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Autore: Amy2205    01/02/2017    2 recensioni
''Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.''
Draco è diventato un mangiamorte eppure nessuno sembra farci caso, che aspettarsi dal figlio di Lucius Malfoy? Intanto la piccola di casa Weasley sempre più preoccupata dall'aspetto del giovane e spaventata dalle accuse di Harry nei confronti del Serpeverde, decide di fare qualcosa. Qualcosa di strano, innaturale, che una Weasley non avrebbe mai dovuto fare nei confonti di un Malfoy. Decide di salvarlo dal suo cupo destino. Nonostante le difficoltà iniziali, Ginny scoprirà un lato nuovo di Draco, una sfaccettatura quasi... umana. Come andranno a finire le cose tra i due?
Leggete e scoprite!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sulle ali di un angelo'
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L'amore conta. Conosci un altro modo per fregar la morte?
Ligabue



Draco se ne stava seduto tranquillo su una panchina solitaria, posta vicino alla casa di Hagrid. Era pomeriggio e benché fosse ormai metà febbraio, dal cielo cadevano ancora pochi ma grossi fiocchi di neve. Il biondo osservò un punto poco preciso del parco, intanto la sua mente viaggiava lontana.
 
-Sei proprio maleducato Malfoy, non si fissano le persone-
-Io sarei maleducato?! E lei signorina non-ti-saluto-nemmeno cosa sarebbe?-
-Io sono gentile e a differenza di voi Malfoy non fisso le persone-
-Oh ma noi non fissiamo solamente…Noi fissiamo e progettiamo la vendetta-

Il Serpeverde passò la mano lungo la esile bacchetta, sorridendo. Scosse poi la testa e si sedette in maniera scomposta lungo la panchina, disegnando con la magia piccoli cerchi nell’aria.
 
 
Ginny si trovava a casa di Hagrid, stava aiutando il gigante ad accudire dei cuccioli di unicorno, che avevano trovato sperduti e impauriti alle porte di Hogwarts.
- Tu-sai-chi sta facendo un vero disastro, per non parlare delle nuove riforme contro i centauri-
Ginny annuì e alzandosi da terra scorse dalla piccola finestra una figura familiare.
-Potrei chiamarli Spike e Cherry- rifletté il gigante, mentre lavava i due cuccioli.
 
Forza Ginny! Ora o mai più!
 
-Oppure Ginny, in tuo onore eh?!-
 
Devi solo invitarlo a un ballo!
 
-... Ginny?!-
La ragazza afferrò la tracolla e uscì dalla capanna, mugugnando qualche scusa incomprensibile, che lasciarono Hagrid confuso.
-Giovani! Chi li capisce è bravo, non è vero piccola Ginny?- disse poi, rivolto all’unicorno.
 
 
Draco era lì, a meno di cinque metri e il cuore le batteva forte in petto. Non sapeva che cosa gli avrebbe detto, ma sapeva che appena avrebbe cominciato a parlare le parole sarebbero sgorgate come acqua pura, da una fonte di montagna.
 
 
Sentì dei passi arrivare alle sue spalle, ma non si dette la pena di voltarsi. Voleva godersi quel momento di pace e nemmeno Silente in persona l’avrebbe spostato da quella panchina. Ma poi l’aria si riempì di un profumo già conosciuto e facendo cadere la bacchetta per terra, Draco si voltò e incrociò il suo sguardo. Lo sguardo della sua Ginevra.
 
 
La bacchetta era caduta per terra, facendola rabbrividire. Un rumore così sottile eppure così assordante. Si era voltato di colpo e ancora una volta i loro occhi si erano incrociati. La calma e la pazienza dei suoi occhi nocciola, con quelli tempestosi e freddi di lui. Ginevra non aveva detto nulla e mantenendo lo sguardo, si era seduta accanto a lui. Mise una mano sul suo ginocchio e cercò le parole migliori per parlargli, ma quelle non si fecero trovare.
 
Che ti aspettavi Gin?! L’hai abbandonato quando più di tutti, aveva bisogno di te. EGOISTA!

Già. Dopo quella sera, nel bagno dei maschi. Dopo tutto quel sangue, le lacrime, le parole di Piton, lei non si era più fatta vedere. Era scappata via, impaurita e troppo egoista per fare i conti con le sue scelte. In fondo lei non era mai stata coraggiosa. Sospirò.
 
-Vali molto più di quello che tu possa pensare- disse Draco, scostando lo sguardo.
 
E ancora una volta lui, le aveva letto la mente.
Arrossì.
 
-Non credo...-
-Perché ti sminuisci così? Perché?-
-E tu allora? Perché tu ti butti via per qualcosa a cui nemmeno credi? Quante altre persone dovranno rischiare la morte, prima che tu lo capisca? Non ti è bastata Katie? E Ron?!- disse arrabbiata la rossa, pentendosi subito di quello che aveva detto.
 
Sono venuta in pace, non per farlo allontanare da me ulteriormente!
 
Aspettò un  attimo prima di parlare. Doveva far sbollire l’atmosfera pesante, che si era creata intorno a loro. Draco continuava ad osservare, quella piccola mano appoggiata lievemente sul suo ginocchio.
-È vero, sono uno sciocco. Ma sai come va la vita, no? Uno si costruisce grandi storie, questo il fatto, e può andare avanti anni a crederci, non importa quanto pazze sono, e inverosimili, se le porta addosso, e basta. Si è anche felici, di cose del genere. Felici. E potrebbe non finire mai. Poi, un giorno, succede che si rompe qualcosa, nel cuore del gran marchingegno fantastico, senza nessuna ragione, si rompe d'improvviso e tu rimani lì, senza capire come mai tutta quella favolosa storia non ce l'hai più addosso, ma davanti, come fosse la follia di un altro, e quell'altro sei tu-
L’aria fredda, si ghiacciò ulteriormente, ma Ginny, in quell’attimo, in un battito di ciglia, riconobbe la Ginevra e il Draco che si erano conosciuti durante quegli interminabili pomeriggi passati a studiare insieme. Ginny si ricordò tutti i momenti passati con il Serpeverde, da quelli felici a quelli tristi. Perché così fa il destino: potrebbe filar via invisibile e invece brucia dietro di sé, qua e là, alcuni istanti, fra i mille di una vita. Fuochi solitari.
-Senti Draco, io andrò al ballo di San Valentino e mi stavo chiedendo se... si insomma... volevi venire con me..-
 
Ma ti sembra il caso di invitarlo adesso?! Gli hai appena urlato dietro quanto è scemo!
 
