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Autore: Red Owl    31/01/2017    2 recensioni
Una freccia; e Marai, principessa di Rocca del Vento, si trova a lottare tra la vita e la morte. Anche se lei ancora non lo sa, sarà quella stessa freccia a esaudire il suo sogno più segreto e a concretizzare il suo incubo più oscuro.
Una freccia; e Zeru, capitano della Guardia Reale, si vede costretto a fare un giuramento che non avrebbe mai voluto pronunciare e che lo lega alla principessa morente.
Insieme, i due dovranno affrontare i loro pregiudizi e le loro paure, perché solo uniti potranno vincere i fantasmi del passato e sconfiggere i nemici del presente.
***
NB. Più avanti il rating potrebbe cambiare, tenete d'occhio il colore del quadratino.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Marai chiuse gli occhi per qualche secondo, ascoltando il battito regolare del cuore di suo fratello. Aveva sempre voluto bene a Spiro: quando lui era accanto a lei, la principessa si sentiva protetta, in pace con il mondo. In quella specifica circostanza, però, c’era qualcosa che disturbava, almeno in parte, la sua serenità: il pizzicorino che avvertiva all’altezza della nuca, infatti, le faceva capire che il capitano la stava osservando.

Socchiudendo appena un occhio e sbirciando in direzione della porta, la fanciulla esaminò rapidamente la postura rigida dell’uomo, con le spalle spinte in avanti e il collo leggermente incassato in esse: era nervoso?

Sì, è nervoso, decise la ragazza. Se da un lato la cosa le faceva quasi piacere – il fatto che un guerriero tanto esperto fosse a disagio a causa sua era semplicemente adorabile – dall’altro quella consapevolezza le causava qualche piccolo crampo allo stomaco: lui non aveva voluto sposarla, ricordò. Riuscire a fargli cambiare idea e, di conseguenza, farsi apprezzare da lui, sarebbe stato tutt’altro che semplice.

 Il repentino cambio di posizione di Spiro la costrinse a interrompere le sue riflessioni. «Non puoi continuare a bere quella droga» sospirò il giovane, sfiorandole la guancia con un buffetto affettuoso. «A lungo andare ti farebbe più male, che bene: se Wenza non te ne da più, è solo perché vuole che tu ti riprenda il prima possibile.»

Naturalmente, pensò Marai, trattenendosi a stento dall’alzare gli occhi al cielo di fronte all’ovvietà appena espressa da suo fratello. «Può essere», commentò, poi, sollevando appena una spalla, «ma forse si diverte a guardarmi mentre mi contorco dal dolore: quella donna ha una certa vena sadica, credimi!»

Spiro sorrise, ma nei suoi occhi non c’era traccia della sua solita allegria. «Può essere» concesse. «Ma del resto non può permettersi di sbagliare nulla: nostro padre e nostra madre le stanno letteralmente con il fiato sul collo da giorni. E non solo a lei, a dire il vero.» Con quelle parole, il principe lanciò un’occhiata oltre le spalle della sorella, in direzione di Zeru.

Incuriosita e un po’ confusa, Marai si voltò di nuovo a guardare il soldato, che abbozzò un sorriso e distolse lo sguardo. «Pensa», continuò Spiro, «che nostra madre gli ha addirittura vietato di venire a trovarti.»

Voleva venire a trovarmi? Le guance della fanciulla assunsero una delicata sfumatura rosata e la sua testa si fece improvvisamente leggera. «Ah. Ehm» la ragazza si schiarì la voce, cercando di obbligare la sua gola – improvvisamente secca – a collaborare con lei. «Ah, no. Gliel’ho chiesto io, quello. Di aspettare un po’ prima di incontrarlo, intendo.»

