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Autore: BeatrixLovett    13/02/2017    1 recensioni
Scabior la gettò a terra e Beatrix atterrò sulle ginocchia.
La ragazza alzò lentamente la testa per vedere colui che aveva davanti. I suoi occhi non avevano mai visto veramente il mondo, non si erano mai soffermati sullo splendore della natura o sulla bellezza di una persona. Quel naso non aveva mai gradito il profumo della dolcezza. Quelle labbra non si erano mai mosse in un sorriso amabile, in una risata di gioia o in un bacio. Il male era davanti a lei, fatto uomo.
Genere: Dark, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Famiglia Lestrange, Famiglia Malfoy, Mangiamorte | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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Capitolo 14
Speranza

 
 

Una mano scheletrica sbucò dall'oscurità. La sentì muovere attraverso le sbarre, verso di lei. Ne avvertì la dura presa sulla spalla. Non provò a svincolarsi perché sapeva che se anche ci avesse provato, non sarebbe riuscita a muoversi dato che era pietrificata per il freddo. Il respiro le si era fatto sempre più corto. L'ultima cosa che vide, prima di sprofondare nel buio più completo, fu il volto spettrale della creatura farsi sempre più vicina con la bocca spalancata. Sentì il bacio del dissennatore sulle labbra e si sentì cadere in un vortice di morte, mentre l'anima le veniva sottratta.
Sbarrò gli occhi.
Lo stesso incubo la tormentava ogni notte. Ci conviveva, eppure era sempre terribile come la prima volta.
Si tirò su dalla poltrona.
Chissà cosa stava facendo il suo Signore in quel momento. Forse aveva bisogno di lei. Lottò contro il desiderio di raggiungerlo. Non poteva disturbarlo. Sarebbe stato Lui a chiamarla.
Sfoderò la bacchetta dalla fodera. Guardò la sua arma dalla forma curva che l'aveva servita per così tanti anni fedelmente. Quanti oppositori aveva torturato e ucciso con essa. Aveva fatto tutto quello che il suo Signore le aveva chiesto.
Cominciò a girarsela tra le mani, mentre camminava su e giù per la stanza ormai buia.
Ripensò al giorno in cui l'aveva conosciuto. Aveva solo undici anni, ma se lo ricordava molto bene il primo giorno a Hogwarts. Lui venne chiamato per indossare quel vecchio e sudicio Cappello Parlante. Avanzò sicuro verso lo sgabello e dopo poco era già seduto al tavolo dei Serpeverde, prendendo posto accanto a lei. Gli altri si congratulavano con lui per essere entrato a far parte della casata. Lui non disse niente, né guardò nessuno. Accennò solo un piccolo sorriso di compiacimento. Come dimenticarlo? Era davvero un ragazzo affascinante. Non solo per l'aspetto fisico, aveva qualcosa di molto di più. Era dotato di una strabiliante intelligenza per essere appena un undicenne. Possedeva grandi abilità che nessun ragazzo della sua età aveva mai sperimentato, come saper parlare con i serpenti e nessuno dei presenti, quel giorno, avrebbe mai immaginato chi sarebbe diventato. Eppure lei aveva avvertito qualcosa di diverso in Lui. Un’aura di mistero avvolgeva quel ragazzo e l'attrasse a sé sin dal primo momento. Mai lo tradì. Mai ebbe dubbi. Lei era stata la prima a giurargli fedeltà e così era ancora. Avrebbe preferito morire piuttosto che lasciarlo. Quando era molto arrabbiato spesso torturava qualcuno. Lei non osava mettersi in mezzo, anche se prendeva sotto tiro un componente della sua famiglia. Se Lui aveva deciso così evidentemente lo meritavano. Anche quando sotto alle sue sevizie ci finiva lei. Lo lasciava fare. 
Si girò verso il letto vuoto. Rodolphus non c’era. Ormai erano anni che non dormivano insieme. Il  loro matrimonio era stata una semplice unione di sangue puro di cui condividevano solo l’alleanza a Voldemort.
Chissà dov’era?
Andò alla finestra. La luna sbucava tra due grosse nubi nere, un raggio di luce filtrava attraverso il vetro, illuminandole il braccio sinistro. Si tirò su la manica del vestito e guardò il tatuaggio. L'inchiostro era nero e lucido, come se fosse stato appena fatto, da oltre trent'anni aveva impresso sulla pelle il simbolo dei Mangiamorte: il serpente attorcigliato che usciva dalla bocca di un teschio. Quante volte lo aveva guardato in quei tredici anni chiusa ad Askaban! Era stata la sua unica consolazione. Non aveva niente a cui aggrapparsi in quella sudicia e buia cella, se non la convinzione che Lui sarebbe tornato. Aveva vissuto quell'inferno per lui, aggrappata alla sola speranza che sarebbe venuto a liberarla, giorno dopo giorno sempre più pazza di dolore per la lontananza del suo Signore. Infatti così fu.
 Aveva dedicato la sua vita al fianco di Lord Voldemort. Sarebbe stata Sua, alleata, fino alla fine. Lei, Bellatrix, la Sua mangiamorte più fedele. Avvicinò il braccio alle labbra e baciò il Marchio Nero.