Draco sorrise, annuendo.
-Certo che non sai proprio invitare le persone- disse, facendole la linguaccia.
-Beh in genere sono i maschi a invitare le dolci fanciulle- si corrucciò la bionda, incrociando le braccia al petto.
-Dolci fanciulle?! Non ne vedo nessuna da queste parti- rispose lui, scrutando il panorama con fare attento.
-Ah Ah Ah davvero simpatico- finse di ridere lei.
-Lo so, è una delle mie numerose doti- disse Draco, facendo poi un piccolo inchino alla rossa.
-Ma quanto sei modesto?! Meglio che vada, se no...-
-...Se no saresti costretta a darmi ragione- la interruppe lui.
-Tu sei matto! Completamente matto!- rise lei, tornando alla capanna di Hagrid.
 
Ci mancava solo il ballo di San Valentino
 
Pensò Draco, scuotendo la testa. Era incredibile come quella chioma rossa gli faceva crollare tutti i buoni propositi che si era prefissato.
 
Il ballo sarà un ultimatum
 
 
 
... quindi non ti devi assolutamente preoccupare per Ron, si è rimesso e pure il suo famoso appetito è tornato. Salutami Molly e Arthur e dì loro di non preoccuparsi, Ginny sta andando molto bene a scuola.
 
Con affetto,
tua Hermione.

 
Hermione osservò più che soddisfatta la sua lettera e con cura la legò alla zampa del suo gufo.
-Come sempre: casa Weasley- sussurrò al vecchio animale, che stancamente si sollevò sulle sue ali.
 
Dopo poco arrivarono Harry, Ron e Ginny, seguiti dall’intera squadra di Quidditch.
-Buona sera Herm- disse Ginny, un po’ stanca, andando a sedersi vicino all’amica.
-Giusto in tempo per la cena!- esultò vittorioso Harry, seguito da un Ron molto pensieroso.
-Ronald... tutto bene?!- si accigliò la mora, osservando preoccupata l’amico.
Lui annuì e cominciò a mangiare del pollo.
La cena proseguì festosamente, le ragazze discutevano su quale vestito avrebbero indossato al ballo di San Valentino e i maschi cercavano delle ragazze che ancora non erano state invitate.
-A proposito, tu con chi andrai?- chiese Ginny all’amica, che però non le rispose, troppo occupata ad osservare l’amico.
-Smettila Ron! Stai facendo nevicare- sbottò la mora, spaventando il ragazzo.
-Dimmi di nuovo come ho rotto con Lavanda- si lamentò lui, osservando i fiocchi di neve cadere dal soffitto.
-Ma allora è vero che non ricorda niente! Non posso crederci- rise Ginny, facendo arrossire Hermione.
-È venuta a trovarti in infermeria, e tu, hai parlato. Non è stata una conversazione particolarmente lunga-
-Non fraintendetemi, sono strafelice di essermene liberato, è che mi sembra un pelo fuori di sé-
I due amici e la sorella, si voltarono verso Lavanda, che impugnava una forchetta come se fosse pronta a cruciare uno dei presenti.
-Solo un pelo?- ridacchiò Harry.
-Dici, di non ricordare niente di quella sera. Niente, di niente..- provò Hermione, sentendo le risatine di Ginny e Harry, giungere alle sue orecchie.
-C’è qualcosa...- cominciò a pensare il rosso, osservando l’amica.
-Avanti Ron! Sforzati! Non ricordi niente?- provò la sorella, che lo stava insultando mentalmente.
 
Così stupido!! Possibile che sia mio fratello?!

-Non può essere! Ero completamente fuso dico bene?- ridacchiò Ron.
-Già, eri fuso- disse Hermione, rinunciandoci
-Ron…- sbuffarono in coro Harry e Ginny.
 
Il rosso si accigliò e sbuffando si concentrò sulle ali di pollo, che apparivano nel piatto.
 
Possibile che abbia detto proprio quel nome?!
 
Si chiese, scoccando un’occhiata ad Hermione.
 
 
 
Astoria se ne stava accoccolata tra le braccia di Theo, sdraiati sul letto del Serpeverde.
-Distillato della morte vivente- disse la ragazza, intrecciando la mano con quella del ragazzo.
-Allora è una pozione estremamente potente che spedisce chi la beve in un sonno simile alla morte, come se la vita della persona stessa fosse appesa ad un filo- ripeté Theo, stringendo la presa attorno alla mano di Astoria.
La ragazza annuì sorridendo e poi chiuse il libro.
-Direi che sei pronto per la verifica di lunedì- disse, voltandosi verso di lui.
-Direi di si, mia cara Astoria- la canzonò lui, tirandola più vicino a sé.
In pochi attimi le loro bocche si unirono. All'inizio il bacio era casto, a stampo. Poco dopo Theo, sentendosi insoddisfatto insinuò la lingua nella bocca di lei, sciolse l’intreccio di mani e gliele mise sui fianchi. Le loro lingue si muovevano in una danza frenetica che li esaltava e eccitava. Avevano entrambi il fiato corto. Theo le accarezzava con prepotenza i fianchi e lei gli scompigliava i capelli corvini. Si staccarono per prendere fiato, Theo la guardò un secondo poi scese a lambire con la lingua il collo candido di lei. La fece sdraiare sotto di lui. Astoria si aggrappò alle spalle ampie di lui e girò il collo leggermente di lato per permettergli un accesso migliore. Certo la porta della camerata non era sigillata e  Blaise sarebbe potuto entrare in qualunque momento. Ma in quell’istante né Theo né Astoria, si preoccupavano minimamente di poter essere scoperti, volevano solamente continuare a baciarsi. Le mani di lui non si fermavano nemmeno un secondo, la tastava e accarezzava lungo le cosce e i fianchi, come per imprimersi nella memoria ogni piccolo particolare di lei. La Serpeverde  gli accarezzò le spalle e il collo, e con ogni movimento delle dita fomentava Theo. Sentiva il battito di lui, era accelerato come il suo.
Ma ad un certo punto sentì Theo fermarsi e allontanarsi da lei.
Astoria spalancò gli occhi e si ritrovò il ragazzo, con il fiato corto, ad osservare la pancia della ragazza, rimasta scoperta dalla camicetta, durante la foga del momento. La ragazza capì la gravità della situazione e quindi cercò di ricomporsi alla bella e meglio, tornando a sedersi in un angolo del letto.
-Cosa è?!- disse gelido Theo, alzandosi dal letto e mettendosi davanti alla ragazza.
-Theo... ecco, io...- cominciò a balbettare lei.
-Cosa diavolo è?!?- urlò lui, cominciando a perdere la pazienza.
Astoria nascose il volto in un cuscino e cominciò a singhiozzare.

Stupida Astoria! Credevi davvero che non l’avrebbe mai notato?!