Non appena quelle parole ebbero lasciato la sua bocca, la principessa sbiancò. Cretina! Si disse, vedendo come sul volto di Zeru si fosse immediatamente disegnata un’espressione allarmata. Prima che avesse il tempo di correggersi, il capitano fece un passo indietro e chinò rispettosamente il capo nella sua direzione. «Mi dispiace, Altezza: volevo solo accertarmi delle tue condizioni. Non era mia intenzione disturbarti: ti lascio riposare.»

«No!» Marai avvampò, imbarazzata per l’esclamazione, decisamente troppo enfatica, che non era riuscita a trattenere. «No», ripeté, più calma, «era solo che…»

Che mi vergognavo a farmi vedere da te in quello stato, tutta sporca e puzzolente?  La principessa deglutì, cercando disperatamente una spiegazione migliore. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dire una cosa tanto audace: il solo pensiero che il soldato potesse intuire il suo interesse nei suoi confronti la faceva morire dalla vergogna – soprattutto se detto interesse si fosse rivelato interamente non corrisposto.

«… era solo che ero ancora troppo stanca e confusa per sostenere una conversazione» proseguì allora la fanciulla, prima di incontrare per un secondo gli occhi dell’uomo. «Adesso sto molto meglio, però, e desidero ringraziarti per quello che hai fatto.»

Marai annuì, sentendosi molto fiera del modo in cui si era tratta d’impiccio, e poi sgranò gli occhi quando Zeru scoppiò in un’inaspettata risata secca. «Aspetta a ringraziarmi, principessa» le consigliò l’uomo, incrociando le braccia davanti al petto.

«Eh?» Presa in contropiede, la ragazza si ritrasse inconsciamente contro il corpo di Spiro. Proprio mentre le dita della fanciulla correvano a stringersi sulla camicia del giovane, il principe si raddrizzò, si sciolse dall’abbraccio della sorella e si mise in piedi.

«Eh, sì, il capitano ha le sue idee, a proposito di questa storia.» Per una frazione di secondo, Marai scorse una traccia dell’antica allegria sul viso del fratello e quel particolare accese in lei una scintilla di curiosità. «Non so se siano giuste o sbagliate, ma forse dovreste discuterne?»

Dalla sua posizione accanto alla porta, Zeru sbuffò e rivolse a Spiro un’occhiata quasi severa. «Credo che spetti a tua sorella decidere. Non si è ancora ripresa del tutto e io non voglio farla stancare troppo.»

«Non la farai stancare troppo» replicò il principe. «Certe cose è meglio chiarirle subito, non credi?»

Marai, che era rimasta momentaneamente paralizzata dal rapido evolvere della situazione, fece per lanciarsi sul fratello, cercando di trattenerlo: l’improvvisa consapevolezza che di lì a pochi secondi sarebbe rimasta da sola con il capitano la gettò nel panico. Una fitta violenta all’altezza della ferita la costrinse però a desistere, facendola afflosciare sul materasso con un sibilo di dolore.

«Piano!» Zeru le si avvicinò rapidamente, mentre Spiro si limitò a lanciarle un’occhiata per assicurarsi che stesse bene.

«Dove vai?» piagnucolò Marai, rimettendosi a sedere e guardando il fratello con gli occhi sgranati.

«Ho da fare: partirò tra due giorni e ci sono ancora un mucchio di cose da preparare. Passerò a trovarti stasera.» Senza darle il tempo di replicare, Spiro lasciò la stanza, abbandonando la fanciulla al suo destino.

«Ma allora ci va davvero?» chiese Marai, con un filo di voce, fissando il punto dove un istante prima c’era suo fratello.

«Ci va davvero?» ripeté Zeru perplesso.

«A cercare la gente che ci ha aggredito» mormorò la ragazza, mentre il cuore le si stringeva improvvisamente per la preoccupazione.

«Sì, principessa. Ma non sarà solo» la rassicurò l’uomo. «Sarà scortato da alcuni uomini del generale Balzan: si tratta di guerrieri scelti… tuo fratello non correrà alcun pericolo.»

