»
«Sulle prime pensavo mi avessero fatto
sposare lui» gli
confidò la fanciulla,
che iniziava a sciogliersi un poco e a non essere più
così nervosa in compagnia
dell’uomo.
Zeru ridacchiò, poi scosse il capo.
«Non sarebbe cambiato molto, principessa. Anzi, per te
sarebbe forse stato
meglio così: almeno nessuno avrebbe potuto fraintendere la
situazione.»
«In che senso?»
«Nessuno metterebbe mai in dubbio la
condotta di un sant’uomo» sospirò il
capitano, spostando lo sguardo sul
caminetto spento. «Purtroppo temo che la mia reputazione non
sia altrettanto
intonsa.»
«Non ho mai sentito nulla di
sconveniente sul tuo conto» replicò Marai,
corrugando la fronte, contrariata.
«Questo è perché
sei una fanciulla per
bene.» La principessa non fu in grado di capire se
l’uomo stesse scherzando o
meno, ma, prima che avesse il tempo di indagare, il capitano
tornò a
concentrarsi su di lei. «In ogni modo»,
continuò, «voglio rassicurarti. Questo…
matrimonio è ovviamente
soltanto una
formalità. Ora che sei fortunatamente fuori pericolo, non
c’è motivo di
preoccuparsi troppo di questa faccenda: non ci resta che aspettare un
anno e
poi sarai nuovamente libera e potrai dimenticarti di questo inconveniente. Io, dal canto mio,
cercherò di non esserti di alcun fastidio.»
Quando ebbe finito il suo discorsetto,
le spalle di Zeru si rilassarono e l’uomo sospirò,
lasciandosi ricadere contro
lo schienale della sedia come se si fosse liberato di un peso. Marai lo
osservò
in silenzio per qualche istante e poi, senza rendersene conto, prese a
rosicchiarsi l’unghia di un pollice. Fai
attenzione
a quello che dici, adesso, si raccomandò, cercando
di non arrossire
sotto allo sguardo
del soldato.
«Be’»
sospirò, dopo qualche minuto.
«Quello che è fatto, è fatto. Non ti
conosco bene, ma quello che ho sentito su
di te mi fa pensare che mi sarebbero potuti capitare uomini
peggiori.»
«Indubbiamente»
concordò Zeru, con
voce piatta. «Questo però non significa che questo
matrimonio sia un bene.»
«Ma forse non è nemmeno un
male…
almeno per me» cinguettò Marai, colta da un lampo
di genio. «Mia madre vuole
trovarmi uno sposo vero:
probabilmente
sarebbe stata della stessa idea anche se non ci avessero aggredito, ma
l’imboscata
ha accelerato le cose. Io non ho proprio nessuna voglia di sposarmi,
tanto meno
con una persona che non conosco: il fatto di essere occupata per almeno un anno è un
vantaggio.»
«In che modo?» Zeru
sbatté lentamente
gli occhi, confuso.
La ragazza scrollò le spalle, mimando
una disinvoltura che non provava affatto, poi sorrise: «In un
anno avrò il
tempo di guardarmi in giro e di scartare i candidati meno
desiderabili.»
Davanti a quella spiegazione, anche il
capitano si lasciò sfuggire un sorriso. Dopo qualche
istante, però, sul suo
viso si disegnò un’espressione pensierosa.
«E, dimmi: hai già in mente qualche
candidato? Se posso chiedertelo, naturalmente.»
Contro ogni suo buon proposito, la
principessa si ritrovò ad arrossire. «No,
veramente no» confessò, tornando a
tormentare un’unghia già troppo mangiucchiata.
«Ho sempre saputo che un giorno
avrei dovuto prendere marito, naturalmente, ma… non ci ho
mai pensato
seriamente. Ho sempre cercato di… procrastinare. Credevo di
avere molto più
tempo a disposizione. Un po’ stupido, da parte mia, in
effetti.»
Marai si scostò una ciocca bionda dal
volto e guardò di sottecchi il volto del soldato.
«Hai mai sentito parlare del
cugino della principessa Arina?»
