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Autore: ClaryWonderstruck    08/02/2017    3 recensioni
[ Il cielo sembrava un’estesa massa di luci vorticanti, di scie circolari che si inondavano le une sulle altre in un concatenarsi quasi eterno. Vigilavano sulla cittadina mercantile che dormiva quieta, nel silenzio della notte, accompagnando i loro sogni con il brillare delle stelle che vi si specchiavano ... ]
[ ... Marinette avrebbe potuto osservare quel dipinto per ore, per giorni, rimanendone rapita come la prima volta]
E se i dipinti di Van Gogh non fossero stati l'unica fonte di luce, quella notte ? Si sa, la luna è compagna dei felini che si aggirano in cerca di compagnia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una cascata di pizzo nero le scendeva lungo la schiena pallida, creando dei disegni floreali dove le scapole incontravano la base del collo, per poi ricongiungersi al petto e cadere perfettamente sulla vita stretta di Marinette. Imbevuta di un profumo dalla marca impronunciabile ed una confezione altrettanto peculiare, la giovane si rigirava nervosamente gli anelli fra le dita snelle. 
 
Si trovava nel bagno della casa di Alya da circa una decina di minuti, occupandolo a discapito di tutti gli ospiti che necessitavano veramente i servizi igienici del posto. La musica del salotto rimbombava selvaggiamente per tutte le pareti, intonando ritmi forti ed a tratti assordanti. Quel tumultuoso strusciarsi e vagare come fantasmi in cerca di una meta era una cosa che non amava proprio fare. 
Soprattutto in mezzo a tizi mascherati ed acchitati manco fosse stato un carro del carnevale di Rio. 
Certo, girarsi attorno ed ammirare infiniti costumi di Ladybug e Chat Noir le aveva piacevolmente migliorato l'umore, peccato che la maggior parte degli invitati consistesse in gruppetti di fomentati alcolizzati dallo sguardo facile. 
Per una volta che indossava qualcosa di carino in cui si sentiva effettivamente a proprio agio, doveva subire come risposta qualche commento di troppo. 
 
Qualcosa di triste e patetico, alla "Hey, ti sei fatta male cadendo dal Paradiso?", oppure peggio, come "Tuo padre è un ladro? Perché ha rubato le stelle per mettertele agli occhi ".
 
Certe cadute di stile potevano solo produrre conati di vomito a stento trattenuti ed una sfilza di risposte decisamente sarcastiche. Sì, diciamo che negli ultimi anni aveva imparato qualcosina al riguardo, mantenendo un certo livello di goffaggine solo in presenza di una persona in particolare.
 
La stessa persona che cercava di evitare da circa mezz'ora, e che puntualmente ritrovava a conversare in ogni angolo dell'appartamento. Eppure quella casa era enorme e dispersiva- si disse lamentandosi di conseguenza.
Era la stessa maledizione che la perseguitava da due anni a questa parte, obbligandola questa volta a rintanarsi nel bagno di una casa favolosamente arredata. 
 
Ancora doveva capire perché si nascondesse da lui, a dirla tutta, dal momento che quell'abito le calzava a pennello, perciò non sembrava un clown uscito dal circo. Nonostante ciò, l'impulso di darsela a gambe era stato più forte della razionalità e delle ore passate sotto i ferri di Alya. 
 
Non si sentiva inadeguata, né tantomeno fuori luogo.
Era piuttosto persa tra le note echeggianti e le mille paranoie che un'eventuale conversazione avrebbe comportato.
In sua presenza il suo sex appeal si riduceva a quello di una patata lessa - non fritta e ricoperta di cheddar - a detta sua, perché quella scatenava un certo fascino intrinseco. 
 
Immobile, di fronte lo specchietto ovale, laccato in bianco opaco, prese a picchiettarsi le guance arrossate con qualche schizzo d'acqua fresca.
Strinse le mani attorno al lavabo in modo concitato. 
Quell'atteggiamento codardo doveva sparire dal suo vocabolario, soprattutto dopo l'incontro recente con la propria paura. 
 
Quando alzò lo sguardo un'ultima volta, osservando le curvature delle sue ciglia accuratamente allungate, fece qualche considerazione di troppo sulla maschera nera che le incorniciava le pupille azzurre. 
 
A differenza di Chat, Marinette sembrava un angioletto travestito invano da diavolo. 
 
Lui le conferiva un non so che di unico - si disse ripensando alla ferita che Alya aveva pazientemente coperto con uno strato di trucco e qualche collana. 
Chat l'avrebbe trascinata via da quel bagno, anzi, forse con lui non avrebbe manco pensato di entrarci per una cosa così stupida. Era davvero stupido temere di venir rifiutati da qualcuno ? 
 
"Il rifiuto è parte della crescita, Marinette" le continuava a ribadire Tikki con il suo tono calmo e pacato. 
 
Il risultato dei suoi consigli non aveva portato a buoni risvolti negli ultimi anni, infatti ancora trovava difficile approcciare una persona che conosceva da parecchio tempo e con la quale condivideva una larga cerchia di amici. 
 
Aveva l'età giusta per prendere il toro per le corna e buttarsi.
Non su di lui, s'intende - completò il discorso auto motivazionale alzando un pugno verso l'alto.  
 
Allora che ci faceva ancora in bagno, senza aver toccato un goccio di alcol e con delle calzature scomodissime che le segavano le caviglie?
 
