Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: BrizMariluna    12/02/2017    5 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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GIOCHIAMO AI POMPIERI?

 
Sidney.
Il Mostro Nero di turno aveva attaccato il cuore pulsante dell'Australia, e dall'arrivo del Drago sul posto non ne era andata bene una.
Il mostro sembrava scomparso dopo aver seminato morte e distruzione; Bazzora era uscito per una rapida esplorazione, e subito dopo era toccato a Sanshiro con il Gaiking e a Fan Lee con lo Skylar.
Mentre Briz era pronta per uscire con il suo robot felino, il mostro era tornato all'attacco: prima che Balthazar fosse in grado di lanciarsi all’esterno, un'onda di raggi paralizzanti aveva investito il Drago mentre era ancora in volo. Si era bloccato tutto, compresi i pannelli principali sul petto dell’astronave, e niente era più in grado di uscire o entrare. Le armi erano inutilizzabili e la funzione di volo quasi completamente compromessa: Pete riuscì miracolosamente a compiere un atterraggio di fortuna, dal quale tutti uscirono più o meno ammaccati.
Il Drago completamente inerme! Non era mai successo niente del genere! Solo le comunicazioni funzionavano, ma non a pieno ritmo. Sanshiro riuscì a mettere fuori uso l'arma paralizzante del mostro, simile a un grosso rospo, e ad afferrarlo, per poi trasportarlo in volo allontanandolo dalla città, seguito dallo Skylar; la battaglia era in mano loro, gli altri erano completamente impotenti.
I lavori sul Drago cominciarono immediatamente, con Sakon e Daimonji al comando, coadiuvati dalla sempre presente Jamilah: apparve subito ovvio che ci sarebbe voluto parecchio.
– Sakon, dimmi cosa posso fare – disse Pete, ansioso di rendersi utile e di rivedere operativo il suo Drago.
– Al momento niente, eventualmente ci servirai quando avremo ripristinato le funzioni di base, ma per ora…
– Eventualmente, eh? – brontolò Pete, come tra sé.
Briz, tornata in plancia poiché Balthazar era impossibilitato ad uscire, si accorse della sensazione di inutilità che era crollata addosso al pilota: era la stessa che provava lei, al pensiero di lasciare Sanshiro e Fan Lee da soli, alle prese col mostro.
Lo sentì imprecare sottovoce:
– Maledizione, non sopporto di stare qui senza fare niente.
– Lo so, mi sento così anch'io – disse lei.
– Briz… una volta ti dissi che io sono la mente del Drago. Beh, vuoi la verità? La mente del Drago è Sakon, non io – proseguì lui, in tono avvilito – Io sono soltanto quello che lo muove spostando leve e premendo pulsanti. Chiunque potrebbe farlo.
– Non è vero che chiunque potrebbe farlo: hai eseguito un atterraggio di fortuna da maestro, semplicemente spostando leve e premendo pulsanti. E se Sakon è la mente del Drago… allora tu diventa il suo cuore: al Drago serve anche quello!
– Oh, ma certo: Dragonheart! Tu e le tue romanticherie! – la prese in giro sarcastico – Già mi accusi di non riuscire nemmeno a ritrovare il mio, di cuore! Figuriamoci essere quello del Drago!
– Ma che cavolo ti prende, Pete? Un attacco di frustrazione acuta? Falla finita, dai: ognuno ha i suoi compiti e li esegue al meglio delle sue possibilità. E piantala di commiserarti, che non è proprio nel tuo stile! – lo rimproverò Briz, mollandolo lì per andare da Midori, che continuava ad occuparsi delle comunicazioni.
Vedere Pete avvilito le fece uno strano effetto; meglio allontanarsi da lui, perché le era venuta una strana voglia di… boh… toccarlo, per consolarlo; qualcosa come accarezzargli i capelli o… Aahhh! Ma che diavolo le veniva in mente!
Si concentrò sul lavoro di Midori: la battaglia di Skylar e Gaiking contro il mostro proseguiva lontano di lì, e loro potevano a malapena capire cosa stesse succedendo.
A un certo punto, una voce estranea si intromise:
– Drago Spaziale, qui è il capitano Hogan, della Squadra 4 dei pompieri di Sidney. Abbiamo un'emergenza, potete aiutarci?
– Purtroppo il Drago Spaziale è in avaria. Di cosa si tratta? – chiese Midori.
– Una piccola clinica ha subito gravi danni: grazie agli allarmi tempestivi è stata evacuata, ma pare ci siano ancora delle persone bloccate all’interno. Le altre nostre squadre sono quasi tutte impegnate in altri punti della città, solo la 6 del capitano Russell è riuscita ad arrivarci, prima che il mostro devastasse le strade e ne precludesse il raggiungimento.