Theo aveva infatti scorto l’enorme macchia violacea, ora tendente al nero, che faceva bella mostra di sé sul ventre della ragazza. E ora lui si sarebbe arrabbiato giustamente.
 
Ma perché non gli hai detto la verità fin da subito?
 
Quando riuscì a calmarsi, Astoria sollevò il viso dal cuscino e osservò la figura davanti a sé. Theo se ne stava appoggiato ad una delle assi del baldacchino del letto lì accanto, lo sguardo non era duro, era spaventato a morte. Quegli occhi verdi che erano sempre stati sicuri e determinati, quella sera erano rossi, colmi di lacrime, che non tardarono a scivolare lungo le guance scavate del ragazzo. Le mani si torturavano fra di loro, Theo continuava a muoverle attorno i polsi, non riuscendo a stare fermo. Non riuscendo ad accettare la cruda verità che Astoria gli aveva sempre tenuto nascosta.
Quando le lacrime cominciarono a sgorgare copiosamente e le spalle di Theo a singhiozzare, Astoria comprese che il ragazzo aveva capito tutto.
-È ... è ..?- la frase gli morì in bocca.
-Si Theo. È la maledizione di Dolohov- annuì Astoria, deglutendo e ripulendosi il volto dalle lacrime.
 
Ecco il perché della morfina!
 
La maledizione di Dolohov era uno degli incantesimi più dannosi che esistessero. Infatti agiva direttamente sugli organi interni del bersaglio, comprimendoli in maniera molto dolorosa, senza apparentemente ledere l'esterno. Toglieva letteralmente il fiato e danneggiava gli organi in maniera grave, tanto da condurre nei casi peggiori alla morte. Provocava sempre una copiosa emorragia interna che coinvolgeva i polmoni, ed infatti il soggetto colpito, dopo un'iniziale sensazione di soffocamento, vomitava sangue sia sul momento che, in seguito. Se ripetuta poteva portare facilmente alla morte e in ogni caso ci volevano tempi lunghi per riavere la corretta funzionalità tessutale e riprendersi.
 
-Ma chi.. chi è stato?- chiese Theo, passandosi  la manica della camicia sugli occhi.
-Quello a cui tu hai giurato eterna fedeltà- disse semplicemente lei.
-Voldemort?!?-
Astoria annuì, cominciando a togliersi la decina di braccialetti che le fasciavano i polsi, mostrando così altri lividi al fidanzato.
-L’anno scorso, quando la Umbridge aveva cominciato a torturare i Grifoni, a metterli in continua punizione, insomma quando aveva reso Hogwarts un regime neo-nazista, non ce l’ho più fatta. Mi sono ribellata e quando Tu-Sai-Chi ne è venuto a conoscenza mi punì così- spiegò la ragazza, sistemandosi il nodo della cravatta.
Theo era un lenzuolo. Cadaverico in volto, se non per gli occhi arrossati, ancora non ci credeva, anzi non voleva credere a tutto quello che Astoria gli aveva raccontato. Alzò lo sguardo verso la sua fidanzata. Un essere così piccolo, gentile, coraggioso... come poteva soffrire così tanto?
 
Perché lei?
 
Si chiese Theo. Ma la risposta arrivò da sé.
 
Perché lei lotta per ciò che è giusto. Perché lei è capace di dire di no, davanti alle scelte dure e maligne che la vita ti propone.
 
Non sapendo più cosa fare, né che dire, Astoria si alzò sorridendo gentilmente e prendendo per mano Theo, che ormai non reagiva più a nessuno stimolo.
 
E io che mi preoccupavo per il test di pozioni...
 
Si ritrovò a pensare, sentendosi uno sciocco.
 
-Dai, andiamo a cena. Non vorrei che Blaise si preoccupasse-
Theo strinse forte la mano della ragazza e insieme si avviarono verso la Sala Grande.
Ma nel Serpeverde, ora caduto nell’indifferenza, stava nascendo una piccola e sanguinante idea.
 
 
 
Hermione, Harry e Ron, stavano finendo di cenare, quando la bianca ed elegante Edwige planò su di essi.
-Strano, non è il momento della posta- disse Hermione, scrutando la lettera scolorita e tutta sporca, che Harry si rigirava tra le mani.
-Dai aprila!- disse invece Ron, scordandosi finalmente di Lavanda.
 
Silente ha detto che non ci sarebbero state altre lezioni finché non avessi ottenuto il ricordo!
 
Pensò Harry, aprendo la lettera unticcia.
 
 
Cari Harry, Ron e Hermione,    
 
Aragog è morto questo pomeriggio. Harry e Ron, voi l’avete conosciuto, e sapete com’era speciale. Hermione, sono sicuro che ti poteva piacere pure a te. Ci tengo tanto se riuscite a fare un salto giù per il funerale stasera. Lo faccio appena spunta la Luna, era il suo momento preferito. So che non dovete stare fuori col buio, ma potete usare il Mantello. Non ve lo volevo chiedere ma da solo non ce la faccio.
 
Hagrid

 
 
-Guarda qui- Harry passò il biglietto a Hermione.
-Oh, per l’amor del cielo!- esclamò lei, scorrendolo in fretta e porgendolo a Ron, che lo lesse con incredulità.
-È pazzo!- sbottò, furente -Quella cosa ha detto ai suoi compagni di mangiare me e Harry! E adesso Hagrid si aspetta che andiamo laggiù a piangere su quell’orrendo cadavere peloso!-
-Non è solo quello- rincarò Hermione -Ci chiede di uscire dal castello di notte, e sa che la vigilanza è un milione di volte più stretta, e che finiremo nei guai se ci prendessero-
-Siamo già andati a trovarlo di notte-  le ricordò Harry.
 Harry riprese il biglietto e fissò le macchie d’inchiostro. Chiaramente erano cadute fitte lacrime sulla pergamena…
-Harry, non puoi pensare di andare- gemette Hermione -È una cosa troppo inutile per farsi punire-
Il ragazzo sospirò.
-Sì, lo so- ammise -Immagino che Hagrid dovrà seppellire Aragog senza di noi-
-Proprio così- concluse lei, sollevata – Eh senti... come va la tua missione con Lumacorno?!-
-Con la fortuna che ho non riuscirò mai a farcela- osservò Harry amareggiato.    
-Fortuna!!-saltò su Ron all’improvviso -Harry, è così… devi essere fortunato!-
-Cioè?-
-Usa la pozione della fortuna! La Felix Felicis!-
Harry si fece pensiero. Il pensiero di quella boccetta dorata era sospeso da un po’ sull’orlo della sua immaginazione; vaghi e inarticolati piani su Ginny che lasciava Draco, erano fermentati nelle profondità della sua mente, inconfessati se non nei sogni o nella zona d’ombra tra il sonno e la veglia…
-Harry? Ci sei?-  gli chiese Hermione.    
-Co…? Sì, certo- rispose lui, riprendendosi  -Beh… d’accordo. Prenderò la Felix Felicis-
Hermione gli sorrise e insieme i tre andarono nel dormitorio a recuperare la fiala.
 