Non correrà nessun pericolo? Si ripeté la fanciulla, in preda all’angoscia. Noi avevamo ben più di qualche “uomo scelto”; e guarda cos’è successo.

«Tu non andrai con lui?» lo interrogò ancora, sebbene la prospettiva di sapere in pericolo anche Zeru non la confortasse affatto.

Quando scosse la testa, l’uomo parve quasi imbarazzato. «No: io sono a capo della Guardia Reale e, in questo momento, il mio compito è quello di proteggere il re e la regina consorte.»

E me no?

«… e anche te, adesso.»

Ecco, questo è il momento. Digli che apprezzi veramente quello che ha fatto per te. Sii una persona adulta e responsabile. Nonostante i suoi buoni propositi, però, la ragazza non riuscì a trovare il modo giusto per affrontare l’argomento: la sua testa era piena di parole e mezze frasi, ma erano tutte sbagliate.

«Principessa…» Zeru le si avvicinò e, dopo un istante di indecisione, sedette accanto a lei, sulla sedia che era solitamente occupata da Wenza o da sua madre. «Se sono qui, è per dirti che sono davvero dispiaciuto da quanto è accaduto. In primo luogo mi vergogno di aver fallito il mio compito e di non essere stato in grado di proteggere te e la principessa Arina. In secondo luogo, poi, voglio che tu sappia che sono assolutamente mortificato dalla decisione presa dal re tuo padre: probabilmente, se ci fossimo presi qualche istante in più per riflettere, avremmo trovato una soluzione migliore.»

Marai si strinse le mani in grembo e abbassò gli occhi sulle lenzuola stropicciate. Anche se sapeva che il capitano era tutt’altro che soddisfatto dallo stato delle cose, sentirglielo ammettere così candidamente fu un colpo più duro di quanto avrebbe immaginato. Ma che cosa credo di fare, io? Si chiese, mentre il suo petto era attraversato da una fitta che non aveva nulla a che fare con le ferite fisiche. Sono un’imbranata totale, in queste cose. Sono un’imbranata totale in tutto, a dire il vero. Perché dovrebbe trovarmi interessante? È assolutamente impossibile che un uomo come lui mi veda mai come qualcosa di più di una ragazzina da proteggere.

Eppure, nonostante ciò, Marai sentiva di dover fare almeno un tentativo per realizzare il suo sogno. Se non altro, si disse, aveva il tempo dalla sua parte: in un anno potevano succedere un sacco di cose. Il che non significava che l’impresa sarebbe stata semplice, non ultimo perché la fanciulla non aveva la benché minima idea di quale atteggiamento tenere in presenza dell’oggetto dei suoi desideri: nelle sue fantasie – e oh, ne aveva a migliaia, di fantasie sull’argomento! – era sempre lui a cercare lei e mai viceversa.

«Non devi… non devi sentirti in colpa» balbettò allora, decidendo di procedere un passo alla volta e di provare a navigare a vista. «Io non ne capisco niente, di queste cose, ma ho sentito che i Nati dalla Nebbia sono selvaggi come animali e che spesso gli accorgimenti per proteggersi da loro sono del tutto inutili…»

«Non è proprio così, principessa» la corresse Zeru, con un sorriso amaro. «Sono uomini come tutti noi, il che dovrebbe renderli prevedibili.»

«Oh.» Marai sbatté rapidamente le palpebre, cercando una risposta adeguata. «E, ehm… per quanto riguarda il resto, non te ne faccio certo una colpa. D’altro canto, se stavo per morire…»

«È stato Padre Tyban a suggerirlo» la informò Zeru, come per difendersi. «Non metto in discussione la sua saggezza, ma a volte è forse un po’ troppo drastico nelle sue decisioni.»

«Sulle prime pensavo mi avessero fatto sposare lui» gli confidò la fanciulla, che iniziava a sciogliersi un poco e a non essere più così nervosa in compagnia dell’uomo.