Doc intervenne immediatamente: – Abbiamo ancora Bazzora nelle vicinanze, forse possiamo mandarvi qualcuno, ma a mezzi, per il momento, siamo scarsi anche noi.
– Qualunque aiuto, anche piccolo, sarà il benvenuto: vogliamo salvare quelle persone.
Bazzora era fermo ai piedi del Drago, Yamatake in attesa; Doc guardò gli altri ragazzi e non ci fu bisogno di dire altro: Bunta si precipitò fuori dall'unico piccolo passaggio per il personale rimasto agibile.
Briz lanciò un'occhiata di sguincio a Pete:
– Allora, Capitan America? Giochiamo ai pompieri? – lo provocò, ricordando la frase beffarda con la quale l’aveva presa in giro mesi addietro, durante il litigio tragico; poi gli girò le spalle, seguendo Bunta all'esterno. A Pete non rimase altro da fare se non seguire i compagni: almeno avrebbero fatto qualcosa di utile.
Bazzora giunse nei pressi dell’ospedale: la Squadra 6 guidata dal capitano Russell – un tipo competente e deciso, anche se piuttosto arrogante – non riusciva ad entrare a causa del crollo di parte della struttura. Yamatake scavò col suo mezzo una specie di galleria e sbucò all'interno della costruzione, aprendo una strada anche per il manipolo di vigili del fuoco, che si divisero rapidi per i vari reparti. Bunta e Yamatake seguirono le indicazioni di Russell e si diressero a perlustrare l'ala ovest, mentre a Pete e Fabrizia toccò quella est.
– Non posso crederci! Guarda che reparto ci è toccato! – esclamò Briz vedendo le indicazioni.
– Proprio la pediatria… Briz, cerca di non lasciarti influenzare troppo dalle emozioni, okay? – le disse Pete immaginando, conoscendola, quanto sensibile potesse essere la ragazza, sull'argomento bambini. Lei non commentò e salirono di corsa nel reparto, percorrendo due rampe di scale ancora agibili e raggiungendo un atrio, dal quale si accedeva alle degenze attraverso una porta tagliafuoco.
Nel corridoio l'aria era calda, secca e polverosa; c’era sentore di fumo, e il pavimento era disseminato da calcinacci staccatisi da alcune pareti, al momento solo percorse da brutte crepe: difficile dire quanto avrebbero retto.
Ispezionarono le stanze una per una e Briz a un certo punto si bloccò sulla soglia di una di esse, agghiacciata, vedendo spuntare, da sotto un pesante scaffale rovesciato, il busto di un'infermiera. Insieme, riuscirono velocemente a liberarla, purtroppo solo per constatare che per la donna non c'era più niente da fare.
Lei si sentì totalmente impotente: esitò, inginocchiata accanto al cadavere, pallidissima e con le labbra tremanti. La morte violenta, vista così da vicino, in un contesto tanto umano come poteva essere un ospedale, le fece quasi più impressione di un Mostro Nero che portava devastazione.
Pete la riscosse con una stretta sulla spalla.
– Briz…
– Lo so – disse lei sommessamente, rialzandosi – “Non possiamo salvarli tutti”, giusto?
Pete chiuse gli occhi e scosse appena la testa, rassegnato quanto lei.
– No, non possiamo. Forza, magari qualcuno che ha bisogno di noi, c'è.
A conferma di quelle parole, i due furono raggiunti da alcune grida di aiuto e dal suono di un pianto incessante. Oltre l’angolo del corridoio, un grande armadio metallico si era rovesciato e bloccava la porta di una stanza; al di là di essa si sentivano alcune voci disperate. Briz e Pete riuscirono a spostare un po’ l’armadio, quanto bastava per far aprire parzialmente la porta, e riuscirono a vedere tre persone terrorizzate.
La più grande poteva avere forse sedici anni: una biondina che teneva in braccio una bambina in lacrime, che di anni non poteva averne più di un paio; nonostante la differenza d’età, si vedeva a occhio che erano sorelle. Il terzo era un ragazzino bruno di circa dieci anni, con due immensi occhi castani spalancati dalla paura.
– Passami la piccola, presto! – ordinò Pete all’adolescente, la quale obbedì prontamente facendo passare, attraverso l’esigua apertura, la bimba che venne afferrata dal capitano.
Poi la ragazza spinse fuori il maschietto.
– Vai tu, Luke, forza! – lo esortò, mentre anche Pete, posata a terra la bambina, aiutava il ragazzino.