Forse sotto sotto non le dispiaceva essere la tipica teenager tormentata e viziata che poteva lamentarsi con il mondo intero delle sue stupide problematiche. 
Peccato che le somiglianze con quell'arpia di Chloè fossero talmente tanto lampanti da darle la carica necessaria ad uscire. 
 
"Pensiamo a qualcosa di piacevole Marinette... avanti
 
La voce squillante di Tikki guidava i suoi passi lungo la moquette color fango che precedeva il salotto. Ogni passo avanti era un affondo più pesante nella superficie morbida del tappeto, che s'estendeva praticamente per tutta la pavimentazione del corridoio. I consigli della coscienza provavano a placare i nervi irti, ma anche questi non potevano nulla contro le mille chiacchiere provenienti dal centro della sala. 
 
" Pensa alla famiglia! "
 
No, forse le mancava un po' troppo per usarla come ancora. 
 
" Amici ...?"
 
Scelta più sbagliata non poteva venirle in mente. L'ultima cosa a cui voleva pensare 
erano proprio gli amic- 
 
<< Gatto nero? Wow, una scelta che non mi sarei mai aspettato >> disse una voce maschile dal tono caldo e vellutato. 
 
Marinette si trovava di spalle, volontariamente proiettata verso il tavolo degli stuzzichini dove sedevano anche Alya e Nino. Quella voce sconosciuta, però, arrestò il suo passo già fortemente limitato dal décolleté nero. 
 
Si voltò di scatto, pronta a prendere di petto chiunque avesse avuto la brillante idea di ironizzare sul suo costume. Che metà della casa fosse vestita da Miraculous non era certo un suo problema, d'altronde. 
 
Quando lo fece, con quell'aria stanca e distaccata, rimase essenzialmente di stucco. 
Di fronte a lei stagliava un ragazzo alto, dalla chioma biondo cenere ed un paio di occhi nero pece, proprio come la maschera che indossava. Fu la prima volta in tutta la serata che adocchiava qualcuno di veramente simile al vero Chat Noir, se non per le pupille di un verde sottobosco con intense sfumature menta e giada. 
 
<< Bel costume >> sputò Marinette, osservandolo saldamente munita di una diffidenza insolita. Forse le dava sui nervi il fatto che scimmiottasse persino la postura del suo Chat. 
Il ragazzo stette a braccia conserte, conservando una punta di egocentrismo persino nel modo in cui si sistemava la giacca di pelle. 
 
<< Mhh, lo dici per convenienza o semplice autocontrollo ? >> 
 
"Un po' tutte e due, ad essere onesti" le rimbombò in testa, a suon di percussioni e ritmi moderni prettamente pop. 
 
<< Lo dico perché sto evitando di commentare la sigaretta accesa che tieni in mano. È severamente vietato all'interno della casa >> 
 
Divertito ed incuriosito, spense immediatamente la cicca sul posacenere posizionato immediatamente sopra il mobile a cassettoni del salotto. Lo stesso mobile dove Alya teneva tutti i disegni che Mari le aveva donato nel corso della loro amicizia. 
 
<< Ahio, provocante alla Cat woman e responsabile come Ladybug >> 
 
Marinette dimenticò l'ennesimo apprezzamento riguardo il suo fisico, concentrandosi piuttosto sull'assurdità del caso.
Era impensabile che uno sconosciuto potesse associarla alla sua vera identità in meno di un secondo. 
 
Incatenata in un turbine di pensieri, riuscì a scorgere solo blandamente la figura di Adrien serpeggiare tra alcuni ospiti non lontano da lei.
Le bastarono pochi istanti a frantumare quella determinazione assemblata in malo modo nel bagno di Alya. Era un caso perso. 
 
<< Ehh mi ignora anche. Una serata davvero interessante >> 
 
Marinette fu riesumata dalla voce distante del disturbatore, capace di gettarla nel mondo reale come uno schiaffo in pieno volto.
Quella smorfia, ne rimase sorpresa, le era talmente familiare.
Così familiare che non poteva fare a meno di pensare alla camicia che gli aveva prestato poche ore prima.
Quel farfallone non poteva essere il vero Chat Noir, si rifiutava di crederlo. 
 
<< Non hai scelto il costume adatto a rimorchiare, sta sera. Ritenta e sarai più fortunato, magari senza un pacchetto di sigarette in tasca e quest'aria da cattivo ragazzo segretamente di buon cuore >>
 
In un batter d'occhio, la giovane girò i tacchi e riprese la sua camminata verso le poltroncine dove sedevano abbracciati i piccioncini più litigiosi di Parigi. 
 
Sedevano in un angolo abbastanza intimo, attraversato in parte da alcune luci soffuse di colore blu che rendevano il tendaggio antistante una riproduzione fedele della distesa oceanica.
Alya era davvero bella nel suo abitino rosso plissettato, e questo Nino l'aveva dichiarato all'ingresso della casa, poco prima di stringerla a sé ed avvolgerla completamente tra le sue braccia. 
 
Marinette si sentiva traviata: non le piaceva essere il terzo in comodo della coppia, ma l'alternativa ricadeva nell'approfittare della presenza dell'unica persona libera. E voleva continuare a ignorarlo per quanto possibile. In più, le palme dei piedi la stavano supplicando di prendersi una pausa con tutto quell'ondeggiare frenetico.
 
Non ci fu niente di più piacevole che slacciarsi i tacchi per poi distendersi sulla finta pelle della poltroncina, prevedibilmente distaccata da quella della coppietta felice. 
 
