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Autore: Kaleido_illusion    08/02/2017    1 recensioni
Chi non conosce l'indie horror di Ib?
Ma tu lettore, se sei tra quelli che non lo conoscono o volgiono saperne di più, ti invito a leggere delle avventure di Ib, un adolescente, e Garry che per errore o un desiderio espresso e non mantenuto, entrano in un mondo artificiale fatto di pittura e tristezza, popolato da esseri che non dovrebbero esistere, ma che hanno trovato la vita grazie ad un eccellente pittore visionario, Weiss Guertena.
Immergetevi insieme ai protagonisti nell'arte!
Buon proseguimento ...
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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° Quello Che Avverrà°

 

Atto.8

 “Mi dispiace.

Ero così concentrato dall’uscire da qui che

non ho veramente badato a te

 

 

 

<< Ib, Ib che fai lì impalata? Dobbiamo cercare una via di fuga.>> ripeteva Garry in preda all’agitazione, cercando a tentoni nel buio l’interruttore della stanza. Ciò nonostante la ragazza a malapena lo ascoltava, era fissa su una scultura lattea illuminata dalle lame di luce filtranti da sotto la porta e dalla piccola finestra all’angolo. Aveva un’aria familiare e, infatti, non appena la lampadina ne rese chiari i contorni, capì il perché: si trattava del divano di pelle candida presentato dal museo; ne erano un tratto distintivo i cavi rossi come vene di un organismo che legavano le varie parti sospese, mentre un cartello sbeffeggiativo attaccato allo schienale li invitava a sedersi per riposare e abbandonare le preoccupazioni.
<< Siamo davvero all’interno della mostra…>> mormorò lei a mezza voce tanto era sconvolta dal ritrovamento. Tuttavia non era troppo scioccata, visto che la realizzazione della verità era avvenuta in un lasso di tempo abbastanza lungo per abituarcisi. Aveva capito tempo prima la vera natura di quel mondo, una sorta di universo parallelo, dove risiedevano le ombre viventi di ciò che aveva visto inanimato nel suo mondo, ma il peso di quella realizzazione era stato troppo da assimilare in precedenza. in quel momento invece, con una prova così lampante, era stato più facile prendere atto della cosa e accettarla. Era così, punto.
<< Come?! >> disse Garry comparendole alle spalle per vedere quello che gli atava indicando.
<< Ma che…! È identico. >> continuò osservando più da vicino. Sembrava visibilmente scosso e incredulo di fronte alla scoperta, tanto che gli serviva saggiare la consistenza dell’oggetto per renderlo reale per la sua mente. Se poi si aggiungevano come colonna sonora di sottofondo i sibili e i colpi inferti sulla porta, le impressioni negative venivano di certo accentuate.
Intanto che il ragazzo ispezionava minuziosamente l’artefatto lasciandosi sfuggire di tanto intanto qualche verso di stupore, un altro oggetto catturò l’attenzione di Ib. Un enorme drappo sdrucito che a malapena riusciva a tenere nascosto l’oggetto sottostante, svettava sulla parete alle spalle del divano rendendo impossibile non notarlo. Così il ragazzo, vedendo lo sguardo indagatore della compagna e mosso dalla sua stessa curiosità, si avvicinò a grandi falcate. Scegliendo come spiegazione del loro gesto la scusa di non poter lasciare nessun angolo della stanza inesplorato, benché meno le opere d’arte che si era visto essere dotate di volontà propria, decisero di scoprire cosa coprisse. Con uno strattone Garry fece scivolare la stoffa lungo la cornice mogano del dipinto e rimase a esaminare i due anonimi soggetti ritratti a grandezza naturale in completi eleganti, intenti ad osservare l’ambiente di fronte a loro con le perfette iridi finte. Fissò esterrefatto l’uomo e la donna saldi nella loro posa statuaria per la dovizia di particolari. << Non ricordo di averli visti tra quelli esposti e tu? >> chiese lui ripescando tra i ricordi delle poche ore spese all’evento dedicato a Guertena. Ciò nonostante non trovò nessun riscontro, così si voltò per cercare spiegazioni da Ib che rimasta senza parole da quando aveva posto la domanda.  La trovò più esangue della camicetta che indossava con le braccia rigidamente premute contro i fianchi e gli sembrò che anche lei si potesse tramutare in una macchia di tinta sulla tela. Per non parlare degli occhi della ragazza sgranati a dismisura ed il tremolio che si era impossessato del suo labbro, tanto pronunciati da  mettere il ragazzo in allarme. << Che c’è?! >> urlò preoccupato.
In un primo momento non si mosse come se non si fosse nemmeno resa conto della sua presenza, poi lentamente, quasi a scatti, si voltò di tre quarti.
<< Questi… questi sono i miei… >> balbettava incontrollata. Lo sguardo era distante come catapultato in un altro presente e mostravano tutto il terrore che non riusciva a esprime con le parole.
<< Chi? Li conosci o li hai visti alla mostra? >>. La incalzò per farla parlare. Voleva capire cosa le stesse succedendo e chi fossero le persone che l’avevano sconvolta tanto.
<< Sono i miei genitori. >> concluse in un rantolo tornando a fissare difronte a sé ed aggrappandosi con le iridi castane alle effigi.
Era come se l’opera fosse improvvisamente diventata un enorme buco nero che risucchiava tutte le sue sensazioni e percezioni con il suo potere attrattivo, impedendole di interrompere il contatto visivo nonostante gli occhi le pizzicassero per le imminenti lacrime. Anche la voce del ragazzo le arrivava ovattata come se si trovasse a mille anni luce di distanza come se si stesse allontanando sempre più dalla realtà. Non voleva cedere e non voleva credere che anche i suoi parenti fossero finiti in quel girone infernale che si era dimostrato il nuovo mondo, altrimenti sarebbe andata in pezzi insieme agli ultimi brandelli della sua sanità mentale.
<<
Perché ci dovrebbe essere un quadro così da queste parti?>> continuò il ragazzo.
Forse non lo faceva con cattiveria o forse nemmeno si era accorto di quanto quella frase suonasse allarmante alle orecchie della sventurata.

