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Autore: Lamy_    02/02/2017    0 recensioni
[Eddie Redmayne]
[Eddie Redmayne]Essere diversi è un bene, e questo sia Eddie che Venere lo hanno capito quando si sono incontrati.
La storia di un amore difficile, coinvolgente, diverso.
Leggete per sapere com'è finita!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PARTE TERZA: Libri e amanti.
 
Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne ho il coraggio: temo che
il mio cuore mi salga alle labbra.
Ecco perché  parlo stupidamente e nascondo
il mio cuore dietro le parole.
(Federico Garcia Lorca)

 
 
Tre anni dopo
“Chi ha tempo non aspetti tempo!”
La finestra fu aperta e l’aria fresca investì il corpo caldo di Venere.
“Sta zitta, mamma …” biascicò a fatica, la voce impastata dal sonno, il viso sepolto tra le coperte.
“Sono le cinque del mattino, siamo in ritardo sulla tabella di marcia.” Replicò la signora Anderson con entusiasmo eccessivo. Venere tastò l’altra parte del letto restando delusa che fosse vuota, poiché tutte le mattine si svegliava con Eddie accanto. Si tirò a fatica fuori dal suo rifugio, mise a fuoco sua madre e grugnì.
“Mamma, datti una calmata. Mi sta scoppiando la testa.”
“Prendi un’aspirina, cara.”
Venere guardò sua madre con sguardo torvo, spalancando le braccia per l’iperattività di quella donna, dopodiché si recò in cucina. Come sempre, un libro giaceva sul tavolino con la copertina rivolta verso l’altro ed una matita a fare da segnalibro. Era un’abitudine che Eddie aveva acquisito negli ultimi anni, leggeva fino a sera tardi e il giorno riprendeva la lettura.
“Dove diavolo è il caffè?”
Sua madre scese la scalinata a chiocciola con una cesta di confetti e bomboniere.
“Niente caffè oggi, sono una bella camomilla. Oggi ti sposi!” esultò la donnina con un sorriso a trentadue denti. A Venere faceva male la testa, si sentiva stanca, ed era sul punto di vomitare. Si portò una mano allo stomaco per evitare di rimettere la cena della sera prima. Quello era davvero troppo per lei. Afferrò il cellulare e digitò un messaggio: Tra venti minuti al nostro posto. Il destinatario era Eddie. Aveva bisogno di parlare con lui. Andò in bagno per una doccia, si vestì in fretta e uscì di casa senza che sua madre se ne accorgesse.
 
Da casa sua al parco impiegò solo dieci minuti, così ebbe anche il tempo per un caffè. Si sedette alla panchina che era solita condividere con un libro e attese. La sensazione di nausea non faceva che aumentare e il caffè non la stava aiutando, anche il mal di testa non le dava tregua.
“Buongiorno, splendore!” quella voce, calda e rilassata come sempre, la fece sobbalzare. Eddie le stampò un bacio sulla guancia e si sedette. Venere si sforzò di sorridere.
“Buongiorno.”
“Come mai mi volevi vedere? Ci sono problemi con l’abito?” la gentilezza con cui le parlava le stava corrodendo l’anima, facendole venire le palpitazioni. Fece di no con la testa perché era incapace di proferire parola.
“Venere, che sta succedendo? Hai una pessima cera.”
Prima che Eddie potesse toccarle la guancia, si alzò di scatto e prese a camminare nervosamente avanti ed indietro. Sentiva le lacrime lottare per venire fuori, ma lei cercava di resistere.
“Eddie, io non ce la faccio.”
“Sai che puoi dirmi tutto. Cosa ti preoccupa?”
La purezza di quell’uomo era sconfinata e sconvolgente, si fidava sempre in modo totalizzante. Venere avvertì la vergogna montarle dentro.
“Non ce la faccio a sposarti. Tutto questo è troppo grande per me.”
L’espressione afflitta di Eddie fu il colpo più duro da incassare. Poi ridacchiò istericamente e scosse la testa.
“Stai certamente scherzando. Adesso andiamo a prepararci.”
“Non scherzo. Sono seria. Non sono pronta a fare questo passo, non ora, ho paura. Non ho chiuso occhio stanotte per l’ansia, mi sento male fisicamente, e non riesco a pensarla in modo positivo. Non vedo un esito felice. Cerca di capirmi.” le lacrime ormai stavano sgorgando come rugiada sui petali di rosa e non volevano fermarsi. Gli occhi di Eddie si fecero scuri dalla rabbia.
“Cosa dovrei capire? In questi tre anni non ho fatto altro che capirti. Ho assecondato ogni tua paura, ti ho protetto dal dolore, ti sono rimasto accanto anche quando tutti gli altri se ne sarebbero andati. Ho sopportato il tuo carattere difficile e i tuoi modi di fare bruschi, il tuo cinismo, le tue ansie, la tua paranoia per il pessimismo. Mi sono fatto in quattro per farti vedere come l’amore possa essere bello, ma continui ad essere cieca. Non lo capisci che ti amo alla follia?” la furia con cui si era sfogato adesso gli si stava rivoltando contro. Sentiva il cuore battere veloce, si sentiva un pazzo in quel momento. Aveva gli occhi lucidi e l’anima a pezzi per una donna che forse non lo amava.
“E’ sbagliato amare una stronza che ha la fobia dei sentimenti.” Disse Venere tra i singhiozzi, la voce strozzata e le guance bagnate. Eddie la strinse in un abbraccio.
“Va tutto bene, tesoro. Non devi avere paura.”
Venere non lo stava lasciando, anzi gli stava tacitamente gridando di restare, di amarla più di prima, di recuperare i cocci che si era trascinata negli anni per colpa di sventure e dolori. L’insicurezza di fallire e perdere Eddie l’aveva mandata fuori di testa, le stava facendo commettere un grosso errore.
“Mi dispiace così tanto. Non dovevo farti questo, non il giorno del nostro matrimonio.”
Eddie si scostò di poco, le asciugò le lacrime e le sistemò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. I suoi occhioni neri erano sfumati di rosso, gonfi e ancora lucidi.
“Mi stai dicendo che è ancora il giorno del nostro matrimonio?”
“S-sì, se tu lo vuoi.”
“Più di ogni altra cosa al mondo.”
 
Sei ore dopo Eddie si trovava in fondo alla navata della chiesa in compagnia di suo padre e di Alicia.
“Se continui a toccarti la cravatta mi verrà un esaurimento nervoso!” sbottò Alicia con un sono sbuffo; per l’occasione aveva comperato un costosissimo abito di Valentino e le stava benissimo.
“Scusa, sono davvero teso. Temo davvero che questa volta non si presenti.”
Eddie aveva raccontato all’amica cosa era accaduto quella mattina, del crollo di Venere e della successiva decisione di sposarsi senza alcun dubbio.
“Ma come? Credevo che una confessione d’amore disperata alle cinque del mattino avesse messo le cose a posto.” fece Alicia con un’alzata di spalle noncurante. Il padre di Eddie rise di gusto. Solo Eddie sembrava sbigottito.
“Fai sul serio, Al? A questo giro ho davvero rischiato di perderla.”
“Ma è andato tutto bene alla fine, ragazzo mio.” Suo padre gli diede una pacca sulla schiena e raggiunse la panca a un metro dall’altare.
Quando il pianista intonò la marcia nuziale, Alicia corse a sedersi, mentre Eddie si sistemò meglio la giacca e si voltò verso l’entrata. Tutti gli invitati erano in piedi. Poi apparve Venere, simile alla dea di cui portava il nome. Era bella da togliere il fiato: il vestito bianco fasciava alla perfezione il suo corpo, abbracciando le sue forme, e gli intarsi in pizzo le donavano la giusta eleganza.  Le ultime note accompagnarono Venere all’altare, che affiancò il ragazzo e guardò il prete. Eddie notò che aveva deciso di tenere i capelli sciolti in morbide onde, inoltre al collo brillava la collana a forma di margherita che le aveva regalato per il compleanno.
“La smetti di fissarmi in quel modo inquietante? Sta attento a non sbavare sul vestito.” Lo rimproverò Venere con un sorriso divertito sulle labbra coperte dal rossetto rosso, benché poco consono per un matrimonio. Il prete tossì per richiamare la loro attenzione.
“Possiamo cominciare?”
“Sì. Procediamo.”
 