<< Mari, ti senti bene? >> domandò Alya, con muso ancora affondato nel petto del ragazzo. Nino le accarezzava qualche ciocca senza commentare l'aspetto visibilmente deprimente di Marinette. Fu una cosa che la ragazza apprezzò molto.
 
Successivamente guardò con la coda dell'occhio la chioma dorata del ragazzo, in piedi a sorseggiare qualche drink in compagnia di persone mia viste in vita sua. 
 
" Sì, come no! Vorrei solo qualcosa più forte dell'alcol ma nemmeno distruttiva come la droga. Suggerimenti?" 
 

Sospirò sentendo il tessuto dell'abito tirarle sotto pelle << Solo assonnata >> 
 
<< Beh, ti passerà in fretta >> 
 
Il mal di testa poteva passarle in fretta, i continui ritardi in classe e le assenze da attacchi d'ispirazione fulminanti potevano dissolversi in poco, ma quello no.
Quello era un tarlo bello grosso che le gravava addosso da troppo tempo. 
 
Sarebbe stato più semplice insegnare ad una scimmia ammaestrata come utilizzare Facebook, piuttosto che calmare le sue paranoie. 
 
Nel momento in cui si focalizzò sull'immagine di un gorilla con in mano un PC, qualcuno le sfiorò la spalla. 
"No, no, no, per la barba di Merlino ..." si ripeté rannicchiandosi sempre di più nella poltrona. 
 
<< Eilà, tutto ok? >> 
 
Marinette seguì la mano, risalendo sino al braccio del suo interlocutore, per poi arrivare al viso incorniciato in una maschera rossa a pois neri. Poteva mozzarle il fiato persino conciato da lei?
Eccome se poteva. 
 
"Diciotto anni e comportarsi come una tredicenne il giorno del suo compleanno"
 
Marinette annuì, abbagliata dalla bellezza di Adrian vestito come un provetto ( e sexy ) Ladybug. 
 
<< Ladybug ...? >> chiese poi, indicando il costume del ragazzo. Se solo avesse potuto fisicamente rallentare il battito del suo cuore, forse concepire frasi lunghe di senso compiuto sarebbe stato semplice. 
 
Il ragazzo si sedette con nonchalance << Già, e sembra che tutti abbiano avuto la mia stessa idea. >> 
 
Fece una risata così genuina e spontanea che Marinette dovette sforzarsi di non fantasticare oltre. 
 
<< La metà della sala è vestita da coccinella. Mi ricorda l'anno delle Harley Quinn ribelli >> commentò Nino, con un mezzo sorrisetto. 
 
Alya scattò << Beh, almeno le Ladybug non ci provano spudoratamente >> 
Marinette guardò quella faida percependo un leggero miglioramento di autostima. 
 
<< Sono sempre le stesse dell'anno scorso. Per esempio, quante ti hanno chiesto il numero sta sera, Adrien? >>
 
Marinette non lo voleva sapere. 
Anzi, avrebbe con gaudio rimpinzato la bocca di Nino con arachidi e mini Pretzel. 
 
<< Nessuna a cui abbia dato importanza >> rispose candidamente il ragazzo. 
 
Vi fu un istante, veloce e significativo, in cui Marinette ebbe la vivida impressione che Adrien le avesse lanciato uno sguardo. 
Niente di più disastroso per un cuore già fortemente debilitato. 
 
<< Ah giusto, tu miri a quella vera! >> bofonchiò l'amico in tono scherzoso. 
Uno scherzo che rimase incastrato tra i pensieri di Marinette come un disco rotto in loop. 
 
<< Per quello c'è già Chat Noir >> replicò Adrien, strizzando l'occhio in direzione di Marinette. La ragazza chinò il capo immediatamente, allacciandosi le scarpe come diversivo per distogliere l'attenzione dal suo rossore convulso. Un calore che non dipendeva dalle allusioni di Adrien, ma dal fatto che ricordasse perfettamente il tocco del suo partner. 
 
Alya non poteva starsene con le mani in mano mentre la sua amica affondava in un mare di vergogna. 
 
<< A proposito di gatti... ho visto che hai conosciuto il cugino svedese di Chloè, Finn Lacroix >>. 
Era imparentato con Chloè, ora molte cose si spiegavano. 
 
<< Conosciuto? Sembrava più intento a fare altro >> aggiunse Nino, rivolgendo uno sguardo eloquente ad Adrien. 
 
<< Come violare le regole della casa? Sì, decisamente il cugino di Chloè. Ed una copia fatta male di Chat Noir >> 
 
Alya sorseggiò un altro goccio d'alcol, rendendo le sue pupille scure, lucide come vetro appena pulito << Marinette sa tutto di Chat Noir. Ha persino delle sue foto nei cassetti >> singhiozzò mezza brilla. 
 
Ed ecco che la serata colava a picco come il Titanic con l'iceberg. Peccato che lei fosse la barca, ed Alya un grosso macigno di ghiaccio pronto a perorare tutto il suo autocontrollo.  
 
<< Vado a prendere un po' d'aria >> 
 
 
***
 
 
Adrien vide Marinette annaspare in un mare di puro imbarazzo. Percorreva il corridoio velocemente, quasi volando sulla moquette, attenta a non inciampare nel mentre. Rimase incantato della sua silhouette, fasciata da un vestito che le calzava come un guanto, aderente sulla vita senza cadere mai nel volgare, non prestando, però,  minimamente attenzione ai richiami continui di Nino.
Gli stava sventolando una mano sul viso con fare concitato, eppure Adrien riusciva solo a pensare che la sua Lady conservava segretamente delle fotografie di Chat Noir. Per lei doveva essere stato una tortura dichiararlo al mondo intero, ma per lui… beh dire che gongolava sarebbe un mero eufemismo.
<< Che vi prende a tutti sta sera? >> borbottò Nino fissando il migliore amico, ancora rivolto verso un corridoio oramai spoglio. Alya gli tirò una gomitata significativa, sperando che capisse realmente le dinamiche della situazione.

