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Autore: Kind_of_Magic    05/02/2017    1 recensioni
«Smettila» disse Wanda.
«Di fare cosa?» gli occhi di Loki lampeggiavano di divertimento «Di bloccare la tua mente? Vuoi davvero sapere cosa penso? Basta chiedere, te lo dico io: penso che non siamo così diversi come credi tu»
«Non è vero»

[Post AoU] [Clint/Natasha] [Wanda/Visione] [Loki/Bucky] [accenni a Steve/Bucky]
Un essere misterioso noto come K dichiara guerra ai Vendicatori e la squadra non si tira certo indietro. Questa volta, però, sembra che i loro metodi stiano varcando il limite.
Nick Fury si vedrà costretto a fronteggiare una situazione che non aveva calcolato: come difendere la Terra dai suoi Vendicatori?
Così, mentre Quicksilver si riprende dal coma, Loki cerca di capire perché la realtà sembri sul punto di andare a pezzi e la dottoressa Kim lavora su un progetto che le è stato ispirato da un sogno, il colonnello dovrà assemblare un nuovo team.
Nel frattempo, però, bisognerà scoprire cosa ha trasformato i Vendicatori in dei randagi, cosa li ha fatti deviare dall'obiettivo.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Loki, Nuovo personaggio, Pietro Maximoff/Quicksilver, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Sommesse e senza senso
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Sono una tastiera.
Il mio proprietario è uno scrittore incapace. Da anni cerca di scrivere qualcosa di decente, ma non ne ha il talento.
Scrivo questo messaggio di aiuto e lo rivolgo a voi lettori.
Potete fare qualcosa, potete incoraggiare scrittori diversi, scrittori capaci.
Potete dire al mio proprietario che non ha un briciolo di talento.
Potete scrivere una recensione.
Voi potete, dovete fare qualcosa. Aiutatemi.


Sommesse e senza senso

Una voce nel buio
Dove sei
Chi sei
Parli la mia lingua
Credo
Parole senza senso
Voce fredda
Richiesta di aiuto
Credo
 
Una voce nella luce
Suoni confusi
Sono parole
Sono per me
Forse
Cosa dici
Voce sommessa
Offri aiuto
Forse
 
Dolore
Dolore
Dolore
Sei tu?
Sono io
Fa male
 
 
Si trattava certamente di un incubo. Helena aveva imparato a riconoscere quei minimi segni che potevano darle indizi su come stesse il suo paziente. Con gli altri era più facile: se non riuscivano a dormire bene si svegliavano, se avevano male da qualche parte glielo dicevano. Lineare. Con Pietro, invece, si trattava di indovinare, di studiare le reazioni che il suo corpo aveva a quel disastro che stava succedendo nella sua testa. A volte sembrava addirittura più semplice che con gli altri – di certo non poteva mentirle – ma bastava una piccola differenza nella contrazione di un muscolo per mostrarle uno stato d’animo completamente diverso e a volte sembrava impossibile cogliere questi cambiamenti.
Il respiro del ragazzo era affrettato come se avesse appena finito una corsa alla velocità della luce, pensò Helena, per poi ricordare a se stessa che in effetti il giovane non ne sarebbe stato neanche affaticato. Avrebbe giurato che le labbra di Pietro fossero serrate più strette dell’ultima volta che l’aveva visto. Come era possibile? K non aveva previsto nulla di simile. Ancora non riusciva a capacitarsi di quei minuscoli movimenti che il ragazzo riusciva a compiere nonostante in teoria fosse paralizzato.
Gli accarezzò il viso. Helena aveva sempre le mani fredde, era vero, ma era la fronte di Pietro a scottare, ne era certa. Lo vide spalancare gli occhi mentre prendeva fiato come qualcuno appena emerso da sott’acqua. Si accorse di aver stretto i denti per la tensione soltanto mentre rilassava i muscoli della faccia. L’azzurro degli occhi del ragazzo quasi non si vedeva da quanto erano dilatate le sue pupille.
 
