Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Sisko31    13/02/2017    0 recensioni
Lia è una ragazza difficile. Da quando era bambina non ha fatto altro che passare da un affidamento all'altro. Ha un gran talento per finire sempre nei pasticci. Samantha e Vitto, i genitori affidatari, non ne possono più. Da domani frequenterà un istituto per ragazzi difficili. Lia rifiuta ma il suo migliore amico Carlos la convincerà a provare la nuova esperienza. Nell'istituto fa conoscenza con un certo Rossini, detto "Red", un tipo prepotente e testardo. I due si scontrano spesso ma col passare del tempo Lia scoprirà che "Red" ha un enorme segreto. Un segreto che cambierà per sempre la vita di tutti e due.
Genere: Drammatico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’infermiera ci svegliò alle otto e mezza. Con gli occhi ancora impastati di sonno guardai in direzione di Alex. Era mezzo spettinato e la maglietta era tutta stropicciata.

-Buongiorno ragazzi. Allora Lia, come ti senti oggi?- mi chiese tutta allegra. Ma come faceva ad essere allegra a quell’ora? Mi misi a sedere. Le fitte non erano passate ma erano migliorate. Non mi facevano più così male.

-Meglio, non fa male come ieri sera- dissi sbadigliando rumorosamente. Lei scrisse qualcosa sulla mai cartella e sorrise.

-La colazione arriverà fra poco ragazzi. Intanto Lia, puoi vestirti. Ti dimettiamo-. Grazie a Dio!

Odiavo gli ospedali. Ci passavo sempre un sacco di tempo. Ormai lo conoscevo a memoria. Se non era per me era per Carlos o uno dei suoi amici. Mi guardai attorno alla ricerca dei miei vestiti.

-Cerchi questi?- Alex me li sventolò davanti agli occhi. Erano stropicciati fino alla morte.

-Mi ci sono addormentato sopra, scusa-. Il nervoso mi salì alle stelle. Ma non guardava dove si buttava? Ah, giusto, è un po’ ritardato. Li presi senza dire nulla. Mi infilai i pantaloni con fatica.

-Girati. Devo mettermi la maglia-. Alex si girò facendo mani in alto.

-Mi dica lei quando girarmi signorina Parker-. Dopotutto non era così malaccio. M’infilai la maglietta di fretta. Lo guardai ancora un po’.

Non era mica un brutto ragazzo. Capelli arruffati e scuri, due occhi profondi come l’oceano e un corpo atletico. Dopotutto non ero l’unica a tenermi in esercizio scappando dalla polizia.

-Fatto- esclamai. Si girò lentamente tenendo gli occhi chiusi. Almeno era leale. Ne aprì uno lentamente e poi l’altro.

-Pensavo fosse una prova- scherzò. La colazione arrivò assieme al mio foglio di via. Spazzolai tutto quanto. Avevo una gran fame. Alex avrebbe mangiato all’istituto. Mi pulii la bocca e uscii dalla stanza. Mi stavo già incamminando verso l’uscita quando Alex mi chiamò.

-Io vado a vedere Red. Vieni anche tu?-. Stava scherzando? Davvero me lo stava chiedendo? Ma per favore! Lo guardai in faccia con una smorfia. Alex alzò le spalle e andò nella direzione opposta.

Non potevo chiamare Carlos, avrebbe voluto solo delle spiegazioni e si sarebbe messo nei guai. Camminai su e giù per l’atrio fissando l’orologio. I minuti passavano lenti. Era da ormai quasi mezz’ora che Alex era andato a trovare Red. Ne avevo abbastanza. Presi l’ascensore e salii.
Quando le porte si chiusero mi guardai allo specchio. Ero conciata maluccio. L’occhio destro era violaceo e un po’ gonfio e il labbro gonfio e rosso. Almeno non avrei dovuto mettere il rossetto per quella settimana. Le porte si aprirono e andai verso la stanza 26. Un’infermiera mi bloccò.

-E tu che ci fai qui? Non sono ammessi visitatori. Solo i famigliari- disse in tono di rimprovero. Io volevo solo tornare all’istituto per farmi una doccia e dormire.

-Ah eccoti qui. Stia tranquilla, è mia sorella- disse Alex alle spalle dell’infermiera. Guardò me e poi Alex.

-Fratellastri, stesso padre- aggiunse.

-Siete in tanti in famiglia- bofonchiò lei. Cosa voleva dire? Feci un rapido calcolo. Ecco come Alex aveva potuto vedere Red! Allora funzionava ancora la lampadina del suo cervello! Non dissi nulla per non metterlo in difficoltà.

-Vieni, saluta nostro fratello che poi andiamo-. Il suo tono da fratello maggiore mi diede sui nervi. Non ce lo vedevo proprio a farmi da fratello maggiore. Gli andai incontro ed entrammo nella stanza di Red.

-Alex, ti vuoi dare una mossa? Voglio andare a farmi una doccia!- gli urlai in faccia entrando.

-Con chi hai fatto a botte?!- chiese immediatamente Red con voce dura e roca. Mi girai a guardarlo. Il suo sguardo era pieno di rabbia. Ma possibile che ce l’avesse sempre con me?

-Non sono affari tuoi - dissi rivolta a Red - Andiamo per favore?-.

-Lia, chi è stato?- mi ringhiò contro. Stavo perdendo la pazienza. Anzi, l’avevo già persa in atrio venti minuti fa.  

-Ma che cazzo ne so! Amichetti tuoi all’istituto-. Ma perché mi stava facendo il terzo grado? Mica era mio padre!

-Sono stati Niko e i suoi amici. Sai che quando non ci sei fanno quel cazzo che gli pare-intervenne Alex. Red tacque di colpo, smise persino di guardarmi. Strinse i pugni fino a farsi scrocchiare le nocche.

-Non impari mai la lezione, vero? La prossima volta potrebbe andarti molto peggio- 

-E a te che cazzo te ne frega? Te l’ho detto, stai fuori dalla mia vita!- gridai. Con uno scatto Red mi prese la maglietta e mi avvicinò alla sua faccia. I nostri nasi si sfioravano.

-Ascoltami bene ragazzina, ci sei dentro fino al collo quindi ora smettila di fare la bambina viziata, dacci un taglio con le risse e, per favore, tieni a bada la tua lingua biforcuta vipera che non sei altro-.  Ah, se non avessi avuto la costola incrinata! Erano stati loro a venire da me e a mandarmi all’ospedale e non ero una bambina viziata!

-Smettila di chiamarmi bambina viziata. Sei solo fortunato che io non pesto gli infermi e te lo ripeto ancora una volta; resta fuori dalla mia vita che tu per me non sei nessuno- sibilai a denti stretti. Un lampo gli illuminò gli occhi. 

-Se davvero non sono nessuno per te allora come mai ieri notte sei stata affianco a me?-. Già, perché? Rimasi in silenzio per qualche istante.

-Perché mi facevi pena ma poi me ne sono pentita. Ti sei messo tu in questa situazione, tu hai fatto il coglione quindi perché provare pietà quando mi fai solo schifo?-. Le mie parole lo ferirono in qualche modo perché mi lasciò andare senza guardarmi in faccia.

-Bene, allora lo schifo ti saluta. Alex portala in istituto. Io e te ci vediamo appena esco di qui-. Il sangue mi ribolliva nelle vene. Mi spintonò fino all’ascensore. Potevo percepire tutto il suo disgusto nei miei confronti. Quando entrammo in ascensore mi chiese schifato
-Devi proprio sputare veleno su tutti?-.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Sisko31