<< Non sono loro, vero? Loro stanno bene. Non sono finiti in un posto simile, giusto?!>> disse la ragazza afferrandolo per la manica e stringendola come se fosse la sua unica ancora di salvataggio. Era giunta al punto limite, aveva bisogno di rassicurazioni e l’unico che poteva dargliele era lì a portata di mano ma era anche un estraneo, e per tanto non avrebbe colto il suo appello supplichevole.
Mentre il ragazzo soppesava le parole da usare, per Ib il tempo si dilatava opprimente, lasciando campo libero alla sua fantasia di elaborare scenari catastrofici finché un unico e spaventoso pensiero prevaricò gli altri diventando assillante: “ Se le stesse cose che mi sono capitate sono successe anche ai miei genitori, cosa né è stato di loro? ”
Era insopportabile pensare alla coppia che fronteggiava le belve la fuori. Era decisamente troppo. I Suoi genitori non erano per niente agili: sua madre non aveva mai fatto sport e suo padre a parte scartare velocemente le carte, non sapeva nemmeno come impugnare una scopa.
<< Dove sono non lo so, ma vedrai che stanno bene. >> cercò di rassicurarla Garry, vedendo la disperazione e il terrore affiorarle sul viso. “ Pensavo fosse un tipetto
duro, ma questo sconvolge anche lei”, pensò, “forse è meglio cambiare argomento ”.
<< Ib, non sembra anche a te che i manichini si siano calmati? Magari riusciamo ad uscire da qui. >> esordì costringendola a ritornare dagli abissi oscuri della paura. Tuttavia il suo sforzo fu parzialmente invano perché non riuscì a scacciare nemmeno un briciolo dello shock dal volto della compagna. Nonostante questo non si diede per vinto e anzi raggiunse la porta in un lampo e sbloccò la serratura con decisione. Prima lasciavano quell’inferno e meglio sarebbe stato per tutti.
<< È UNO SCHERZO?!>> sbraitò per la frustrazione nel vedere che nonostante non ci fossero blocchi la porta non si smuoveva. Garry infierì in tutti i modi che poteva sulla maniglia, ma non ottenne nessun risultato.
Un sonoro clack echeggiò all’esterno, seguito subito dopo da gorgoglii sommessi e il rumore di oggetti strascicati e distrutti, poi qualcosa venne scagliato sul muro, facendo sobbalzare i ragazzi e oscillare il quadro sul suo chiodo. A quanto sembrava i mostri erano tornati dalla loro pausa.
<< Ib stai indietro >> scandì Garry e spostando la ragazza alle sue spalle per farle da scudo,  evitando anche di non sostare troppo vicino alla porta.
Ripiombò un silenzio pesante e carico di tensione.
Il cuore del ragazzo galoppava impazzito per l’ansia e la consapevolezza di essere in trappola senza nemmeno un arma per difendersi. Per cui se qualsiasi cosa fosse entrata nella stanza, erano spacciati. A dispetto di tutto Garry era deciso a trovare almeno il modo di far scappare la ragazza, voleva che almeno lei si salvasse e non solo per restituirle il favore. I suoi pensieri di gloria però ebbero vita breve. Una donna-dipinto sfondò l’unica finestrella, trascinando con sé parte del muro di cartongesso, irrompendo prepotentemente nella stanza schioccando le mascelle chiostrate di denti aguzzi.
Garry si spostò subito per togliersi dalla linea di tiro della creatura e frapporre tra loro il divano niveo.
<< Ib mentre io la distraggo tu raggiungi il buco e scappa.>> la istruì senza ottenere risposta. << Ib. Ib!! >> cercò di farsi sentire, tuttavia la ragazza doveva essere ancora molto scossa. In quelle condizioni non poteva permettersi di perderla di vista, sarebbe stato come mandare un bambino allo sbaraglio e peggiorando ancora di più la situazione. Senza perdere il contatto visivo con il mostro che avanzava con gli occhi spiritati, il ragazzo face lavorare il cervello per trovare la salvezza.
“ Questa non ci voleva, maledizione!” imprecò con ira quando la situazione precipitò ulteriormente.