 
Cinque mesi dopo
Quel Natale fu davvero speciale per casa Anderson-Redmayne. Venere stava finendo di addobbare con le luci la libreria, così come aveva già fatto in la cucina e nel suo studio. Aveva decorato ogni angolo di appartamento, eccetto l’albero, quello lo avrebbe fatto insieme a suo marito. Era strano chiamarlo in quel modo, ma dopo tre anni di relazione e cinque mesi di matrimonio non poteva definirlo altro. Aveva un regalo speciale per lui, qualcosa che non avrebbe mai immaginato. Non si vedevano da quattro giorni perché Eddie era stato convocato a Toronto per un provino e la sua mancanza si era fatta sentire, anche se Venere non lo avrebbe mai ammesso apertamente.  Per fortuna tra di loro non era cambiato nulla: Eddie restava il ragazzo timido, impacciati ed estroverso nel confessare i suoi sentimenti e Venere era la solita finta menefreghista, chiusa in se stessa e restia alle smancerie.
“Sono tornato!” gridò una voce dall’ingresso, e Venere corse da lui sinceramente stupita.
“Che ci fai qui? Saresti dovuto tornare domani.”
“Lo so, ma ho fatto di tutto pur di rientrare prima. Non potevo lasciarti da sola alla Vigilia di Natale. Non sei contenta?” le chiese suo marito, sfilandosi il cappotto e la sciarpa per poi raggiungerla in soggiorno.
“Certo che sono contenta, è solo che non me lo aspettavo.”
“Non è che nel nostro letto si nasconde il tuo amante?” la canzonò Eddie afferrandola per la vita e avvicinandola a sé. Venere rise.
“Ti posso assicurare che il nostro letto aspetta solo te.”
“Ah, sì?” mormorò il ragazzo sulle sue labbra sorridendo sornione. Venere annuì, poi lo baciò con calma, assaporando quel momento unico che le era mancato in quei giorni. Eddie fece scorrere le dita sotto la maglia di sua moglie accarezzando alla cieca i tatuaggi attorno all’ombelico, disegni permanenti che conosceva a memoria e che più volte aveva sfiorato con le labbra. A Venere vennero i brividi, cosa che capitava ogni qualvolta si avvicinassero. Sospirò pesantemente quando avvertì le dita fredde di Eddie contornare la scritta che le percorreva la spina dorsale. Prima che potessero andare oltre, lei si staccò.
“Come é andato il provino? Scommetto che hai fatto la figura dell'incapace!"
"A discapito di cosa tu possa pensare di me, e non é molto incoraggiante che mia moglie mi dia dell'incapace, sappi che è andato bene."
Venere non fu abile a nascondere un sorriso. Si spostarono sul divano per raccontarsi cosa fosse successo in quei giorni.
"Allora? Avanti, parla!"
"Signora Anderson, lei ha davanti ai suoi occhi Newt  Scamander." annunciò Eddie con un sorriso, e lei fu orgogliosa di suo marito.
"Evidentemente hai fatto così schifo che ti hanno preso per pietà."
"Non sia mai che tu sia gentile!" replicò lui sbuffando, e allora Venere gli diede un bacio sulla guancia per eliminare l'espressione di sconforto che aveva impressa sul viso.
"Quello cos'è?" tutto ad un tratto gli occhi di Eddie si concentrarono su una bustina colorata accanto allo scatolone delle decorazioni natalizie. Venere saettò in piedi e gli impedì di muoversi
"N-non pensarci."
"É il mio regalo di Natale, vero?"
Prima o poi lo scoprirà, si disse Venere. Sentì lo stomaco contorcersi, le tremavano le gambe e sarebbe voluta scomparire. Ma la verità doveva essere svelata.
"Sì. É il tuo regalo." ammise alla fine cercando di mantenere la calma. Eddie tornò all'ingresso, dove aveva lasciato la valigia, e in mano manteneva una scatola quadrata coperta da una carta a fantasia floreale.
"Dovremmo aprirli domani, ma ormai ci siamo, quindi questo é per te."
Venere prese il pacco e lo scartò, odiava le sorprese e odiava che fosse lui a fargliele. Rimossa tutta la carta, si ritrovò tra le mani un piccolo cofanetto. Lo aprì con delicatezza: una ricevuta attestava che Eddie aveva prenotato un tatuaggio e lo aveva anche pagato.
"Mi hai regalato una seduta dal tatuatore?"
"Tempo fa mi hai detto che desideravi una scritta sul collo e prima di partire ho fatto la prenotazione." confessò Eddie, le gote tinte di rosso, le mani in tasca per l'imbarazzo.
"Ho già in mente il tatuaggio. Grazie, grazie, grazie!"
Venere lo abbracciò baciandolo a stampo con un sorrisone che non voleva spegnersi.
"Sono contento che ti piaccia. Adesso tocca a me scartare il regalo!"
Lei si allontanò per consegnargli il pacchetto, e proprio in quel momento i dubbi le attanagliarono la testa e l'insicurezza, che tornavano spesso a galla, cresceva. Con le mani tremule e il respiro accelerato, gli lasciò afferrare il regalo. Eddie, sorridendo come un bambino davanti alle caramelle, strappò la carta senza pensarci. Era un libro dalla semplice copertina blu, tra le cui pagine era incastrata quella che sembrava una lettera. Era meravigliato che Venere gli avesse scritto qualcosa.
"Posso leggerla?"
Lei annuì ed Eddie giurò di averla vista stranamente emozionata. Dischiuse la lettera e ne estrasse un foglio, erano gli esami del sangue: l'esito dichiarava la paziente in stato interessante. Non appena controllò il titolo del libro in prima pagina, Guida per papà novelli, seppe di essere l'uomo più felice del mondo.
"S-significa quello che penso?"
"Sì. Sono incinta. Stiamo per diventare genitori." mormorò Venere con discrezione, come se temesse che a dirlo a qualcuno diventasse più reale.
"Venere Anderson, ringrazio di averti sposato!"
 
