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Autore: FunnyYoungMe    08/02/2017    1 recensioni
Spesso la gente deve seguire altri in una strada dove non vogliono camminare: per affrontare una verità che fa male e per fare tutto ciò con una faccia seria, perché ti sei già arreso; o per nascondere il senso di vuoto con un atteggiamento doloroso di non essere te stesso...
Kyuhyun lotta per mantenere chi è diventato, mentre invece Yesung si dà per vinto nella sua vinta. Entrambi hanno bisogno dell'altro per essere chi sono veramente...
N.d.A: Ciao a tutti. Questa non è la solita storia d'amore KyuSung e quello che voglio davvero è, per tutti quelli che si prenderanno il tempo di leggerla (spero le diate una possibiità), che vi piaccia!!!
DISCLAIMER: Non mi appartengono Kyuhyun e Yesung, anzi, non mi appartiene nessun Super Junior menzionato. La storia non è mai accaduta nella realtà; è solo un prodotto della mia immaginazione, per cui a me appartiene solo la trama.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Kyuhyun, Un po' tutti, Yesung
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Dai lettrici, commentate un po', sennò mi viene da pensare che vi faccia schifo :(  Ho bisogno davvero di un vostro feedback...
Giuro, potete dire di tutto nelle recensioni, non mi offendo :/
Dalla prossima settimana, spero di continuare ad aggiornare la ff al mercoledì, Università permettendo (visto che riprendo le lezioni T^T e inoltre devo cominciare a studiare per un esame TT^TT )
Spero che questo capitolo vi piaccia ;) 
Alla prossima 3.3

 

 

Non puoi stare da solo?


 

Qualche giorno dopo


 

Un altro giorno, uguale agli altri precedenti, da solo nella enorme villa, aspettando il ritorno di suo padre per sentirsi quantomeno al sicuro. O almeno per non preoccuparsi che qualcosa di brutto accadesse e lui non lo scoprisse se non troppo tardi.

Suo padre gli aveva detto di non preoccuparsi e di fare qualunque cosa volesse, promettendogli che sarebbe tornato a casa presto, sentendosi dispiaciuto di essere arrivato tardi per due giorni di seguito.

Yesung, abituato alle bianche, e non volute, menzogne di suo padre, lo aspettava fuori casa, tenendo d’occhio Bunny che saltellava per il cortile; lui, invece, scarabocchiava sul suo block notes, poco ispirato per disegnare sul serio, visto che tutto ciò che cominciava, finiva strappato.


 

Balcone della casa di Kyuhyun


 

Kyuhyun aveva visto Yesung seduto tutto il giorno al tavolino sotto l’ulivo, senza fare qualche passo per sgranchirsi le gambe. Il bruno, invece, si stava riprendendo da una sbornia tremenda, per cui aveva deciso di stare sul balcone della sua stanza; gli era quindi impossibile non notare il suo vicino puffetto.

“Perché se ne sta tutto solo per l’intera giornata, in giardino, senza fare niente? E come fa a sopravvivere senza cibo?” Questi erano i pensieri che avevano invaso la mente di Kyuhyun per tutto il giorno, come se la sua sbornia non bastasse.


 

Giardino di Yesung


 

Davanti ai suoi occhi apparve una ciotola trasparente piena di zuppa; il moro alzò lo sguardo e vide il vicino viziato che teneva in mano un coperchio. Senza chiedere permesso, Kyuhyun prese posto di fronte a Yesung.

“Sei seduto qui da stamattina e da allora non ti sei mosso. Non hai fame?” Domandò Kyuhyun.

“No, non ho fame”, rispose Yesung osservando il bruno, non capendo il suo comportamento.

“Ecco perché sembri un omino di carta. Sei a dieta o cosa?”

“Cosa fai qui?” Replicò Yesung, rispondendo con un’altra domanda, visto che non voleva accontentare il ragazzo.

“Mi senti quando parlo, o sei solo scemo e non capisci le mie parole?”

“Quindi sei qui per insultarmi?” Disse il più basso con sarcasmo.