La domanda di Zeru la colse di
sorpresa e la fanciulla aggrottò la fronte. «Arad,
se non ricordo male. Arina l’ha
menzionato un paio di volte: perché me lo chiedi?»
«Lui potrebbe essere un
candidato.»
Marai si morse un labbro, studiando
una reazione adeguata. In realtà non le importava nulla di
quel ragazzo senza
volto che aveva sentito nominare un paio di volte: il suo marito ideale
era già
lì, davanti a lei.
Se
solo avessi il coraggio di confessarglielo. E se solo avessi la
certezza che
lui non scoppierebbe a ridermi in faccia!
«Oh. Oh, non so, non ho elementi per
dare un giudizio» fece allora, con voce un po’
incerta. «Ma non credo che Re
Lashkar me lo proporrà come potenziale marito: dopotutto,
è assai probabile
che, a tempo debito, Spiro sposi una sorella di Arina.»
«Sì? E chi?»
«Eyla, la quinta figlia. È
ancora
nubile» rispose prontamente la principessa, ignorando il tono
scettico dell’uomo
e decisa a sviare il discorso dal suo ipotetico
futuro marito. «Anche se a me piacerebbe tanto Nahali
Occhio-di-Giaguaro.»
Nell’udire quelle parole, Zeru
scoppiò
a ridere. «È troppo vecchia per tuo fratello. E
poi, temo davvero che abbia
altro per la testa.»
Marai si strinse nelle spalle, con
espressione vagamente sognante. «Forse. Ma sarebbe comunque
bello. Mi è sempre
piaciuta tanto, Nahali.»
«È una tua eroina?»
la interrogò il
capitano. Davanti al cenno affermativo della fanciulla,
l’uomo reclinò di
qualche grado il capo sulla spalla. «Forse di lei non sai
tutto quello che so
io, però: non sono del tutto convinto che sia quel che si dice una brava persona.»
«Non fa niente»
replicò la ragazza,
facendo il gesto di portarsi le mani alle orecchie, così da
difenderle da
rivelazioni sgradite. «Finché non la conosco,
posso fingere che lo sia.»
Malgrado il tono leggero della
conversazione, Marai si prese qualche istante per riflettere sulle
parole di
Zeru. Era già la seconda volta nel giro di pochi minuti che
l’uomo insinuava
che l’idea che lei aveva delle persone fosse, appunto, troppo
idealizzata e che non corrispondesse
alla realtà.
Se
di Nahali mi interessa relativamente poco, con lui il discorso
è diverso. Era vero che,
negli ultimi anni, Marai aveva osservato Zeru con un interesse che
rasentava l’ossessione,
ma forse le era sfuggito qualcosa di importante? Sono
una fanciulla per bene e certe cose non le posso proprio sapere,
si disse, ripetendosi le parole che il capitano le aveva rivolto poco
prima. Però credo di avere un
certo intuito, quando
si tratta di giudicare chi mi sta davanti. Tuttavia…
Tuttavia, forse, quell’anno al termine
del quale sarebbe stato possibile annullare tutto poteva avere i suoi
vantaggi.
«Capitano?»
Zeru, che si era perso in qualche
riflessione, alzò bruscamente il capo, incontrando gli occhi
della principessa.
«Stavo pensando a una cosa: visto che
dobbiamo comunque restare insieme per un anno, forse,
anziché evitarci, potremmo
cercare di conoscerci meglio?»
L’uomo parve preso in contropiede da
quella proposta e sgranò gli occhi: una reazione quasi
comica, se Marai non
avesse temuto che avrebbe rifiutato anche quel minuscolo primo passo.
«Perché?» chiese
Zeru, con voce
controllata.
«Beh, tu sei il capitano della Guardia
Reale, io la principessa: non è un po’ strano che
siamo praticamente due
estranei? Tu sei un uomo di assoluta fiducia per la Corona, ma, come mi
hai
giustamente fatto notare, io non so nulla di te – e tu non
sai nulla di me. Non
mi sembra il punto di partenza ideale per… ehm, per
costruire un rapporto… di
fiducia.»