C’era molta luce. Troppa luce. Com’era possibile? Aveva smesso di essere abbagliato dal bianco appostato al di fuori delle sue palpebre settimane prima. O forse soltanto ore – chi lo sa – il tempo non aveva poi molto significato in quella specie di limbo in cui si trovava. Nei suoi sogni erano trascorsi solo pochi attimi, ma gli erano sembrati un’eternità. E Wanda… Come stava Wanda? Aveva sentito il suo dolore, ma forse era stato solo un sogno.
C’era troppa luce. Voleva chiudere gli occhi, ma allo stesso tempo aprirli gli era costato uno sforzo tale che non voleva rinunciarvi. E se fosse ripiombato in quell’incubo da cui era sfuggito a malapena? Meglio convincersi di aver sognato si disse. Non poteva credere che sua sorella avesse sofferto tanto.
A poco a poco, sentì le pupille restringersi dolorosamente come succede agli occhi chiari esposti troppo all’improvviso alla luce e riuscì a distinguere ciò che lo circondava. Era sempre quella camera, era sempre quel soffitto. Però c’era una voce e quella voce stava dicendo qualcosa. O meglio, probabilmente lo stava facendo, perché tutto ciò che Pietro sentiva erano suoni confusi. Perché, perché non riusciva a distinguere le parole?
 