“Per darti qualcosa da mangiare, visto che, come ho detto, non hai toccato cibo mentre eri qui fuori, immobile come una statua.”

“Non avevi niente di meglio da fare che spiarmi?” Mormorò Yesung con tono disgustato, ma volendo solo prendere in giro il vicino.

“Tsk, ti piacerebbe. Adesso mangia o diventa fredda.”

“Sembra tu debba ascoltare meglio: ho detto che non ho fame… Che problemi hai?” Il moro sogghignò prima di abbassare il capo, tornando a concentrarsi sul suo quaderno.

“Ehi! Mangia e non ignorarmi.” Il tavolino cominciò a tremare e con esso anche il quaderno. A Yesung sembrò di star scrivendo durante un terremoto.

“Che c’è?!” Ringhiò a Kyuhyun che lo guardava torvo.

“Si sta raffreddando, mangia… Ah! Cos’è stato?!” A Kyuhyun scappò uno strillo quando sentì qualcosa di peloso accoccolarsi contro i suoi piedi.

“Quello è il coniglio di mio fratello. Siccome qualcuno gli ha detto che gli somigliava, è andato a comprarsene uno; personalmente, avrei preferito delle tartarughe.” Quelle parole le aveva pronunciate nonostante la risatina, che ben presto divenne una risata vera davanti all’espressione spaventata del vicino. La risata gli morì in gola quando sentì del metallo in bocca e deglutì la non così fredda zuppa.

“Ma cos...” Yesung venne interrotto quando un’altra cucchiaiata gli venne messa in bocca mentre cercava di urlare al ragazzo, che sorrise vittorioso.

“Basta, dammi qua. Non ho bisogno che mi imbocchino; posso mangiare da solo”, ringhiò irritato Yesung.

Kyuhyun assottigliò gli occhi con incredulità e dopo qualche secondo, come se stesse prendendo una decisione di vita o di morte, gli diede il cucchiaio, lasciandolo in silenzio. Kyuhyun non si poteva capire, era imprevedibile, e anche Yesung era perplesso di ciò, ma qualcosa attirò la sua attenzione: la mano del bruno era bendata.

“Uhm…”

“Sì?”

“Ehm” Yesung guardò insicuro Kyuhyun, che lo stava già fissando, aspettando che lo strambo gli dicesse qualunque cosa volesse dire.

“Sto aspettando”, disse Kyuhyun.

“Posso chiederti qualcosa?” Chiese Yesung.

“Fai pure. Ormai...” La sua voce conteneva una leggera irritazione.

“La tua mano...” Kyuhyun alzò la mano bendata al suo livello visivo. “Te lo sei fatto a causa mia?” Domandò Yesung mentre alzava le spalle, sentendosi un po’ in colpa.

L’altro annuì con la testa ancora abbassata, nascondendo il ghigno dal moro. Si sarebbe divertito; aveva tante cose da dire che avrebbero fatto sentire in colpa il nanerottolo strano, facendogli rimpiangere di essersi comportato male.

Quando Kyuhyun alzò la testa si trovò di fronte il palmo della mano di Yesung, estendendola verso di lui con gli occhi dispiaciuti, e quello era inusuale per lui. Kyuhyun fu preso in contropiede e dimenticò le parole velenose che avrebbe voluto riversare sul moro, appoggiò la mano ferita su quella del ragazzo, aspettando ciò che sarebbe accaduto.

Yesung appoggiò con gentilezza le dita sopra la mano, impaurito che si potesse rompere come se fosse fatta di vetro. Non voleva ferire il più giovane più di quanto non avesse già fatto, quindi mosse lievemente la punta delle dita sulla mano del bruno.

La mano del moro prese la sua e, distrattamente, le sue dita piccole sfiorarono la pelle, seguendo una ruga fino a sopra la benda, fino a quando le punta delle loro dita non si scontrarono dolcemente, mandando un brivido lungo tutto il corpo di Kyuhyun.

“Mi spiace”, disse piano Yesung. “Spero guarisca in fretta.” Spostò la mano. “Grazie per il cibo”, aggiunse per spezzare l’imbarazzante atmosfera che si era creata.