La biondina rimase per ultima, dando prova di altruismo e coraggio, infilandosi a fatica nel pertugio e riuscendo anche lei a guadagnare il corridoio aiutata dal pilota del Drago.
Briz si occupò dei due più piccoli: il bambino sembrava vagamente catatonico, e il suo nome, insieme all’immagine che campeggiava sul petto del suo pigiama, – un inquietante primo piano di Darth Vader – le diede un’idea per tentare di distrarlo dal terrore.
– Ehi, Luke Skywalker! – esclamò, cercando di incoraggiarlo arruffandogli i capelli – Qui dobbiamo svignarcela, e di corsa! Dobbiamo uscire dalla Morte Nera, prima che esploda.
Il bambino si riscosse, sorpreso che quella sconosciuta conoscesse i protagonisti di Star Wars.
Pete prese in braccio la bimba e si avviò di corsa nel corridoio, domandandosi se sarebbero riusciti a portare in salvo almeno questi tre, che già tossivano e ansimavano.
 
Pete-Annie  
 
– Sapete di nessun altro? 
– No, non che io sappia – rispose l’adolescente, che lo seguiva rapida insieme a Briz e a Luke.
– Forza, allora, tutti oltre la porta antincendio, nell'atrio! Là è ancora abbastanza sicuro!
Mentre correvano, un boato alle loro spalle annunciò il crollo di una parete sul fondo, da cui fecero capolino alcune fiammate. L'aumento di calore mise loro le ali ai piedi ma, passando davanti a una stanza, – quella in cui avevano trovato la povera infermiera – Pete si fermò in scivolata e passò la piccola a Briz.
– Andate fuori, voi! Io arrivo subito, ho visto qualcosa!
– Pete, ma sei pazzo? Fra pochi minuti qui si scatenerà l'inferno! Non possiamo salvarli tutti, me l'hai insegnato tu!
– E tu mi hai insegnato che dobbiamo salvare quelli che possiamo! Avanti, uscite nell'atrio e fai prendere fiato ai ragazzini! Un paio di minuti dovreste averli, ma non di più. Se nel frattempo non sarò tornato, battetevela, e alla svelta!
Briz non riuscì a replicare: Capitan Richardson l'aveva stupita per la milionesima volta, ed era sicura che non sarebbe stata nemmeno l'ultima. Con la bimba bionda fra le braccia, Luke attaccato alla sua cintura e la ragazzina alle calcagna, Fabrizia si precipitò oltre la porta antincendio e se la richiuse alle spalle, cercando un attimo di tregua nell'atrio, dove l’aria era più respirabile. Spinse il maniglione del portone che dava sulle scale e studiò la situazione: non avevano più l’aria molto sicura, dal piano terra cominciava a salire del fumo denso. Richiuse l’ingresso e si diresse in fondo a un corto corridoio, dove una porta a vetri sembrava portare a una scala antincendio esterna, sul lato dell’edificio opposto a quello da cui erano entrati.
Fece sedere i bambini a terra perché riprendessero a respirare, e si accosciò di fronte a loro, anche lei un po’ ansante; intanto non perdeva di vista il tagliafuoco oltre il quale aveva lasciato il Capitano.
– Come vi chiamate? – domandò Briz alle bambine, per distrarre loro dal pericolo e sé stessa dal pensiero di Pete.
L'adolescente bionda rispose: – Mya, e questa è mia sorella Annie: dovevano dimetterla oggi pomeriggio, io ero qui per farle compagnia fino all'arrivo dei nostri genitori. Anche Luke sta bene, suo padre era sceso di sotto a prendere un caffè, in attesa della lettera di dimissioni… e non sappiamo niente di lui. E i nostri genitori… saranno terrorizzati… – le parole le uscivano come un fiume in piena, forse nel tentativo di non farsi travolgere dal panico – Voi non siete pompieri – constatò poi, guardando il giubbotto viola di Fabrizia, con il simbolo del leone ricamato.
– No, facciamo parte dell'equipaggio del Drago Spaziale. Io sono Fabrizia Cuordileone, ma puoi chiamarmi Briz.
Luke si illuminò tutto, nonostante fosse impaurito e in pensiero per la sorte del padre: – Ma sei la pilota di Balthazar il Leone! – esclamò, dimenticando per qualche attimo il pericolo.
– Già, pare proprio di sì – confermò lei, poco sicura che l’essere diventati famosi come delle rockstar, fosse una buona cosa per la truppa del Drago.
– Ma… allora… Lui è… – balbettò Mya, arrossendo e indicando la porta antincendio chiusa – …è Pete Richardson, il pilota del Drago!