Helena sapeva che la sua voce doveva far risuonare il sollievo che provava. «Ciao, Pietro» disse «Mi chiamo Helena Mazur. Sono il medico che si sta prendendo cura di te. So che non ti puoi muovere e non riesci a parlare, ma possiamo comunque comunicare. Se vuoi dire di sì puoi chiudere gli occhi e poi riaprirli. Se vuoi farmi una domanda batti due volte le palpebre. Se vuoi dire di no oppure non mi riesci a capire, resta fermo. D’accordo?»
Il ragazzo rimase immobile. Maledettamente immobile. I secondi scorrevano, Helena poteva sentirli ticchettare anche se nella stanza non c’erano orologi. Non sapeva cosa fare, non era mai successo in precedenza che lui non le rispondesse. Cosa doveva fare?
Cosa faccio adesso?
Si impose di calmarsi, di smettere di trattenere il respiro. Non si era nemmeno accorta di starlo facendo. Fece un respiro profondo, poi un altro. Chiuse gli occhi e visualizzò il volto di K. Non sapeva come fosse possibile, ma la sua amica riusciva sempre a calmarla, anche quando non c’era. Riaprì gli occhi e riportò lo sguardo sul paziente.
Pietro la stava guardando. Ci mise un attimo a rendersi conto di cosa questo volesse dire. Pietro la stava guardando. Era la prima volta che gli occhi di lui non erano fissi sul soffitto. Pietro la stava guardando. Pietro aveva mosso gli occhi. Il suo cervello quasi non riusciva a pensarlo. Voleva piangere per la felicità. Sorrise al giovane paziente, che sembrava spaventato.
«Ciao, Pietro» ripeté allora, scandendo lentamente le parole «Mi chiamo Helena Mazur. Sono il medico che si sta prendendo cura di te. So che non ti puoi muovere e non riesci a parlare, ma possiamo comunque comunicare. Se vuoi dire di sì puoi chiudere gli occhi e poi riaprirli. Se vuoi farmi una domanda batti due volte le palpebre. Se vuoi dire di no oppure non mi riesci a capire, resta fermo. D’accordo?»
Il ragazzo chiuse e riaprì gli occhi, tornando a guardarla. Helena era felice. Sentì la morsa attorno al suo stomaco allentarsi poco a poco.
«Ti ricordi delle altre volte che abbiamo parlato?»
Pietro rifletté. Si ricordava… si ricordava qualcosa, si ricordava una donna. Sapeva di aver pensato che fosse sua madre, mentre probabilmente era proprio quella donna che in quel momento sedeva di fianco al suo letto. Ed era certo che ci fosse dell’altro. Forse qualcun altro. Sì, ecco, una persona che non aveva voluto vedere ma si trovava là per fargli visita. Non era Wanda.
-Sì- rispose infine.
La donna sorrise e gli accarezzò di nuovo il viso, con delicatezza. Era un contatto piacevole, fresco e leggero. Le sue mani odoravano di buono, di quella menta piperita che mettono nei profumi in modo che sia leggermente meno intensa di quella glaciale e non faccia venire in mente il dentifricio al solo annusarla. Pietro inspirò profondamente per riempirsi i polmoni e la memoria di quel profumo.
«Molto bene» annuì Helena, notando che il ragazzo sembrava avere il controllo del proprio respiro «Ora vorrei provare a chiederti di descrivere che cosa senti, pensi di poterlo fare?»
Ci fu una breve pausa. -Sì-
Helena si chinò a raccogliere la borsa che aveva lasciato per terra ed estrasse una penna e il quaderno su cui aveva precedentemente preso alcuni appunti.
«Bene, ti farò delle domande, oggi affronteremo soltanto le prime dieci. Sentiti libero di fermarti quando vuoi, basterà smettere di rispondere. In questo caso facciamo un battito per dire sì, due per dire no. D’accordo?»
-Sì-
«Perfetto. Prima domanda: escludendo il gusto, che naturalmente non possiamo esaminare, ti sembra di ricevere percezioni da tutti i sensi?»
-Sì-
Helena disegnò una piccola V sul foglio e lesse la riga successiva: «Seconda domanda: ti sembra di vedere allo stesso modo con l’occhio destro e il sinistro?»
-Sì-
La dottoressa annuì: «Ed è la stessa cosa anche per le orecchie?»
-Sì-
«Ok, questa potrebbe essere un po’ più complicata. Parliamo di miele. Te lo spalmo sulle labbra tutti i giorni prima di andare via da questa stanza. Quando torno la mattina dopo è sparito. Ti accorgi di quando lo spalmo?»
-No-
Helena scrisse una crocetta di fianco alla quarta domanda. «E sei cosciente quando lo mangi?»
-No-
«Ti è mai capitato di sentire in bocca il sapore del miele quando ti svegli?»
-Sì-
«Spesso?»
-Sì-
«Sempre?»
-Sì-
«Anche stamattina?»
Pietro ci pensò un attimo. Ricordava di essersi svegliato con il sapore acido degli incubi in bocca. Era certo di aver sentito la gola asciutta. C’era anche il miele? Non ne era sicuro. Batté tre volte le palpebre.
«Vorrebbe dire che non lo sai?»
-Sì-
«Non importa» sorrise Helena «Andiamo avanti con la settima domanda: ricordi quello che sogni, di solito?»
La risposta affermativa fu più rapida delle altre. Eccome se lo ricordava, pensò Pietro mentre batteva le palpebre. Era più facile ricostruire quello rispetto a ciò che gli succedeva quando era sveglio. Certo, avrebbe di gran lunga preferito il contrario.
«Bene. Ottava domanda: sai chi è Wanda?»
Se Pietro avesse potuto, avrebbe riso. Che domanda stupida, certo che sapeva chi era sua sorella, pensavano che avrebbe potuto dimenticarla? Poi ci pensò: era stato in coma per chissà quanto tempo, forse era anche stato morto per degli attimi che naturalmente aveva cancellato. Avrebbe potuto benissimo eliminare l’immagine di Wanda dalla propria memoria. Per fortuna non l’aveva fatto: -Sì-
«Questa sì che è un’ottima notizia» commentò Helena mentre prendeva nota. Per un secondo, Pietro si chiese se fosse sarcastica, ma poi si rese conto che era davvero soddisfatta «Le ultime due domande e poi ti lascio in pace: hai mai sognato tua sorella?»
Come no, in continuazione: -Sì-
«Per finire: ti ricordi il mio nome?»
Pietro ci pensò. Scavò nella propria memoria e seppe con certezza che quando si era presentata la dottoressa aveva detto il proprio nome. Soltanto che non riusciva in alcun modo a riportarlo alla mente. Gli dispiaceva di non ricordarselo: quella dottoressa gli stava simpatica. Riusciva a non trattarlo come una cavia di laboratorio, o un bambino, o qualcuno in punto di morte e allo stesso tempo prendersi cura di lui come se fosse stato tutte e tre quelle cose insieme. Eppure non aveva la minima idea di quale fosse il suo nome.
-No- fu costretto ad ammettere.
«Non è grave» rispose la dottoressa. Pietro si chiese come facesse quella donna a sorridere sempre «Mi chiamo Helena, comunque. Per oggi posso smettere di torturarti. Vuoi che ti legga qualcosa?»
-Sì- “Grazie” aggiunse mentalmente il ragazzo.
«Le fiabe vanno bene?»
-Sì-
Pietro ci mise più tempo del solito ad addormentarsi. Forse, pensò Helena, con quelle domande aveva svegliato il suo cervello tanto da renderne più difficile lo spegnimento. Quando finalmente lo sentì respirare con un ritmo più lento e regolare e vide che aveva gli occhi chiusi, mise via il libro, spalmò il miele e andò via.
«Buonanotte, smemorato» disse, mentre spegneva la luce. Era troppo distante dal paziente per dire con certezza se avesse davvero sorriso o se lo fosse immaginata.
 
