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Autore: Geh__    12/02/2017    2 recensioni
E si sa, se sei uno Stark non puoi avere una vita tranquilla, figuriamoci se tuo fratello è Iron Man.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, T’Challa/Black Panter
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Non si sentiva furiosa come aspettava di sentirsi. Provava solo una leggera irritazione.
E lei sapeva perché, ma sapeva anche che era sbagliato. Oppure no? A New York aveva la sua vita: i suoi amici, la sua casa, il suo lavoro, i suoi pazienti, il suo cuore. Ma era da un po' di tempo che aveva voglia di evadere e di vivere qualcosa di nuovo. Aveva sempre ignorato questo desiderio che stava crescendo dentro di lei, ma ora... ora aveva questa opportunità, perché non coglierla?
Non si fidava di Tony, per niente, sapeva che c'era qualcosa di più sotto, ma al momento non gliene importava. Confusa, passeggiava per New York in quella calda giornata primaverile, sperando le arrivasse qualche illuminazione dal cielo.
Era triste, in quel momento avrebbe voluto soltanto sua madre. Quella madre dalla quale era stata privata troppo prematuramente. Emma aveva soltanto 7 anni quando suo padre e sua madre morirono, eppure li ricordava benissimo. E ricordava benissimo il giorno in cui morirono. Quello fu uno dei giorni più devastanti della sua vita. Emma non capiva, come poteva? Era poco più di una bambina, e si ritrovò all'improvviso senza genitori, sola con Tony e Jarvis.
Quando Tony gli aveva raccontato chi era stato ad ucciderli, provò una fitta rabbia, non solo per l'assassino, no... anche per Steve.
Era arrabbiata con Steve perché lui sapeva, sapeva e non aveva mai detto niente.
Ma la rabbia che provava per il Soldato d'Inverno era diversa. All'inizio provava una rabbia cieca, furiosa. Ma più passavano i giorni e più la rabbia cambiava, Emma diventava arrabbiata perché non riusciva ad essere arrabbiata con lui. Avrebbe voluto odiarlo, lo desiderava, perché quello che meritava era il suo odio. Ma non ci riusciva, perché sapeva ciò che gli era stato fatto, e sapeva che non era lui. Ma quel tipo non meritava la sua comprensione, e sperava con tutto il cuore di non incontrarlo mai.
Emma sapeva dove doveva andare.
Salì su un taxi facendo (come sempre) pensieri paranoici sull’autista che poteva essere un serial killer.
«New York Presbiterian»
Mentre raggiungeva l'ospedale si aggiustò il trucco, destando l’attenzione dell’autista.
«Non dovete metterle quelle porcherie sulla faccia, lo dico sempre anche a mia nipote, ma non mi ascolta mai… e poi si lamenta dei brufoli!»
Emma sorrise, aveva ragione, ma lei senza trucco non riusciva proprio a vedersi.
«Ha una nipote?»
«Sì, sì, due per la precisione. Ma quella che si trucca ha 14 anni… ma io non sono così vecchio, è mia figlia che è uscita incinta a 17 anni… quella pazza… lei ha figli?»
«No, non ne ho»
«Capisco. Beh, siamo arrivati, sono 12 dollari. Buona giornata»
«Anche a lei»
Entrò in ospedale sollevata dal fatto che l’autista non si era rivelato un serial killer, ma soltanto un padre di famiglia diventato nonno troppo presto. Emma camminava per l’ospedale furtivamente, speranzosa che nessuno si accorgesse che si trovava lì durante il suo giorno libero, non aveva voglia di rispondere alle mille domande. Arrivò nel reparto maternità senza aver incontrato nessuno, un po’ affannata per le scale che aveva fatto.
Andò a vedere i bimbi appena nati nel nido. Lo faceva spesso, ultimamente, e non capiva perché. Un giorno, dopo che aveva operato e il paziente era deceduto, si ritrovò in quel corridoio a vedere quei fagotti appena nati. Era stato terapeutico vedere quei bambini pieni di vita dopo che una persona le era appena morta sotto gli occhi.
«Signorina, non può stare qui… Emma, sei tu! Che ci fai qua?»
Era Jennifer, l’ostetrica, una ragazza così bassa che sembrava una bambina di 12 anni.
«Ciao… ehm… ieri avevo dimenticato una cosa qua e sono venuta a riprenderla, così sono passata»
Jennifer le sorrise e andò ad affiancarla, guardava i bambini innamorata.
«L’ho capito che ti piace qua… come darti torto? Sono adorabili…»
«A me non piacciono così tanto i bambini. In realtà non ci sono mai andata d’accordo»
Ed era vero: Emma li odiava. Aveva provato a essere simpatica con loro, ma finiva sempre con qualcuno che le tirava i capelli o lei che gli urlava contro qualcosa come “Stupido bambino viziato!”. Jennifer la guardò interrogativa.
«E allora perché vieni sempre qua?»
«Probabilmente perché… lo sai, da me si vede tanta gente morire… vedere loro mi da ancora speranza»
«Mi chiedo sempre come fate a sopportarlo»
«Dopo un po’ ti abitui. All’inizio per me è stato orribile, mi ritrovavo sempre da qualche parte a piangere, però dopo del tempo per te la morte diventa una costante e vederla tutti i giorni non ti stupisce più. Ed è preoccupante, non trovi? Ti senti come se non avessi più sentimenti»
In quel momento un bambino iniziò a piangere, e Jennifer dovette andare dentro a calmarlo.
«Beh, quello che ti posso dire è che tu i sentimenti ce li hai eccome, sennò non verresti qui. E non badare alle altre che ti guardano torve, fai quello che ti senti di fare»
Emma la salutò, e mentre usciva dall’ospedale, si ritrovò con il telefono in mano.
«Se mi hai chiamato per urlarmi contro vorrei dirti che ci tengo ancora al mio orecchio…»
«Ci vengo»
«Come?»
«Lo so che hai capito. Verrò in Wakanda con te»
Dall'altro lato della cornetta, Tony sorrise soddisfatto.

                                                                                       *  *  *

Ciao! :)
Questo capitolo è molto corto, ma diciamo che è un capitolo di transizione, il prossimo sarà più lungo. 
Iniziamo a conoscere di più Emma, della sua vita e del suo carattere. 
Come sempre, mi aspetto una recensione! ahahaha 

A presto


 
  
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