Alya non era affatto ubriaca, Adrien l’aveva capito da come riusciva a controllarsi in presenza del ragazzo, tuttavia le era sembrato opportuno spiattellare quel dettaglio imbarazzante della vita di Marinette proprio di fronte a lui.
Che avesse pensato di renderlo in qualche modo geloso? Certo, una strategia del genere poteva anche funzionare se Adrien fosse stata un’altra persona. L’unica reazione ottenuta aveva praticamente spinto la povera Marinette a fuggire via come una furia.

<< Fuori si gela, forse è meglio che vada a ripescarla >> annunciò il supereroe, silenziando le lamentele sommosse di un migliore amico sessualmente frustrato. Se Alya continuava tenerlo sulle spine, non era un suo problema.
Il suo problema adesso consisteva nello sgusciare fuori dalla casa senza incappare in incontri di circostanza, ed assicurarsi che Marinette non stesse diventando Leonardo di Caprio in Revenant. E no, non l’orso.

Superò una serie di persone intente ad iniziare conversazione mondane col modello più popolare di Parigi, aumentando il passo una volta raggiunto il pianerottolo d’ingresso dell’abitazione. Era un’ala deserta e grigia: sorretta da due pali monocromatici, apriva uno spazio dove si trovava il portiere notturno ed una rampa di scalette in marmo.
Marinette era lì, accucciata con le gambe abbracciate al grembo, ed una chioma mossa da alcune folate fredde di vento. Se prima aveva accelerato il passo per raggiungerla il più presto possibile, ora se ne stava fermo ad osservarla respirare. Sapeva che dentro quella fragile ragazza si nascondeva la stessa folle pronta a rischiare la vita pur di garantire la sopravvivenza altrui.
Era sott’acqua, momentaneamente ibernata nelle sue paure, come un volatile violentemente strappato alla libertà di volare.

<< Se sei venuta a scusarti, sappi che l’ho già fatto. E’ il tuo compleanno ed hai bevuto tanta di quella birra che al tuo posto sarei già collassata a terra. Mi avresti raccolto col cucchiaio, poi >>

Adrien sorrise. Credeva che Alya l’avesse inseguita.

<< Peccato. Avrei trovato una scusa plausibile per riaccompagnarti a casa >>

Sì, era una cosa che Chat Noir avrebbe sicuramente detto, accompagnato da una smorfia beffarda dipinta sul volto. E Marinette avrebbe alzato gli occhi al cielo, acconsentendo riluttante alla sua proposta, per quando maliziosa fosse stata. Questo perché si fidava di lui, si fidava completamente. Poi avrebbe fatto qualche battuta ed infine tentato di avvicinarsi pericolosamente alle sue labbra rosate.
Una bella scena, sì, viva soltanto nella sua testa, come in un film tagliato male, perché chi aveva pronunciato quelle parole non era stato lui.
Quello lì era Finn Locroix. 

Lo riconosceva perfettamente con il suo look da motociclista degli anni novanta ed un piercing argentato che gli forava il labbro inferiore.
 Non era cambiato molto.
Quando Adrien frequentava le medie, lui già bazzicava per i corridoi del liceo trafficando chissà qualche sostanza, diventando l'attrazione principale della famiglia.
 Nel male si era creato una personalità disastrata che in un certo senso riusciva a esercitare un particolare ascendente verso chiunque gli parlasse. Soprattutto verso chi studiava da privatista  perché gli era stato proibito mettere naso fuori da casa.
 
Finn era un Dio: forte, combina guai, anticonformista, libero di fare ciò che voleva quando lo desiderava. Se Adrien fosse tornato bambino, tutto in una volta, probabilmente l'avrebbe visto sotto un'altra luce completamente diversa.
 
 Ricordava, però, che si comportava in maniera fin troppo losca alle volte, scatenando l'ira dei genitori e di un'acida Chloè degli inizi, finendo per venire escluso da qualsiasi rimpatriata a cui Adrien poteva partecipare. Fu un colpo duro per un bambino che sognava di essere un supereroe, ma viveva confinato come Raperonzolo. 
Gli anni senza sue notizie passarono, e Adrien crebbe accantonando l'esempio del grande e ribelle Finn, il quale collezionava comunque una serie di atti illegali che iniziava a invadere i fascicoli della polizia comunale.
 
Il padre gli disse che fu trasferito in Svezia dalla madre, a seguito di un grave incidente. Adrien aveva dodici anni, tuttavia riesumò facilmente la scena del dramma irrisolto dei Locroix. Dire che provocò solo il tracollo finanziario dell'impresa svedese, sminuirebbe la gravità dei fatti. 
Finn era peggiorato in modo irrefrenabile, così tanto che quasi lo spaventava pensare di averlo divinizzato per tutti quegli anni.
 
Dopo l'incidente, Mr.Agreste aveva deciso di allontanarsi da certe amicizie, come quella con i cugini di Chloè, non rivelando mai ad Adrien l'entità del problema. 
Certo, lo sollevava potersi dimenticare di una persona così torbida e meschina, ma la curiosità di capire che fine avesse fatto lo sfiorava di tanto in tanto.
 