Al colonnello Fury non piacevano i medici. Non ce l’aveva con la categoria di per sé – in fondo non gli aveva fatto niente di male – bensì con tutti i suoi esponenti che aveva incontrato negli anni. Dopo una serie di esperienze negative, era difficile non guardare male quella fauna color celeste pastello che affollava la stanza dove si trovava.
Era nella sala in cui infermieri, inservienti e medici potevano rilassarsi durante la loro ora di pausa o prendere un veloce caffè, niente che non avesse già visto avvenire in centinaia di contesti diversi. Lo facevano anche allo SHIELD, ricordò a se stesso. Eppure non riusciva a reprimere una sensazione che per orgoglio non avrebbe mai definito disagio, anche se ci somigliava molto. Forse era l’idea che tutte quelle persone lavorassero con la vita degli altri, si disse. Lo facevano anche allo SHIELD, ricordò invano a se stesso. Non importava quanto i due personali si somigliassero: quella moltitudine celeste non riusciva a piacergli.
Qualunque ne fosse il motivo, il sollievo di veder comparire la dottoressa Mazur oltre la porta a vetri fu enorme e Fury le rivolse un sorriso. In fondo, l’aveva salvato da quella folla di professionisti insopportabili e, soprattutto, indossava abiti di un colore normale.
«Novità?» le chiese. Lei annuì, ma non sembrava molto disposta a parlarne davanti ai suoi colleghi. Lanciò in giro un paio di occhiate nervose, salutò due infermieri agitando la mano e poi gli fece segno di seguirla. Fury le fu incredibilmente grato: il suo occhio era salvo da quello stupro cromatico.
Quando finalmente furono nell’ufficio di lei, la vide rilassarsi.
«Mi scusi se non le ho voluto parlare prima, colonnello» disse, facendolo accomodare «C’era troppa gente e poi quei camici celesti mi fanno davvero venire il mal di testa»
Fury annuì, con un sorriso: «La capisco perfettamente. Cosa è successo, allora?»
Helena sospirò, dando una veloce occhiata ai propri appunti, come per confermare alla propria memoria che aveva tutto quanto sotto controllo.
«Vorrei dire che non riesco a spiegarmelo, ma mi sembrerebbe di non aggiungere niente di nuovo. Pietro sembra aver subìto uno shock e non so a cosa potrebbe essere dovuto. Stamattina ci ha messo più tempo del solito a svegliarsi e aveva il sonno agitato. Quando ha finalmente aperto gli occhi aveva le pupille così dilatate che quasi non si vedeva l’iride. Probabilmente stava facendo degli incubi. Il lato positivo è che per la prima volta da quando ha aperto gli occhi glieli ho anche visti muovere. Mi ha guardata in viso e ha risposto a una serie di domande su come si sentiva. La sua memoria a breve termine sembra avere qualche problema, ma per il resto si ricorda tutto. Domani, se lei è d’accordo, vorrei provare di nuovo a chiedergli se voglia vederla oppure no»
Fury rimase per qualche tempo in silenzio, come riflettendo su tutto ciò che lei gli aveva detto. Per riempire quell’inattività, la dottoressa si versò una tazza di caffè e gliene offrì un’altra che lui rifiutò con un gesto della mano.
«Questi incubi» disse infine il colonnello «È riuscita a capire di cosa si trattasse?»
Helena scosse la testa mentre deglutiva un sorso di caffè, poi poggiò la tazza sulla scrivania: «Di solito cerco di evitare di parlare di ciò che i pazienti vedono quando sono incoscienti. È stato verificato che nella maggior parte dei casi simili a questo le persone tendono ad avere difficoltà a distinguere tra il sogno e la realtà e di norma si consiglia ai medici di evitare di mescolarli facendo raccontare ai pazienti ciò che sognano. Certo, questo caso è unico, quindi magari prima o poi ci proverò, ma per ora preferisco di no»
«Capisco. E… Potrebbe essere opera di Wanda?»
La dottoressa si strinse nelle spalle: «E chi lo sa? Non ho modo di entrare in contatto con lei per sapere se l’abbia fatto volontariamente e in ogni caso non bisogna escludere che possa avvenire contro la sua volontà e magari anche senza che lei se ne accorga»
«Quindi potrebbe essere?» insistette Fury.
«Non conosco perfettamente i poteri di Wanda, ma neanche lei stessa d’altronde, però per quanto ne so potrebbe essere, sì»
«Mi tenga aggiornato comunque» disse il colonnello per congedarsi, mentre si alzava.
«Naturalmente. Ah, colonnello» Fury si voltò sulla soglia «Non vorrei impicciarmi dei suoi affari, ma la sera scorsa ha lasciato il computer acceso e mentre tornavo nel mio ufficio ci sono passata davanti. C’era un documento aperto e la notifica di una e-mail, non ho letto oltre. Volevo soltanto consigliarle di non lasciarlo così, incustodito. Il resto del personale non conosce la sua identità, è vero, ma… non credo che lei voglia rivelarla»
Fury fece una smorfia come per dire che era d’accordo: «Non si preoccupi, non capirebbero comunque nulla» poi si allontanò a larghi passi nel corridoio. Helena si era seduta alla scrivania e aveva appena aperto uno dei fascicoli dei suoi pazienti, quando lo vide apparire di nuovo alla porta.
«Una e-mail, ha detto?» chiese lui.
La dottoressa annuì e Fury si dileguò, senza aggiungere altro.
 