 
 
"Va tutto bene, tesoro?"
"Giuro che se tua zia mi propone un altro nome orrrendo come Reginald o Philip me ne torno a casa!"
Quella sera la madre di Eddie aveva invitato quasi tutti i parenti per festeggiare il proprio compleanno, e zia Cassie stava dando i suoi consigli da mamma e da nonna. Venere a metà serata era sgattaiolata in giardino per riprendere fiato da tutte quelle attenzioni. Per fortuna era estate e si stava bene all'aperto immersi nella solitudine, fino a quando Eddie non la raggiunse perché preoccupato che non stesse bene.
"In effetti, mancano tre mesi e non abbiamo ancora deciso il nome per il nostro campione."
"Troverò un bellissimo nome per mio figlio che non ricordi un ubriacone di paese. Per non parlare di tua nonna, che non fa altro che fissare con occhi sprezzanti il tatuaggio sul collo, e tua cugina Madison, che mi ha consigliato di iscrivermi in palestra. Tu credi che io sia grassa? Non rispondere. Ovvio che sono grassa, sono incinta!"
Eddie rise di cuore alla crisi che Venere stava attraversando durante la gravidanza, tra spuntini a ogni ora e problemi di peso. Lei gli diede uno schiaffo sul braccio.
"Sei un cretino, sappilo."
"Sì, ne sono consapevole. Comunque, non fare caso a mia nonna, lei non é così moderna da concepire un tatuaggio; e Madison pesa quaranta chili, anche un foglio é più in carne di lei. Poi la vuoi sapere una cosa? Io ti trovo bellissima."
"Banale. Sei davvero banale." disse Venere, anche se finì per sorridere.
"Poco fa mi hanno detto che tra due giorni mi vogliono sul set. Starò via una settimana. Mi dispiace lasciarti proprio adesso."
Venere poggio la testa sulla sua spalla e gli strinse la mano, osservando come le fedi splendevano alla luce della luna.
"Non ti devi preoccupare, é il tuo lavoro. Vada a combinare guai con la magia, Mister Scamander!
 
 
Un anno dopo:
Tornare a scrivere dopo lunghi periodi di pausa, durante i quali seguitava il successo del libro precedente, era un momento di liberazione, di pura felicità, e questo Venere lo sapeva. Dopo la nascita di Nikandros, suo figlio, aveva avuto il desidero di pubblicare un nuovo libro e si era messa d’impegno per scriverlo. Anche quel pomeriggio era china sul suo quaderno, dove trascorreva ore intere a riempire le pagine, e si sforzava di trovare la metafora giusta. Ogni tanto sollevava gli occhi su suo figlio per controllare che dormisse, gli accarezzava la guancia paffuta e tornava ad immergersi nei suoi pensieri. Si era arenata su una frase quando la porta di casa si aprì. Un rumore di passi fin troppo familiare annunciò il ritorno di suo marito, eppure lei non si deconcentrò.
“Quella è la tipica espressione che fai quando stai creando un capolavoro!” esclamò Eddie, poi le diede un bacio sulla guancia. Venere, esausta, abbandonò la penna sul tavolo e si massaggiò gli occhi.
“Non creo capolavori, mi limito ad esistere.” Replicò lei, citando Bukowski.
“Giusto, la modestia prima di tutto.”
Eddie sorrise nel vedere il faccino rilassato di suo figlio, la bocca semiaperta, il respiro sottile, le ciglia scure come quelle della mamma. Era impressionante come Nikandros somigliasse a Venere, gli stessi occhi neri, la carnagione nivea, la sua curiosità. Frattanto Venere si era versata un goccio di Martini, che aveva aperto poco prima, e lo stava sorseggiando distrattamente.
“Non si tratta di modestia, si tratta di essere tutti una massa di falliti che tentiamo di farcela.” Il tono cupo e lo sguardo spento stavano mandando evidenti segnali di crisi.
“Venere, che succede?”
“Come? Mi sorprende che tua madre non ti abbia detto nulla. Di solito ti chiama per piangere sulla tua spalla.”
Eddie era davvero confuso, ma il fatto che una situazione unisse sua madre e sua moglie lo preoccupava.
“Cosa avrebbe dovuto dirmi mia madre? Non ti seguo.”
Venere non azzardò a guardarlo per evitare di scoppiare a piangere, e lei odiava mostrarsi debole, così fissò il bordo del bicchiere.
“Stamattina mi ha chiamata perché il tuo telefono non prendeva, così le ho spiegato che eri fuori per lavoro da due giorni, che saresti tornato soltanto stasera, e le ho suggerito di provare a chiamarti domani. Lei mi ha chiesto se avessi bisogno di una mano con il bambino insistendo sul fatto che potrei essere troppo distratta dal lavoro e non preoccuparmi di Nikandros. Ero talmente infuriata da dirle che non avevo bisogno di aiuto, che sono capace di badare a mio figlio, che il mio lavoro consiste solo nello scrivere parole e non squartare esseri umani. Per fartela breve, mi ha dato della pazza per la metafora usata e mi ha gridato contro che non sono in grado di fare la mamma. Ho chiuso la chiamata dandole della stronza manipolatrice.”
Quel racconto colpì Eddie come una doccia fredda: più volte aveva discusso con sua madre di Venere. La signora Redmayne non voleva che suo figlio, così dolce e gentile, sposasse una donna alquanto cinica e introversa come Venere; lei desiderava che suo figlio sposasse Juliette, l’amica d’infanzia con cui era cresciuto. Solo suo padre aveva appoggiato la sua decisione.
“Hai dato della stronza a mia madre e sei ancora viva? E’ una vittoria!”cercò di scherzarci su, ma Venere era davvero a pezzi.
“Tutti credono che io sia una pessima madre ed una pessima moglie, perché mi ritengono una donna ambiziosa votata solo al lavoro, ma non è così. So di essere un disastro come persona, ma nessuno deve mettere in dubbio il mio amore e la mia adorazione per mio marito e mio figlio, nessuno può capire quanto io ami la mia famiglia. Sono stramba, ma non per questo non sono capace di crescere mio figlio. Tutto quello che faccio è scrivere e leggere, nulla di più. Ed io sarei disposta a rinunciare a tutto per voi.”
Eddie si avvicinò a lei per abbracciarla, per farle capire con un solo gesto quanto tenesse a lei, quanto l’opinione degli altri fosse inutile.
“Tesoro, lascia perdere. Sono solo invidiosi, e tu lo sai meglio di me. Mia madre per me voleva una persona diversa da te, ma io ho disubbidito. Ho preferito essere quasi lasciato il giorno del matrimonio, ho preferito sopportare i tuoi complessi in gravidanza. Preferisco bisticciare tutti i giorni con te e poi fare pace con una battuta che andare d’accordo con un’altra. Mi aggrego alla teoria del «lei e nessun’altra» di Van Gogh: ho occhi e cuore solo per te.”
“Menzionare il mio pittore preferito ti fa onore.” Mormorò Venere contro la sua spalla, gli occhi bagnati da qualche lacrima e un sorriso sulle labbra. Eddie rise.
“Sapevo che avrebbe fatto il suo effetto.”
“Eddie.”
“Mmm.”
“Ti amo.”
“Anche io, Venere. Ti amo anche io.”
 