 "Chi non muore si rivede" si disse il ragazzo, esasperato ed al contempo attratto dal mistero. 
 
Aveva sperato davvero di chiudere con quel capitolo passato, eppure riaffiorava sempre ostacolandolo in qualche modo contorto. 
Un modo tutto alla Finn: gli piaceva manipolare e truffare le persone, raggirandole e seducendole, come sottoscriveva anche il suo file archiviato nel database della centrale svedese. 
 
E ora si era presentato in casa di amici, con la prepotenza di chi crede di possedere la terra dove poggiano i propri piedi, flirtando senza ritegno con la ragazza che ultimamente gli stava mandando in palla il cervello. 
Se anche iniziava a sentire qualcosa di forte per Marinette, Finn non aiutava a far chiarezza tra i pensieri, anzi, era come la gelateria nuova del corso che apre proprio di fronte ad un'altra storica.
 Competizione contenuta. 
 
Adrien dosò i movimenti, intento a comprendere i termini della conversazione. Spiare non era affatto nelle sue corde, però la situazione richiedeva estrema cautela. 
Non sapeva per quale motivo Finn fosse rientrato alla base, né tantomeno le cause che l'avevano spinto ad affondare gli artigli sulla sua Lady. 
 
<< Sei già uscito di galera? >> mormorò Marinette, rimanendo inginocchiata sulle scalette. Finn rispose con un occhiolino ammiccante, di quelli che Adrien conosceva benissimo: erano una sua cosa.  Li sfruttava nei panni del suo alterego, proprio per canzonare e divertire la sua Lady. 
 
Iniziò a sudare freddo. 
 
Per la prima volta nella storia, un gatto stava avendo la pelle d'oca. 
 
<< Per buona condotta, ovviamente. >> 
 
I denti di Adrien cigolavano sotto la sua irrequietezza, irrigidendo la mascella e rallentando i battiti. 
 
<< Corrompere i secondini non conta. Finn, vatti a fare un giro, non sono in vena >>
Adrien quasi ci sperò, se Finn non si fosse così incaponito con la sua lady. Il ragazzo fece scivolare dalla tasca dei jeans strappati un pacchetto di gomme. 
 
<< Vedo che il mio nome ha già fatto il giro della festa. Mi chiedevo, Buttercup, per quale motivo te stia qui sola soletta, indifesa contro i brutti tipi che si aggirano da queste parti >> 
 
Ed ecco che si sedeva accanto a lei. 
La guardò dall'alto in basso, sfoderando una smorfia che solo i più grandi Don Giovanni avrebbero potuto sfoderare. 
 
Aveva fatto la sua mossa, quel dannato. 
 
<< Buttercup? >> sospirò infastidita Marinette << Potevi impegnartici un tantinello di più. Senti, Mr. Sonotormentatoetroppofigo, dovresti imparare a leggere il labiale. Non sono in vena. E poi, l'unico pericolo che incorro qui sei proprio tu >> 
 
Finn prese a masticare una gomma, accettando l'acidità della ragazza come una sfida da dover superare.
Stava mettendo davvero a dura prova la sua pazienza. E Adrien era il bravo ragazzo, non lo scapestrato in una tutina di lattice nera che attaccava brighe persino col salumiere all'incrocio degli Champs D'Élysee. 
 
<< Ouch. Suppongo che chiederti cosa ti abbia sconvolta non mi sia concesso >> 
Adrien alzò gli occhi al cielo: Finn sfoderava la carta del falso interessamento. Quel malefico svedese stava ad Adrien quanto i cani stanno ai gatti, ne era certo. 
 
<< Esatto. Voglio rimanere sola, completamente e deprimentemente sola >> rispose Marinette, sfoggiando un sorriso tirato che trasmetteva un senso di fastidio premente. 
 
Finn s'alzò in piedi sistemandosi la cintura dei pantaloni, per poi puntare lo sguardo su quello di Adrien. Non era uno sprovveduto, si disse il supereroe, perciò aveva sicuramente adocchiata la sua presenza dall'inizio della conversazione. 
 
<< Penso che avrai compagnia >> sussurrò poi, continuando a guardare Adrien con un ghigno di superiorità invadente. 
 
Marinette protestò << Ti ho detto che ...>> 
 
Fu brutalmente interrotta da un colpo di tosse che Adrien aveva deliberatamente cacciato fuori, segnalando la sua posizione. 
 
<< Oh, Adrien >> 
 
Finn guardò entrambi i ragazzi con una punta di ironia, tipica di chi è sul punto di scatenare l'Inferno. 
 
<< Ti lascio al tuo modello, Buttercup >> bisbigliò << Ciao anche a te Adrien Agreste. Abbiamo tante cose di cui parlare >> 
 
Il biondo osservò ancora una volta quella falsa copia di se stesso, indignato del fatto  che infangasse il suo nome. 
 
<< Chloè ti starà cercando, non ti conviene farla agitare, sai cosa rischi >> 
 
Adrien gettò l'amo aspettando che il pesce abboccasse. Sospettava che Finn dipendesse dalla famiglia Bourgeois, sia economicamente che giuridicamente, perciò un passo falso l'avrebbe rispedito da dove era venuto. 
 