Pietro fu svegliato da un tocco delicato sul viso e aprì gli occhi lentamente. Era meglio così – notò – piuttosto che spalancarli come aveva fatto il giorno prima.
«Ciao, Pietro. Mi chiamo Helena Mazur. Sono il medico che si sta prendendo cura di te. So che non ti puoi muovere e non riesci a parlare, ma possiamo comunque comunicare. Se vuoi dire di sì puoi chiudere gli occhi e poi riaprirli. Se vuoi farmi una domanda batti due volte le palpebre. Se vuoi dire di no oppure non mi riesci a capire, resta fermo. D’accordo?»
Mentre batteva le palpebre, il ragazzo si chiese se fosse possibile sentire in bocca il sapore di miele, ma avere le narici invase dal profumo di menta piperita.
 
Colonnello,
So che si aspetta da questa e-mail una spiegazione. Ho passato diverse ore seduto davanti al computer alla ricerca di qualcosa da dirle, ma purtroppo tutto ciò che so è che io stesso non riesco a spiegarmi cosa stia succedendo.
Fino a pochi giorni fa si trattava soltanto di noncuranza, come se alla squadra non importasse più di quanti civili rimanevano coinvolti negli scontri, ma nell’ultima missione qualcosa è cambiato.
Hanno lottato, glielo giuro, per uccidere. Non per difendersi, non per ottenere informazioni, ma per vendicare e uccidere. E se è vero che sono i Vendicatori, non è così che deve andare. Bisogna fare qualcosa.
Abbiamo attaccato una struttura presumibilmente di criminali, dentro c’erano più di duecento persone. Attualmente, ventidue sono ancora vive. Due di loro si trovano nella nostra struttura. Preferirei spiegarle a voce il resto, visto il rischio che corriamo con questi scambi di informazioni. È ridicolo, ma ho paura di essere intercettato dai miei stessi compagni di squadra.
Non so quanto sia sicuro per lei venire qui, forse possiamo incontrarci da qualche altra parte.
Rimango in attesa di direttive e la saluto,
JR
 
Il colonnello Fury sollevò lo sguardo dal portatile sentendo un lieve bussare alla porta. Cambiò videata del computer e disse: «Avanti»
La dottoressa Mazur socchiuse appena la porta, poi fece un sospiro ed entrò.
Per un attimo rimasero immobili a guardarsi in silenzio, come se entrambi avessero sentito il peso dei pensieri dell’altro ed esitassero a interromperne il flusso, poi Helena si decise a parlare.
«Colonnello» disse «Pietro ha accettato di vederla»







The Magic Corner:
Ciao a tutt*!
Ci ho messo un pochino più di un mese perché ho avuto una settimana un po' d'inferno, ma ora sono qui tutta per voi!
Sono estremamente contenta di pubblicare questo capitolo, anche perché ho passato il mese scorso a fremere perché non lo avevo finito però volevo comunque aggiornare... Sì, sono strana.
Due cose veloci sul capitolo:
Primo, Pietro ed Helena. Ok, devo ammetterlo, non li shippo ma sto spingendo un sacco per questi due. Per me c'è solo affetto tra questi due, ma posso capirvi se li shippate.
Secondo, siccome quella cinnamon roll di GreekComedy mi ha fatto notare che non si capisce molto bene, volevo specificare che "JR" sta per James Rhodes, AKA Rhodey, AKA War Machine.
E niente, oggi sono un po' meno prolissa del solito, quindi mi limiterò a ringraziare: Pouring_Rainn11 che sclera ogni volta di più nelle recensioni, GreekComedy che è fantasticissima as usual, Lumos and Nox, Juliet Leben22 e dany the writer perché si sono imbarcati nell'impresa titanica di recensire questa roba e i 16 irriducibili che mi seguono. Ah, già, e naturalmente tutt* voi che leggete!
Direi che posso anche chiudere, ricordandovi come sempre che recensire o mandare un messaggio privato è gratis ^^
Ci vediamo (forse) più presto del previsto...
Che gli dèi siano con voi!
-Magic
   
 
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