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Autore: adria    05/02/2017    0 recensioni
"Noi siamo serial killer, siamo i vostri figli, i vostri mariti, siamo ovunque." queste furono le agghiaccianti parole di Ted Bundy e mai frase fu più azzeccata di questa perchè il male ha molte facce, si nasconde ovunque e non puoi vederlo se non vuole essere visto.
Una ragazza solitaria appassionata di gialli si ritroverà, suo malgrado, ad affrontare la veridicità di queste parole in un viaggio che la porterà nei meandri più nascosti dell'animo umano per scoprire chi è davvero e quel'è il suo posto nel mondo.
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Dal Testo:
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- Libera la bestia. - un sussurro quasi impercettibile che le sue orecchie riuscirono a captare come fosse stato un urlo.
Libera la bestia, parole che rimbalzavano senza sosta in tutti gli angoli della sua testa producendo un'eco tale da stordirla, era come avere milioni di persone che gridavano nella sua mente.
Un brivido le corse giù per la schiena perchè si, anche se si rifiutava di ammetterlo, era quello che più desiderava e quel maledetto lo sapeva e se ne compiaceva, ma non aveva intenzione di dargliela vinta, non a lui.
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ATTENZIONE:
- Revisionata e con alcune modifiche rispetto ad "Alfa&Omega".
- Il reating potrebbe cambiare in corso d'opera.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nello stesso momento
 JFK airport, Long Island
New York

 
 