 
 
Due anni dopo.
“Papà!”
Eddie riconobbe quella vocina gioiosa e, voltandosi, vide Nikandros muovere freneticamente le braccia per salutarlo. Venere teneva in braccio il piccolo e faceva del suo meglio per non perdere l’equilibrio. Quando lo mise a terra, il bambino corse tra le braccia del padre.
“Ciao, scricciolo!” gli disse Eddie, quindi gli spettinò i capelli e gli baciò la fronte.
“Sembri un tredicenne troppo alto.” Commentò Venere osservando gli abiti di scena che lui indossava. Erano sul set di ‘Animali fantastici e dove trovarli’, e lei aveva pensato di fargli una sorpresa. Era lì per la presentazione del libro di una scrittrice esordiente con cui aveva lavorato i mesi precedenti. Nikandros, in braccio al papà, poggiò la testa sulla spalla di Eddie accoccolandosi.
“Grazie, tesoro, sei sempre così gentile e delicata!”
"Sto scherzando. Sei un gran figo come sempre!"
Eddie arrossì a quel complimento non essendo abituato a reputarsi un 'figo', per via del suo carattere timido.
"Ecco la mia donna preferita!" Esclamò Dan mettendo un braccio sulle spalle di Venere.
"Puoi ben dirlo, amico. Vi ho portato dei biscotti che abbiamo fatto io e Nik ieri pomeriggio."
"Sì, sono buonissimi!" Asserì Nikandros con un sorrisino che mostrò i dentini. Era un bambino vivace, rispettoso, per fortuna poco capriccioso, e a tre anni era l'orgoglio dei suoi genitori.
Mentre Eddie giocava con Nik mostrandogli la bacchetta, Venere tirò Dan in disparte.
"Dan, puoi mantenere Nik per una decina di minuti? Devo dare una notizia a Eddie."
L'amico la guardò preoccupato, ma poi ridacchiò sfregandosi le mani.
"Ho capito tutto. Tengo io la bestiola!"
Venere aveva meditato tutto il weekend, durante l'assenza su Eddie, per trovare un modo per annunciargli il lieto evento, eppure nessun momento e nessun discorso sembrava appropriato. Si avvicinò ai due uomini della sua vita che stavano ridendo, cosa che la faceva sempre emozionare, e afferrò la manina di suo figlio.
"Amore, vai a prendere un gelato con Dan. Io e papà torniamo subito."
Nikandros annuì e si diresse verso il bar del set insieme a Dan. L'espressione di Eddie non era turbata o tesa come ci si poteva aspettare.
"Eddie, devo dirti una cosa."
"Questa volta senza libro?" Le chiese Eddie, uno strano sorriso aleggiava sul suo viso, e gli brillavano gli occhi. Venere inarcò le sopracciglia.
"Di che stai parlando? Che libro?"
"Ho capito tutto, Venere. So cosa stai per dirmi."
"Non é possibile..."
"So che aspetti un bambino. Cioè, noi aspettiamo un bambino!"
Venere non se lo aspettava quel colpo di scena. Aveva cercato in tutti i modi di non farsi prendere dal'insicurezza e dalla paura di non essere capace a mantenere una famiglia. Ma in quel momento la felicità, la fiducia e l'amore di Eddie dipinta in quei meravigliosi occhi verdi le stava facendo sciogliere il cuore, e con esso tutte le incertezze e le stupide fissazioni. Lui l'abbracciò e le accarezzò la schiena.
"Come hai fatto a saperlo? Ho fatto il test e gli esami quando sei partito."
"Non vuoi davvero saperlo."
Venere si staccò da lui, incrociò le braccia al petto e lo fissò torvo. Eddie alzò le mani come a volersi difendere.
"Due settimane fa ho sentito Alicia per telefono e mi ha detto che avevi un ritardo, così mi é bastato sommarlo all'ultima che siamo stati insieme e i tempi coincidevano."
"Io un giorno uccido Alicia!" Sussurrò Venere, poi tornò a concentrarsi su di lui. Doveva ammettere che conciato in quel modo, il cappotto blu, il gilet, il papillon, i capelli più lunghi del solito e spettinati, quella mimica tenera e sbandata propria di Newt, tutto questo lo rendeva estremamente magnifico.
"Adesso ti lasci avvicinare o devo fare una richiesta scritta?"
Senza indugiare oltre, Venere si rifugiò tra le braccia di Eddie, il luogo più sicuro che conoscesse.
"Questa volta é una femminuccia, me lo sento." Mormorò contro il suo petto, stringendo tra le dita il colletto della camicia.
"Io non credo di reggerla un'altra come te!"
"Non sei simpatico, Redmayne. E stasera pretendo una doppia razione di coccole in albergo. Anzi, la pretendo per i prossimi nove mesi."
"Tutto quello che desideri, tesoro mio."
 
 
Sei mesi dopo:
“Mammina, sei tanto bella.” Esordì Nikandros, cullato dall’abbraccio caldo della sua mamma.
“Grazie, topolino. Anche tu sei tanto bello.”
Il piccolo si accucciò contro il suo collo e ridacchiò, quel suono cristallino che faceva sciogliere anche l’apparente cuore di pietra di Venere. Quella domenica pomeriggio avevano deciso di guardare insieme i cartoni, allora Nik aveva accettato la proposta entusiasta. Eddie ammirava la sua famiglia dallo stipite della porta, catturato da quel momento di dolcezza. Venere era al settimo mese di gravidanza ed erano stati mesi difficili per la sua salute. Era stata costretta a letto per un mese, poi aveva avuto forti capogiri che l’avevano confinata in ospedale per una settimana, e lui aveva fatto i salti mortali per stare con lei. Scoprire che la loro secondogenita sarebbe stata una femminuccia aveva cancellato in un battito di ciglia quei tempi così terribili.
“Papà, prendimi!”
Nikandros saltò dal letto e suo padre lo afferrò in un gioco che li vedeva unici protagonisti, mentre la mamma sorrideva vedendoli. Venere era sdraiata su un fianco, dal momento che il medico le aveva vietato la posizione supina per via dei dolori alla schiena, e il taglio corto di capelli esibiva il nuovo tatuaggio sul collo: 家, ossia il simbolo con cui in cinese si dice ‘famiglia’.
Lo aveva fatto in onore della sua famiglia, quindi per suo marito e per i suoi figli.
“Eddie, per favore, mi puoi aiutare?” la voce di Venere è incrinata, molto probabilmente le doleva la schiena quando si muoveva. Eddie lasciò Nik sul letto, poi aiutò sua moglie a mettersi seduta sistemandole i cuscini.
“Come va adesso?” chiese accarezzandole la guancia, sembrava sempre così stanca e giù di morale e lui sapeva di poter fare nulla.
“Meglio, grazie. Non abbiamo ancor scelto un nome per la nostra bambina. Cosa proponi, Redmayne?”
Eddie, che voleva cancellare quell’afflizione dagli occhi di lei, trafficò nel suo comodino alla ricerca di qualcosa che la facesse stare meglio.
“Con un pizzico di magia troveremo in nome giusto!” disse facendo armeggiando con la bacchetta di Newt Scamander. Nikandros e Venere si ritrovarono a ridere per quell’assurdità fino ad avere le lacrime agli occhi.
“Sei un vero cretino!”
“Papino, ma cosa combini mai?!” esclamò la voce divertita di suo figlio.
“Siete solo invidiosi della mia bellissima e molto magica bacchetta!”
Venere avvertì un rumore, come se qualcosa volesse richiamare la sua attenzione, e si rese conto che la piccola stava scalciando. Ordinò ai due uomini di casa di fare silenzio.
“La piccola sta scalciando!”
L’emozione impressa nello sguardo di Eddie e la bocca semiaperta in un atto di sorpresa di Nik erano la cosa più dolce che Venere avesse mai visto.
“Sta uscendo?” domandò Nik, gli occhietti spalancati e le mani sulla pancia della mamma.
“Non ancora, topolino. Ci sta facendo sapere che anche lei pensa che papà sia un po’ matto!” scherzò Venere scompigliando i capelli scuri del bambino. Eddie si sdraiò accanto a loro e poggiò lentamente la mano, un attimo dopo la mano di Venere stringeva la sua. Un colpetto fece balzare il cuore di tutti, un po’ felici e un po’ frastornati.
“Irem. La bambina si chiamerà Irem.”
 