<< Agreste junior ha fatto crescere gli artigli! Una serata piena di piacevoli >> dichiarò rivolgendosi a Marinette << sorprese >> 
 
La ragazza, però, non faceva altro che guardare Adrien. O almeno questo era quello in cui lui disperatamente confidava. 
<< Ci si vede in giro >> 
 
Così Finn sparì oltre le scale come era entrato in scena: in un movimento fluido e determinato, calò il sipario sui due ragazzi che sentivano la bocca impastata di un sapore dolce amaro.
 
Adrien si costrinse e cancellare dalla mente il viso del ragazzo, accantonando quel problema in una pila della sua mente. Doveva ordinare le sue priorità prima. 
Marinette, in quel momento, era la sua reale priorità. 
 
<< Ero venuto ad accertamenti che stessi bene >> iniziò Adrien << Però se vuoi rimanere sola, me ne torno dentro. Alya e Nino si staranno divorando a vicenda >>
 
Marinette lo fermò prima che potesse rientrare << No, r-resta. L'avevo detto per finire la caccia. Cioè, cacciare Finn >> 
 
Adrien le rivolse un sorriso smagliante << Beh buttercup >> disse punzecchiandola leggermente << Che ne dici di svignarcela per un po' e discorrere la fine? >> 
 
Sapeva che da parte sua non era il massimo prenderla in giro, ma doveva provare a svegliare l'animo combattivo di Marinette. << Finire il discorso, s'intende >> 
 
La ragazza annuì bisbigliando a mezza voce << Non mi chiamare Buttercup, però >>
 
 
 
***

 
Se Marinette si fosse trovata a passeggiare per uno dei quartieri più chic di Parigi affiancata dal fantavoloso Adrien Agreste alcuni anni prima, forse la sua mente sarebbe esplosa nel tentativo di metabolizzare il fatto. I neuroni sì, quelle piccole particelle elettriche vangati, avrebbero dichiarato guerra all'organismo, provocando un vero e proprio collasso. 
Non che adesso si sentisse propriamente tranquilla e rilassata, ad essere onesti. Anzi, percepiva una sirena rimbombante e fastidiosa sconquassarle il cranio con quel suo "Mayday, mayday, NON E' UN'ESERCITAZIONE". 
Marinette si sentiva come un'aereo-fobica che compra un biglietto di sola andata per l'altro capo del mondo. 
E Adrien era la turbolenza. 
Il freddo che però le ibernava i pensieri non poteva essere minimamente paragonato a quello della stagione invernale: ondate di gelo pizzicavano la pelle intirizzita e, come aghi aguzzi, si aggregavano alle estremità del corpo. Mani e piedi, in particolare modo, ne risentirono maggiormente, irrigidendosi a mo' di ghiaccioli appena tirati fuori dal freezer. 
 
Adrien sembrava immune a quel tipo di clima, completamente a suo agio e persino accaldato, oserebbe dire Marinette. 
Camminava con le mani in tasca, osservando un punto indistinto del paesaggio. La ragazza non sapeva dire se la stesse studiando con la coda dell'occhio ( per via della maschera da coccinella ), tuttavia non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di esser guardata da qualcuno. 
Lei, dal canto suo, non poteva fare a meno di fissarlo di sottecchi. 
Fosse stato Chat, le avrebbe certamente consigliato di scattargli una fotografia per conservarla più a lungo di un fugace sguardo, esaltando la sua purrr-fezione in ogni modo possibile. 
 
"Stupido gatto" pensò fra sé e sé, guardandosi le unghie smaltate di nero pece. Quel look tendente al dark non le dispiaceva affatto, malgrado prediligesse sempre i colori pastello e le tonalità tenui alle tinte decise e forti. Le piacevano le lente transizione di colore, un po' come le candide sfumature dell'alba. 
 
I capelli di Adrien, si ritrovò a pensare, non sarebbero mai passati inosservati con quel tono accesso e carico d'oro: sembravano raggi solari intrecciati a fili ambrati con qualche tinta più scura nel mezzo. 
Le facevano venire in mente i girasoli di Van Gogh, le spighe di grano bagnate dalla prima pioggia primaverile, e probabilmente lo scoppiettare del fuoco della sua vecchia villetta in Provenza. 
 
<< Camminavo qui quando ero alle elementari, e andavo tutte le volte ad importunare i cani di quel parco lì >> disse Adrien, finalmente risvegliato dalla fase di trance nella quale era inevitabilmente ricaduto. 
 
Marinette seguì il dito del ragazzo che puntava ad un piccolo spazio verde ora illuminato solamente da qualche palo stradale. Se lo immaginava da piccolo, a scorrazzare dove nessuno avrebbe mai messo piede.  
 
<< Non ti piacciono i cani? Da piccola supplicavo i miei per averne uno, ma niente da fare. Casa troppo stretta e tempo troppo poco >>
 
<< Sagge persone. Preferisco animali con più ... carattere >> 
Il suono echeggiante delle scarpe col tacco s'arrestò di colpo, rendendo quel quartiere silenzioso ancora più desertico del solito. 
 
" Siete in due, allora
 
Marinette tremava tutta, ma il freddo riusciva paradossalmente a disinibirla. O forse il fatto che stessero conversando di animali, proprio accadeva col suo partner. 
 
<< Dicono che i gatti siano solitari e un po' menefreghisti >> 
<< Dicono anche che il cibo della mensa sia buono, ma non per questo è la verità assoluta >> replicò Adrien, fermandosi dove Marinette era rimasta a guardarsi intorno. 
 
Non se l'aspettava proprio da lui. 
 
