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Autore: wingedangel    15/02/2017    1 recensioni
Evelyn è una semplice ragazza diciassettenne con una vita già abbastanza complicata. Ha perso la madre, vive con il fratellino Ryan e suo padre, che da quando la moglie è morta ha perso ogni voglia di vivere. Costretta a lavorare nei pomeriggi dopo la scuola per portare qualche soldo in più in casa, non ha bisogno di altri problemi nella sua vita. Ma questo è solo l'inizio...
Ora, ricordate Eva? Quella del serpente per intenderci. Bene, Evelyn la detesta. Ma non sa che quella storia la riguarda molto da vicino. Non sa di essere la reincarnazione di Eva. Non sa che al suo diciottesimo compleanno dovrà compiere una scelta. Non sa che il suo migliore amico è in realtà l'Arcangelo Michele inviato da Dio per proteggerla. Non sa che i demoni sono determinati a tentarla, o in alternativa ucciderla. Non sa che fare la scelta giusta non sarà semplice come sembra. Non sa di avere il destino dell'umanità sulle sue spalle.
Non sa nulla, ma sta per scoprirlo.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Otto

«Tesoro, che succede?» chiesi, mentre entravo in casa seguita dalla mia amica.
Ci sedemmo sul divano in salotto, Ash sospirò prima di cominciare a parlare.
«Mio padre ha trovato un nuovo appartamento, non è lontano, ma si trasferirà tra una settimana.»
Le lacrime si affacciarono nuovamente sul viso di Ashley.
«Mi dispiace Ash.»
«Non ce la posso fare, Evelyn. E’ stato già abbastanza difficile quando Yuri se n’è andato. Eravamo rimasti solo noi tre. Ora ho come la sensazione che non potremo più essere una famiglia.»
Yuri era il fratello maggiore di Ashley, due anni prima aveva lasciato la famiglia per andare a lavorare all’estero. Tornava due o tre volte l’anno  a casa per le vacanze, ma per Ashley era stata davvero dura separarsi dal fratello, avevano un legame molto solido.
«Ash, so che sei stufa di sentirti dire che andrà tutto bene, ma è così. So come ti senti, anche io ho avuto paura di perdere tutto quando ho perso mia madre. Ricordi come ha reagito mio padre, vero? Per mesi non ha nemmeno voluto guardare in faccia Ryan, incolpando lui della morte della mamma. Ho dovuto badare a mio fratello da sola, mentre mio padre viveva come un automa. Ero sola, soffrivo come un cane e avevo solo voglia di passare la giornata chiusa in camera a piangere, ma mentre mio padre si era fatto annientare dal dolore, io non potevo. Avevo una famiglia da mandare avanti, anche se non sapevo più se potevo definirla tale. Mi sbagliavo, anche se io e mio padre affrontavamo il dolore in modo diverso ci siamo sempre stati l’uno per l’altra, anche se apparentemente divisi siamo rimasti uniti, e abbiamo imparato a costruire un nuovo equilibrio, una nuova famiglia. Non siamo più la famiglia che eravamo quando c’era mia madre, è vero. Siamo cambiati, ma non necessariamente in modo negativo. Certo, quando c’era mia madre stavamo meglio, ma abbiamo trovato il modo di crescere ed andare avanti. Quello che voglio dire è che è naturale che il cambiamento ti spaventi. La separazione dei tuoi romperà l’equilibrio che si era stabilito tra voi, ma con il tempo ne costruirete un altro. Il cambiamento spaventa tutti, ma, come amava dire mia madre, ‘se non ci fosse il cambiamento, non ci sarebbero le farfalle’. Cambiare non vuol dire necessariamente cambiare in peggio, Ash. Tua madre e tuo padre non sono più felici insieme, lascia che abbiano l’opportunità di ritrovare la loro felicità. Resterai sempre la persona che amano di più al mondo, non li perderai, a meno che non sia tu a volerlo, ricordalo.»
Ash piangeva tra le mie braccia mentre parlavo, sfogando quelle emozioni che non era in grado di gestire, troppo grandi per lei.
«Grazie Evelyn. Hai ragione, ma non è facile.»
«Non ho detto che lo sarebbe stato, ma ce la farai. Non sei sola.»
Ashley annuì, e appena ebbe sfogato il suo dolore e si sentì meglio, mi invitò a togliere la giacca, scusandosi per non averlo fatto prima. Avrei preferito evitare, ma effettivamente faceva caldo, non potevo rifiutarmi, si sarebbe accorta comunque che qualcosa non andava.