Esattamente a pochi centimetri dai coniugi si aprì un ulteriore squarcio nell’intonaco, lasciando emergere l’ennesima e famelica dama schiumante di saliva. La coppia fu costretta a fare una brusca virata e ripararsi con uno angolo del sofà. Avevano pochi istanti per decidere la loro mossa prima di essere circondati e sbranati vivi. Garry attese qualche secondo, nel frattempo che la seconda arrivata si avvicinasse loro il più possibile, per poi giocarsi il tutto per tutto. Al momento giusto strattonò Ib per un braccio nel saltare sulla mobilia per poi scagliarsi con tutto il peso sullo schienale. Il mobilio cigolò sui piedini e crollò rovinosamente all’indietro con un boato assordante che rimbalzò sulla pareti. Il ragazzo non attese il risultato della sua impresa, gli bastava sentire le grida disperate della mostruosità a cui aveva distrutto il supporto con il peso dell’istallazione e il ringhio di rabbia dell’altra che aveva urtato mentre si azzuffava con la sua simile, per passare oltre a tutta velocità. In più, rassicurato della stretta di Ib nella sua mano e del margine di vantaggio guadagnato, si infilò nello squarcio del muro senza dare una seconda scorsa alle sue spalle.
Si precipitò verso il labirinto di specchi già conscio sul da farsi.
Le creature convogliavano tutte su di loro da ogni direzione, sfondando le mura di silice, strappando le vesti dei compagni, strattonando e calpestando senza mai smettere di ululare di smania e eccitazione. Ib cercava di stare al passo con Garry che aveva una falcata doppia rispetto alla sua, ma non riuscì a non voltarsi indietro per conoscere il distacco dai braccatori. Scoprì con rammarico che non era stata una buona idea visto lo spettacolo che si offriva. Vide tutti i suoi inseguitori protendere gli artigli, appendici e qualsiasi cosa per ghermirli. Vide la follia erompere dai loro bulbi oculari fittizi e l’inumanità dipinta sui volti distorti da ghigni idrofobi e continuò ad osservarli per parecchi metri. Percepì il vetro scricchiolarle sotto i piedi senza curarsi da dove provenisse o ad evitarlo. Non udì nemmeno la voce distante dell’amico che la incitava a concentrarsi sulla corsa, tanto era ipnotico il branco degli scempi che brulicavano come una massa delirante. Anche il suo stesso grido le sembrò incorporeo  quando uno degli esseri, un manichino, riuscì a staccarsi dal gruppo con lo slancio di un felino e lanciarsi su di lei ad artigli scoperti. Sentì Garry aumentare di conseguenza l’andatura, forzando i muscoli all’inverosimile mentre stringeva con veemenza il suo polso, con l’intento di portarla fuori dalla portata del mostro che mancando la presa ruzzolò malamente a terra spaccandosi in diversi punti. Non era ancora abbastanza. Corsero a perdifiato, superando tutte le crepe lasciate dai vandalici abitanti del labirinto che li aveva ostacolati all’inizio fino ad arrivare alla quinta tappa. La maniglia si arrese subito alla presa del ragazzo e Ib si sentì catapultare all’interno con un unico movimento senza interrompere lo sprint, poi il rumore sordo dell’assito che sbatté per una sola manata ben assestata ed infine lo strappo del nuovo scatto della fuga. Ib avvertì solo lampi candidi di facce opalescenti che sfrecciavano ai lati del campo visivo, diventavano via via più nitidi man mano che il passo scemava in marcia ed infine si arrestava.
<< Do… dovremmo essere abbastanza lontani.>> boccheggiò Garry appoggiandosi alle ginocchia per costringere grandi boccate d’aria a fluire nei suoi polmoni al collasso. << Siamo stati fortunati. Wow … beh. Meglio continuare a muoversi per sicurezza.>> decretò a corto di fiato intanto che riguadagnava la posizione eretta per massaggiarsi il fianco. Però Ib non riusciva ad afferrare il senso del discorso, le sembravano così assurde le sue parole. “ Continuare? A che scopo” si ripeteva come un disco rotto. Visto come stavano le cose, chi c’era ad aspettarla? I suoi probabilmente erano diventati parte integrante di una tremenda esposizione e a breve lei li avrebbe raggiunti in un modo o nell’altro. ecco quello che succedeva a chi restava imprigionato lì! Lentamente si stava convincendo dell’inesorabilità della disfatta, tanto che nemmeno i piedi volevano assecondare la folle scelta proposta dal giovane. Si accorse solo in quel momento di un fastidioso fischio nelle orecchie e la pesantezza che le schiacciava le membra a terra come la pressione di Venere. Cercò con lo sguardo il compagno, ma Garry le sembrava così distante e sfocato con i vivaci capelli lilla che stemperavano in un nero indefinito. Non si rese nemmeno conto di collassare verso il pavimento finché non vide la macchia indistinta che era Garry sbilanciarsi verso di lei urlando. Tuttavia l’unica cosa che sentì fu un gran dolore alla testa inghiottito da un vuoto nero e assoluto che l’avvolse.