– Esattamente – rispose Briz, soddisfatta che i bambini non fossero troppo agitati, e cercando di non pensare perché Pete ci mettesse tanto: i due minuti erano agli sgoccioli.
– Accidenti, è persino più figo della foto che ogni tanto fanno vedere in TV! – esclamò Mya, con l'entusiasmo tipico della sua età.
Ma guarda un po’! Stavano rischiando la vita, tuttavia alla ragazzetta non era sfuggita l’avvenenza del loro Capitano. Briz decise di seguire quella scia, per tenerli distratti.
– Quanti anni hai, Mya? – le chiese rialzandosi in piedi, con lo sguardo sulla porta tagliafuoco.
"Avanti, Richardson, che diavolo stai facendo? Muoviti!" lo incitò col pensiero.
– Quindici – rispose intanto la biondina.
– È troppo vecchio per te, tesoro: lui ne ha almeno una decina in più – la avvertì, con un sorriso che nascondeva l'apprensione, mentre si dirigeva alla pesante porta ancora chiusa.
Che succedeva di là? Si sentivano rumori di piccoli crolli, e crepitio di fiamme. Il tempo stabilito era passato da alcuni secondi, se Pete non fosse tornato nel giro di pochissimo, sarebbero stati davvero costretti ad andarsene senza di lui: il solo pensiero la fece inorridire.
Poi sentì un urlo: – Briz! Apri la porta!
Lei obbedì prontamente, e fu come aprire la porta dell'inferno!
Pete si precipitò oltre il tagliafuoco, mentre Briz richiudeva a tutta velocità su un mare di fiamme. Il giovane si tuffò letteralmente nell’atrio, rotolando per terra e girandosi sulla schiena per non schiacciare il fagotto che reggeva tra le braccia.
– Ma che diavolo… Perché ci hai messo tanto? – lo rimproverò Briz, aiutandolo a rialzarsi, mentre lui tossiva, col viso annerito dal fumo e dalla polvere – Stai bene? – gli chiese, preoccupata.
– Credo di sì… e credo anche lui… o lei – rispose Pete, scostando la copertina in cui era avvolto un neonato di non più di tre mesi, che aveva cominciato a strillare come un'aquila.
Il calore cominciava a diventare insopportabile anche lì: dovevano andarsene subito e trovare un'uscita.
– Briz, prendilo tu: è più leggero, e io non so nemmeno come maneggiarlo, sinceramente – disse Pete, mettendole in braccio il neonato e dirigendosi verso gli altri.
– Fantastico! E cosa ti fa pensare che invece io sì? – brontolò lei, mentre obbediva prontamente.
– Andiamo, fanciullina, fai la donna, una volta tanto! Io prendo le bambine, tu pensa a Luke e al piccolo! – e così dicendo sollevò di nuovo Annie, afferrò Mya per un braccio, e si diresse alla porta a vetri che dava sulla scala metallica esterna.
La porta col maniglione antipanico era bloccata e, per un attimo, rimasero tutti attoniti; Pete sfoderò il fulminatore e con poche cerimonie sparò nella serratura, prima di avventurarsi sulla scala antincendio che tremolava paurosamente…
 
* * *
 
All'esterno, Yamatake, Bunta e il resto dei pompieri, insieme ai mezzi di soccorso, aspettavano di veder comparire le uniche sette persone che mancavano all'appello.
Yamatake aveva fatto uscire Bazzora dopo averci caricato sopra una vecchietta e una giovane signora visibilmente incinta, salvate da lui e Bunta. I vigili del fuoco avevano fatto il resto, l'ospedale era completamente evacuato, salvo Pete, Fabrizia, quattro bambini e un’infermiera, le cui famiglie disperate attendevano accanto ai mezzi di soccorso. Tra loro c’era anche il padre di Luke, che era stato portato al sicuro dai pompieri che lo avevano trovato mentre, dal pianterreno, tentava di salire al primo piano per raggiungere il figlio.
All'improvviso, all'interno della struttura, in fondo al passaggio scavato da Yamatake, ci fu un crollo: un immenso sbuffo di polvere e fumo si sollevò. I presenti guardarono costernati la nuvola scura, rendendosi conto che il passaggio si era sicuramente chiuso. I genitori dei ragazzini urlarono terrorizzati; una giovanissima mamma gridò:
– Michael! – poi cominciò a singhiozzare.
Lentamente, il polverone che avvolgeva quasi tutto l’edificio cominciò a diradarsi e, tra lo stupore generale, apparvero alcune figure barcollanti: nere di fuliggine e grigie di polvere e calcinacci, le sagome si delinearono nella luce opaca del sole offuscato dal pulviscolo.