«Che ti sei fatta al braccio?» chiese, come prevedibile, appena notò la fasciatura.
Raccontai anche a lei la storia che avevo raccontato a mio padre. Mi dispiaceva mentirle, ma non potevo certo raccontarle la verità.
«A proposito, com’è andata la serata con Bryan, ieri?» chiese.
«Benone, ci siamo messi insieme!»
Di solito, ad una dichiarazione del genere le migliori amiche si lanciano in gridolini euforici, congratulazioni e complimenti del caso, trasmettendo tutta la loro gioia e soddisfazione. Conoscendo l’esuberanza di Ashley, mi aspettavo esattamente quella reazione alla mia affermazione.
«Tu e Bryan?» chiese, stupita.
«Si, perché? Che c’è di strano?»
Decisamente non era quella la reazione che mi aspettavo da lei. Pensavo sarebbe stata felice per me, invece sembrava quasi perplessa, o persino delusa.
«Michele detesta Bryan. E a te piace Michele.» concluse lei, con ovvietà.
«Ma lui mi ha detto chiaramente che siamo solo amici. E Bryan è carino.»
«Ma lo conosci a malapena!»
Che Michele non approvasse me l’aspettavo, ma questo atteggiamento da parte di Ashley mi stupiva. Lei era la mia migliore amica, avrebbe dovuto sostenermi, essere felice per me, invece mi sembrava di parlare con Michele.
«Impareremo a conoscerci stando insieme. Lui è sempre stato gentile e comprensivo nei miei confronti, perché non provarci?»
«Evelyn, ma non sai niente di lui!»
Avrei voluto ribatterle a tono, ma in fin dei conti aveva ragione, io non sapevo niente di lui. Mi ero aperta con lui, gli avevo parlato di mia madre, e di lui non sapevo nemmeno il cognome.
«Chiodo scaccia chiodo, ok?» sbottai, rendendomi per la prima volta conto quale fosse stata la vera motivazione che mi aveva spinto ad accettare di stare con Bryan.
Ashley sospirò.
«Ok, ti chiederò solo una cosa poi prometto che cambieremo argomento. Lo sai che ciò che stai facendo è sbagliato? Non è giusto nei confronti di Bryan e nemmeno nei tuoi!»
Annuii, aveva ragione, lo sapevo bene. Eppure egoisticamente continuavo a pensare che fosse l’unico modo per riuscire a dimenticare Michele. In fin dei conti era anche possibile che con il tempo mi sarei innamorata di Bryan e il problema si sarebbe risolto da solo.
Passammo la decina di minuti successiva a chiacchierare del più e del meno, poi Matt suonò il campanello. Era venuto a fare un’improvvisata ad Ashley, così io accampai una scusa e li lasciai soli.
Uscita da casa sua, afferrai il cellulare per avvisare Michele che stavo rientrando, nel caso avesse voluto accompagnarmi. Poi ricordai quello che era successo poco prima, era parecchio arrabbiato quando se n’era andato, quindi probabilmente non era il caso di chiedergli un favore, sicuramente non sarebbe venuto. Cercai di rassicurarmi pensando che il tragitto era breve, che avevo fatto quella strada a piedi centinaia di volte e non mi era mai successo nulla, non c’era motivo di aver paura, così mi incamminai.
Avevo appena voltato l’angolo quando notai che lungo il viale principale del parco che dovevo attraversare non c’era anima viva. Una coincidenza? Probabile. Ero solo troppo suggestionabile dopo gli eventi di quella notte, sicuramente non mi sarebbe successo nulla.
Avevo quasi raggiunto la fine del parco, ancora pochi minuti e sarei stata a casa. Stavo cominciando a sentirmi finalmente rassicurata, sicura che ormai i demoni non mi avrebbero aggredito, quando improvvisamente me ne comparirono davanti cinque. Il terrore si impossessò di me, mentre una scarica di adrenalina mi spinse a voltarmi per scappare via. Mi bloccai sul posto notando altrettanti demoni dietro di me. Ero circondata. Il terrore si tramutò in panico. Non potevo scappare, cos’altro potevo fare in quella situazione? Ero sola, disarmata, contro dieci demoni che mi puntavano contro i loro artigli affilati, pronti a scattare da un momento all’altro. Lo strano essere che mi aveva salvato le volte precedenti non si stava facendo vedere, avrei dovuto cavarmela da sola, ma che avrei mai potuto fare io contro dei demoni che sembravano capaci di farmi a pezzi prima ancora che avessi il tempo di rendermene conto?