Vala Miller portava un caschetto sfilato perennemente scompigliato e in quel momento i lisci capelli biondi le andava a coprire mezzo viso: si era addormentata durante il tragitto verso l’aeroporto.
Vala era in una discoteca, si stava scatenando sul cubo con un affascinante ragazzo, un ballerino, la folla esaltata ai suoi piedi la idolatrava.
Ad un tratto la stanza si riempie di fumo.
Una densa coltre di fumo che li avvolge.
La musica techno che prima spaccava i timpani si attenua.
Il ballerino davanti a lei non c’è più, la stanza diventa fredda, i suoi piedi scalzi sono accarezzati dall’erba bagnata e i suoi polmoni avverto l’acqua nell’aria.
Non è fumo, è nebbia.
Non aveva mai visto nebbia tanto fitta in vita sua. Non riesce a distinguere bene le sue mani neanche se le mette davanti al naso.
Inizia ad agitarsi.
Non sa che fare, procede a tentoni seguendo un istinto primordiale.
Arriva, non sa come, ad una sepoltura gotica, dei ringhi bassi scuotono la nebbia e Vala inizia istintivamente a correre.
Corre senza una meta.
Corre e basta.
Improvvisamente sente l’assenza del terreno sotto i suoi piedi ed è come essere sospesa nell’aria, solo per un secondo che pare durare un’eternità, poi la forza di gravitò la reclama e precipita.
Vala si svegliò di colpo sull’auto.
Il cuore batteva furioso nel petto e aveva il fiatone.
Era stato un sogno, solo uno stupidissimo sogno.
Al suo fianco, suo padre, un uomo robusto con occhi castani e capelli brizzolati dal taglio marziale, era intento a fare manovra per riuscire a parcheggiare nell’unico posto miracolosamente libero davanti al JFK.
- Incubo? – chiese senza voltarsi.
- Devo smetterla di guardare horror giapponesi. – rispose la ragazza raddrizzandosi – Anzi, meglio evitare di guardare gli horror e basta! –
Il padre rise spegnendo il motore della Volvo per poi scendere.
Vala usò lo specchietto della tendina parasole per sistemarsi i capelli che le erano finiti sugli occhi durante il riposino. Un paio di grandi occhi cioccolato la fissarono dalla superficie riflettente, occhi da cerbiatto, innocenti, che la facevano assomigliare ad una bambola di porcellana. Sistemate le ciocche ribelli, prese la sua adorata Prada di pelle scamosciata color cammello che aveva abbandonato sul sedile posteriore e poi si decise finalmente a scendere dall’auto dove il padre che l’attendeva con trolley e borsone.
Appena le lunghe gambe inguainate nei jeans attillati fecero la loro comparsa varie teste iniziarono a girarsi con grande disappunto di suo padre. Succedeva sempre, il suo corpo snello, da ballerina, con tutte le curve al posto giusto attiravano gli sguardi come le api vengono attirate dal miele.
Il caldo soffocante l’avvolgeva come una pesante coperta umida.
E pensare che l’estate è ancora lontana, pensò amareggiata.
Trasse un respiro profondo come a voler imprimere nella memoria quell’aria pesante prima di dire allegramente - Possiamo andare. – e saltellando si avviò verso le porte scorrevoli che si aprirono al suo passaggio. L’incubo era dimenticato, sciolto come neve al sole.
Il padre sospirò e s’incamminò dietro la luce dei suoi occhi. Gli ricordava la madre, Alice, dalla quale aveva ereditato, oltre agli occhi, la camminata ancheggiante che faceva voltare ogni uomo etero nel raggio di decine di metri, la tendenza all’esibizionismo e un bel caratterino.
Una volta dentro, al fresco dell’aria condizionata, Vala guardò l’orologio, erano in anticipo di un’ora e mezza sull’imbarco e ciò significava che avevano il tempo per concedersi un momento di relax al bar e una visita al bagno, che lei riteneva obbligatoria visto che detestava i cubicoli claustrofobici degli aeri, prima di andare a sistemare il biglietto e imbarcarsi sull’aereo. Si voltò raggiante verso il genitore che vedendo quello sguardo si diresse immediatamente verso il bar senza fiatare. Conosceva sua figlia e sapeva bene che era inutile discutere con lei quando si metteva in testa qualcosa. Vala Clarice Miller era un vulcano in eruzione capace di travolgere tutto ciò che incontrava sul suo cammino.
Arrivati al bar, sobrio e accogliente, presero posto in un tavolo al centro del locale e subito un cameriere con l’acne, probabilmente un ragazzino al suo primo lavoro part-time, venne a prendere l’ordinazione.
- Ditemi. – disse allegro fissando Vala e la sua scollatura come se fosse l’incarnazione della Vergine Maria in abiti succinti.
- Un caffè nero. – rispose acido l’uomo guardando torvo l’adolescente che non smetteva di fissare la figlia intenta a recuperare il cellulare dalla borsa.
Vala alzò lo sguardo un attimo e disse - Per me un thè freddo alla pesca, grazie. – e si morse appena il labro inferiore compiaciuta dall’attenzione che le rivolgeva il ragazzino per poi riportare gli occhi sullo schermo illuminato del telefono su cui spiccavano le parole “Trovata n5” in una nuvoletta da fumetto color verde chiaro. Il suo cuore perse un battito dall’eccitazione e un grosso sorriso le si aprì in volto prima che potesse impedirselo, erano settimane che aspettava quella notizia.
 Percepì lo sguardo curioso del genitore, ma lo ignorò non aveva tempo, sentiva il proprio cuore battere veloce e sapeva che doveva darsi una calmata, non era il caso di attirare l’attenzione del padre. Trasse un respiro profondo e si rivolse al ragazzino che non si era mosso di un millimetro – Posso sapere dov’è il bagno? –
- Lì, in fondo a destra. – rispose sognante
- Asciugati il filo di bava e cresci. – lo rimproverò il signor Miller facendo sorridere la figlia che scosse la testa divertita e alzandosi addolcì il sorriso mentre posava lo sguardo sul povero cameriere che per poco non andò a sbattere contro un tavolino lungo il percorso verso il bancone.
Mentre si avviava verso il bagno molte teste si girarono ad ammirarla e lei, nonostante l’agitazione, era consapevole che immaginavano di toglierle gli attillati blue jeans a sigaretta e la canotta smanicata bianca con scollatura rotonda ampia abbastanza da mettere in mostra un bel pezzo di pelle dorata senza scadere nell’osceno e desideravano affondare le mani nei capelli biondi. Vala adorava quel genere di situazione, amava suscitare l’interesse degli uomini e l’invidia delle donne, sua madre l’aveva fatta bella e lei non trovava giusto nascondere il suo corpo e negare l’evidenza, perciò lo metteva volentieri in mostra, ma con classe. Era una ragazza per bene dopotutto.
Quando s’infilò nel bagno era già più tranquilla.
Notò che era vuoto e decise che, dopotutto, era meglio approfittarne ed entrò nel primo cubicolo libero senza indugi da cui ne uscì pochi istanti dopo tirando lo sciacquone. Si rassettò la canotta e rialzando la testa rimase bloccata a metà passo.
Vicino ai lavandini c’era un uomo alto, capelli castani, occhiali da sole e un fisico da palestrato in maglietta e jeans scuri. Si riscosse in fretta dalla sorpresa e, come se nulla fosse, si avvicinò al lavandino per lavarsi le mani.
- Hai sbagliato. È il bagno delle donne. – disse senza guardarlo
Uno strano pizzicore alla nuca e un guizzo di colore riflesso nello specchio le segnalò che l’uomo si era spostato alle sue spalle.
- Credo proprio di no. – rispose seducente con un sorriso sghembo.
La ragazza alzò gli occhi dalle mani scuotendole lievemente per asciugarle un po’, fissò le lenti scure degli occhiali nel riflesso e con lentezza inaudita si voltò e disse - Allora dovresti andare da un bravo oculista perché il cartello sulla porta parla chiaro e il disegno è a prova di idiota. –
L’individuo si avvicinava a passi lenti e calcolati, lei non si mosse di un millimetro.
- Chi ti dice che non l’abbia semplicemente ignorato? – adesso era a pochi centimetri dalla ragazza che poteva sentirne il profumo inebriante dell’acqua di colonia – E sai un’altra cosa? Ciò che vedo mi piace moltissimo. –
- Ti saresti trovato nei guai altrimenti. -
L’uomo non le permise di aggiungere altro, non che lei lo volesse comunque, e la baciò facendo aderire i loro corpi.
Un bacio lungo e carico di passione.
  
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