Pete teneva Annie a cavallo sul fianco destro, e con il braccio sinistro cingeva le spalle di Mya che si reggeva a lui tossendo; Briz reggeva in braccio il neonato urlante da un lato e, dall’altro, teneva per mano Luke che, con i corti capelli dritti e gli occhioni scuri spalancati nel visetto annerito, avrebbe avuto un'incredibile avventura da raccontare.
Grida di gioia e battimani disordinati si alzarono dalla folla, poi Briz e Pete non capirono più niente: i medici e i paramedici gli furono attorno, presero i bambini per soccorrerli e loro stessi si ritrovarono con gli infermieri che li spingevano a sedere dentro un'ambulanza, slacciavano loro i giubbotti e gli aprivano le cerniere delle tute, per poi cacciargli le maschere dell'ossigeno sul naso; non si erano resi conto di quanto bisogno ne avessero, finché non si ritrovarono a respirare quel getto di aria fresca che gli si riversava nei polmoni.
Poco lontano da loro, Annie e Mya erano sottoposte allo stesso trattamento, abbracciate dai loro genitori; più in là, videro Luke divincolarsi a un certo punto dal paramedico e trascinare il padre ritrovato fino da loro. L’uomo li ringraziò, spiegando che, grazie a loro, i ragazzini non avevano subito grossi traumi, a parte una paura micidiale; persino il piccolo Michael, il neonato, stava bene.
Briz e Pete tirarono un sospiro di sollievo, un sollievo che fu però cancellato alla vista di un uomo e un ragazzo abbracciati, in lacrime: il marito e il figlio dell’infermiera che non sarebbe più tornata a casa.
Si resero conto insieme che, se Pete era riuscito a salvare il piccolo Michael, era stato quasi senz’altro grazie al sacrificio della donna, la quale doveva averlo sottratto dalla traiettoria dello scaffale caduto, che invece aveva travolto lei. Il neonato era scivolato sotto il letto, protetto e nascosto dalla culla rovesciata sopra di lui e dalla copertina in cui era avvolto, e, zitto come se ne era stato, Briz e Pete non lo avevano visto né sentito, presi prima dal pensiero della poveretta, e poi dalle urla e dai pianti degli altri superstiti. Miracolosamente, Pete lo aveva poi sentito e visto muoversi mentre scappavano, ed era tornato a prenderlo.
Si guardarono, di colpo intristiti e costernati: avevano salvato quelli che avevano potuto, ma non avevano potuto salvarli tutti. E anche a Pete, in quel momento, tutto sembrò una grande, irrimediabile ingiustizia: Sidney, quella sera, avrebbe festeggiato la vittoria e le vite salvate, ma avrebbe anche pianto i suoi morti.
La giovane mamma li raggiunse mentre, una volta ripresi, scendevano dall’ambulanza. Teneva il piccolo Michael fra le braccia, che si era addormentato stremato, ma illeso. Pete le raccontò brevemente le circostanze in cui lo aveva trovato e della sorte della vera salvatrice del piccolo. La donna lo ringraziò, commossa, e tornò dal marito che li guardava, grato, anch’egli con gli occhi pieni di lacrime. Insieme, la famigliola si diresse dal marito e dal figlio dell’eroica infermiera: forse, sapere che il suo sacrificio aveva salvato quella piccola vita, avrebbe mitigato un po’ il dolore dei suoi famigliari.
All’improvviso, Luke lasciò il fianco del padre e si precipitò ad abbracciare Briz: quel gesto, felice e spontaneo, stemperò quei tristi pensieri.
– Questi sono gli uomini su cui faccio colpo – commentò lei, sorridendo e stringendo a sé il bambino.
Pete scosse la testa, senza parole: perfino ora, Briz riusciva a mettere insieme una frase scherzosa!
Briz, tenendo un braccio intorno alle spalle di Luke, che non voleva saperne di staccarsi da lei, lo guardò, stanca ma più rilassata.
– Visto? Nonostante tutto, non è poi così male giocare ai pompieri – sussurrò, alludendo ai bambini salvati.
– Ammetto senza pudore che almeno questa parte mi piace – rispose lui.
In quel momento Mya si avvicinò di corsa e si fermò di fronte a loro, rossa come un peperone.
– Capitano Richardson… Pete… Grazie, hai salvato la vita a me e a Annie! 
Poi, prima che lui avesse il tempo di replicare, si alzò sulla punta dei piedi, gli mise le braccia attorno al collo e gli chiuse la bocca con un bacio mozzafiato. Pete rimase lì, impietrito, con gli occhi spalancati e le braccia leggermente allargate, terrorizzato, senza il coraggio di toccarla nemmeno per allontanarla da sé: Mya era minorenne, non voleva rischiare una denuncia! E se faceva niente erano pure in Mondovisione, con tutti gli elicotteri della stampa e delle televisioni varie che giravano lì intorno!