 
Una voce le fece riprendere conoscenza, era il familiare tono del suo suggeritore nell’ombra. Colui che le aveva dato indizi per poter proseguire e spiegarle, seppur con delle limitazioni, ciò che non capiva. Sebbene le apparizioni dell’essere fossero sporadiche, servivano sempre a qualcosa, perciò che voleva da lei?
Riaprì gli occhi ma invece di trovarsi con Garry era sdraiata su un pavimento marmoreo, sovrastata da due porte speculari di una stanza quadrata. Tutto lo spazio era stato graffitato da cerchi e disegni infantili fatti con pastelli a cera i cui colori litigavano gli uni con gli altri per tonalità e accostamento.
“ Ib, di qua. Presto o ti prenderanno.” la chiamava la voce dalla porta alle sue spalle, con il tono urgente di chi ha il tempo contro.
<< Perché, chi sta arrivando? >> chiese confusa mentre un dolore martellante le comprimeva il lato sinistro del cranio.
“ Sbrigati! Non c’è … ” rispose accorata la voce mentre si affievoliva in lontananza.
Nello stesso istante in cui l’uomo smise di parlare, l’uscio opposto venne squassato da violenti urti. Con un movimento rapido dettato dai riflessi, Ib si precipitò alla porta scura e avanzò nella nuova stanza identica. Anche qui sentì l’uomo suggerirle di affrettarsi, ma non riuscì a muoversi se non dopo aver sentito ancora i colpi con l’aggiunta di grida e strilli identici a quelli di qualche momento addietro. Si inoltrò nell’ennesima stanza e qui si arrestò agghiacciata. Non c’erano più porte con cui sfuggire agli inseguitori inferociti ed il panico di Ib aumentò insieme alla forza dei colpi sul tavolato.
“ Devi raggiungermi, se no non potrò aiutarti. ” supplicava l’uomo oltre il muro.
<< Come?! non c’è un passaggio. Se mi prendono che mi faranno?!>> gli chiese appoggiandosi alla parete di fondo nella speranza di trovare un qualsiasi passaggio.
“ Raggiungimi, fai in fretta. ” continuava imperterrito l’altro come se non ci fosse nessun’ostacolo ad impedire il loro incontro se non la volontà della ragazza.
La porta saltò dai cardini e si schiantò sul pavimento con una pioggia di schegge irregolari. Quello che entrò fu  niente di meno che un esemplare di mostro per ogni tipo di quelli incontrati. Come l’ultima volta in cui vi era imbattuta, questi tentarono di afferrarla e strapparle con i loro artigli e denti aguzzi, un pezzettino di pelle, una ciocca di capelli o un lembo di stoffa da tenere come trofeo. Fortunatamente non ebbero il tempo di raggiungere il centro dello spazio, che una voragine si aprì ai piedi di Ib e la inghiottì in un sol boccone con le fauci zigrinate di marmo e striate di cera. Era la seconda volta che veniva ingollata e la viscida sensazione che ne derivava era sempre troppo intensa. Serrò le labbra e le palpebre cercando di contenere il terribile senso di vuoto nell’addome con la speranza che le viscere non le venissero strappate  mentre  precipitava in un tunnel buio come l’inchiostro e senza fine come l’universo.
“ Finalmente possiamo parlare”. Si fermò un attimo la voce e con lei si arrestò anche la caduta di Ib che rimase a galleggiare a mezz’aria come un palloncino d’elio sgonfio. “ Non abbiamo molto tempo e quello che ti devo dire è importante per quello che deve avvenire”.
“ Ti prego, ricorda quello che vedrai o perderai una persona per te molto importante. Finché ricorderai … finché lo farai andrà tutto bene.” le sussurrò l’uomo invisibile con l’affetto e malinconia che riempivano le sfumature del suo timbro vocale.
<< Aspetta, ma che succede! Ti prego spiegami meglio.>> supplicò Ib.
“ Mi dispiace è l’ultima volta che ci vedremo. Lei è sempre più vicina e non mi permetterà di avvicinarti, perciò Arrivederci Ib. Ricorda ciò che vedrai.” la voce si spense definitivamente.
<< Aspetta ti prego!>> le sue parole furono espresse troppo tardi ed in quell’esatto momento il buio intorno a lei si crepò come pittura secca. La spaccatura più grossa iniziò ad allargarsi a dismisura, fino a quando non raggiunse il doppio dell’altezza della ragazza e si spostò al di sopra alla sua testa. Non appena tutto fu in posizione la testa della ragazza scattò all’insù verso la scheggia, insensibile ai comandi della proprietaria di abbandonare la posizione dolorosa. Si afferrò le guance con i palmi, affondando le dita nei capelli, per costringere la parte interessata a smuoversi, ma non ci riuscì. Intanto sopra di lei la superficie della crepa mutava, diventava liquida e nebulosa, virando verso una tonalità di grigio perlaceo, poi iniziò un flusso frenetico di immagini.
Le sfrecciavano d’avanti agli occhi la scena di lei e altre due persone, di cui una le infondeva una sensazione spiacevole, perché sapeva che quella stessa persona non doveva trovarsi lì; il trio si separò e via verso altri scenari e nuove prove, si profilarono scelte importanti da fare fino ad arrivare alla più importante dove per un attimo le parve di sentire di nuovo la voce familiare: “ Ti prego, stai attenta quando arriverai qui.” diceva mentre la sè stessa delle proiezioni si sporgeva oltre il bordo di qualcosa. “ Non separarti da loro, tienile strette mentre cadi o lo perderai!” la rimproverava con la voce straziata dalla tristezza, mentre le sue parole venivano accompagniate da due chiazze, rossa e blu che precipitavano nel vuoto. Alla fine la blu si disintegrava in piccole lacrime per svanire per sempre.
Sentì un pianto disperato riempirle la testa, seguito da un lancinante dolore al petto che minacciava di spezzarle in due il cuore. Si portò le mani al torace cercando un modo qualsiasi di tenere uniti i lembi, ma il dolore era talmente intenso che il gesto non diede nessun effetto.
Urlò piegandosi su se stessa, cercando di dare un spiraglio di sollievo alla sua anima stretta nella tenaglia di dolore.