Passò pochissimo tempo affinché potesse ingranare e mettere a posto i pensieri, quando il suono di un clacson obbligò loro a scappare via dalla strada spoglia. Corsero di getto oltre il vialetto, febbricitanti e quasi divertiti. Forse piazzarsi nel mezzo della carreggiata non era stata un'idea idilliaca. 
Affannata e quasi inciampata a causa delle sue scarpe vertiginose, Marinette strinse il lembo della maglia del ragazzo, il quale la stava immediatamente aiutando a sedersi sulla panchina più vicina. 
 
Le dispiaceva farsi dare una mano, ma quei tacchi le logoravano le piante come tizzoni ardenti. 
 
<< Slacciatele >> disse il giovane, slegandosi la maschera da dietro la nuca. 
Marinette alzò un sopracciglio << E poi come ci torno da Alya? Col tappeto volante? >> 
 
Le parole appena pronunciate risuonarono nella sua testa come note finalmente armoniche. Erano uscite dalla sua bocca così naturalmente che non poté proprio rimangiarsele, nemmeno volendo. 
 
Non che volesse cancellare quell'attimo di intima sincerità con se stessa, ovviamente. 
 
<< Col tappeto no, ma in moto sì >> 
 
Marinette vide gli occhi del ragazzo accendersi come luci di Natale. Quando scorse la vecchia Harley Davidson, che Adrien aveva ereditato dal nonno paterno, parcheggiata a pochi metri dalla panchina, quasi le venne un colpo. 
L'ultima volta che era stata in moto, aveva superato un incontro spiacevole con uno sciame di moscerini all'arrembaggio. 
 
<< La sai guidare? >> sputò fuori trattenendo l'entusiasmo che le urlava in testa di saltellare manco avesse vinto la lotteria. 
Adrien rispose con una smorfia << No, la tengo solo per esposizione, quando passano belle ragazze >> 
 
Marinette gli tirò una gomitata istintivamente. La sua domanda, seppur sciocca ed ovvia, era stata frutto di un'ansia irrefrenabile che ora lui stava magicamente stemperando. Non capiva cosa le stesse accadendo, però iniziava a sentirsi leggermente più rilassata in sua presenza.
Certo, di qui a non fantasticare su come sarebbe stato stringere la sua vita una volta saliti in moto, ce ne passava di acqua sotto i ponti. E Marinette questo lo comprendeva perfettamente, considerando anche tutti i film mentali che la sua mente aveva partorito in cinque minuti buoni. 
 
<< Posso anche farmela a piedi >> 
Adrien le offrì un braccio candidamente << State rifiutando un passaggio nel mio destriero, milady ?>> 
 
<< N-no. Cioè, sono solo sorpresa >> 
 
Il ragazzo non aspettò altro per condurla dove si trovava la sua amata motocicletta << Meglio del tappeto volante, te l'assicuro >> 
 
Marinette osservò zoppicante, con un pizzico di diffidenza, le condizioni di quella bellissima ed antica Harley Davidson. Era sicura? Tutti quegli anni non gli avevano fritto i motori ? E se poi fosse caduta a terra come un pesce lesso? 
Adrien le sembrava più che sicuro. Aveva legato la giacca rossa attorno i fianchi, sfilando il mazzo di chiavi dalle tasche dei pantaloni color pece, per poi porgerle uno di quei caschi ingombranti con le visiere traslucide. 
 
<< Ti avverto, ho l'istinto naturale di essere una completa frana >> bofonchiò allacciandosi a stento il casco protettivo. Il cuore le batteva a mille, rallentandole quei movimenti che altrimenti avrebbe fatto con disinvoltura. 
 
<< Wow >> bisbigliò il ragazzo. 
<< "Wow" ho cambiato idea e voglio tornare a piedi? Perché è questo il "wow" che vorrei sentire >> farfugliò Marinette picchiettando le dita sul sedile della motocicletta. Chissà se qualcuno avrebbe ascoltato le sue ultime preghiere su quel pezzo d'epoca. 
 
<< Andiamo Marinette, monta su >> rispose energicamente, mettendo in moto il gioiellino di famiglia. Lo osservò bene, dubitando fosse lo stesso angelo che si rifiutava di saltare un giorno di accademia per mantenere il record di presenze annuali. 
 
Adrien era sempre stato il tipico bravo ragazzo, perfetto da presentare ai genitori senza che uscissero fuori di testa. Di quelli che portano alla prima cena qualche dolce per accalappiarsi il consenso della famiglia. Sotto la luce fioca delle lampade e nascosto dal casco rossastro, avrebbe giurato fosse stato un altro. 
Un altro che invece di portare a casa una laurea strapremiata, dava fuoco al pianerottolo e faceva razzie dell'alcol nelle dispense. 
 
Si rese conto di quanto fossero ridicoli i propri pensieri non appena ricordò di chi stava parlando. Insomma, Adrien salvava i cuccioli e gestiva due associazioni salva-vita, era una sorta di dio per lei, non un tentatore dalle intenzioni poco rassicuranti. 
 
<< Lo faccio solo perché i miei piedi stanno progettando un'autodistruzione di massa >> puntualizzò la ragazza, sedendosi a cavalcioni dietro il guidatore. 
 
Il sangue le stava affluendo in modo così capiente verso il cervello, che era un miracolo si reggesse in piedi. 
 
Poi Adrien le fece notare che in caso non volesse fare la fine del purè di patate, doveva assolutamente cingergli per bene la vita durante tutto il tragitto. 
 