I tre amici la cercarono per un po’, visto il caos che regnava nel dormitorio maschile, ma alla fine, grazie a un incantesimo di Appello, Hermione la trovò.
La fiala era piccola e il suo contenuto trasparente, Harry la ammirò per alcuni secondi prima di berla, tutta d’un fiato. D’improvviso tutto si trasformò. Il Prescelto avvertì immediatamente la sensazione di dover fare al più presto qualcosa.

Devo andare da Hagrid!!
 
Sentiva come una vocina nella sua mente, che gli sussurrava cosa fare e come comportarsi.
 
-Beh... come ti senti?!- chiese Hermione, preoccupata davanti allo sguardo vuoto dell’amico.
-Straordinario!- urlò Harry, alzandosi dal suo letto –Davvero straordinario!-
-Ricordati: Lumacorno avrà già cenato ormai, ora starà facendo la sua passeggiata serale, dopodiché tornerà nel suo studio- disse seria Hermione.
-Bene!!- continuò ad urlare Harry –Io me ne vado da Hagrid!- disse poi, dirigendosi verso la Sala Comune.
-Cosa?!?- sbottarono in coro Ron e Hermione.
-No Harry! Devi andare a parlare con Lumacorno!- lo sgridò Hermione, cercando di fermarlo.
-Lo so, ma ho un ottimo presentimento riguardo ad Hagrid- disse Harry, uscendo dal riquadro.
 
Non aveva idea del perché andare da Hagrid fosse la cosa giusta. Era come se la pozione illuminasse pochi passi alla volta: non vedeva la destinazione finale, non vedeva quando sarebbe entrato in scena Lumacorno, ma sapeva che quello era il percorso giusto per ottenere il ricordo. Quando raggiunse la Sala d’Ingresso scoprì che Gazza si era dimenticato di chiudere a chiave il portone. Raggiante, lo spalancò e respirò per un momento l’odore di erba e aria pulita, prima di scendere la scalinata e tuffarsi nel tramonto.
Quando mise piede sull’ultimo gradino gli venne in mente che sarebbe stato molto piacevole arrivare da Hagrid attraverso l’orto. Non si trovava proprio sulla strada, ma gli fu chiaro che era un capriccio da seguire, quindi lo fece. Nell’orto fu lieto, ma non del tutto sorpreso, di trovare il professor Lumacorno immerso in conversazione con la professoressa Sprite. Harry si appostò dietro un basso muretto di pietra, in pace con il mondo, e ascoltò le loro chiacchiere.    
-… ti ringrazio per avermi dedicato il tuo tempo, Pomona- stava dicendo Lumacorno, affabile.
-Gran parte delle autorità convengono che sono efficaci al massimo se colte al crepuscolo-
-Oh, è verissimo- ribatté la professoressa Sprite con calore -Ti bastano?-
- Ovvio! Dovrebbero esserci foglie sufficienti per ciascuno dei miei ragazzi del terzo anno, e un po’ di scorta se qualcuno le cuoce troppo… Beh, buonasera a te, e mille grazie ancora!-
 
Il professor Lumacorno uscì dalla serra e si diresse verso il suo studio, quando una voce familiare lo colse di sorpresa.
-Buonasera, professore-
-Per la barba di Merlino, Harry, mi hai spaventato- esclamò Lumacorno, immobilizzandosi con aria guardinga -Come hai fatto a uscire dal castello?-
-Credo che Gazza si sia dimenticato di chiudere a chiave il portone- rispose allegramente Harry, e fu contento di vedere Lumacorno incupirsi.  
-Denuncerò quell’uomo: è più preoccupato dell’immondizia che di una sorveglianza accurata, se vuoi saperlo… Ma perché sei qui fuori, Harry?-
-Beh, signore, è per Hagrid- spiegò Harry, sapendo che la cosa giusta in quel momento era dire la verità -È sconvolto… ma lei non lo dirà a nessuno, professore? Non voglio che finisca nei guai…-
La curiosità di Lumacorno ormai era stata destata.
-Beh, non posso prometterlo- borbottò -Ma so che Silente si fida ciecamente di lui, quindi sono sicuro che non può essere alle prese con niente di terribile…-
-Beh, è per via di quel ragno gigante, l’ha tenuto per anni… viveva nella Foresta… sapeva parlare eccetera…-
-Ho sentito dire che c’erano delle Acromantule nella Foresta- sussurrò Lumacorno, guardando la massa di alberi neri -È vero, allora?-
-Sì- rispose Harry -Ma questo, Aragog, il primo che Hagrid abbia mai avuto, è morto ieri notte. Lui è distrutto. Vuole compagnia per seppellirlo e io ho promesso che sarei andato- disse Harry felice, cominciando ad avviarsi.
-Harry! È quasi il crepuscolo! Ti rendi conto che io non posso lasciarti andare da solo?!- chiese spaventato il professore.
-Beh allora venga con me- rispose l’alunno, ormai uscito dal corridoio.
Lumacorno si guardò attorno e poi decise di raggiungere Harry.
 
Il veleno delle Acromantule è estremamente raro!
 
 
Quando arrivarono da Hagrid, i due uomini videro il gigante piangere maestosamente, davanti all’immensa carcassa di Aragog.
-Per la barba di Merlino!- sussultò Lumacorno -È effettivamente un’ Acromantula!-
-Una morta credo, signore- precisò Harry, facendo piangere ulteriormente Hagrid.
-Che creatura meravigliosa, il ragno!- sussurrò il gigante –Non capisco come faccia la gente ad averne paura. Suppongo sia per gli occhi-
-Per non parlare delle tenaglie- urlò Harry, mimando il gesto delle chele appuntite che si muovevano.
I due professori guardarono straniti il Prescelto, decidendo poi di dargli corda.
-Eh già- dissero insieme i due uomini.
-Hagrid, l’ultima cosa che voglio è essere indelicato, ma il veleno dell’Acromantula è assolutamente raro- sussurrò Lumacorno, con gli occhi che scintillavano –Mi concederesti di estrarne una fiala o due-
Hagrid da prima lo guardò corrucciato, pensandoci poi su decise di acconsentire.
-Ma si, non credo che lui se ne farà qualcosa- disse poi all’uomo, che già stava prelevando il veleno.
Quando ebbe finito, tornò vicino ad Hagrid ed estremamente felice di aver raggiunto il suo obbiettivo, Lumacorno decise che bisognava dimostrare riconoscenza all’amico.
-Vorresti che dicessi due parole?- gracchiò.
Hagrid annuì solamente, ormai le lacrime non cessavano di scorrere lungo la barba.
-Addio Aragog!- cominciò stridulo l’uomo –Re degli aracnidi, il tuo corpo si decomporrà, ma il tuo spirito aleggerà. Fa che i tuoi amici umani, trovino conforto per la perdita che hanno subito.
 