Due anni dopo.
Una delle cose che Venere odiava del suo nuovo ruolo di capo erano le riunioni, il sabato pomeriggio, d'estate. Se ne stava seduta con fare assente mentre gli altri discutevano di libri e autori, e lei fingeva di prendere qualche appunto, oppure si limitava a scarabocchiare sul tavolo. Lo schermo del suo cellulare si illuminò salvandola dalla noia. Era un messaggio e in allegato c'era una foto di Nikandros e Irem, sotto una didascalia diceva Sarebbe più divertente se tu fossi qui. Il cuore di Venere si strinse davanti ai faccini dolci dei suoi figli e alle parole di suo marito. Eddie aveva portato i bambini fuori città, in una villetta di mare, e lì avrebbero passato il weekend. Picchiettando la penna con espressione meditabonda, non s’accorse che tutti la stavano fissando.
"Venere, hai capito? Vogliamo pubblicare il terzo libro di Mike." le disse Sandra, una giovane avvenente che si occupava delle copertine.
"Io direi di tornare tutti a casa. É stata una settimana faticosa e abbiamo bisogno di una pausa. Ci vediamo lunedì!"
"Ma con le riunioni del sabato ci prepariamo alla settimana!" replicò con stizza Peter, il leccapiedi di Fox.
"Stasera manderò una mail a ciascuno di voi con il compito che gli spetta. Buon weekend a tutti!"
Venere gettò telefono e agenda in borsa, inforcò gli occhiali da sole e lasciò l’ufficio. La sua famiglia veniva prima di tutto, anche del lavoro.
Dopo una sfiancante ora di viaggio, imboccò il vialetto che conduceva alla casa con vista sul mare. Parcheggiò la macchina davanti al cancello.
“Io esco!” quella vocina allegra apparteneva a Nik, Venere ne era sicura. Stavano giocando a nascondino. Vide la piccola Irem nascondersi in veranda, dietro ad un vaso alto, nel suo vestitino azzurro e con i capelli color miele che le svolazzavano sul viso. A pochi passi da lei, Nikandros era alla ricerca di sua sorella e del papà con fare circospetto.
“Ho trovato il deficiente.” Sussurrò Venere quando notò Eddie all’ombra di un muretto. Gli arrivò alle spalle e lui sobbalzò, ma non emise un suono per non essere scoperto.
“Tesoro, che ci fai qui? Non avevi una riunione?” il sorriso di Eddie le fece capire quanto avesse fatto bene a tornare da loro.
“Sarebbe stato più divertente se ci fossi stata anche io, quindi sono tornata.”
“Beh, come puoi ben vedere, noi siamo impegnati in un’attività di importante rilevanza.”
Venere rise e scosse la testa, quell’uomo era più bambino dei suoi figli.
“Lo vedo. Nik ha trov…”
Le parole di Venere morirono sulle labbra di Eddie che, non potendo più resistere, l’aveva baciata. Lei lo spinse contro il muretto e approfondì il bacio. Non vedersi per due settimane era stato terribile per due come loro abituati a perdersi in momenti intimi come quello.
"Mammina!" esclamò Nikandros, estasiato alla vista della sua mamma. Venere si staccò da Eddie per abbracciare il piccolo.
"Trobadoooo!" strillò Irem aggrappandosi alla gamba di Eddie, che la prese in braccio e le stampò un bacio sulla guancia. Venere le accarezzò una guancia paffuta e rosea. Nonostante avesse solo due anni, era già un tipetto che sapeva il fatto suo.
Notò quanto la bambina somigliasse a suo marito: aveva ereditato gli occhi verdi e i capelli castano chiaro tendente al rosso.
"Che ne dite di preparare la cena tutti assieme?" propose con un sorriso, ricevendo un'occhiata di intesa da parte di Eddie. I bambini esultarono e scapparono in casa di corsa, pronti ad imbrattarsi le mani. Lui le circondò le spalle con il braccio e raggiunsero la cucina.
Dopo cena, mentre Nik e Irem guardavano i cartoni con Eddie, Venere si dedicò alle stoviglie. Era a dir poco imbarazzante la concentrazione con cui suo marito guardava 'Sam il pompiere' e commentava le puntate. Si concentrò sulla risata squillante di Nikandros, un bambino così dolce, e sulla parlantina scanzonata di Irem, altra qualità che aveva preso da suo padre. Poi i suoi occhi caddero istintivamente su Eddie: era sdraiato sul divano, in mezzo ai bambini, e un lembo della maglia era sollevata sullo stomaco esponendo la pelle candida e tonica dell'addome. Ancora non capiva per quale assurdo motivo meritasse un uomo fantastico come lui, sempre presente, comprensivo, gentile, tanto amorevole e passionale al tempo stesso. Anche Eddie, sebbene lei non se si accorgesse, la scrutava. Molti suoi parenti e amici lo invidiavano per aver avuto la fortuna di aver sposato una donna intelligente, sofisticata, dalla personalità forte, e dalla bellezza sconvolgente. Spesso aveva sentito i suoi cugini, sposati e non, fare apprezzamenti sulle forme armoniose di Venere, e lui, malgrado un pizzico di gelosia, sapeva di avere il solo monopolio su quel corpo.
"Topolini, vi avevo promesso un'ora extra di cartoni, quindi é ora di andare a nanna. Stasera la favola ve la racconta papà!" disse Venere prendendo per mano i bambini per accompagnarli di sopra. Eddie le regalò uno sguardo colmo di gratitudine, perché mai aveva avuto la possibilità di condividere un momento del genere con i suoi figli a causa del lavoro.
Erano le undici e mezza quando Venere spedì l'ultima mail. Si strofinò gli occhi stanchi, e per fortuna era struccata, per poi chiudere il PC e bere un altro goccio di vino dal calice.
"Tesoro, stai ancora lavorando?" la voce di Eddie la fece sussultare, allora si voltò verso di lui e le dispiacque vederlo così stanco.
"Ho appena finito. Scusami. Torna a dormire."
Al contrario, lui si sedette sul divano accanto a lei e le tolse di mano il bicchiere per prendere un sorso.
"Calice di vino rosso in piena notte? Eccitante." mormorò, poi scoppiò a ridere.
"Sei un caso perso, Redmayne!" disse Venere, anche se sorrideva in cuor suo.
"Mi sei mancata davvero tanto. Una delle sofferenze peggiori é dormire da soli in un letto freddo quando si é abituati a dividerlo con qualcuno." adesso la voce di Eddie sembrava triste, si era fatto scuro in viso e fissava il liquido vermiglio sul tavolino.
"Sei qui, pensa a goderti questo momento. Mi dispiace di non essere venuta a letto prima, ma era necessario che io mandassi quelle mail. Ora, mi ha tutta per te." gli sussurrò in modo seducente e provocatorio.
"Ah, sì? Nulla suona più soave." disse Eddie facendola stendere sotto di sé. Lei gli mise le mani sulle spalle e gli diede un bacio sulla guancia.
"Io e te sul divano, quel bicchiere di vino rosso, il buio che ci avvolge. La trama perfetta per un libro!" esclamò Venere, poi rise a bassa voce per non spezzare quell'atmosfera. Da troppo tempo non stavano così vicini, pelle contro pelle, cuore contro cuore.
"Finiresti per scrivere un libro osceno, credimi."
"Quanto sei cretino da uno a te stesso?"
Entrambi scoppiarono a ridere.
"É atroce stare lontano da te. É tremendo non poterti abbracciare, o baciare, non poterti ammirare mentre scrivi o ti diverti con i bambini. Io sono pazzo di te. Ti rendi conto di quello che mi hai fatto, Venere?" le sussurrò all'orecchio Eddie, la voce roca e attraversata da un non so che di estremamente sexy. Rare erano le volte in cui si esprimeva con tale veemenza, poiché era solito pronunciarsi in modo dolce e romantico. E proprio perché Venere adorava sempre spingersi oltre, volle azzardare un gioco pericoloso.
"Dimostramelo."