Kyuhyun era perso o affascinato, neanche lui ne era sicuro. Yesung si rese conto dello sguardo assente dell’altro e aggiunse, per riportare le cose a come erano prima tra loro due: “Sono sicuro non l’abbia cucinata tu, altrimenti sarei morto o avvelenato, vomitando sulla strada verso l’ospedale.”

“Ovvio che non l’ho preparata io. Non so cucinare e se anche sapessi farlo, non mi affaticherei per fare qualcosa per te; non vali così tanto. Cioè, da sprecare il mio tempo libero facendo qualcosa solo per te”, disse Kyuhyun, maledicendosi per la sua bocca maligna.

“Certo che no”, mormorò Yesung sorridendogli debolmente. Nelle sue parole non c’era né ironia né sarcasmo, nemmeno autocommiserazione in realtà, ma quello Kyuhyun non poteva capirlo.

"È strano”, pensò il ragazzo quando vide il moro alzarsi dalla sedia e correre dietro al coniglio, o topo; non era sicuro di che animale si trattasse. Anche lui si alzò e si diresse al cancello.

“Scuse accettate!” Urlò Kyuhyun prima di saltare dalle sbarre del cancello, con Yesung che scuoteva la testa con disapprovazione.

Yesung entrò in casa; se suo padre gli aveva detto la verità, sarebbe tornato a casa presto.


 

Casa di Yesung


 

Dormire fino a tardi è bellissimo e Yesung, come molta altra gente, non voleva aprire le palpebre pesanti e svegliarsi, ma lo scuotere insistente del suo corpo era suo nemico. Nonostante fosse ancora mezzo addormentato, sapeva che suo padre lo stava svegliando e doveva dirgli qualcosa, per cui, da bravo figlio qual era, alzò la mano e disse: “Sono sveglio, per cui smettila di scuotermi”, tenendo per sé le ultime parole.

“Sto uscendo, ma torno a casa presto; non preoccuparti e goditi questa bellissima giornata. Oggi ci sarà molto caldo, quindi stai attento”, suo padre si piegò verso di lui e gli baciò la fronte.

Yesung lo fissò perplesso prima di nascondersi sotto le lenzuola. “Sì, una bella giornata… per dormire”, pensò.

Svogliatamente, si alzò dal letto e ancora sbadigliando, aprì la porta finestra, consentendo ai raggi solari di riscaldarlo.

“Aveva ragione”, pensò Yesung, ancora godendo della sensazione che il sole dava dal cielo. “Oggi c’è davvero caldo. Mi sono mancati questi caldi raggi solari.”

In strada vide i bambini tornare a casa e ciò lo colpì; girò la testa e guardò l’orologio appeso alla parete, mostrandogli che erano le tre del pomeriggio. Aveva dormito più del dovuto e tutto quel tempo era rimasto da solo, sperando che niente di brutto succedesse durante quel periodo.

Yesung corse fuori dalla stanza, scese le scale e controllò ogni stanza, per accertarsi che tutto fosse a posto. Stanco per la corsa e il panico, usò più forza di quanta volesse usarne per aprire la porta del salotto, facendole colpire la parete. I suoi occhi incrociarono quelli sorpresi di suo padre, che stava guardando la televisione.

“Quindi è così che ti godi la giornata, dormendo. Jongwoon, figlio mio, sei sempre stato dipendente del sonno, ma ultimamente ti abbiamo trovato più addormentato che sveglio”, disse il padre dal divano.

“Quello quando sei in casa... dovresti vedermi quando sono solo”, pensò lui, ma come sempre disse altro. “Mi piace dormire… Uhm, torno di sopra.”

“Non andare. Vieni qui, vicino al tuo vecchio”, lo fermò l’uomò, dando un colpetto al posto al suo fianco. “Non ci vediamo da tanto; anche se per ora siamo solo noi in casa, mi manchi tanto.”