Il funerale finì tra le lacrime di Hagrid, le pacche amichevoli di Horace e un Harry sempre più gioioso. Depositarono poi Hagrid su una sedia vicino al tavolo. Thor, che durante il funerale era rimasto nascosto nel cesto, ora si avvicinò a passi soffici e posò la testa pesante in grembo al padrone, come faceva sempre. Lumacorno stappò una delle bottiglie di vino che aveva trovato nella capanna del gigante.
-Uno per Harry…-  cominciò Lumacorno, dividendo una seconda bottiglia in due boccali -… e uno per me. Bene- e levò alto il proprio -Ad Aragog-
-Ad Aragog-  ripeterono insieme Harry e Hagrid.  
Sia Lumacorno che Hagrid bevvero molto. Invece Harry, illuminato dalla Felix Felicis, finse solo di mandar giù un sorso e poi posò il boccale sul tavolo.
Lumacorno bevve un gran sorso dal suo boccale. Il suo sguardo attento si spostava per la capanna, in cerca di nuovi tesori da convertire in un’abbondante scorta di idromele barricato, ananas candito e giacche da camera di velluto. Riempì di nuovo il proprio boccale e quello di Hagrid, e interrogò il gigante sulle creature della Foresta e su come riuscisse a prendersene cura. Hagrid, diventato espansivo sotto l’influenza dell’alcol e dell’interesse di Lumacorno, smise di asciugarsi gli occhi e si tuffò in un’allegra dissertazione sull’allevamento degli Asticelli.
Dopo un’ora, i due professori cominciarono a fare brindisi bizzarri: a Hogwarts, a Silente, al vino elfico e a…   
-Harry Potter!-  urlò Hagrid, versandosi un po’ del quattordicesimo secchio di vino sul mento.    
-Oh, sì- gridò Lumacorno con voce un po’ incerta -A Parry Otter, il Ragazzo Prescelto Che… beh… qualcosa del genere- borbottò, e bevve d’un fiato a sua volta.
Poco dopo Hagrid e Lumacorno stavano seduti abbracciati e cantavano una lenta canzone triste su un mago morente di nome Odo.
-Aaah, i migliori muoiono giovani- borbottò Hagrid, scivolando sul tavolo, un po’ strabico, mentre Lumacorno continuava a gorgheggiare il ritornello -Il mio papà non era così vecchio da andare… e nemmeno la tua mamma e il tuo papà, Harry…-
Grosse grasse lacrime gli colarono di nuovo dagli angoli degli occhi; afferrò il braccio di Harry e lo scosse.
-… strego e maga migliori di loro non ne ho mai conosciuti… terribile-
Lumacorno cantò lamentoso:
 
E Odo l’eroe riportarono a casa, nel luogo dorato di sua fanciullezza, sepolto egli fu col cappello a rovescio e mezza bacchetta, ahimè, che tristezza.
 
-… terribile- grugnì Hagrid; il testone irsuto gli rotolò di lato sulle braccia, e si addormentò di colpo, russando forte.  
-Mi spiace- biascicò Lumacorno con un singhiozzo -Sono stonato da far paura-
-Hagrid non parlava del suo modo di cantare- mormorò Harry -Parlava della morte dei miei genitori-
-Oh, caro. Sì, è stato… è stato davvero terribile. Terribile… terribile…-
Non sapeva cosa dire, e così tornò a riempire i boccali.
-Non… non te lo ricordi, Harry, vero?- chiese un po’ impacciato.
-No… beh, avevo solo un anno quando sono morti- replicò Harry, lo sguardo puntato sulla fiamma della candela che ondeggiava con il russare di Hagrid -Ma nel frattempo ho scoperto quello che accadde. Mio padre morì per primo. Lo sapeva?-
Lumacorno negò triste con la testa.
-Sì… Voldemort lo uccise e poi scavalcò il suo corpo per andare da mia madre-  raccontò Harry.     Lumacorno rabbrividì, ma sembrava incapace di distogliere lo sguardo orripilato dal volto di Harry. -Le disse di togliersi di mezzo- continuò Harry, implacabile -Ma lei non si mosse. Mio padre era già morto, ma lei non voleva che morissi anch’io. Cercò di supplicare Voldemort… ma lui rise…-
-Basta!- esclamò Lumacorno all’improvviso, alzando una mano tremante  -Davvero, ragazzo mio, basta… io sono vecchio… non devo sentire… non voglio sentire…-
-Me l’ero dimenticato- mentì Harry, guidato dalla Felix Felicis -Lei la ammirava, vero?-
-Se la ammiravo?- chiese Lumacorno, gli occhi colmi di lacrime -Non riesco a immaginare chi non potesse, dopo averla conosciuta… così coraggiosa… così divertente… È stata una cosa assolutamente orribile…-
-Ma lei non vuole aiutare suo figlio- disse Harry -Mia madre mi ha dato la sua vita, ma lei non vuole darmi un ricordo-    
Il russare tonante di Hagrid riempiva la capanna. Harry fissò gli occhi pieni di lacrime di Lumacorno, che sembrava incapace di distogliere lo sguardo. Sapeva di essere al sicuro: la Felix gli stava dicendo che Lumacorno non avrebbe ricordato nulla la mattina dopo. Guardandolo dritto negli occhi, si chinò appena verso di lui.
-Io sono il Prescelto. Io devo ucciderlo. Io ho bisogno di quel ricordo-
Lumacorno divenne più pallido che mai; la sua fronte scintillava di sudore.
-Non vuole liberarsi del mago che uccise Lily Evans?-
- Harry, Harry, certo che sì, ma…-   
-Ha paura che lui scopra che mi ha aiutato?-
Lumacorno non disse nulla; era terrorizzato.    
-Sia coraggioso come mia madre, professore…-
Lumacorno levò una mano tozza e si premette le dita tremanti sulla bocca; per un attimo parve un neonato enormemente cresciuto. Hagrid si agitò nel sonno e continuò a russare. Lumacorno e Harry si fissarono sopra la candela esitante. Calò un lungo, lungo silenzio, ma la Felix Felicis disse a Harry di non romperlo, di aspettare. Poi, molto lentamente, Lumacorno si mise la mano in tasca ed estrasse la bacchetta. Infilò l’altra mano nel mantello e prese una bottiglia vuota. Senza levare gli occhi da Harry, si sfiorò la tempia con la bacchetta e ne staccò un lungo argenteo filo di memoria appeso alla punta. Il ricordo si tese sempre di più finché non si spezzò e dondolò, luminoso e opalescente. Lumacorno lo depose nella bottiglia dove si acciambellò, poi si dilatò, vorticando come gas. Tappò la bottiglia con mano tremante e la passò sopra il tavolo a Harry.    
-Grazie mille, professore-
-Sei un bravo ragazzo- piagnucolò Lumacorno, con le lacrime che gli colavano dalle guance grasse
-E hai i suoi occhi… Però non pensare troppo male di me quando lo vedrai…-
E anche lui posò la testa sulle braccia, sospirò profondamente e si addormentò.
 