Sentì il rumore di passi sulla ghiaia e il suo sguardo si spostò verso il basso. Era un gruppo di Ghermidori e in mezzo a loro c'era una ragazza dai capelli biondi. 

 
Un uomo attendeva fuori, illuminato dalla luce di alcuni lampioni posti ai lati di una sontuosa scalinata in pietra. Quando furono abbastanza vicini, Scabior liberò  Beatrix e la spinse in avanti, sotto la luce.
Era da tanto tempo che lei e Lucius non si vedevano. I lunghi capelli biondi che teneva sempre lisci e sciolti sulle spalle ora erano spettinati e crespi, i vividi occhi azzurri erano segnati da pesanti occhiaie, era molto pallido e la barba era di qualche giorno. Strano per un uomo come Lucius che aveva sempre curato il proprio aspetto esteriore.
Non si dissero nulla.
«Seguitemi! »  ordinò, guardando a malapena la ragazza e incamminandosi all'interno della villa. Procedeva sostenuto da un bastone da passeggio ricoperto d'argento, l’impugnatura raffigurava una testa di serpente sulla quale erano incastonate, due preziose pietre di smeraldo al posto degli occhi.
La casa era arredata con sfarzo. Un grande tappeto persiano copriva gran parte del pavimento, mentre alle pareti erano appesi molti ritratti, probabilmente antenati dei Malfoy.  «Vergogna!» «Disonore!» «Mezzosangue» si sentiva dire dai dipinti quando Beatrix ci passava davanti.
Lucius si fermò, si voltò verso la ragazza facendole cenno. La ragazza gli si avvicinò e l'uomo la prese per il braccio. «Vai qui dentro e restaci.» le sussurrò con tono autoritario, senza guardarla. Beatrix fece quanto gli aveva detto, ma nel frattempo sentì che la conversazione continuava. «Ve li abbiamo consegnati, ora vorremmo essere ricompensati, Signor Malfoy.»
 «Lo sarete e... ho altro lavoro per voi... ne parleremo nel mio ufficio»  
 «Beatrix, cosa ti è saltato in mente!»
 La ragazza si voltò, Narcissa stava avanzando verso di lei. Notò che era molto più magra dell'ultima volta che l'aveva vista. Il suo viso era diventato quasi scheletrico. Gli occhi erano infossati e segnati da profonde occhiaie. Anche lei era vestita in tenuta nera, come il marito. La donna la tirò a sé, sussurrandole: «Ti hanno fatto qualcosa?»
«No» rispose la ragazza, a bassa voce «…sto bene…» 
«Ma sei gelata… »  riprese Narcissa con voce normale, «...riscaldati un po', non abbiamo molto tempo...» La donna fece sedere la ragazza su un divano vicino ad un grosso camino. Con un movimento della bacchetta  accese il fuoco, chiuse la porta, fece comparire uno scialle che l'avvolse sulle spalle e una tazza di the caldo che la ragazza prese tra le mani. Per la prima volta si sentiva in colpa per quello che aveva fatto. Le sue priorità erano sempre stati i suoi amici. Non aveva mai pensato a cosa poteva succedere alla sua famiglia, che quella era e doveva accettarlo. Narcissa non disse niente attendeva che fosse lei a dire qualcosa. «Mi dispiace»  riuscì solo a proferire, «Mi dispiace se avete dovuto pagare voi per quello che ho fatto, ma... » la frase le morì in gola.
«Beatrix...»  cominciò a dire sua zia, sedendosi accanto a lei, «Ci sono molte cose di cui dovremmo discutere, dovrai rispondere a tante domande... ma prima di ogni altra cosa devi sapere che il Signore Oscuro è qui e che vuole che tu vada da Lui…» la voce di sua zia si spezzò.
La ragazza sollevò la testa, «Va bene Narcissa, ora che sono qui, non devi più temere per la tua famiglia!»  
«Ma che brava!» esclamò una voce familiare. «Ora Beatrix ha messo la testa a posto. Ora farà tutto quello che le verrà detto» Draco era in piedi, appoggiato alla parete, con le braccia conserte sul petto.
«Draco...» lo chiamò la donna.
 «No, madre. Mentre lei cercava di fare l'eroina, eravamo noi a pagare per lei. Non basterà qualche bella parola per rimediare!»
 «Mi dispiace Draco, ti ho già detto che mi prenderò ogni responsabilità per le mie decisioni, anche al costo della vita, sistemerò tutto…»  puntualizzò Beatrix,  nel mentre qualcuno fece irruzione nella stanza, procedendo verso di loro, accompagnata dal rumore dei tacchi sul pavimento lucido.
«Già qui, Beatrix? Ma come, ti sei già stufata di stare con i tuoi amici mezzosangue?»  la schernì, la donna, avvicinandosi. Bellatrix indossava un abito nero, stretto in vita da un bustino in pelle e con le maniche staccate, tenute insieme con dei lacci. I capelli erano meno arruffati del solito, raccolti in cima alla testa in una acconciatura, mentre dei ciuffi più corti le contornavano i lati del viso. «Ho pensato di venire a farti un salutino...»  continuò Bellatrix mantenendo il tono ironico. «…visto che molto probabilmente sarà l'ultima.»
Silenzio.
«Ah, dimenticavo…»  riprese Bellatrix, «ti devo questo!» esclamò assestandole un ceffone che le colorò la guancia di scarlatto. 
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime per l'umiliazione.
«Avanti... tra poco rivedrai i tuoi amici...»  aggiunse con finto tono consolatorio, «Vediamo fino a che punto ti ridurrai per salvarli.»  