Yesung si sedette vicino a lui e quello che accadde dopo non era una sorpresa; suo padre lo abbracciò. Non se ne era reso conto Yesung, ma anche a lui erano mancati quei momenti. Era sempre stato molto attaccato alla sua famiglia, ma da quell’incidente aveva semplicemente deciso di sparire dalle loro vite, come meglio poteva, mentre cercava di essere normale, per non distruggere tutto; abbastanza contraddittorio.

“Devo parlarti di una cosa”, disse suo padre e Yesung si alzò, fermandosi davanti a lui, come ai vecchi tempi quando gli venivano affidati dei lavori. Quelle parole gli creavano sensazioni brutte, di disperazione misto a nostalgia, come se gli stessero ricordando quello che aveva avuto e che non avrebbe più avuto.

“Devo andare via a visitare i nostri caffè nelle altre città; c’è qualcosa che non va come dovrebbe e devo fare delle sistemazioni. Ci vorranno tre-quattro giorni e il problema è che non so dove lasciarti. Non posso portarti con me, ma non posso lasciarti a casa da solo per così tanto.”

Yesung annuì. Lasciando intendere a suo padre che lo capiva. Teneva la testa bassa, volendo sparire; aveva causato un altro problema, senza volerlo, però si trovavano a confrontarsi perché lui era talmente debole da avere bisogno che qualcuno lo controllasse, arrecando problemi perfino al lavoro di suo padre.

“Oh Woonie”, suo padre gli sollevò il mento. “Non preoccuparti, tuo padre penserà ad una soluzione. Non andrò via fino alla prossima settimana”, gli sorrise rassicurante prima di volgere la sua attenzione al film. Yesung ne approfittò per correre in camera sua,

“Cosa farai questa volta papà? Come risolverai il problema?” Sussurrò Yesung, sdraiandosi a letto, nascondendosi sotto le lenzuola. “Ho insistito tanto per stare a casa. Ho urlato e detto tutte quelle cattive parole a mamma e adesso mi si ritorce tutto contro. Cosa faccio? Perché le cose finiscono sempre così? Sono solo un peso per papà e gli altri. Siccome parte del problema l’ho causato io, devo pensare a qualcosa. Ne ho abbastanza del senso di colpa e dell’autopunizione, devo fare qualcosa, visto che tutto quello che sto facendo è… niente di buono.”

Quei pensieri continuarono a girargli per la mente fino a notte fonde, quando il sonno vinse sul ragazzo stanco.


 

Viene naturale incolpare sé stessi, ferire mentalmente la propria anima e cuore; solo la coscienza potrebbe essere la nostra peggior nemica. Sembra così semplice, ma è forse la cosa più difficile e dolorosa; però, in qualche modo, sentiamo pace dentro di noi, quindi potrebbe valerne la pena, no? Non sempre...


 


 

Balcone di Kyuhyun


 

Kyuhyun era stanco. Era la solita storia, giorno e notte; lui, i ragazzi e le ragazze, la musica alta, le risate, i suoi amici, altre ragazze, l’eccitazione e il piacere, poi l’alcool, il mal di testa, il vomito, il pessimo umore. Era un circolo vizioso dal quale voleva e cercava di scappare; il fatto che Kyuhyun avesse qualcosa di cui prendersi cura gli era di aiuto.

La notte era arrivata e lo strambo era al suo solito posto, i suoi occhi non abbandonavano mai il cancello.

“Suo padre non deve essere tornato”, fu il primo pensiero di Kyuhyun.

Il più giovane era arrivato a scoprire tante cose sul suo piccolo vicino mentre cercava di riprendersi dalle sbornie sul balcone di camera sua, il che accadeva spesso. Sebbene in quel momento si stesse prendendo del tempo per sé, non era mai solo: spesso si ritrovava a pensare e a guardare il moro, perfino involontariamente.

“Non sai stare da solo?” Lo derise Kyuhyun dal balcone, ma come le altre volte, non ricevette risposta. “Stai facendo finta di non sentirmi?” Il fatto che non rispondesse lo irritò ancor di più.

“Ehi! Rispondimi!” Urlò Kyuhyun, avvicinandosi alle sbarre del balcone. “Tu, strano, smettila di ignorarmi!” L’ultimo urlo venne accompagnato da un colpo.