 
 

Il suo grido riecheggiava ancora contro le pareti del locale in cui si trovava, quando finalmente riprese i sensi. Era seduta sul pavimento, avvolta in un caldissimo cappotto blu scuro. Gocce di sudore freddo le imperlavano il viso e la nuca, intanto che la vista lentamente metteva a fuoco il circondario.
<< Ib era un incubo, tranquilla, sei al sicuro. Come ti senti?  >> cercava di calmarla una figura maschile inginocchiata al suo fianco. Dopo un primo moto di repulsione, riconobbe la folta chioma bizzarra, anche se non ricordava di avergli visto addosso la canotta verde acido. Si sentì improvvisamente in imbarazzo non solo nel realizzare di essere svenuta di punto in bianco.
<< Ehm, scusami .>> balbettò nascondendosi dietro la cascata di capelli castani per nascondere il live rossore che iniziava ad arrampicarlesi dalle orecchie fino agli zigomi.
Voleva nascondersi sotto il cappotto e diventare un bruco pur di sfuggire all’imbarazzo della situazione ed in più a peggiorare il tutto c’era il sogno. Lo ricordava a pezzi di cui i più nitidi riguardavano la prima parte, dell’altra restavano solo vaghe sensazioni e poche immagini offuscate come una polaroid venuta male. << Ora sto bene, davvero. >> aggiunse rapidamente alla fine del resoconto onirico nella sua mente.
<< Sul serio? Grazie al cielo. Mi sono spaventato da morire, non ti svegliavi. Per fortuna ho trovato questa stanza altrimenti saremmo stati spacciati.>> la informò lui accomodandosi sul pavimento per poterla osservare meglio. Garry le guardò attentamente il viso facendo scorrere le dita tra i capelli fino alla tempia sinistra.
<< Hai preso una bella botta, per fortuna c’è solo un bernoccolo e nient’altro di grave>> disse strofinando la gobbetta con il pollice. << Ti fa male? >>.
Ib sbiancò ed arrossì contemporaneamente, facendo allarmare il ragazzo per il repentino cambio di colore. Scosto subito la mano. << Potresti guardare nella tasca del giubbotto per favore? >> le chiese d’un tratto facendo sobbalzare la ragazza ancora concentrata sulla sensazione del tocco di lui sulla guancia. Assecondando la richiesta pur di non doverlo guardare in faccia, perché le si sarebbero letti in faccia i suoi pensieri, estrasse una cartina gialla. Era rigonfia ed il logo, con alcuni favi che gocciolavano miele su un limone tagliato delle lettere a ghirigori, chiariva il gusto. La ragazza lo guardò perplessa tenendo il confetto sul palmo della mano.
<< Puoi tenerla. Mangiala e vedrai che ti tirerà su. >> le sorrise rimettendosi in piedi pensando di lasciarle un po’ di tempo per riprendersi. << Che ne dici se restiamo ancora un po’ qui a riposare prima di ripartire? Non ci guasterà un attimo di pausa e puoi dormire se vuoi, questa stanza sembra sicura. Se hai bisogno di me mi trovi di là.>> disse alla fine e si allontanò per riprendere quello che aveva interrotto, dopo averle dato un’ ultimo sguardo per assicurarsi che stesse bene.
Ib aveva un mucchio di emozioni che la tormentavano, per cui decise che era meglio seguire il consiglio del ragazzo, anche perché non era pronta affrontarlo in un novo faccia a faccia. Allora più che mai si sentiva consapevole della presenza di Garry e non solo per la premura che le aveva riservato. Inoltre questa nuova coscienza veniva accentuata dal terribile sentimento di colpa per come si era comportata difronte al pericolo. Si era lasciata sopraffare dal panico e dalla paura proprio nel momento in cui doveva restare lucida per mantenere fede alla decisione di aiutare Garry. Come aveva potuto lasciare che accadesse? Non voleva essere un peso.
Quando finalmente si calmò, aveva la testa posata sulle ginocchia ancora avvolte nel cappotto del ragazzo. Non riusciva a capacitarsi come un estraneo potesse essere così gentile con una perfetta sconosciuta, forse era solo dovuto alla situazione e perché era una ragazzina, eppure tra tutte le persone le era capitata proprio l’unico che aveva catturato la sua curiosità alla mostra e in qualche modo si sentiva fortunata.
“ Forse è meglio se glielo riporto… magari ha freddo.” Pensò Ib ricordandosi del ragazzo rimasto a giro-maniche. Le sembrò una buona scusa per troncare sul nascere pensieri e fantasticherie non necessarie.
Si alzò lentamente, aveva ancora mal di testa e nel punto della tempia che aveva picchiato a terra c’era già un grosso bernoccolo come annunciato dal ragazzo, tuttavia riusciva a camminare e la vista era normale perciò non era nulla di serio. Girò tra gli scaffali della libreria in cui si trovava, sotto lo sguardo severo dello stesso cartellone che si ripeteva in continuazione strombazzando con le austere lettere in grassetto il comportamento da tenere nel luogo:
 