Zeru ridacchiò, poi scosse il capo. «Non sarebbe cambiato molto, principessa. Anzi, per te sarebbe forse stato meglio così: almeno nessuno avrebbe potuto fraintendere la situazione.»

«In che senso?»

«Nessuno metterebbe mai in dubbio la condotta di un sant’uomo» sospirò il capitano, spostando lo sguardo sul caminetto spento. «Purtroppo temo che la mia reputazione non sia altrettanto intonsa.»

«Non ho mai sentito nulla di sconveniente sul tuo conto» replicò Marai, corrugando la fronte, contrariata.

«Questo è perché sei una fanciulla per bene.» La principessa non fu in grado di capire se l’uomo stesse scherzando o meno, ma, prima che avesse il tempo di indagare, il capitano tornò a concentrarsi su di lei. «In ogni modo», continuò, «voglio rassicurarti. Questo… matrimonio è ovviamente soltanto una formalità. Ora che sei fortunatamente fuori pericolo, non c’è motivo di preoccuparsi troppo di questa faccenda: non ci resta che aspettare un anno e poi sarai nuovamente libera e potrai dimenticarti di questo inconveniente. Io, dal canto mio, cercherò di non esserti di alcun fastidio.»

Quando ebbe finito il suo discorsetto, le spalle di Zeru si rilassarono e l’uomo sospirò, lasciandosi ricadere contro lo schienale della sedia come se si fosse liberato di un peso. Marai lo osservò in silenzio per qualche istante e poi, senza rendersene conto, prese a rosicchiarsi l’unghia di un pollice. Fai attenzione a quello che dici, adesso, si raccomandò, cercando di non arrossire sotto  allo sguardo del soldato.

«Be’» sospirò, dopo qualche minuto. «Quello che è fatto, è fatto. Non ti conosco bene, ma quello che ho sentito su di te mi fa pensare che mi sarebbero potuti capitare uomini peggiori.»

«Indubbiamente» concordò Zeru, con voce piatta. «Questo però non significa che questo matrimonio sia un bene.»

«Ma forse non è nemmeno un male… almeno per me» cinguettò Marai, colta da un lampo di genio. «Mia madre vuole trovarmi uno sposo vero: probabilmente sarebbe stata della stessa idea anche se non ci avessero aggredito, ma l’imboscata ha accelerato le cose. Io non ho proprio nessuna voglia di sposarmi, tanto meno con una persona che non conosco: il fatto di essere occupata per almeno un anno è un vantaggio.»

«In che modo?» Zeru sbatté lentamente gli occhi, confuso.

La ragazza scrollò le spalle, mimando una disinvoltura che non provava affatto, poi sorrise: «In un anno avrò il tempo di guardarmi in giro e di scartare i candidati meno desiderabili.»

Davanti a quella spiegazione, anche il capitano si lasciò sfuggire un sorriso. Dopo qualche istante, però, sul suo viso si disegnò un’espressione pensierosa. «E, dimmi: hai già in mente qualche candidato? Se posso chiedertelo, naturalmente.»

Contro ogni suo buon proposito, la principessa si ritrovò ad arrossire. «No, veramente no» confessò, tornando a tormentare un’unghia già troppo mangiucchiata. «Ho sempre saputo che un giorno avrei dovuto prendere marito, naturalmente, ma… non ci ho mai pensato seriamente. Ho sempre cercato di… procrastinare. Credevo di avere molto più tempo a disposizione. Un po’ stupido, da parte mia, in effetti.»

Marai si scostò una ciocca bionda dal volto e guardò di sottecchi il volto del soldato. «Hai mai sentito parlare del cugino della principessa Arina?»

La domanda di Zeru la colse di sorpresa e la fanciulla aggrottò la fronte. «Arad, se non ricordo male. Arina l’ha menzionato un paio di volte: perché me lo chiedi?»

«Lui potrebbe essere un candidato.»