Marai si interruppe, sentendo di aver
perso il filo del discorso. Parlare sarebbe stato indubbiamente
più semplice,
se Zeru non avesse iniziato a guardarla in quel modo, come se stesse
cercando
di leggere qualcosa scritto tra le righe. La fanciulla sentì
le proprie guance
iniziare a farsi più calde, ma poi il soldato
annuì, salvandola dall’imbarazzo
di dover riformulare quanto aveva appena detto.
«D’accordo: ha senso» concesse.
«Però con i giusti tempi e i giusti modi: non
voglio interferire con la tua
vita e, soprattutto, non voglio dare a nessuno motivo di pensare che
dietro
alla nostra unione si nasconda qualcosa di più di un
semplice espediente per
salvare la tua anima.»
Perfetto. Marai deglutì,
ingoiando l’ennesimo boccone amaro, ma poi si
sforzò di sorridere. Dopotutto era
solo un bocconcino, quello che aveva dovuto mandare giù in
quel momento.
«Naturalmente» acconsentì, giudiziosa.
I due rimasero in silenzio per qualche
minuto, mentre la tensione e l’imbarazzo tornavano a crescere
tra loro. La principessa
si ritrovò più volte a guardare di soppiatto il
suo compagno, sperando che lui
prendesse in mano le redini del discorso, ma Zeru sembrava a disagio
tanto quanto
lei.
«Ehm» iniziò il
soldato, quando il
silenzio iniziò a farsi troppo pesante.
«C’è qualcosa che vuoi fare, in
particolare? Qualcosa di cui desideri parlare?»
Marai aprì la bocca, ma poi la
richiuse subito. Erano tante, le cose che avrebbe voluto chiedergli,
tante le
curiosità alle quali avrebbe voluto dare risposta, ma, in
quel momento, la sua
mente rimase completamente e desolatamente vuota. C’è
qualcosa che voglio fare? No, non c’era niente di
particolare
che voleva fare, date le sue condizioni. Si sentiva ancora troppo
debole per
andare a passeggiare nelle stalle o per sgattaiolare in giardino e
riprendere i
suoi esperimenti e le sue osservazioni. Sapeva che quel
particolare, piccolo goblin ricoperto di una peluria ramata che, ne era
certa, stava
iniziando a interagire con lei non si sarebbe fatto vedere, se il
capitano
fosse stato nei paraggi.
Che
cosa posso fare?
Che cosa poteva fare, per non rimanere
di nuovo sola con Wenza? Improvvisamente, la ragazza fu colta da
un’idea: un’idea
che la rattristò, ma che, allo stesso tempo, le parve anche
innegabilmente giusta.
«Una cosa ci sarebbe» disse,
allora,
cercando gli occhi di Zeru. «Vorrei salutare per
un’ultima volta Arina. Prima che…
prima che venga cremata.»
Dalla sua espressione, Marai capì che
il capitano non si era aspettato una richiesta di quel tipo, ma
l’uomo annuì.
«Va bene: chiederò a Wenza di portarti degli abiti
più adatti, poi ti
accompagnerò. Dovrei chiedere il permesso a Padre Tyban,
però…»
«No!» la fanciulla si protese
verso di
lui, allarmata. «No, non devi dirlo a Wenza: non mi
lascerebbe mai uscire dalla
mia camera. Ha paura che sia ancora troppo debole – il che
è una sciocchezza,
posso ovviamente camminare per cinque minuti. E meglio non dire niente
nemmeno
a Padre Tyban: non si sa mai.»
«E allora che facciamo?» chiese
Zeru,
guardandola con gli occhi un po’ socchiusi, quasi sospettoso.
«Vieni qui dopo che avranno servito la
cena» lo istruì la ragazza, provando un brivido di
eccitazione alla prospettiva
di infrangere una piccola regola. «A quell’ora mi
lasciano sempre da sola,
quindi non si accorgeranno mai che ho lasciato la stanza.»
«Un piano geniale»
commentò l’uomo,
alzando gli occhi al cielo.
Anche se era evidente che la stava prendendo
in giro, Marai sorrise, deliziata dal luccichio divertito che lesse
negli occhi
del soldato.
«Ci vediamo dopo cena, allora?»
Zeru scosse il capo, poi sorrise,
quasi con accondiscendenza: «Ci vediamo dopo cena,
principessa.»