 
 
Il sabato tanto atteso, arrivò presto. San Valentino era nell'aria. La scuola per l'occasione era stata tutta decorata con enormi cuori rossi, rose, candele profumate. Dal soffitto della Sala Grande, piccoli putti, lanciavano delle lunghe frecce di zucchero filato, che atterravano nelle mani dello studente prescelto. Per quel giorno le lezioni erano state sospese e valanghe di studentesse erano corse ad Hogsmeade a trovare il vestito giusto.
Solo due ragazze si erano rintanate nella stanza di divinazione. Quell’enorme e caldissimo stanzone, era il luogo dove la professoressa Sibilla Cooman teneva le sue lezioni di Divinazione.

Che materia inutile!

Pensò Hermione, sedendosi su una poltroncina.
Dopo poco Astoria la raggiunse, passando attraverso la botola a cui si accedeva grazie ad una sottile scala d'argento dal settimo piano. La Serpeverde prima di sedersi, osservò a lungo la stanza. L’ambiente era circolare ed era presente un forte odore di incenso e di fiori, che proveniva da una pentola di rame sospesa nel grande caminetto che emana eccessivo calore. Tutta la sala era illuminata da una soffusa luce scarlatta, proveniente dalle lampade drappeggiate con veli e stoffe rosse.
Finita la perlustrazione, la mora si sedette accanto ad Hermione.
-Allora dimmi tutto!- le ordinò la Grifondoro.
-Ho seguito Draco nelle ultime due settimane e non credo che se ne sia accorto. Ho una buona notizia e una cattiva-
Hermione annuì con la testa.
-La buona è che abbiamo un altro alleato, la cattiva è che Draco sembra irremovibile. Insomma non vuole farsi aiutare!-
Hermione la guardò confusa.
-Un alleato? E chi sarebbe?-
-Beh che tu ci creda o no, Piton è dei nostri!-
-PITON?!? – urlò la mora –Ma certo come ho fatto a non pensarci! È il padrino di Malfoy-
Astoria annuì e per un po’ tra le due cadde un silenzio carico di pensieri.
-Rimane solo una cosa da fare...- disse poi decisa Hermione, alzandosi e dirigendosi con la Serpeverde verso la botola.
-Dobbiamo parlare con lui- concluse la mora, scendendo con attenzione le scale.
Hermione le sorrise e salutandola cominciò a incamminarsi verso la Torre dei Grifondoro.
-Ah Hermione! Se vuoi, questa sera Ginny verrà da me per prepararsi al ballo, vieni anche tu dai!- le urlò Astoria, dall’altro lato del corridoio, prima di sparire.
Hermione sorrise. Era contenta di aver trovato una nuova amica, che le aveva dimostrato che in fondo le differenze tra le casate non esistono veramente. Mentre oltrepassava il riquadro, decise però che avrebbe provato a trovare una antidoto per salvare Astoria. Ma come fare? La maledizione di Dolohov era difficile, se non impossibile da curare.

Pensa Hermione! Pensa!
 


Ginny  prese un profondo respiro iniziando ad indossare l'abito cercando di non sciuparlo, mentre Hermione le acconciava i capelli.
-E quindi voi due, da quanto siete amiche?!- chiese la rossa, con fare sospetto.
Astoria, uscendo dal bagno e cominciando a spazzolarsi i capelli, le sorrise.
-Dovevamo fare una ricerca di Erbologia insieme, da cosa nasce cosa ed eccoci qua!- mentì.
Lei e Hermione avevano preferito tenere il loro piano per sé, non volevano preoccupare ulteriormente la rossa.
Ginny annuì poco convinta.
-Mica sarai gelosa?!- le disse Hermione, tirandole  delle ciocche di capelli per punzecchiarla.
-Oh no! Qui tra noi non vogliamo delle ragazze gelosone- la ammonì Astoria, cominciando a infilarsi il vestito.
Hermione intanto stava mettendo un leggero filo di trucco, giusto per far risaltare la sua carnagione. Si guardò allo specchio osservando l'effetto finale e immaginò che faccia avrebbe fatto Ron appena l’avrebbe vista.
-Wow Herm! Weasley capitolerà ai tuoi piedi questa sera!-  disse Astoria comparendo nello specchio alle sue spalle. 
Hermione arrossì.
-Non mi noterà nemmeno!- rispose poi scettica.
-Giuro che lo schianto se non ti inviterà a ballare- disse minacciosa Ginny, che per poco non cadeva a causa dei tacchi.
- State benissimo anche voi, ragazze-  disse Hermione, un po’ in imbarazzo per tutte quelle attenzioni
- Credo che siamo tutte bellissime-  sussurrò Astoria, finendo di infilarsi il suo vestito scuro, che copriva gran parte del suo corpo. Nessuno doveva notare le macchie.
- Astoria,tu sei assolutamente meravigliosa!- disse Ginny, passandole dei fini braccialetti in oro.
- Si,e Theo morirà appena ti vede- rise Hermione, infilandosi le scarpe. 
- Si,ma ricordiamoci che stasera la coppia di fuoco saranno Ginny e Draco- sorrise Astoria.
- Sarebbe ora di andare!-  squittì poi Hermione, osservando l’orologio di Astoria.