Marai si morse un labbro, studiando una reazione adeguata. In realtà non le importava nulla di quel ragazzo senza volto che aveva sentito nominare un paio di volte: il suo marito ideale era già lì, davanti a lei.

Se solo avessi il coraggio di confessarglielo. E se solo avessi la certezza che lui non scoppierebbe a ridermi in faccia!

«Oh. Oh, non so, non ho elementi per dare un giudizio» fece allora, con voce un po’ incerta. «Ma non credo che Re Lashkar me lo proporrà come potenziale marito: dopotutto, è assai probabile che, a tempo debito, Spiro sposi una sorella di Arina.»

«Sì? E chi?»

«Eyla, la quinta figlia. È ancora nubile» rispose prontamente la principessa, ignorando il tono scettico dell’uomo e decisa a sviare il discorso dal suo ipotetico futuro marito. «Anche se a me piacerebbe tanto Nahali Occhio-di-Giaguaro.»

Nell’udire quelle parole, Zeru scoppiò a ridere. «È troppo vecchia per tuo fratello. E poi, temo davvero che abbia altro per la testa.»

Marai si strinse nelle spalle, con espressione vagamente sognante. «Forse. Ma sarebbe comunque bello. Mi è sempre piaciuta tanto, Nahali.»

«È una tua eroina?» la interrogò il capitano. Davanti al cenno affermativo della fanciulla, l’uomo reclinò di qualche grado il capo sulla spalla. «Forse di lei non sai tutto quello che so io, però: non sono del tutto convinto che sia  quel che si dice una brava persona

«Non fa niente» replicò la ragazza, facendo il gesto di portarsi le mani alle orecchie, così da difenderle da rivelazioni sgradite. «Finché non la conosco, posso fingere che lo sia.»

Malgrado il tono leggero della conversazione, Marai si prese qualche istante per riflettere sulle parole di Zeru. Era già la seconda volta nel giro di pochi minuti che l’uomo insinuava che l’idea che lei aveva delle persone fosse, appunto, troppo idealizzata e che non corrispondesse alla realtà.

Se di Nahali mi interessa relativamente poco, con lui il discorso è diverso. Era vero che, negli ultimi anni, Marai aveva osservato Zeru con un interesse che rasentava l’ossessione, ma forse le era sfuggito qualcosa di importante? Sono una fanciulla per bene e certe cose non le posso proprio sapere, si disse, ripetendosi le parole che il capitano le aveva rivolto poco prima. Però credo di avere un certo intuito, quando si tratta di giudicare chi mi sta davanti. Tuttavia…

Tuttavia, forse, quell’anno al termine del quale sarebbe stato possibile annullare tutto poteva avere i suoi vantaggi.

«Capitano?»

Zeru, che si era perso in qualche riflessione, alzò bruscamente il capo, incontrando gli occhi della principessa.

«Stavo pensando a una cosa: visto che dobbiamo comunque restare insieme per un anno, forse, anziché evitarci, potremmo cercare di conoscerci meglio?»

L’uomo parve preso in contropiede da quella proposta e sgranò gli occhi: una reazione quasi comica, se Marai non avesse temuto che avrebbe rifiutato anche quel minuscolo primo passo.

«Perché?» chiese Zeru, con voce controllata.

«Beh, tu sei il capitano della Guardia Reale, io la principessa: non è un po’ strano che siamo praticamente due estranei? Tu sei un uomo di assoluta fiducia per la Corona, ma, come mi hai giustamente fatto notare, io non so nulla di te – e tu non sai nulla di me. Non mi sembra il punto di partenza ideale per… ehm, per costruire un rapporto… di fiducia.»