“ Regole della galleria. Non parlate a voce alta, non fate fotografie, non introducete cibi e bevande. Non toccate le esibizioni, non uscite mai e poi mai …”

 
L’ultima frase la lasciò un attimo interdetta. Era da quando aveva incontrato Garry che non si chiedeva più chi l’avesse portata lì, ma un’unica sentenza lasciata a metà le fece tornare i dubbi: volevano tenerla lì? Perché? Istintivamente portò la mano alla tasca che conteneva la sua rosa, ma al suo posto trovò il post-it giallo. Doveva parlare al compagno anche di quello, ma prima doveva  ritrovare la sua rosa. Da quando si era svegliata aveva la netta sensazione che il sogno ruotasse in torno a qualcosa che le era molto caro, perciò poteva trattarsi anche del suo alter ego floreale, ma non sapeva dire per certo cosa dovesse temere ne cosa dovesse evitare. L’ansia prese di nuovo il sopravvento, facendola correre per la foresta di carta come una forsennata pur di trovare l’oggetto perduto. Che fosse arrivato il momento annunciato?
Svoltò l’ennesimo angolo e finalmente trovò il ragazzo seduto sul pavimento e con la schiena appoggiata ad uno scaffale intento a leggere, almeno finché non la scorse.
<< Che c’è Ib?! Hai avuto un altro incubo? >> disse allarmato lasciando cadere la sua lettura per correrle in contro, quasi inciampando nei suoi stessi piedi.
La ragazza si appoggiò alle ginocchia per non perdere l’equilibrio a causa di un capogiro dovuto allo sforzo.
<< La … Rosa. La mia Rosa …  dov’è? >> scandì con irruenza tra un respiro e l’altro sotto lo sguardo sbigottito del ragazzo per l’improvvisa reazione.
<< È qui. L’ho messa con la mia nel vaso. >> rispose mostrandole il tavolinetto che ospitava i due esemplari a bagno ed in salute. I loro petali dai vivaci colori accostati brillavano sotto la luce fredda dei neon, incuranti di quello che accadeva intorno a loro. Si avvicinò e circondò la corolla con le palme, sospirando di sollievo e sentendo parte della tensione abbandonarla, tranne per quella viscida sensazione di inquietudine che le restava aggrappata allo stomaco.
<< Scusami. >> si lasciò sfuggire chinando il capo, in un lieve inchino e affrontando il ragazzo rimasto alle sue spalle.
Si stava comportando come una pazza e non sapeva nemmeno lei perché. Forse era l’insieme di tutto ed alla fine era esplosa grazie al colpo finale del quadro dei suoi genitori, ma non era una giustificazione per i suoi continui sbalzi d’umore, doveva darsi un contegno come le era stato insegnato, altrimenti era condannata a restare lì per sempre come il misterioso burattinaio continuava a ricordarle.
<< Perché ti stai scusando? >> le domandò Garry, inginocchiandosi per portare il suo sguardo al livello di quello della ragazza. << Ib, senti …  mi dispiace e non solo per aver preso la rosa senza permesso. Ero così concentrato dall’uscire da qui che non ho veramente badato a te. Scusami. Oltretutto potremmo aver bisogno di continuare a camminare per un po’ e so di non essere la persona più affidabile per queste situazioni, ma se all’improvviso pensassi di non farcela più, dimmelo ok? Se ce ne sarà bisogno ti porterò sulle mie spalle. Non voglio essere di nuovo inutile e vederti crollare ancora. Ho pensato a quello che è successo e non ho capito che, quando hai visto il quadro, mi stavi chiedendo di aiutarti. Siamo compagni, se non ci diamo una mano a vicenda non possiamo farcela a risolvere la situazione, perciò va bene se vuoi fare affidamento su di me. e io posso contare sul tuo appoggio? >> disse di getto, prendendole una mano tra le sue.
La ragazza rimase a bocca aperta per la sorpresa e in rinnovato imbarazzo nel trovare i modi del ragazzo troppo espansivi, ma non in senso negativo.   
<< Scusami, forse sono stato un po’ precipitoso, ma quello che ho detto lo penso davvero. >> cercò di spiegarsi impacciato grattandosi una tempia improvvisamente a disagio.
Ib era rimasta immobile incapace di trovare qualcosa di sensato da dire. Si limitava a fissare quell’alta e magra figura che le si stagliava davanti cercando di capirne il carattere. Era un ragazzopremuroso e aperto, su questo non c’erano dubbi; a questo punto non serviva a nulla mantenere una certa distanza.
<< Direi che siamo pari per quanto riguarda le scuse.>> ridacchiò lei, stringendo a sua volta la mano del ragazzo per siglare il loro accordo.
<< Direi di sì. Ti senti meglio dopo la caramella? >> cambiò discorso, rallegrandosi al pensiero dell’utilità del suo dono.
<< A dire la verità non l’ho mangiata. >> disse costernata, vedendo vacillare il sorriso di lui.
<< Perché non ti piace il gusto? In effetti è un po’ particolare se non sei abituato. >>