Le tre si ammirarono ancora una volta allo specchio, trovandosi semplicemente stupende.
Hermione indossava un vestito rossa, fornito di un monospalla brillanti nato. Delle semplice scarpe, anch’esse rosa e i capelli agghindati in una mezza coda, lasciata morbida. (https://goo.gl/images/ihkraH)
Astoria, aveva lasciati sciolti i suoi lunghi capelli mossi. Indossava un semplice abito nero , con le maniche lunghe. Le scarpe e gli accessori erano dorati. (https://goo.gl/images/BWfntb)
Ginny invece, aveva optato per un semplice vestito rosso, dotato di alcune decorazioni vegetali argentee attorno alla vita. I capelli erano lasciati sciolti e le coprivano buona parte del busto. (https://goo.gl/images/AiKgke). Prima di uscire dalla stanza si tolse il bracciale di Harry e lo poggiò sul comodino di Astoria, guardandolo sospirò malinconica.
Le tre ragazza cercarono di spostare alcune cose dalla camera per poter raggiungere la porta. La stanza da prefetto di Astoria, dava direttamente sul corridoio dei sotterranei e questo sollevò Hermione e Ginny, che non avrebbero rischiato di essere viste nella tana dei serpenti. Le tre cominciarono così a camminare così in direzione del Parco, dove si sarebbe tenuto il rinfresco. Le loro scarpe ticchettavano lungo il pavimento in pietra dei corridoi deserti.
-Siamo in ritardo ragazze! Non c’è in giro nessuno!- disse nervosa Hermione, che cominciò a correre a fatica per colpa dei tacchi.
-Granger! Lamentati un’altra volta e ti spedisco nell’altro mondo- le disse chiaramente Astoria.
A quelle parole le due Grifondoro si voltarono sconcertate. Astoria era un animo candido e puro, mai aveva minacciato qualcuno.
-Che c’è? Ci sarà un motivo se sono finita in Serpeverde!- rispose lei, davanti agli sguardi delle amiche e precedendole lungo il ponte di legno che portava al parco.
 
 
 
-Dove diavolo sono le ragazze?- chiese nervoso, per l’ennesima volta Theo a Millicent.
-Non so, l’ultima volta che ho visto Astoria è stata questa mattina. Tra l’altro l’ho vista un po’ giù, sta bene?- disse la ragazza, inconsapevole di aver toccato un tasto delicato.
Theo negò, bevendo tutto d’un fiato il suo Whisky Incendiario e mettendosi le mani in tasca, si allontanò dagli amici.

Chi lo capisce è bravo

Pensò Blaise, avvicinandosi a Draco.
Il bel biondo era appoggiato ad un tronco, nervosamente si rigirava tra le mani una piccola scatola di velluto rosso.
-Arriverà la tua bella- cercò di tranquillizzarlo Blaise.
-Lo spero bene, è stata lei a invitarmi- disse il biondo, seccato.
-Ma cosa succede a tutti oggi?!- chiese senza pazienza il moro, cominciando ad allontanarsi.
Era stanco di tutti quei comportamenti da bambino.
-Ehi Blaise scu...- cominciò a dire Draco, cercando di raggiungerlo.
Ma la frase gli morì in gola. Ginevra era davanti a lui, bella come non mai.
 

 
Le ragazze erano finalmente arrivate nell’enorme parco, che per l’occasione era stato tutto decorato con delle piccole candele profumate. Su un lato, quello vicino alla casa di Hagrid, erano presenti quattro enormi tavoli, colmi di ogni leccornia e di ogni bevanda. Alcool a parte. Vicino al Lago Nero erano state poste delle panchine, già occupate dalle numerose coppiette che vagavano per Hogwarts ogni giorno. Al confine con la Foresta Proibita invece, Silente stava accedendo numerose lanterne, che a mezzanotte avrebbero preso il volo spontaneamente. Il professor Vitious aveva incantato l’intera area, rendendola calda, nonostante fosse solo febbraio.
Hermione, dopo aver salutato le due amiche si era fiondata da Harry, chiedendogli disperatamente dove fosse finito Ron. Astoria intravide Theo, tutto solo e ancora amareggiato sotto un cipresso e augurando ‘in bocca al lupo’ alla rossa, si era diretta verso il fidanzato.
Ginny cominciò a vagare, quando vide Draco parlare sbuffando con Blaise, che nervoso si allontava dal biondo, per raggiungere Millicent Buldstrode.
Si fermò un attimo ad osservarlo, come paralizzata. Draco era semplicemente mozzafiato quella sera. Era appoggiato con una spalla a un tronco, le mani giocherellavano con qualcosa e le gambe incrociate. Indossava dei pantaloni neri e una camicia bianca immacolata che faceva risaltare il suo fisico da cercatore. Molte ragazze lo stavano osservando e lanciavano risolini in sua direzione. In quel momento Ginny si chiese se Draco l’avrebbe scelta, immersa com’era in quella folla di ragazza truccate, vestite con pizzi di alta moda. Alcune sicuramente più belle e simpatiche di lei. Si sentiva come di troppo e proprio mentre si stava incamminando verso Ron, Harry e Hermione, Draco si voltò e la vide. La osservò a lungo, facendola sentire la ragazza più bella e fortunata della festa.
 

 
Draco la guardò come se fosse la prima stella che fosse mai spuntata in cielo, un miracolo dipinto sulla faccia del mondo a cui riusciva a stento a credere. In quel momento, sembrava ci fosse come un filo che legava i due ragazzi. Un filo invisibile, ma in spezzabile. Nonostante la musica fosse altissima e la confusione dei ballerini devastante, tra i due era caduto un silenzio. Stavano lì ad osservarsi semplicemente, come rinchiusi in una bolle di sapone. Lei troppo timida per fare il primo passo e lui troppo incantato dalla bellezza di lei.
Quell’incantesimo fu interrotto dal professor Vitious, che aprendo una bottiglia di Idromele, più grande di lui, sparò il tappo in aria e cadde proprio in testa a Draco, che non aspettandoselo, quasi volò per terra. Il Serpeverde raccolse il tappo da terra e girandosi fulminò con lo sguardo il nano, che si incamminò verso il castello.
Ginny intanto si era avvicinata, così come Blaise, Astoria e Theo.
-Bel colpo amico!- disse ridendo Blaise, tirandogli una pacca sulle spalle –Vitious è il mio nuovo idolo-
Draco lo fulminò con lo sguardo e si passò una mano sulla testa dove, era sicuro, sarebbe spuntato un  bernoccolo. Astoria intanto osservò il suo bicchiere arancione, triste.
-Certo che potevano servire anche dell’alcool, questa burrobirra è veramente pessima-
-Passa a me!- disse Blaise, estraendo da solo Dio sa dove, una bottiglia di Whisky e cominciò a riempirle il bicchiere.
-Ne voglio anch’io- si lamentò Ginny, passandogli un bicchiere.
-Spiacente signorina! È soltanto per quelli dal sesto anno in su- disse Astoria, afferrando la bottiglia e passandola di fretta a Draco. Mentre Ginny cercava di appropriarsene.
Dopo poco la rossa riuscì ad avere tra le mani la bottiglia e se ne scolò una buona dose.
-Wowo!- disse, ridendo Blaise –Fai piano! Non vorrei che Lenticchia ti vedesse e desse a noi serpi la colpa-
Ginny si gustò il freddo dell’alcool bruciare nel suo corpo.
-Ma è colpa vostra! Io son una santa!- rispose poi, mettendo le mani a mo’ di preghiera.
 