Eddie sorrise, e una sfumatura di malizia gli balenò negli occhi. Le sollevò il vestito e le accarezzò i fianchi con dolorosa lentezza, quasi volesse torturarla dolcemente. Convinta che fosse sul punto di baciarla, Venere trasalì quando Eddie si curvò a baciarle la parte interna delle cosce. Sentire le labbra di lui su un punto tanto delicato la costrinsero a chiudere gli occhi. Stringeva la stoffa del divano per tenersi salda, perché quelle attenzioni la stavano facendo tremare. Era rincuorante sapere che i rapporti tra di loro, nonostante i cinque anni di matrimonio, due figli e due lavori impegnativi, non erano cambiati. La passione negli anni era solo aumentata. Spesso alcune coppie tendono a cadere nella monotonia, invece loro trovavano sempre modi nuovi per mantenere vivace il matrimonio. Senza dubbio, la maggior parte delle volte, dopo essere stati distanti per lunghi periodi, occupavano parecchio tempo facendo l'amore; come era capitato mesi prima nell'ufficio di Venere, oppure quando accadde nella vecchia cameretta di Eddie a casa dei suoi genitori, o ancora quando la passione si consumò sul divano del teatro, quel divano dove si era scambiati il primo bacio. Venere dovette mordersi le labbra per trattenere un gemito, altrimenti avrebbe svegliato i bambini. Eddie sorrise soddisfatto, in quanto riuscire ad appagare una donna come sua moglie era un compito non facile, però lui era sempre in grado.
"Vuoi che mi fermi?"
"Tu non hai idea di quello che ti farei in questo momento, Redmayne." come ci si poteva aspettare, Venere voleva avere il controllo della situazione. Era bella anche in quel momento, frastornata dalle carezze e dai baci, con gli occhi liquidi, e le labbra arrossate. Eddie la bramava tutti i costi. Quando il ginocchio di Venere gli sfiorò intenzionalmente l'inguine, lui proruppe in un sospiro ansante.
"Io non ti resisto più."
"Lasciati andare." mormorò Venere, poi lo baciò. Eddie fu travolto dalle labbra di sua moglie e abbandonò ogni proposito di opporre resistenza. Un rumore di legno calpestato li fece fermare: Nikandros stava scendendo le scale illuminandosi la strada con una pila che gli avevano dato i genitori.
"Mammina? Sei tu?"
Venere si abbassò il vestito e andò da lui, preoccupata e ancora accaldata.
"Sono io, Nik. Va tutto bene?"
Gli occhi del bambino, così grandi e scuri, sembravano due diamanti neri alla fioca luce della pila.
"Ho sete e ti sono venuto a chiamare, ma tu non c'eri nel letto e neanche papà."
Eddie gli riempì una bottiglietta d'acqua in modo da bastargli per il resto della nottata. Gliela porse con un sorriso.
"Ecco l'acqua, ometto. Ti accompagno in camera, dai."
Nikandros, dopo aver ricevuto un bacio sulla fronte dalla mamma, afferrò la mano del papà e insieme risalirono le scale. Una decina di minuti dopo Eddie tornò in salotto.
"Tranquilla, non ha visto niente. Dorme come un sasso, ho aspettato per esserne certo."
Venere tirò un sospiro di sollievo. Di certo non voleva che suo figlio li cogliesse in tali circostanze.
"Irem dorme? Sei sicuro?"
"Sì, dorme anche lei. Venere, tesoro, stai calma. Non é successo niente, almeno non ancora."
Lei alzò gli occhi al cielo ridendo, poi fece cenno a Eddie di sedersi sul divano. Lui ubbidì. Come era solita fare, si sedette sul suo bacino.
"Direi di riprendere da dove abbiamo interrotto. Questa volta io sto sopra, non voglio obiezioni." il tono perentorio di Venere non ammetteva repliche.
Erano circa le due e mezza del mattino quando Venere si versò le ultime gocce di vino. Eddie giaceva accanto a lei, fissando il soffitto con aria stanca. Il suo petto combaciava con la schiena di lei, così poteva avere un'ampia visuale del tatuaggio sulla colonna vertebrale e di quello sul collo. Le baciò affettuosamente la spalla. Venere sorrise e si girò verso di lui.
"Sei pensieroso."
"Stavo pensando a te. Porti il nome della dea della bellezza e dell'amore. Non può essere una coincidenza!"
"Porto il nome della dea che sottometteva gli uomini con l'arte della seduzione." ribatté lei con una smorfia maliziosa dipinta sul volto.
"Credi che io sia un sottomesso?"
Quella domanda posta con tale serietà la fece ridere.
"Poco fa ero io a comandare i giochi, caro mio."
"Quindi per te sono un ossequioso?"
Eddie era chiaramente infastidito dallo scherzo di Venere. Si mise seduto e le riservò uno sguardo glaciale.
"Eddie, sto scherzando. Non c'è motivo di prendersela così tanto. Qual é il problema? Tua madre ti ha insegnato che durante il sesso una donna non può essere quella dominante?" adesso anche Venere si era irritata da quel comportamento infondato. Indossò velocemente l'intimo, raccattò il vestito e le scarpe.
"Non é mai stato solo sesso tra di noi, e lo sai. Detesto quella parola. E non si tratta nemmeno di mia madre."
"Allora di che si tratta? Era un semplice scherzo, una stupida battuta. Tua madre e tua zia non fanno altro che ripetere che ti ho sposato perché ti ritengo un debole e posso piegarti al mio volere. Non penso che tu sia un debole né un sottomesso. Ho una personalità forte, lo ammetto, ma non ti tratto come una bambola di pezza."
Lei proprio non capiva le parole di Eddie. Un attimo prima si stavano amando e quello dopo stavano discutendo per una banalità.
"Tesoro, mi dispiace. Sono un coglione. Scusa."
"Mi ferisce che tu possa pensare questo di me. Solo perché sei timido, impacciato e tanto dolce non vuol dire che io ti comandi. Non mi scuserò per il mio carattere preminente."
Eddie raccolse i boxer da terra e si rivestì, mentre Venere buttava la bottiglia di vino vuota.
"Possiamo parlarne? Venere, per favore."
"Avresti dovuto sposare Juliette, almeno lei é la tipica donna incapace e debole che si limita ad esaudire meccanicamente le richieste. Dal momento che la tua virilità é messa in discussione, con lei avresti la possibilità di stare sempre sopra!" la cattiveria e la rabbia fecero calare un silenzio tenebroso nella stanza. Lei stava a braccia incrociate contro il lavandino, gli occhi velati di lacrime e le labbra tremanti.
"Non é facile stare al passo con una donna come te, indipendente e intransigente, e spesso ho il timore di non essere al tuo livello."
"In pratica io non ti faccio sentire un uomo."
"Non capisci. Ho paura io di non farti sentire donna, di non farti sentire amata e desiderata perché ho un carattere meno deciso del tuo. Ecco cosa intendevo dire, e sono consapevole di essermi espresso male prima."
Eddie le si avvicinò, le mise le mani sui fianchi e la strinse a sé. Aveva davvero sbagliato.
"Sono più fragile di quanto tutti possano pensare. Cerco di fare del mio meglio per apparire forte, eppure molte volte fallisco. Tu mi fai sentire amata e desiderata come mai nessuno nella mia vita. Non puoi davvero pensare che io ti sottometta, é chiaro? Lunedì parti di nuovo e non mi va di litigare. Stasera volevo solo farti rilassare, di certo non avevo intenzione di far prevaricare il mio carattere."
"É chiaro. Scusami. Ogni tanto noi maschietti ci arrabbiamo senza motivo. Mi perdoni?"
I loro corpi erano attaccati; la fronte di Venere poggiata sul suo petto.
"Voi maschietti siete la razza debole, si sa!" Venere sorrise e alzò gli occhi su di lui. Eddie annuì, poi l'abbracciò stretta. Non potevano litigare prima della sua partenza e dopo essere stati lontani.
"Mi piace quando stai sopra." disse Eddie mentre le baciava il collo. Venere sospirò divertita.
"Sei davvero un coglione, Redmayne."
 