Marai si interruppe, sentendo di aver perso il filo del discorso. Parlare sarebbe stato indubbiamente più semplice, se Zeru non avesse iniziato a guardarla in quel modo, come se stesse cercando di leggere qualcosa scritto tra le righe. La fanciulla sentì le proprie guance iniziare a farsi più calde, ma poi il soldato annuì, salvandola dall’imbarazzo di dover riformulare quanto aveva appena detto. «D’accordo: ha senso» concesse. «Però con i giusti tempi e i giusti modi: non voglio interferire con la tua vita e, soprattutto, non voglio dare a nessuno motivo di pensare che dietro alla nostra unione si nasconda qualcosa di più di un semplice espediente per salvare la tua anima.»

Perfetto. Marai deglutì, ingoiando l’ennesimo boccone amaro, ma poi si sforzò di sorridere. Dopotutto era solo un bocconcino, quello che aveva dovuto mandare giù in quel momento. «Naturalmente» acconsentì, giudiziosa.

I due rimasero in silenzio per qualche minuto, mentre la tensione e l’imbarazzo tornavano a crescere tra loro. La principessa si ritrovò più volte a guardare di soppiatto il suo compagno, sperando che lui prendesse in mano le redini del discorso, ma Zeru sembrava a disagio tanto quanto lei.

«Ehm» iniziò il soldato, quando il silenzio iniziò a farsi troppo pesante. «C’è qualcosa che vuoi fare, in particolare? Qualcosa di cui desideri parlare?»

Marai aprì la bocca, ma poi la richiuse subito. Erano tante, le cose che avrebbe voluto chiedergli, tante le curiosità alle quali avrebbe voluto dare risposta, ma, in quel momento, la sua mente rimase completamente e desolatamente vuota. C’è qualcosa che voglio fare? No, non c’era niente di particolare che voleva fare, date le sue condizioni. Si sentiva ancora troppo debole per andare a passeggiare nelle stalle o per sgattaiolare in giardino e riprendere i suoi esperimenti e le sue osservazioni. Sapeva che quel particolare, piccolo goblin ricoperto di una peluria ramata che, ne era certa, stava iniziando a interagire con lei non si sarebbe fatto vedere, se il capitano fosse stato nei paraggi.

Che cosa posso fare?

Che cosa poteva fare, per non rimanere di nuovo sola con Wenza? Improvvisamente, la ragazza fu colta da un’idea: un’idea che la rattristò, ma che, allo stesso tempo, le parve anche innegabilmente giusta.

«Una cosa ci sarebbe» disse, allora, cercando gli occhi di Zeru. «Vorrei salutare per un’ultima volta Arina. Prima che… prima che venga cremata.»

Dalla sua espressione, Marai capì che il capitano non si era aspettato una richiesta di quel tipo, ma l’uomo annuì. «Va bene: chiederò a Wenza di portarti degli abiti più adatti, poi ti accompagnerò. Dovrei chiedere il permesso a Padre Tyban, però…»

«No!» la fanciulla si protese verso di lui, allarmata. «No, non devi dirlo a Wenza: non mi lascerebbe mai uscire dalla mia camera. Ha paura che sia ancora troppo debole – il che è una sciocchezza, posso ovviamente camminare per cinque minuti. E meglio non dire niente nemmeno a Padre Tyban: non si sa mai.»

«E allora che facciamo?» chiese Zeru, guardandola con gli occhi un po’ socchiusi, quasi sospettoso.

«Vieni qui dopo che avranno servito la cena» lo istruì la ragazza, provando un brivido di eccitazione alla prospettiva di infrangere una piccola regola. «A quell’ora mi lasciano sempre da sola, quindi non si accorgeranno mai che ho lasciato la stanza.»

«Un piano geniale» commentò l’uomo, alzando gli occhi al cielo.

Anche se era evidente che la stava prendendo in giro, Marai sorrise, deliziata dal luccichio divertito che lesse negli occhi del soldato.

«Ci vediamo dopo cena, allora?»

Zeru scosse il capo, poi sorrise, quasi con accondiscendenza: «Ci vediamo dopo cena, principessa.»

   
 
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