Dopo qualche altro scambio di battute, Millicent si diresse verso il buffet. Draco, vide che alle loro spalle stava arrivando un Lumacorno alquanto allegro e così si voltò verso Ginny.
- Lumacorno ti invita ancora alle sue cenette?- chiese alla rossa.
- No, non più- rispose Ginny- Sarà impegnato ad adulare qualche altro studente-
- Ci scommetto…- considerò il biondo.
Theo e Blaise, visibilmente annoiati cominciarono a sbuffare.
-Solo una domanda.- fece Astoria, scolandosi un bicchiere di idromele - Se odiate così tanto queste feste, perché ci venite?-
- Per il mangiare- rispose Blaise prontamente
-Mi sa che vi dovrò mostrare l’ingresso alle cucine, una volta- commentò Ginny.
- Sai dove sono?- chiese Theo, sorpreso.
- Secondo te c’è qualcosa di Hogwarts cheio non conosco?- rispose la ross, facendogli l’occhiolino.
- Ed ecco Ginevra Weasley che si vanta!- la prese in giro Draco.
-Ragazzi! Anche voi qui?!-
La voce di Lumacorno raggiunse il gruppo.
- Comunque…- riprese Lumacorno.-Ginny, Blaise… vorrei parlarvi un attimo di una cosetta- disse, prendendo a braccetto i  due ragazzi, che sorrisero educatamente al professore, poi lanciarono agli amici un occhiata.

Salvateci!

Theo ridacchiò e commentò:
- Poveretti loro…
- Già…- sospirò Draco con un sorrisetto.
Dopo mezz’ora, Ginny era già di ritorno e Blaise la seguì poco dopo.
- Già stufa?- le chiese il biondo.
La rossa annuì.
- Ho capito,andiamo via- commentò Draco, con un tono che non ammetteva repliche.
Così prendendola per mano, i due si rifugiarono all’interno del castello.
 
Harry era irritato. La sua Ginny era lì a quella festa e l’aveva vista ridere e scherzare con Malfoy, quella sottospecie di mangia morte. La vedeva ridere come non aveva mai fatto prima, nemmeno quando stava con lui, Ron e Hermione. Aveva un’aria…

Contenta!

Ma Harry non era l’unico ad essere irritato…
Lavanda Brown aveva visto Ron e Hermione, divertirsi più del previsto a quella ridicola festa. La odiava. Non l’avrebbe mai reso felice, come lei avrebbe potuto.
Lui doveva essere suo, lo sapeva.
 
 

-…almeno, questo è quello che dice la prozia Muriel, ma non sta troppo simpatica a nessuno-
- Hai anche una prozia Muriel?- chiese Draco, finendo il suo whisky.
Ginny rise.
Erano seduti sul pavimento, ricoperto di moquette, di fronte al camino acceso nella camera di Draco.
-Draco?
- Sì, Ginevra?

Non fare idiozie Ginny!

- Che ci trovi in me?-
Draco si fece serio di colpo, osservando il fuoco.
-É difficile rispondere, ci trovo tutto. Lo sguardo, le labbra, le guancie, il collo, le parole che pronunci, la voce ed anche il tuo fare un po’ l’orgogliosa. Mi piace davvero tanto, per troppo tempo mi sono nascosto, ho cercato di non farlo percepire ma mi sono letteralmente stufato. Perché dovrei nascondere i miei sentimenti?  L’amore non é un sentimento da nascondere, deve essere vissuto, vivo e soprattutto libero di avvolgerti-
Ginny lo guardò mentre parlava.
Draco la guardò e la vide abbassare lo sguardo arrossendo leggermente. Le mise una mano sul fianco e Ginny allora si voltò
Si stava facendo più vicino…
Niente li avrebbe fermati…
Erano a pochissimi millimetri, quando l’amore tra i due trionfò.

Le loro labbra si scontrarono a metà strada e ogni preoccupazione, ogni rimorso o senso di colpa svanì nell’aria. C’era però qualcosa di diverso in quei baci,  erano come insaziabili, non bastavano più. Draco la prese in braccio e la portò sull’enorme letto a baldacchino. Ginny era così piccola che sembrava scomparire contro il petto muscoloso di Draco, quella sensazione la fece sentire protetta. Draco invece aveva la sensazione di essere in paradiso: se quello significava abbandonare le ombre che avevano costituito la sua vita, era disposto a farlo. Voleva vedere la sua Ginevra sorridere nella notte e sapere che lui era la causa di quel sorriso, voleva svegliarsi con la sensazione di quel piccolo corpicino contro il suo e voleva essere la prima cosa che quei grandi occhi d’oro vedevano la mattina. La notte scese sull’intero castello di Hogwarts, e i raggi della luna illuminavano le cortine del letto a baldacchino su cui stavano i due ragazzi, privi di vestiti ma pieni d’amore. Le mani intrecciate contro le coperte, i respiri all’unisono e i cuori che battevano allo stesso ritmo. Una pioggia di capelli rossi bagnavano il cuscino, arrivando a coprire la ragazza fino a metà schiena. Draco non aveva mai provato emozioni così forti, era come se lo stesse facendo per la prima volta. Più entrava in lei e più sentiva le barriere rompersi, un bocciolo che lentamente stava fiorendo e con la sua grande luce stava spazzando via tutto ciò che riguardava il passato.
E il suo bocciolo era Ginevra.
Era la dimostrazione vivente che le cose belle accadevano anche alle persone come lui, che probabilmente non le meritavano. Sarebbe stato disposto ad amarla fino alla morte, incurante delle differenze che li separavano. Ginny era aggrappata a lui e quella era la cosa più bella che avesse mai visto. Lo vedeva così concentrato e così pieno di amore, che non riuscì a trattenere alcune magre lacrime.

Perfetto come un angelo, un angelo della morte...

Eppure per lei, Draco era così dannatamente innocente anche mentre facevano l’amore, e il suo nome aveva un suono così dolce se detto dalle sue labbra ansanti. Forse un domani, tutte quelle sensazioni gli sarebbero sembrate ridicole, ma quella notte tutto ciò che desiderava era lì con lui, nel suo letto.
E per quella notte, la felicità l’avrebbe provata…
 

 
   
 
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