 
Un anno dopo: OGGI.
"Come va lì dentro? Il vestito si chiude?"
Venere, dopo svariati tentativi e imprecazioni, riesce a tirare su la lampo e a chiudere il vestito. Esce dal camerino con un sorriso trionfante.
"Mi entra!"
"Ti sta benissimo." si complimenta Helen, la sarta che la sta aiutando. Sì, perché lei ed Eddie sono stati invitati da Jimmy Fallon per una doppia intervista. Infatti, due mesi fa Venere ha pubblicato il suo secondo romanzo Un libro contro la solitudine, che in poco tempo ha raggiunto la prima posizione in tutte le classifiche aggiudicandosi in soli trenta giorni il titolo di libro più venduto; mentre Eddie é ospite per la recente uscita di 'Animali Fantastici e Dove Trovarli' al cinema. Venere é davvero nervosa perché é la sua prima intervista, ma anche perché odia che le si chieda dei suoi libri, che considera profondamente personali. Helen le ha proposto di indossare un semplice abito nero, lungo, con uno spacco sulla gamba sinistra, senza spalline, abbinando un paio di décolleté rosse di vernice. Le viene applicato un'abbondante strato di mascara, la matita viene stesa grazie ad un pennello, e le labbra sono coperte da un rossetto rigorosamente rosso. I capelli, invece, sono stati lasciati lisci sulle spalle.
"Tra dieci minuti andiamo in onda!" grida qualcuno fuori dalla porta. Helen sistema gli ultimi dettagli.
"Adesso sei pronta. Andiamo."
Quando escono dalla dressing room, anche Eddie in quel momento si sta dirigendo dietro le quinte. Venere si prende qualche istante per osservarlo mentre si stringe la cravatta, un gesto che compie quando é teso.
"Eddie!" esclama per richiamarlo, e lui sposta lo sguardo dal ragazzo dello staff a lei passando dal divertimento allo stupore. Quell'abito nero le cade a pennello, mette in evidenza l'incipit del tatuaggio sulla schiena, quello sul collo, e il rossetto non fa altro che rendere le sue labbra più invitanti del solito. Cammina verso di lei con un sorriso da ebete, troppo contento di poter condividere un momento del genere con sua moglie.
"Sto per dire che sei meravigliosa, ma mi riterresti banale, perciò sto zitto."
"Me lo hai praticamente detto, idiota." Venere scuote la testa e ride.
"Lo so, era quello il mio intento."
"Siamo pronti. Mancano i microfoni." li avverte il tecnico del suono e li guida dietro le quinte. Un altro assistente aiuta Eddie a fissare il microfono, mentre Helen aggiusta i capelli di Venere un'ultima volte, poi si congeda con un veloce saluto. Prima che il ragazzo aiuti anche Venere, Eddie gli fa cenno di spostarsi.
"Faccio io, non ti preoccupare. Grazie."
L'assistente annuisce, un po' spaventato e un po' imbarazzato, e si dilegua nella sala comando.
"Sei così geloso da non permettere a quel ragazzo di fissarmi il microfono. Adorabile e patetico al tempo stesso." dice Venere con un'espressione divertita e la voce allegra.
"Ti prego, tesoro, uno come quello non vede l'ora di mettere le mani su di te." replica Eddie, che nel frattempo ha incastrato il microfono sulla parte posteriore del vestito, precisamente sulla schiena. Le regala un bacio sulla spalla.
"Suvvia, signor Redmayne, solo lei ha il permesso di toccarmi."
"Lo so, amore mio. Lo so." una smorfia maliziosa gli illumina gli occhi, e Venere si sente davvero felice al suo fianco.
"Ti darei un bacio ma voglio evitare di lasciarti il segno del rossetto." esordisce lei dopo svariati istanti di silenzio, dopodiché gli porta le braccia attorno al collo e lo avvicina a sé. Eddie risponde stringendole i fianchi.
"Mi potrai dare tutti i baci che vuoi stasera."
Venere ridacchia prefigurandosi la nottata che li attende, a viversi tra quelle lenzuola che sanno di loro, su quel letto che li ha uniti più e più volte. Il regista compare dal nulla, obbligandoli ad allontanarsi, e indica loro la porta che dovranno attraversare.
"Inizio della trasmissione tra tre, due...uno!"
Urla, applausi chiassosi, e schiamazzi di ogni genere riempiono lo studio non appena Jimmy annuncia gli ospiti di questa sera. Contrariamente al normale, Eddie e Venere entrano senza tenersi per mano. Allorquando prendono posto sul divano, Venere avverte il braccio di suo marito attorno alle spalle e allunga una mano sul suo ginocchio.
"Ragazzi, lo confesso, siete la coppia più bella che io abbia mai invitato!" inizia Jimmy con un sorriso, giusto per sciogliere il ghiaccio.
"Forse perché siamo la prima coppia che inviti!" ribatte Venere facendogli l'occhiolino, al che il pubblico va in visibilio.
"Oh, la signora Anderson ha la lingua affilata! Cara, lasciati fare i complimenti perché sei davvero uno schianto. Eddie, sei fortunato ad avere questo gioiello!"
"Ne sono consapevole, Jimmy. Sono davvero fortunato."
“Entrambi siete due volti noti negli ultimi tempi, chi per un libro e chi per un film. E’ strano? Come vivete tutta questa visibilità?” chiede il presentatore, le braccia incrociate, gli occhi puntati sul gobbo che elenca le domande da porre.
“Credo che viviamo la visibilità in modo diverso perché lavoriamo in campi diversi. Io sono costantemente sottoposto a controllo, mentre Venere è più al riparo essendo una scrittrice.” Risponde Eddie, rafforzando la presa sulla spalla di sua moglie.
“E questa fama quanto vi tiene impegnati?”
Questa volta Jimmy guarda Venere perché risponda, e lei lo accontenta.
“Tutti e due viaggiamo molto, spesso in città differenti, e ognuno ha i propri impegni relativi al lavoro, ma ultimamente siamo impegnati più del solito, questo è vero.”
“Avete due figli, giusto? Come ve la cavate?”
A quella domanda sullo schermo compare la copertina di un tabloid inglese che ha fotografato Eddie e Venere insieme ai figli durante un pomeriggio al parco giochi. Il pubblico fischia e applaude. Eddie, sapendo quanto Venere detesti le domande troppo private, prende la parola.
“Sì, abbiamo due figli. Ovviamente è davvero dura stare tanto tempo lontano dalla famiglia, soprattutto quando si hanno figli così piccoli, perciò a volte la distanza è pesante. Comunque, cerchiamo di goderci ogni momento con loro quando siamo a casa. Purtroppo per girare il film sono stato fuori di casa per un mese senza vederli ed è stato uno dei momenti più difficili della mia carriera.”
Venere automaticamente gli lancia un’occhiata dolce e allaccia le dita alle sue, sa bene quanto lui abbia sofferto quando era sul set distante dalla famiglia.
“Per una scrittrice è più facile passare del tempo con i figli?” l’attenzione di Jimmy è di nuovo su Venere, essendo lei la vera novità.
“Quando mi sposto per presentare il libro o per il firma-copie li porto sempre con me, ho più tempo libero di Eddie e di solito gli incontri durano poco. Cerchiamo di far capire ai nostri figli che, nonostante la grande mole di lavoro, loro sono sempre al primo posto.”
“E’ una bella cosa, davvero. Ti va raccontarci del tuo secondo romanzo?”
Un libro contro la solitudine racconta di una ragazza solitaria che incontra un giovane artista di strada in biblioteca perché entrambi sono alla ricerca di un libro che li salvi da una vita grigia che inghiottisce le cose belle. E’ la storia di un’amicizia che si consolida attraverso le pagine e le parole dei libri. L’idea è nata da una vicenda vera, ho avuto modo di incontrare nella vita reale questa coppia. Ho voluto far capire alla gente che leggere è l’unico modo per non sfumare, per ricordare e conservare la bellezza, è anche un modo per fare conoscenze. La lettura unisce due anime molto più di quanto facciano i sentimenti.” Gli occhi commossi e la voce tremula di Venere tradisce la sua maschera da dura e si sgretola nella verità, perché quel libro racconta la storia di come lei ed Eddie si sono innamorati, grazie ad un libro. Jimmy le sorride riconoscente spronando l’auditorio a battere le mani. Eddie la guarda con ammirazione e orgoglio, conscio di quanto questo romanzo sia importante per lei.
“Eddie, tu hai letto il libro? Che ne pensi?”
“Io sono un fan di Venere dal suo primo libro, Essere diversi fa bene alla salute. Poi ho avuto modo di conoscerla di persona sul set di The Danish Girl, ed è grazie a lei che ho cominciato a leggere di più. La sua libreria conta oggigiorno più di cinquemila libri, pensate un po’. Questo romanzo ha un tono nuovo, più malinconico e maturo, mira all’essenza dell’animo più di prima. E’ mia moglie, sono orgoglioso di lei, altro non posso dire!” Eddie fa spallucce e ridacchia, seguito subito da tutti i presenti. Jimmy indica sullo schermo alle sue spalle il manifesto di ‘Animali Fantastici e Dove Trovarli’.
“Quanto è stato strano interpretare il ruolo di un mago?”
“Non quanto interpretare una donna, credimi! A parte gli scherzi, il ruolo di Newt Scamander è stata una rivelazione, mi ha permesso di divertirmi, di scoprire il mondo magico, e ho avuto la fortuna di lavorare con un cast magnifico. Quindi, anziché essere stato strano, questo ruolo è stato una ventata d’aria fresca rispetto ai film che ho fatto fino ad ora.”
“Tu dici di esserti divertito. Venere, tu che ne pensi?”
Prima di parlare, Venere sorride ad Eddie e si fa più vicina a lui.
“Per me non è stato affatto divertente. Si è portato la bacchetta a casa, credo l’abbia rubata, e ce l’ha sempre dietro in qualsiasi situazione. Mi ha chiamato la sera prima del suo rientro per chiedermi se mi andasse bene che portasse anche la valigia, a quel punto ho dovuto accettare e adesso abbiamo anche la valigia di Newt nell’armadio. E siccome Eddie non si fa mancare mai nulla, ha regalato ai nostri figli due peluche a forma di Snaso. Puoi ben comprendere quanto questo ruolo lo abbia stregato letteralmente!”
Jimmy scoppia a ridere, mentre Eddie scuote la testa con un sorriso imbarazzato.
“In mia difesa, dico che quei gingilli sono fantastici!”
“Non lo mettiamo in dubbio. Adesso voglio mettere un po’ di carne sul fuoco mostrandovi questa foto!”
Gli occhi di tutti sono puntati sullo schermo gigante quando appare una nitida immagine che ritrae Eddie e Venere, la sera in cui si era tenuta la premier di Animali Fantastici, in atteggiamenti particolarmente intimi: infatti, si stanno scambiando un bacio che sembra molto appassionato, lei gli circonda il collo con le braccia, e lui tiene le mani posate sul fondoschiena di lei. Ancora una volta lo studio delira, urlando, ridendo, mormorando ‘oh’ stupiti.
“Cosa dovremmo dire esattamente a riguardo?” Venere non riesce a nascondere una risatina.
“Dopo anni di matrimonio e due figli, noto che la passione non vi manca!” strilla qualcuno dal pubblico, allora Eddie deve trovare una via d’uscita.
“Beh, è impossibile non essere passionale con una moglie come la mia!”
Jimmy, ancora a crogiolarsi dalle risate, si alza e invita i suoi ospiti a fare lo stesso.
“Ringrazio Eddie e Venere per essere stati con noi e averci fatti sognare con la loro storia!”
“Sono Eddie Redmayne, e se cercate animali fantastici … beh, io so dove potete trovarli!”
“Ed io sono Venere Anderson, se cercate un libro contro la solitudine sono ben disposta a darvi consigli!”
 