Entrarono in una stanza rettangolare. Nel mezzo c'era un lungo tavolo di mogano, circondato da sedie dagli alti schienali. L’unica illuminazione era un grosso camino in marmo, nella parte opposta della stanza, dove le fiamme crepitavano illuminando parzialmente la stanza.
Una figura dava loro le spalle. «Mio Signore...» 
Beatrix trasalì non solo per chi aveva davanti, ma anche per la voce che era appena uscita da sua zia. Era profonda, rispettosa e passionale. Non quella acuta e bambinesca che spesso usava per schernirla.
L'uomo si girò verso le due e Beatrix rimase sbalordita del fatto che era completamente l’opposto di come lo descrivessero. Voldemort non aveva affatto sembianze di rettile, anzi era un uomo di bell’aspetto, sulla mezza età, calvo. Avvolto in un mantello nero che lasciava intendere comunque un corpo normale caratterizzato da braccia muscolose. 
«Le ho portato la ragazza, Mio Signore.»  
Beatrix si voltò verso sua zia per accertarsi che fosse davvero lei. Ed era vero, Bellatrix Lestrange era protesa sul tavolo verso Voldemort. Gli occhi fissi su di lui. In trepidante attesa di un suo comando.
«Molto bene... »  rispose la voce bassa di Voldemort.
«Posso fare qualcos'altro per lei, Mio Signore?» s’affrettò a chiedere Bellatrix. 
«Nient'altro Bellatrix, puoi andare...»
 «Sempre fedele al Mio Signore...»  si congedò la donna, facendo un profondo inchino e arretrando, poi raggiunse la porta e la chiuse alle sue spalle.