<< No, non è per quello… >> si schermì lei. Non aveva nemmeno preso in considerazione di assaggiarla, tanto era stata presa dai suoi pensieri, ma non voleva dirglielo per non ferirlo. Sembrava così contento di essere stato d’aiuto che non se la sentiva di smontarlo.
<< Hai ragione, scusa. Puoi mangiarla quando vuoi. Sai, siccome sono le mie preferite, tendo a farle conoscere a chiunque, perdonami. >> eruppe in una timida risata, grattandosi la base del collo.
<< Continui a scusarti. Non ce né bisogno, siamo una squadra no? >> lo rimproverò affettuosamente lei decidendo che era inutile cercare di essere forti ed imperturbabili, le situazioni lo avevano dimostrato, poteva andare sempre peggio e senza nessuno che potesse capirti poteva sarebbe stato estremamente duro. Per cui tanto valeva cercare di aiutarsi a vicenda senza sentirsi in colpa per la minima cosa anche scherzare se ci fosse stata l’occasione. Inoltre con la sua genuina premurosità era impossibile restare arrabbiati o turbati per troppo tempo, anche il suo viso cordiale riusciva a tranquillizzarla solo a guardarlo. In quel momento capì che la loro relazione sociale era passata ad un piano diverso rispetto a semplici sconosciuti, adesso poteva considerarlo il suo complice.
<< Scus… hai ragione>> rinnovò il sorriso questa volta sicuro e pieno.
<< Grazie. Perché è tutto rovinato? >> gli chiese restituendogli il cappotto dagli orli slabbrati, separando le loro mani. Visto che avevano un po’ di tempo per riposare, un po’ di conversazione per conoscersi meglio non poteva danneggiare nessuno.
<< No, è fatto apposta. È il suo design, ma non ne sono sicuro lo indosso ormai da anni.>> raccontò infilando le braccia lunghe e snelle nel soprabito e andando a recuperare il volume trascurato e sghembo sul pavimento.
<< C’è qualcosa di interessante? >> gli chiese Ib abbracciando le ginocchia e sedendosi accanto a lui con le spalle che sfioravano appena, per poter sbirciare le frasi sulle pagine.
<< Parla di Guertena. Da questa biografia sembra che non abbia avuto una vita molto agiata nonostante fosse molto famoso come artista. Inoltre  era parecchio tormentato e per questo è un po’ triste come libro, ma si lascia leggere.>> la aggiornò brevemente della travagliata e breve esistenza del pittore, senza staccare mai gli occhi dai fogli se non per capire che impressioni dava alla ragazza. << Non ha mai trovato la pace e si pensa che sia suicidato all’apice della malattia che lo ha reso pazzo.>> finì il resoconto.
<< Mi dispiace un sacco, ma non credo sia come dicono le voci. >> rifletté Ib ad alta voce, appoggiando il mento alle ginocchia e cercando di capire cosa le facesse dire ciò senza indizi. Era solo una sensazione latente, ma aveva l’impressione che quello che aveva detto non fosse vero.
<< Perché? >>
<< Sono solo voci giusto? Chiunque potrebbe aver mal interpretato le cose, secondo me amava il suo lavoro e non penso che volesse togliersi la vita ed abbandonarle le sue opere. >> espresse i suoi pensieri in modo logico e razionale, per avvalorare la sua tesi. Si ricordò improvvisamente della struttura e non poté evitare di controllare la sua piantina personale mollemente immerse nell’acqua curativa. C’era una netta somiglianza tra i due vegetali, ma una rosa poteva essere uguale a mille della sua specie. << Molte sono curate minuziosamente, come la rosa gigante. L’hai vista? >>
<< È possibile che tu abbia ragione. Sì, era molto bella e poi assomiglia un po’ alla tua rosa. Il rosso nei fiori significa amore e felicità, lo sapevi? >>  le disse distrattamente Garry, seguendo il suo sguardo.
<< E la blu allora?>> chiese raddrizzandosi ed incuriosita dalla sua conoscenza del linguaggio floreale.
<< Il suo non è un colore naturale perciò ha doppio significato. C’è quello positivo di fiducia e onestà e quello negativo, invece, è legato all’indifferenza e all’altezzosità.>> assecondò la sua desiderio di sapere con un’espressione malinconica e ferita.
<< Ma alla fine esiste ed ha un colore magnifico, come il cielo appena dopo il tramonto. Mi piace, è rilassante. >> Ib non se la sentiva di tirare furi il vero significato delle loro rose, non dopo aver visto l’espressione abbattuta di Garry. Probabilmente non c’era nemmeno motivo di spiegarlo perché il ragazzo se n’era già accorto che i fiori non erano soltanto tali. Tuttavia il silenzio si protrasse, rotto solo dallo scricchiolio delle mensole piegate dal peso della cultura che portavano, mentre entrambi seguivano il percorso dei propri pensieri. Ib non sapeva che fare, forse si era spinta troppo oltre con la confidenza o magari Garry non l’aveva nemmeno sentita, staccando l’udito dalla realtà per rinchiudersi in se stesso. In tal caso non c’era nulla che potesse fare se non aspettare il suo ritorno, così la ragazza prese un libro dallo scaffale dietro di sé e iniziò a sfogliarlo. Guardava distrattamente le figure sulle creature d’alto mare che dovevano incutere terrore, ma a lei sembravano solo grossi esseri abbandonati a loro stessi ed allontanati dalla timorosa umanità.