Luke li guardò e agitò una mano, disgustato, esclamando:
– Bleah! Ma che schifo!
Briz rimase un attimo indecisa se piegarsi in due dalle risate, o dare una mano all’amico; poi, visto che la ragazzina sembrava piuttosto tenace, decise per la seconda opzione: intervenire. Si avvicinò e, mettendole una mano su una spalla, la fece staccare dallo sconvolto pilota del Drago il quale, dalle labbra finalmente libere, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Briz guardò la ragazza con aria comprensiva.
– Mya, tesoro, lo so che il capitano Richardson è coraggioso e bellissimo, nonostante la faccia sporca di fuliggine, ma… è giusto che tu sappia che ha anche una fidanzata parecchio gelosa.
Mya li guardò, prima uno poi l'altra, e diventò ancora più rossa.
– Caspita, che stupida! – esclamò mortificata – Scusatemi, avrei dovuto capirlo prima che voi due…
– No, no, non hai capi… – fece per negare Briz.
Ma Pete la interruppe, mettendole un braccio attorno alle spalle e stringendola a sé, non tanto come una fidanzata, quanto piuttosto come un'ancora di salvezza. Lei decise di reggergli il gioco e, parlando sottovoce, disse:
– Non dirlo a nessuno, Mya. Siamo già fin troppo conosciuti, se lo scoprono i giornalisti stiamo freschi! Ci manca solo di finire anche sulle riviste di gossip!
– Okay, manterrò il segreto. Scusate, scusate… E ancora grazie, grazie di cuore, per averci salvate!
Li abbracciò di nuovo entrambi velocemente e tornò dai genitori. Luke capì che era ora anche per lui di separarsi dalla sua nuova amica e, con un ultimo abbraccio e un sorriso, tornò da suo padre.
– Briz… – cominciò Pete, col braccio che ciondolava con naturalezza attorno al suo collo – M-ma… hai visto come… Insomma, la biondina… mi ha b-baciato come una… grande!
– Lamentati! Ti è anche andata bene che è carina!
– Ma non è questo il punto! Avrà sedici anni!
– Quindici, in realtà… – lo corresse lei, serafica.
– Argh! Peggio che peggio, è una bambina! Ma cosa insegnano ai ragazzini di oggi!?
Due grandi ombre oscurarono il sole, seguite da una più piccola: il Drago spaziale, il Gaiking e lo Skylar toccarono terra poco lontano, sotto gli occhi di una folla entusiasta e festante.
La battaglia era conclusa, vinta da Sanshiro e Fan Lee, e grazie a Sakon, temporaneamente ai comandi, e a Doc e Jamilah, il Drago era tornato operativo.
– Puoi lasciarmi adesso – fece notare Briz a Pete, mentre si incamminavano verso il Drago.
– Ma anche no: hai visto mai che la ragazzina piovra, con tanto di ventose, torni indietro!
Mentre ridacchiavano, Yamatake e Bunta li raggiunsero, felici di trovarli sani e salvi e stupiti di vederli praticamente abbracciati; furono costretti a raccontargli l'episodio del bacio, e gli altri riferirono della vecchietta che si era quasi presa un colpo alla vista di un bisonte come Yamatake, e della signora incinta che per poco non aveva trasformato il Bazzora in una sala parto.
Briz si staccò da Pete, vedendo il Capitano Russell avvicinarsi a loro; gli andò incontro, per ringraziarlo del suo lavoro di coordinamento.
Bob Russell era decisamente un bell'uomo, a occhio e croce tra i trentacinque e i quaranta, con i capelli castano chiaro, gli occhi nocciola e un fisico imponente; un'ombra di barba sulla mascella accentuava l'aria da macho. Ma… Briz notò in lui anche un'aura di arroganza e senso di onnipotenza, come se il solo fatto di essere un coraggioso vigile del fuoco gli desse il diritto di prendersi tutto quello che gli piaceva; aveva già avuto la percezione, prima, di un  atteggiamento strafottente, e non le piacque per niente, proprio come il modo in cui la squadrava.
La sua sensazione era stata giusta: esauriti i convenevoli, lo sguardo insolente del pompiere si soffermò un attimo di troppo sul leone ricamato sul giubbotto viola di Briz, proprio sulla curva del seno; la battutina pesante gli uscì mentre allungava la mano verso di lei:
– Carino il leone… Morde se lo tocco?
Briz fece un passo indietro, a occhi spalancati per la spudoratezza di quella battutaccia, proprio mentre Pete, poco più in là, udiva la frase e si accorgeva della scena.