Rimasta sola, Beatrix avvertì lo sguardo del mago su di sé. Si voltò e si accorse che Voldemort si era materializzato davanti a lei.
«E così saresti tu…» cominciò a dire, studiandola con i suoi profondi occhi verdi. «La figlia dei Todd...»
«Sì… sono Beatrix Todd» rispose la ragazza cercando di mantenere il controllo.
«È un incresciosa situazione.... ultimamente ci sono state delle vicende poco spiacevoli che riguardano te, le tue compagnie e la tua famiglia... ma forse tu potresti risolvere collaborando… credi anche tu, Beatrix?» L’espressione di Voldemort non trasudava emozioni ed era difficilmente prevedibile.
«Per esempio… una domanda facile… chi è dei tuoi amichetti ad essere tanto speciale, tanto da consegnarti a me con tanta facilità? »  domandò lui con voce gelida.
«Amici? Io non ho amici… non più»  rispose in un sussurro la ragazza. 
Voldemort abbozzò un sorriso soddisfatto e scoppiò in una risata malvagia. Ecco in quel momento assunse la figura con la quale lo descrivevano, un serpente.
La ragazza gelò.
«Bugiarda» La colpì al viso, sulla guancia che aveva già subito l'oltraggioso schiaffo da sua zia, sentì un dolore pungente e un liquido caldo che le scivolava giù, lungo il collo. «Non ti conviene mentirmi, stupida ragazza. So perché sei qui e se anche riuscirai a liberarli sappi che ti spetta una sorte ben peggiore della loro!» 
Beatrix pensò che poteva anche fare a meno di farle domande se sapeva già tutto, ma rimase zitta. Incassò un altro colpo. 
«Tu sottovaluti i miei poteri... so a cosa stai pensando...»  
La ragazza continuò a rimanere in silenzio, cercò di pensare solo al dolore della guancia in fiamme.
«...hai paura che io legga la tua mente... perché? Quali segreti hai che possano interessarmi?» Il volto di Voldemort si era fatto spaventosamente vicino.
Beatrix rimase in silenzio.
 «Deludente, mi aspettavo di più da te. Quando sei insieme ai tuoi amici fai la coraggiosa e da sola, davanti a me, tremi?»  S'avvicinò ancora, sussurrandole all'orecchio, «La tua paura alimenta il mio potere.» Voldemort si mise a girarle in tondo, come un serpente che avvolgeva nelle sue spire un topolino. Si stava mettendo male per il piccolo roditore. «Bene, vorrà dire che mi sbarazzerò subito di te» concluse l'uomo puntandole contro la bacchetta. 
«No! Mio Signore, io imploro la vostra clemenza. Riconosco tutti i miei errori e vorrei porvi rimedio, so bene che non posso cambiare il passato, ma vi chiedo di concedermi una seconda possibilità... permettetemi di dimostrarvi la mia lealtà che ora è riposta in voi soltanto...»  implorò con una voce che non riconobbe come sua, ma alterata dalla paura e dal disgusto verso sé stessa.
Il volto di Voldemort mutò in un espressione di pura malvagità. «Come osi venire a implorare pietà a me? Tu che hai arrecato soltanto disonore al sangue magico!» Colpì ancora la ragazza che cadde in ginocchio ai suoi piedi. Un rivolo di sangue le uscì dalla bocca. «É vero che ti sei schierata dalla parte di Silente la notte in cui i miei Mangiamorte sono entrati a Hogwarts? » 
«Sì »  rispose la ragazza e questa volta lo guardò in faccia.
Lui non trasgrediva alcuna emozione, il suo volto inumano era pura malvagità. «E non è forse vero che hai cercato di ostacolarli, come hai fatto anche al Ministero, trasgredendo le mie leggi e cercando di liberare una mezzosangue condannata?» 
«Sì, é vero... Mio Signore...»  rispose Beatrix, mesta.
«E cosa ti fa pensare che risparmierò la tua vita stanotte?» domandò crudele, ma ancora prima di ricevere risposta aggiunse: «Il prezzo per la mia clemenza è molto alto. Cosa hai da offrirmi? » 
La ragazza inizialmente non capì, poi si ricordò del suo dono. Come poteva saperlo? L'unico che ne era a conoscenza era suo fratello. A meno che... «Il tuo dono, la premonizione, è interessante... ma non basta! »  la precedette Voldemort, confermando il pensiero della ragazza che dovette lottare per ricacciare indietro le lacrime e abbassando la testa proclamò: «La mia anima appartiene a voi, il mio braccio, la mia bacchetta... obbedirò ad ogni vostro ordine. Sono pronta ad uccidere ogni oppositore che ostacolerà la vostra ascesa al potere. Avete la mia fedeltà.»  
Voldemort abbassò la bacchetta, ma Beatrix si sentì come se fosse stata colpita, come se la parte migliore di lei fosse morta. Lui la guardò a lungo, poi allungò un braccio sotto al tavolo e quando lo riportò su, un enorme serpente vi si era avvinghiato, lo fece salire sul tavolo e lo accarezzò come se fosse un animale domestico. «Allora lo verificheremo subito...»  disse con un sorriso malvagio impresso sul pallido volto, «Portami la bacchetta di sambuco, non importa se non sai dove sia, se lo farai lo vedrai in una delle tue premonizioni, giusto?»  disse sogghignando. Beatrix sbiancò, mentre, improvvisamente le parole di Olivander le risuonarono nelle orecchie, riportandole in mente una delle sue visioni: “Quella bacchetta passa di mano in mano solo sconfiggendo il mago che la possiede. Albus Silente l’aveva sottratta a  Grindelwald che a sua volta l’aveva rubata a Gregorovich... Io lo conoscevo e mi aveva confidato questo segreto... Silente non ha mai perso la bacchetta...” Le vennero in mente  le ricerche che aveva fatto: quella bacchetta bacchetta rendeva invincibile chiunque la impugnasse. Non poteva procurare un'arma del genere a Voldemort. Ma all'improvviso le venne un'idea che cercò di respingere immediatamente.
«La ringrazio Mio Signore, non la deluderò! Però... ho bisogno della... »  la ragazza non aveva ancora finito di parlare che la sua bacchetta le si era materializzata nel pugno. 
«Se tu dovessi fallire… sai cosa t’aspetta...»  disse lui, abbassando lo sguardo sul serpente che la fissava sibilando. «E ricorda... hai solo stanotte!»  informò con un sorriso spietato, «Puoi andare »   La ragazza non se lo fece ripetere due volte e uscì.