“ Chi sa a che pensa? Immagino che anche lui abbia i suoi problemi.” Riflettè accarezzando l’ennesimo ritratto della rana pescatrice. Come poteva essergli d’aiuto e ricambiare la sua stessa gentilezza? Non voleva alleviare le sue pene, non era tanto presuntuosa da volersi attribuire un ruolo simile, ma per lo meno calmare le sue angosce, zittirle quel tanto che bastava per permettergli di ritrovarsi.
Stava ancora decidendo sul da farsi quando fu lo stesso ragazzo a rompere la quiete.
<< Sai, mattina mi sono alzato presto e adesso sono un po’ stanco, ma non vedevo l’ora di venire alla mostra. Poi è successo questo e onestamente credo di averne abbastanza delle gallerie a questo punto. Perché è successo, che senso ha?!>>  vomitò come un fiume in piene altre gli argini per sfogarsi.
Ib non lo sapeva, una vera risposta non ce l’aveva, ma poteva solo immaginare e mettere insieme gli indizi che le erano stati lasciati come le briciole di pane di pollicino. Intanto il fogliettino giallo pesava come un macigno nella sua tasca e cercava in tutti i modi di reclamare l’attenzione che gli spettava.
“ Devo dirglielo o no?” si tormentava lei sgualcendo un lembo della gonna adibita a vittima della sua frustrazione. “ Ho deciso di affidarmi a lui. Eppure non voglio addossagli altri problemi. Sembra già afflitto di suo.”
<< Forse non c’è un motivo. Chi lo sa. Tra l’altro non mi spiego l’esistenza di quei mostri. E pensare che li avevi già visti e hai viaggiato tutta sola prima di incontrarmi. Non è affatto male, voglio dire, sei stata molto coraggiosa. Se fossi stato al tuo posto non sarei durato a lungo, vedi come è andata a finire con la donna dipinto.>> rise sarcastico abbandonando le braccia lungo i fianchi dopo un gesto di stizza.
Man mano che parlava e si apriva ad Ib, questa si sentiva sempre più in colpa di non riuscire a confessargli tutto … e poi non si sentiva affatto coraggiosa. Aveva perso il conto di quante volte si era scoraggiata ed aveva pianto, di quante volte era stata sul punto di gettare la spugna e cedere, farsi catturare e finire la partita.
<< Ehi, Ib?! Cos’è quella faccia. È colpa mia perdonami, non volevo rattristarti.>> cercò di rallegrarla, spostandosi di lato per essere faccia a faccia.
Lei scosse la testa con decisione e senza pensare cacciò la mano in tasca per porgergli poco dopo il foglietto spiegazzato. Il ragazzo lo prese stupito e lesse le poche parole riportate, sbiancando di colpo. Ora la quiete era ancora più opprimente di quando il ragazzo era perso nel suo mondo, perciò fu lei a prendere la parola quella volta. << Mi dispiace tanto. Dovevo dirtelo prima! l’ho trovato, in una delle sale di prima e >>
Garry la fermò subito prendendola per le spalle << Non hai fatto niente di male. Perché ti scusi per questo? Eri e sei spaventata, è normale che non sapessi che dirmi. È tutto così vago e poi nessuno avrebbe potuto prevedere che le cose finissero in questo modo. Andiamo sorridi! È un peccato se il tuo viso ha quell’espressione.>>
<< Ma Garry … >> recriminò lei.
<< Grazie, di avermelo mostrato. Questa è la prova che c’è qualcuno che è a capo di questo scherzo di cattivo gusto, anche se non sappiamo il perché. Va bene è un inizio ed è sempre meglio di niente. >> rifletté serio perdendosi in un punto lontano oltre la schiena di Ib. << Affrontiamo una cosa alla volta e concentriamoci su quello che possiamo fare. Così non perdiamo la testa e non facciamo il gioco di questo simpaticone. Poi se è questo posto è collegato alla galleria d’arte, gli altri presenti, per quanto ne sappiamo, potrebbero essersi persi qui. Se ce ne sono spero di trovarli perchè più siamo e meglio è! Dobbiamo anche trovare i tuoi genitori >> esordì tirandosi in piedi e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
<< Ti si addice proprio il blu, per quanto non ti piaccia >> sussurrò lei con un sorrisetto sghembo.
<< Come?>>
<< Ho detto andiamo! >> ed afferratogli il palmo lo trascinò verso la porta della biblioteca. Aveva avuto ragione su di lui fin dal primo istante in cui l’aveva visto alla mostra: era una persona interessante ed eccentrica, ma non solo. Era davvero speciale, per quel suo modo di riuscire sempre a rasserenarla ed infonderle il coraggio perduto. Non poteva sperare in un compagno migliore.

   
 
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