– Il leone no, ma lei si sogni anche di sfiorarlo soltanto, e mordo io! – fu la pungente risposta di Fabrizia, mentre gli spostava la mano con un colpo secco sul polso. Lui non se ne curò più di tanto:
– Ah, sei anche spiritosa – rise di rimando, avvicinandosi di nuovo fino a pochi centimetri da lei.
– Giù le zampe e stia in là, Capitano Russell! Da quando ci diamo del tu? – e indietreggiò ancora, finendo addosso a Pete che l'aveva raggiunta vedendola in difficoltà.
– Briz, tesoro, va tutto bene? – le chiese, tornando a cingerle le spalle.
Lei gli si strinse contro istintivamente, abbracciandolo: stavolta i ruoli si erano invertiti, e il Capitano dei Vigili del Fuoco era, a suo avviso, ben più pericoloso di Mya.
– Sì… io e il Capitano Russell, qui, ci stavamo… salutando – concluse Briz.
– Okay, okay – si arrese Russell, sollevando le mani – Non avevo capito che Briz fosse proprietà privata.
Pete lo fulminò con lo sguardo: – Per lei è il Comandante Cuordileone, e non è proprietà di nessuno! Ma visto che ragiona in questi termini e che porta un anello al dito, deduco che lei, capitano Russell, forse a qualcuno appartiene. Pensi alla sua, di donna, e non faccia il cretino con quelle degli altri!
– Ehi, biondino, con chi credi di parlare?
– Biondino ci chiama suo fratello! Non creda di spaventarmi con quella decina d’anni in più – fu la fredda replica di Pete che, nonostante l’imponenza di Russell, lo sovrastava di un paio di centimetri.
Il vigile del fuoco non replicò, squadrando la coppia con condiscendenza. Pete lo freddò con un ultimo sguardo tagliente e si trascinò via Fabrizia, che non aveva il coraggio di staccarsi da lui.
– Tesoro? Ma da dove ti è saltato fuori? – sibilò la ragazza.
– Eh, ho avuto l'impressione che a Capitan Bietolone Russell servisse qualcosa di molto chiaro, per capire che doveva lasciarti in pace.
– “Biondino ci chiama suo fratello”, eh? Mi sembra di averla già sentita, questa frase, in un’altra variante – fece Briz, ripensando a come gliel’aveva rivolta lei, al femminile, durante il loro primo burrascoso incontro.
Si lanciò un'occhiata alle spalle: Russell li stava ancora guardando e Pete commentò:
– Non credo fosse questo che intendevi, con giocare ai pompieri, vero? Perché se questo è l'altro genere di uomini su cui fai colpo… allora è mille volte meglio il piccolo Skywalker.
– Ah, senza ombra di dubbio.
– E dai, rilassati, mi sembra di abbracciare un manico di scopa! Non hai mai fatto mistero di trovarmi attraente: è tanto difficile, far finta che ti piaccio un pochino? – le disse Pete all'orecchio.
– Mmf, cretino. E comunque… grazie – sussurrò lei con un risolino, ubbidendo e stringendolo più forte, mentre continuavano a camminare lentamente verso il Drago, seguiti dallo sguardo torvo di Russell. Tenerlo abbracciato e sentirsi a sua volta stretta da lui era decisamente piacevole; non c’era un granché, da fingere. 
– Sei stata grande, con quei bambini – disse lui – Sei riuscita a sdrammatizzare tutto, e a tenerli calmi quando c'era da andare nel panico totale. Solo a una folle come te potevano venire in mente Luke Skywalker e la Morte Nera, in un momento come quello!
– L’hai detto: sono folle. E tu? Con Annie in braccio, in mezzo a tutto quel fumo… E quando sei sbucato dal tagliafuoco… Dio, eri fantastico, con quel neonato che non sapevi come tenere! Se penso che senza di te sarebbe morto!
– Sapevo di poterlo salvare: ho imparato anch'io qualcosa da te.
– Che ti piacciono i bambini?
– Anche.
– Sei sulla buona strada… Dragonheart. 
– Ahh, lo sapevo che ne avresti fatto un altro assurdo soprannome da appiopparmi alla prima occasione! Anche se è sicuramente meno sarcastico di Capitan America
Si fermò e le prese il viso tra le mani, per guardarla negli occhi. Briz abbassò lo sguardo, imbarazzata, e lui proseguì:
– Non abituarti troppo a questo lato di me, okay? Il replicante è solo per le grandi occasioni.