Non riusciva a credere di essere ancora viva. Ma a quale prezzo? Cosa poteva fare se non ubbidire? Mancava meno di un'ora all'alba. Non sentiva i morsi della fame, né la sete, né il sonno. Doveva solo portare a termine quel compito. Non aveva avuto una premonizione al riguardo, ma sapeva perfettamente dove andare.
Si materializzò nel bel mezzo della foresta proibita. Poteva succedere qualsiasi cosa e se questo avveniva lei era morta e i suoi amici non avrebbero avuto più speranza, ma i suoi timori l'abbandonarono presto. 
Eccolo, nel centro di un enorme radura, un grande sepolcro di marmo bianco. 
Si fermò. La bacchetta di Sambuco era sepolta con Silente, da quanto aveva detto Olivander... ma se non fosse stato vero? Se avesse sbagliato tutto? S'avvicinò lentamente. Non avrebbe consegnato un tale potere nelle mani di un mago talmente pericoloso già senza. Però Olivander aveva omesso di dire una cosa... era sicura che durante le sue ricerche aveva letto che l'invincibilitá della bacchetta si trasmetteva solo da proprietario a proprietario, cioè solo chi uccideva il primo aveva diritto al potere dell'arma. E quella notte, sulla torre di astronomia, Voldemort non c'era. Era stato Piton ad uccidere Silente... e per Voldemort la “bacchetta di sambuco” sarebbe stata non diversa da una comune bacchetta.