«Cosa volete da me? Lasciatemi stare!» gridai, disperata.
Ero stata una stupida. Avrei dovuto avvertire Michele e rientrare insieme a lui. Perché avevo fatto di testa mia? Probabilmente avrebbe rifiutato,  ma tanto valeva tentare, no? Ma se poi ci avessero attaccati entrambi? Ci sarebbe andato di mezzo Michele per colpa mia. In fin dei conti perché quei mostri avrebbero dovuto starmi lontani se ero in compagnia? Il fatto che mi avessero sempre aggredito quando ero sola era sicuramente una coincidenza…
«Uccidere. Eva.»
E te pareva. Come se mi aspettassi veramente che chiedergli di lasciarmi stare sarebbe servito a qualcosa. Mi guardai intorno, cercando intorno a me qualcosa con cui almeno provare a difendermi. Tutto ciò che vidi fu erba e un paio di ramoscelli secchi completamente inutili. Perfetto, ora che avrei potuto fare?
Naturalmente i demoni non intendevano lasciarmi il tempo di ragionarci su, visto che improvvisamente scattarono all’unisono verso di me. Stavolta ero sola, nessuno era giunto a salvarmi, stavo per morire, e non sapevo nemmeno il perché. Che fossi capitata in Paradiso o in Inferno, qualcuno avrebbe dovuto darmi delle spiegazioni, come minimo.
Improvvisamente venni spinta violentemente a terra, mentre un profumo familiare di piume e vento mi invadeva le narici. Un lampo luminoso pervase nuovamente l’aria. Era solo una mia impressione, oppure la luce era più flebile rispetto all’ultima volta? Il peso che sentivo sulla schiena svanì, così tentai di rimettermi in piedi mentre quell’alone luminoso si spegneva.
«Dannazione!» esclamò una voce che conoscevo fin troppo bene.
 Alzai lo sguardo di scatto e rimasi letteralmente senza parole. In piedi davanti a me si ergeva maestoso un angelo biondo, avvolto in una lucente armatura dorata, che reggeva in una mano una spada infuocata. Ognuna delle sue ali era grande almeno quanto lui, e le piume si muovevano dolcemente, carezzate dal vento, ma allo stesso tempo sembrava che le membrane, i muscoli, o qualunque cosa ci fosse sotto quelle piume, fossero in tensione come ogni muscolo dell’angelo davanti a me, pronto a reagire al primo segnale di pericolo. Ero talmente incantata da quella vista che quasi non mi accorsi di alcune ferite sanguinanti che deturpavano la schiena dell’angelo dove l’armatura era stata perforata dagli artigli di quei mostri, mentre altri graffi ne scalfivano solo la superficie. Mi aveva fatto da scudo con il suo corpo. Era ferito, per colpa mia. Ma chi era? Perché aveva la stessa voce e lo stesso profumo di Michele?
«Ti avevo avvertita! Ti avevo detto di avvisarmi, che ti avrei accompagnato! Perché non mi ascolti mai quando serve?» sbottò voltandosi.
Sgranai gli occhi riconoscendo il mio migliore amico in quell’angelo. Allora era vero! Michele era davvero un angelo!
«Michele?» dissi, con un filo di voce.
«Adesso mi credi, vero?» sbottò, ancora nervoso. Poi chiuse gli occhi un istante e parve calmarsi improvvisamente. «Ne riparleremo un’altra volta. Ora devo finire quello che ho cominciato.» concluse, rivolgendosi ai quattro demoni che erano rimasti di fronte a lui.
Strano, era la prima volta che non li eliminava tutti in una volta. Rimediò subito. Con un solo fendente della spada ne eliminò tre, che si tramutarono in fuliggine appena la spada angelica trapassò i loro corpi. Poi Michele fermò la spada ad un centimetro dal collo dell’ultimo demone, paralizzato dal terrore. 
«Ho un messaggio per il tuo padrone. Riferiscigli che Eva è protetta dall’arcangelo Michele, e che non permetterò a nessun demone, nemmeno a Belial in persona, di farle del male. Chiunque le si avvicini, farà la fine dei tuoi compagni. Hai capito?»