“Ouch”, strillò Yesung abbassando la testa per il dolore, riuscendo a notare delle chiavi ai suoi piedi.

Yesung prese il mazzo in mano e guardò verso il vicino, il quale lo aspettava con un sorrisetto strafottente, accigliandosi al loro contatto visivo. “Che problemi hai?” Urlò il moro; se non fosse stato per le sbarre del suo stesso balcone, sarebbe corso verso quello del ragazzo.

“A me lo chiedi?! Sei tu quello che ha qualche problema, non so quale, forse idiozia, ma certamente stranezza”, disse Kyuhyun pieno d’arroganza.

“Disse quello che non ha altro di meglio da fare che farmi male ogni volta che ne hai voglia, ragazzino violento… Ugh”, ringhiò il moro.

“Non sono un ragazzino, e come osi ignorarmi, stupido strambo?!” Ribatté il più giovane.

“Tipico dei ragazzini… Chi ti credi di essere, uh? Non sei nient’altro che un bambino viziato che non riesce a stare nell’ombra.”

“Sarà meglio che taci o...”

“Ne ho avuto abbastanza di te. Dormi bene, o anche no”, detto ciò, senza importargliene del fatto che alle sue spalle, lanciandogli sguardi assassini, ci fosse il diavolo in persona, Yesung cominciò ad allontanarsi.

Yesung guardò oltre le sue spalle e disse: “Ho cose più importanti a cui pensare che a te.” E quelle parole fecero esplodere Kyuhyun che, in risposta, colpì crudelmente le sbarre con la mano che era stata già ferita.

Il moro se ne rese conto e scosse la testa con disapprovazione verso il ragazzo negligente. Abbassò la testa e le lacrime cominciarono a solcargli il viso, scorrendo come un fiume perché non riusciva a trattenerle.

Era da giorni che la stretta al cuore si rafforzava ancor di più e aveva bisogno di qualcosa che lo sbloccasse. Si sentiva ancora in colpa; se non lo avesse fatto arrabbiare, il ragazzo non avrebbe reagito in quel modo, evitando di ferirsi nuovamente alla mano.

“Anche se non è colpa mia che è una testa calda; deve imparare a controllare la sua rabbia. Mi ero appena scordato dei miei problemi ed è arrivato lui che, incosciente, si è ferito di nuovo la mano, ricordandomi che è ciò in cui sono più bravo: ferire gli altri e causare problemi”. Questi pensieri si riflettevano nella disperazione che traspariva dai suoi occhi vitrei.

L’improvviso cambio d’umore catturò l’attenzione di Kyuhyun. C’era qualcosa che non andava in quel ragazzo. “Ti senti bene?” Domandò Kyuhyun confuso, ma ogni parola la pronunciò piano e dolcemente, timoroso che avrebbe scatenato una cascata di emozioni dal vicino, il quale annuì soltanto, gli occhi ancora bagnati.

Quella era una bugia e lui lo sapeva. Il cenno divenne uno di diniego e un respiro profondo si fece strada attraverso i suoi polmoni. A piccoli passi, Yesung si avvicinò alle sbarre, faccia a faccia col giovane bruno, per la seconda volta quel giorno.

“Posso… Io… Voglio chiederti qualcosa.”

“Vuoi chiedermi qualcosa?!” La sorpresa era evidente sul viso di Kyuhyun. “Dimmi.”

“Hai mai fatto qualcosa che ha scatenato una catena di problemi?”

“Lo faccio sempre. Sono un piantagrane di natura”, rispose Kyuhyun a cuor leggero.

Yesung si corrucciò, poi le sopracciglia fremettero, gli angoli delle labbra tremarono. Strinse le mani a pugno, con le unghie che si conficcavano nella pelle, impedendo alle sue emozioni di travolgere il suo piccolo e stanco corpo. Rilasciò un altro sospiro.