La tomba, esposta alle intemperie, era sporca di foglie e di terra. Beatrix la pulì e poté leggere l' iscrizione in caratteri dorati:

 “Qui giace Albus Percival Wulfric Brian Silente nato il 26 agosto 1881 morto il 31 ottobre 20..” 
  Il suono delle dure parole di Grace le risuonarono nelle orecchie: “Torniamo indietro, insieme. Silente era dietro quella porta, ne sono sicura. Forse ha bisogno di aiuto.” 
“Cosa ti è successo? Non sei più quella che conoscevo, sei cambiata. Ti arrendi così? Consegnando una bacchetta? Tutto qui?” 
“C’è solo una risposta a tutto questo, smettila di nascondermelo…Tu hai già fatto la tua scelta...”
Grace aveva ragione. Puntò la bacchetta in direzione del sepolcro. «Alohomora»   La bara s’aprì. Il corpo defunto del Preside era ancora integro e composto. La pelle raggrinzita, il colorito cereo, gli occhi chiusi, gli occhiali posati sul lungo naso e le labbra curvate in un sorriso sereno. Sembrava che dormisse. Poi lo sguardo della ragazza cadde sulla bacchetta, tra le mani conserte, sopra il petto di Silente. Allungò il braccio e la prese, scontrando la mano senza vita del Preside.
Silente che infondeva saggezza e coraggio. Silente che amava parlare ai suoi studenti degli argomenti più svariati e che amava renderli partecipi delle sue scoperte e dei suoi studi. Silente che la notte prima di morire aveva guardato ciascuno dei suoi ragazzi e ad ognuno aveva lasciato un messaggio, il suo addio per loro:
 Speranza.


Si portò il palmo alla bocca, incapace di trattenere ancora le lacrime. Provava tanta rabbia e paura. Il ricordo degli occhi azzurri di Silente che la guardavano intimandole di avere speranza era straziante. Cadde sulle ginocchia e quell'impatto la riportò alla realtà. S'accorse che il cielo stava cominciando a illuminarsi della luce del giorno. 
«Mi dispiace, professore. Ma… si sbagliava su di me...»  proferì a voce alta, mentre la tomba si richiudeva e il corpo di Silente veniva nuovamente inghiottito dall’oscurità della morte. S’asciugò gli occhi e una volta ripreso il controllo di sé stessa, si smaterializzò, tornando a Villa Malfoy. 


Voldemort prese avidamente la bacchetta dalle mani della ragazza. Esaminò l'arma studiandola in tutti i suoi dettagli, rigirandosela tra le mani e alla fine il suo volto si deformò, per la prima volta, in un ghigno di gioia. «Finalmente, il mio braccio è nuovamente intero! »  
Beatrix era rimasta silenziosa, a testa bassa, osservando di sottecchi il comportamento di Voldemort che ricordandosi della sua presenza, alzò di nuovo lo sguardo su di lei, sollevò una mano per aria e alzò quella con la bacchetta, «Dammi il braccio. »  ordinò in tono spettrale.
La ragazza impallidì, rendendosi conto che non aveva mai preso in considerazione quell'eventualità. «Mio Signore?» chiese Beatrix, sconvolta dalla decisione di Voldemort. L'ultima cosa che voleva era il simbolo dei Mangiamorte impresso a vita sulla pelle, se mai fosse sopravvissuta. 
«Hai già dimenticato? Mi hai offerto la tua anima in cambio della salvezza... non è che per caso hai cambiato idea?»  
«No... intendevo solo dire che non merito tanto onore...Mio Signore»  cercò di spiegarsi Beatrix, non sapendo cos'altro dire.
«Oh, ma sei stata proprio tu a convincermi... se non vedi l'ora di servirmi fedelmente perché aspettare oltre? Dopotutto bisogna recuperare il tempo perso.» Voldemort sorrise crudele, mentre la ragazza si tirava su la manica e stendeva il braccio. La mano fredda e scheletrica di Lui si chiuse attorno al polso, mentre con l'altra mano premeva la bacchetta di Sambuco sulla pelle della ragazza. Inizialmente ne uscì dell'inchiostro nero, poi si formò una sagoma.
Voldemort la lasciò.
E la ragazza guardò il Marchio Nero impresso sul suo braccio.
«Benvenuta tra i miei Mangiamorte, Beatrix »  
   
 
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