Briz si costrinse a risollevare gli occhi in quelli di Pete, che spiccavano come due acquemarine nel volto annerito, e gli rispose sommessa:
– Dentro di te c'è ancora una bella corazza di ghiaccio e di segreti, che non credo nessuno riuscirà mai a penetrare, tantomeno io. Ma al centro di tutto quel ghiaccio, Pete… c'è sicuramente il cuore di un Drago. Che, così a occhio… è più di quello di un leone. 
– Non ti sminuire così, proprio ora che hai fatto conquiste…
– Seeh! Bella roba!
– Vogliamo parlare delle mie?
Poi, sempre tenendole le mani sulle guance, le diede un rapido bacio sulla fronte. Briz, sconvolta, non riuscì a fare a meno di chiedersi cosa sarebbe accaduto se lei avesse sollevato il viso e quel bacio, invece che sulla fronte, le fosse piovuto sulle labbra.
Pensiero pericoloso, pericolosissimo! Da abbandonare subito, seduta stante!
Fu attraversata da un brivido, come una scossa.
– Ehi, che ti succede? – le chiese Pete sottovoce.
– Nulla, – mentì lei – una reazione nervosa a quello che abbiamo appena passato, suppongo. Mi sta venendo un po’ freddo…
Pete sembrò crederci, si sentiva anche lui strano e scombussolato, non era molto da lui. E anche se, in quel frangente, l'unico odore che potevano avere addosso era un mix di polvere, sudore e fumo, lui, dandole quel rapido bacetto, aveva avvertito comunque un vago sentore di biancospino.
Yamatake e Bunta li raggiunsero nuovamente per salire sul Drago, e si fermarono a guardarli, incuriositi.
– Che caspita succede, oggi, a voi due? Un attacco di romanticismo? Qui si va dall'odio all'amore con gran facilità, mi pare di vedere! – esclamò il lottatore di sumo, col suo tatto da elefante.
– Dai, Yamatake, non ci arrivi? – gli spiegò Bunta – È stata una recita per far sentire un verme Russell: non hai visto in che modo volgare si è comportato con Briz?
– Mmm… sarà! E io che cominciavo a credere che Briz fosse finalmente diventata una donna!
– Vai a fare un lavoro al cesso, Bisontirex! – esclamò lei, togliendogli ogni illusione e allontanandosi, a malincuore, da Pete.
– Cosa sarebbe un Bisontirex, scusa? – chiese Yamatake.
– Non si capisce? Un incrocio tra un bisonte e un T-rex!
– Effettivamente ti calza alla perfezione! – commentò Pete, salendo sulla rampa del Drago e dirigendosi insieme agli altri in plancia, ognuno alla propria postazione.
– Ma davvero tu e Pete stavate solo recitando? Non è scoccato nessun grande amore? – insistette Yamatake, dirigendosi al suo posto.
– Ma secondo te?! – esplose Briz, esasperata – Ti sei dimenticato chi siamo? Siamo Pete Richardson e Fabrizia Cuordileone! Facciamo fatica persino a comportarci da amici, certe volte!
– Già già… solo una recita per il pompiere porco, dunque –  Yamatake pareva un po’ scettico – No, perché… vi stava venendo benone. Complimenti!
– Ma sei ancora qui? Non ti avevo mandato al cesso?
In quel momento, tramite gli auricolari si intromise la voce di Pete, che era già seduto ai comandi del Drago:
– Senti, giusto per farti felice, Yamatake, potremmo dire che Briz è la mia miglior nemica, okay? Sei contento ora? E adesso vai dove ti ha detto lei, poi magari torniamo anche a casa!
"La tua miglior nemica, eh? Chissà, ci può quasi stare…” pensò la ragazza allacciandosi le cinture, mentre tutto l’equipaggio si scioglieva in una breve risata, cercando di dimenticare, per quanto possibile, che ogni battaglia di quella maledetta guerra si lasciava dietro una scia di vittorie e di sconfitte, di vite salvate e di vite perdute.

> Continua…
 
 
 
Nota:
 
MiciaSissi, volevi i baci! Peccato che non fosse esattamente questo che intendevi, vero? Muahahahah! Sono perfida, lo so!
 
Questo disegno mi è costato una fatica bestiale, i primi due tentativi di ispirarmi alla foto di un attore con la figlia in braccio, sono stati allegramente appallottolati e cestinati! A quel punto ho deciso che l’immagine dovevo farmela io in testa, e copiare da quella. E così ho fatto.
(Grazie, 2015Robin! Se mai leggerà qui, so che capirà, lei che disegna senza copiare!)
Spero di essere riuscita a rendere l’idea, ma disegnare i bambini, tutti fossette e manine e piedini cicciotti, è difficilissimo!
  
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