“Mi sento così male. Non posso fare altro che sentirmi in colpa. Se devi stare da solo, ma non puoi, cosa faresti? Dove andresti per non impedire al tuo stesso padre di andare e fare il suo lavoro? Sono un peso...” Le parole erano dolorose e penose.

“Perché lo dici?” Kyuhyun era realmente preoccupato; il ragazzo aveva qualche problema e lui non sapeva quale fosse.

“Mio padre non può andarsene se non trova qualcuno che rimanga con me. Se me ne fossi andato con mia madre, non mi troverei in questa situazione. Ma come al solito, sono stato testardo e...”, si morse il labbro. Gli era venuta in mente una cosa; non sarebbe più stato la palla al piede della sua famiglia, facendogli inciampare come sempre.

Kyuhyun era senza parole mentre cercava di capire, almeno in parte, le parole del moro, ma non riusciva a comprendere perché avesse così poca stima in se stesso. “Cosa aveva fatto alla sua famiglia? Certo, quello strambo nanerottolo moro aveva causato un po’ di confusione, ma che problema c’era? Perché non poteva stare da solo?” Era quello che Kyuhyun voleva chiedergli, visto che lo vedeva giù di morale e indifeso, facendolo sentire empatico.

“Ragazzino”, disse Yesung. “Sai cosa non sopporto?” Senza aspettare una risposta, continuò. “L’ipocrisia. Odio le persone dalle due facce. Odio coloro che non possono vedere sé stessi, ma che hanno il coraggio di giudicare gli altri. Odio quelli che nascondono la loro vera natura e si comportano in modo diverso...” Yesung non si rese conto che il suo tono di voce si alzava poco a poco.

Kyuhyun aveva indietreggiato non perché l’altro sembrava spaventoso, ma a causa di quelle ultime parole, così perfette per lui.

Le sue parole vennero accompagnate da singhiozzi e Yesung nascose il volto con le mani, con le spalle gli tremavano e, all’improvviso, si fermò. Il moro stette fermo qualche istante, poi alzò la testa, sorrise debolmente, e disse al bruno confuso, che non poteva capirlo in assoluto, ma il modo in cui parlava… Kyuhyun doveva saperne di più su di lui, sul perché un piccolo corpo conteneva così tanto… rancore e amarezza, ma soprattutto tristezza.

“Starai pensando che sono pazzo a condividere queste cose con te. Insomma, perché dovrebbe importartene? Scommetto che sei rimasto solo perché ti sembrava divertente vedere il solito me esprimere qualcos'altro rispetto alla mia faccia menefreghista"

“S-Sì”, rispose Kyuhyun, cercando di sembrare sempre il solito, indifferente alle sue parole. In realtà, neanche lui sapeva perché era ancora lì. In qualche modo, lo stato abbattuto dell’altro lo aveva spinto verso il ragazzo, ma soprattutto, non riusciva a cancellare dalla sua testa le sue parole: “dalle due facce… ipocriti, bugiardi sul loro vero essere”. Lo avevano ferito, sembrava come se fossero dirette a lui.

“Certo”, aggiunse Yesung inespressivo. “Be’, voglio scusarmi per averti disturbato, ma non ho forzato ‘Sua Altezza’ ad ascoltarmi, per cui non mi scuserò. Grazie comunque.” Detto ciò, gli voltò le spalle e vide le luci arrivare dalle strade e, rassicurato, entrò in casa. Anche Kyuhyun le notò e la sua appena rinata rabbia sparì in un secondo.

“Suo padre è arrivato”, disse Kyuhyun a se stesso meccanicamente. Quella conversazione o confessione lo aveva lasciato confuso e meravigliato. Non sapeva realmente cosa fosse successo lì fuori. Quel ragazzo era sicuramente qualcosa di… inusuale.


 

Non importa quanto siamo bravi a mentire; se la verità ci viene sbattuta violentemente in faccia, rimaniamo semplicemente scioccati, perché ci è sconosciuto il modo in cui una persona possa conoscere le nostre più profonde paure o una verità che cerchiamo di nascondere da noi stessi, ma che comunque non vogliamo sentire, visto che sembra essere una conferma non richiesta...

   
 
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