 
 
 
“I bambini sono crollati. Nik era stanchissimo, invece Irem ha fatto fatica a prendere sonno.”
Venere si scioglie i capelli, si spalma della crema sulle mani, e sale sul letto. Mettere a letto i bambini raccontando loro una storia è uno dei momenti che preferisce durante la giornata. Eddie, che se ne sta sotto le coperte, ripone nel cassetto il libro che sta leggendo ultimamente, In cerca di Atlantide di Andy McDermott.
“Amabel e Julian, i protagonisti del tuo romanzo, siamo io e te. Leggendolo bene e riflettendoci, ho capito che hai raccontato la nostra storia, hai solo cambiato le vicende. Ma perché restano amici e non si mettono assieme?”
“Credevo che non lo avresti mai capito, ed io non avevo intenzione di svelarti il mistero. Sì, è la nostra storia. Restano amici perché questo è solo il primo volume. Voglio scrivere una trilogia su Amabel e Julian, il loro rapporto non si cristallizza, anzi cresce giorno dopo giorno. Come noi.”
“La frase finale del romanzo recita: abbandonarsi ad una solitudine che possa essere condivisa è un grande privilegio. Amabel e Julian hanno imparato a sentirsi soli assieme. Che cosa intendi? Che ti senti sola?” il fastidio nel tono di Eddie è palese, così Venere si accoccola sul suo petto.
“Intendo che ho imparato a dividere con te la parte solitaria di me tanto da non sentirmi più sola. Siamo assieme, io e te. Tutto qui.”
Prima che Eddie possa rispondere, Venere si sporge per sfiorargli le labbra in un tocco profondo, fiducioso, che sa di amore e speranza.
“Non sarai mai sola, Venere.”
“Lo so. Grazie a te.”
Un bacio sigilla quella promessa di restare insieme, di combattere contro la solitudine e le insicurezze, di amarsi ogni giorno di più.
 
 
 
Salve a tutti! :)
Questo è l’ultimo capitolo (purtroppo!)
Spero che la mia storia vi sia piaciuta e che vi abbia fatto sorridere almeno un po’.
Grazie per aver letto. Grazie di cuore a tutti.
Alla prossima.
Un bacio.
La vostra Lamy_
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 
  
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