<< Non vorrei essere pignolo, ma dovresti stringerti più forte di così >> obiettò il giovane, afferrando le mani di Marinette per mettersele attorno più saldamente. 
Adesso poteva ufficialmente entrare nel panico e crogiolarsi in un momento di estasi biblica. Sembrava una ragazzina in delirio dopo il concerto del proprio cantante preferito. 
 
Prima che partisse, Adrien ridacchiò tra i baffi, alzando leggermente le spalle con fare su di giri. Era un atteggiamento tipico di Chat quello, poteva scommetterci la mano. Associarlo per un istante a Chat, le permise di esprimersi liberamente come avrebbe fatto con quest'ultimo. 
 
<< E io che pensavo l'avessi comprata solo per fare colpo sulle ragazze >> 
Adrien spinse l'acceleratore << Mio nonno forse sì. Gli Agreste hanno sempre avuto una passione per le moto, ed un discreto successo naturale >> 
 
La voce di Marinette fu risucchiata dalla velocità che il mezzo comportava, ma nella sua testa si era costruita una risposta abbastanza strana dalle solite balbettanti che rifilava al ragazzo. 
 
<< Naturale charm, intendi? Qualcuno si è montato la testa al lavoro ... >> gridò sopra il rumore del motore. 
 
Sfrecciavano lungo le stradine parigine quasi domandole, facendosi beffe della gravità e del clima tremendo. 
 
<< Marinette ti do' un consiglio. Se il gentile proprietario della moto su cui sei precariamente seduta ti dice che il cielo è fatto di barboncini rosa, allora sarà così >>
 
Marinette premeva il petto ansimante sulla schiena di Adrien, ben distesa a causa della guida.
 
<< Te non odiavi i cani ?>> 
Adrien aumentò la velocità << Touchè >>
 
Immersi nell'euforia della velocità, che aveva sconvolto decisamente le loro capigliature, arrivarono all'appartamento di Alya prima del previsto. Marinette non disdegnava qualche altro secondo in sua compagnia, prevedibilmente. 
 
Saldati i piedi su una terra che pareva vorticare come una montagna russa, videro una scena assurda sfilare davanti ai loro occhi: alcuni ragazzi ammucchiati attorno ad un'ambulanza che trascinava via qualcuno d'emergenza. C'erano luci rosse, gialle, praticamente ovunque, e le grida sommosse dei presenti non facevano che mescolarsi con il terrore che sommergeva completamente il corpo della giovane. 
 
Il momento di pace fu sostituito da un fulmineo stato d'ansia. 
 
La reazione di entrambi fu immediata, infatti corsero a perdi fiato nel palazzo sperando di capirci qualcosa. Malgrado procedessero ansimanti ed in silenzio, la paura che fosse capitato qualcosa di grave ai loro amici sgorgava in ogni singolo movimento compiuto.
 
Adrien suonò il campanello con decisione. Fu Nino ad aprire la porta, contro le speranze di Marinette. 
 
<< Ma chi si rivede! È... >> 
 
Non aspettò che concludesse la frase per scapicollarsi nell'ingresso vuoto ed accertarsi delle condizioni dell'amica. 
 
<< Alya dov'è? >> 
 
Il ragazzo non rispose. 
 
<< Nino, sputa il rospo! >> 
 
La preoccupazione di Marinette stava sfociando in crescente ira, così evidente che Adrien dovette calmarla prima di affrontare nuovamente il ragazzo. 
 
<< Ok, magari non l'ho tenuta d'occhio proprio tutto tutto il tempo >> iniziò in tono arrendevole << Potrebbe aver mischiato qualche drink di troppo >> 
 
Marinette calpestò il terreno come un toro pronto alla carica. Sapevano tutti cosa accadeva quando Alya si permetteva di aumentare il tasso alcolemico sopportabile: Esplodeva. Fisicamente e psicologicamente, e toccava sempre a lei ricucirne i pezzi. 
 
<< Adesso dove sta? >> subito domandò Adrien, mantenendo quella calma che a Marinette mancava. Era strano che fosse proprio lui a contenerla in uno stato di equilibrio, posandole una mano sulla spalla esile, quando lei riusciva benissimo a non perdere le staffe persino in situazioni tragiche. Eppure le bravate da teenager la mandavano su tutte le furie, questo era certo. 
 
Nino balbettò << Al piano di sopra, l'ho messa a dormire. È quasi svenuta, ma non le è successo nulla di grave >> 
 
Due profondi e sinceri sospiri si levarono nell'aria immediatamente.
Alya stava bene. 
<< Cos'era quell'ambulanza allora ?>> domandò finalmente rilassata. 
 
<< Finn ha litigato con un tipo qui fuori. Si sono scazzottati pesantemente, così Alya ha chiamato la polizia e l'ambulanza. Poi è collassata e ci hanno fatto sgomberare >> 
 
Finn Lacroix, doveva immaginarselo. 
Marinette vide il biondo irrigidissi al solo suono di quel nome, stringendo poi i denti con fare teso. Non gli andava proprio giù il cugino di Chloè, ma come biasimarlo? 
Era più che pericoloso. 
Era persuasivo e pericoloso. 
 
"Buttercup
 
Cacciò dalla testa il ridicolo nomignolo affibbiatole poco prima, concentrandosi sul caos che le stagliava attorno: cibi e spazzatura sparsi come coriandoli a terra e sulle mensole; per non parlare delle mille bottiglie adagiate nei posti più improbabili e le grosse chiazze di drink sui mobili nuovi dell'abitazione.
 
<< Avanti squadra, dobbiamo sistemare questa casa. Sarà una lunga nottata >>
 
  
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