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Autore: biatris    05/02/2017    1 recensioni
Sam si guardò intorno e sperò ancora una volta che arrivassero a salvarla il prima possibile. L'avevano lasciata sola per gran parte del tempo. Ogni tanto una donna del villaggio passava a portarle del cibo e dell'acqua e le chiedeva se andava tutto bene. Lei rispondeva sempre di sì. Cos'altro avrebbe dovuto dire? Era prigioniera su un altro pianeta solo in quanto donna e aspettava che qualcuno venisse a recuperarla spacciandosi per il suo compagno. E quel qualcuno sarebbe probabilmente stato il suo ufficiale superiore.
Ma lei stava bene, si disse. Era quello che si diceva sempre in fondo, pensò. Ne sarebbe uscita viva in qualche modo.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack O'Neill, Samantha 'Sam' Carter, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passate diverse ore da quando era uscito dalla camera di Sam e aveva provato, insieme a Daniel e Teal’c, a contattare invano i popoli che pensavano potessero essere loro di aiuto.
“Attivazione dello Stargate non programmata!” si sentì dire dall’altoparlante.
Come da prassi Jack si recò alla sala d’imbarco. Quando però ci arrivò l’allarme era già cessato.
“Aprite l’iride!” sentì dire dal Generale Hammond “Sono i Tok’ra!”
Il sergente addetto all’iride fece come detto. Poco dopo comparve attraverso lo Stargate la familiare sagoma di Jackob Carter.
“Jackob” salutò il generale Hammond “Vorrei averti chiamato in condizioni migliori.”
“Come sta Sam?” chiese il Tok’ra con impazienza.
“È molto debilitata. Noi non abbiamo le conoscenze per poterla aiutare. Speravamo che voi poteste fare qualcosa.” Spiegò Hammond velocemente.
Jackob annuì.
“Portatemi da lei” disse.
Il generale e il colonnello O’Neill fecero strada al nuovo arrivato.
Quando entrarono nella stanza di Sam vennero accolti dalla dottoressa Fraser.
“Sam dorme” disse “Spero non vogliate disturbarla.”
Il generale Hammond, sapendo quanto la donna tenesse alla salute dei suoi pazienti, fece spazio a Jackob.
“Abbiamo rintracciato il padre del capitano. Volevamo solo permettergli di vedere sua figlia.”
La dottoressa fissò Jackb, poi annuì.
“Spero voi Tok’ra possiate fare qualcosa per lei” disse all’uomo “Noi abbiamo fatto tutto il possibile.”
L’uomo annuì, poi entrò nella stanza.
 
Quando Sam sentì qualcuno entrare nella stanza fece per aprire gli occhi, ma si sentiva debolissima.
“Jack?” chiese in un soffio.
Jackob sorrise. Sapeva che Jack era stato tutto quel tempo al fianco di sua figlia. Una volta non avrebbe visto di buon occhio quella relazione, ma i tempi erano cambiati.
“Ciao Sam” salutò.
“Papà” disse allora lei.
L’uomo si avvicinò, così che lei potesse vederlo senza fare sforzi.
“Come stai?” le chiese l’uomo.
“Sono stata meglio” sussurrò lei.
Jakob annuì.
“Puoi aiutarmi?” chiese subito dopo Sam.
Jackob sospirò. Avrebbe voluto poterle dire di sì senza pensarci due volte, ma la verità era che non ne era sicuro.
“Non lo so, Sam” disse quindi optando per la verità.
Conosceva bene sua figlia e sapeva che non si sarebbe fatta abbindolare da una bugia.
“Farò il possibile per scoprire cosa è successo con quell’oggetto” disse “Ma ci vorrà del tempo.”
Sam fissò il padre.
“Purtroppo non credo di averne molto” disse debolmente.
Jackob sorrise.
“Ora riposa, farò il possibile” le disse.
Sam annuì, poi cadde di nuovo in un sonno profondo.
 
“Ci sono novità Jackob?” chiese Jack.
Da quando il Tok’ra era arrivato aveva lavorato per tutto il tempo nel laboratorio di Sam sull’oggetto alieno, escludendo ovviamente le brevi visite alla figlia.
Jackob sospirò.
“Al momento temo di non esservi di grande aiuto” disse “Questo oggetto sembra un artefatto degli antichi, e come tale è molto più complicato del previsto. Per ora non credo nemmeno di sapervi dire come funziona.”
Jack si passò una mano sulla faccia. Se nemmeno i Tok’ra potevano fare qualcosa per Sam, la situazione diventava davvero critica.
In quell’istante uno dei telefoni interni della base squillò. Era il telefono sulla scrivania di Sam. Rispose Jack.
“Pronto?” disse.
“Jack, sono Daniel” rispose la voce dall’altro capo del telefono “Sono in infermeria. Vieni subito.”
Jack lasciò tutto quello che stava facendo e, dopo una veloce occhiata a Jackob, i due raggiunsero l’infermeria.
La dottoressa Fraser, Daniel e Teal’c li aspettavano.
“Come sta?” chiese Jack preoccupato.
Janet scosse la testa.
“Non bene. Al momento è in coma farmacologico. Il dolore sarebbe troppo forte da sopportare per lei.”
Jack annuì. La fissò e si avvicinò.
Le toccò un braccio. Vederla così, attaccata ai macchinari, lo distruggeva.
“Si salverà, vero?” chiese più a sé stesso che agli altri.
La dottoressa Fraser sospirò.
“Non lo so” ammise.
Jack annuì. Stettero lì tutti per un po’, poi Jackob tornò allo studio dell’oggetto, così come Daniel e Teal’c.
Quando Jack rimase solo prese la mano di Sam. Sospirò. Avrebbe voluto dirle qualcosa, sentire di nuovo il suo sorriso, parlarle, e invece lei era lì attaccata a tutte quelle macchine.
Spesso aveva visto nei film persone in fin di vita, e in tutti i casi chi stava loro accanto aveva portato alla luce i propri sentimenti, ma lui non ci riusciva. Che senso aveva parlarle se nemmeno sapeva se lei lo avesse sentito?
Asciugò una lacrima sfuggita dai suoi occhi.
Fu in quell’istante che sentì il “bip” delle macchine che tenevano in vita Sam diventare irregolare.
La dottoressa Fraser arrivò in un lampo.
“Colonnello, cosa è successo?” chiese.
“Nulla. Un momento prima era viva, poi…”
“Si sposti” lo fermò lei “Defibrillatore!” disse poi alle infermiere che erano comparse insieme a lei.
Una delle donne prese il defibrillatore. Poi più nulla. Sam non c’era più.
  
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