Il demone annuì quasi impercettibilmente, terrorizzato all’idea di entrare in contatto con la spada che Michele non aveva mosso di un millimetro mentre parlava. Poi l’angelo abbassò la spada e il demone scomparve rapidamente com’era arrivato.
Rimasti soli, mi avvicinai a Michele, e non resistetti alla tentazione di sfiorargli una delle ali. La sensazione che provai fu indescrivibile, fu come accarezzare una nuvola, solida ma inconsistente al tempo stesso. Sentii l’ala fremere sotto il mio tocco, mentre una piuma si staccava e mi rimaneva in mano. Michele si voltò verso di me.
«Oddio scusa, ti ho fatto male?» chiesi, osservando la piuma nella mia mano.
Michele scosse la testa con un sorriso.
«No, è un dono. Tienila tu, come ricordo, o come portafortuna.»
Non potei non notare la dolcezza del suo tono, che stonava con quello con cui mi si era rivolto fino a poco prima.
«Non sei arrabbiato con me?»
Lui scosse la testa.
«Non riesco a restare arrabbiato con te a lungo. Alla fine, mi fai sempre tornare il sorriso.»
Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi per la dolcezza di quel pensiero, peccato non significasse quello che speravo. Poi improvvisamente ricordai che si era ferito per proteggermi.
«Aspetta, tu sei ferito. Andiamo a casa, cercherò di medicarti.» dissi. 
Non che fossi un asso del primo soccorso, anzi. Non avrei saputo fare molto oltre a pulirgli le ferite e bendarle, ma se si era ferito a causa mia, il minimo che potessi fare era tentare di aiutarlo.
«Non preoccuparti, conosco un metodo più rapido.»
Michele si inginocchiò, chinò il capo e congiunse le mani. Lo fissai perplessa. Stava pregando? Vabbè che era un angelo, però… beh, in effetti la cosa aveva senso. Certo però non mi aspettavo ciò che stava per accadere.
«Arcangelo Raffaele, fratello mio, ho bisogno del tuo aiuto. Raggiungimi, per favore.»
Passarono pochi istanti, Michele ebbe appena il tempo di alzarsi in piedi che un altro angelo gli atterrò di fronte. Era bello quasi quanto Michele, con capelli rossi ricci che gli contornavano il viso e due profondi occhi verdi. Appena atterrò di fronte a Michele si affrettò a poggiare un ginocchio a terra ed inchinarsi a lui. Non capivo, Michele l’aveva chiamato fratello, allora perché lui si inchinava? Non erano alla pari?
«Mio signore Michele, sono qui, per servirti.» disse quello che immaginai essere Raffaele.
«Fratello, alzati. Non hai bisogno di inchinarti a me, lo sai.»
«Sei il mio Principe, è mio dovere.» commentò Raffaele alzandosi.
«Sei mio fratello, prima di essere un angelo. Ti ho invocato perché siamo stati attaccati e purtroppo quei maledetti demoni sono riusciti a ferirmi, ho bisogno di cure.» 
Io non mi ero mossa di un millimetro, osservavo la scena senza riuscire a capacitarmene. Avevo non uno, ma ben due arcangeli di fronte a me. ‘Cervellino mio, mettila come vuoi, ma qui di razionale non c’è un fico secco!
Raffaele annuì mentre il fratello si voltava e gli mostrava le ferite. A Raffaele bastò posare le mani per qualche secondo su ognuna di esse e in un lampo di luce le ferite di Michele svanirono, lasciando la sua pelle intonsa.
«Fratello, ti ho osservato in questi anni, e ho visto cos’è successo oggi prima dell’attacco. Non mollare, Michele, sei la nostra unica speranza, se la tua fede negli uomini vacilla, non sarai in grado di proteggerla.» disse Raffaele.
«Lo so, però non è facile se nemmeno lei ha fiducia in noi.»
Ora forse capivo perché Michele se l’era presa quella mattina. Lui, un Arcangelo, si era fatto il mazzo per anni per proteggermi e tenermi al sicuro, e io avevo dubitato di lui, mettendo in dubbio l’esistenza degli angeli quando lui aveva sempre creduto in me e ai racconti dei miei incontri con i demoni.
«Michele… mi dispiace.» dissi.
Entrambi si voltarono verso di me, come se si fossero ricordati solo in quel momento del fatto che ero ancora lì.
«Raf, puoi guarire anche lei? Ieri mi hanno colto alla sprovvista e uno di loro è riuscito a ferirla.»
«Non è nulla di serio, però.» ci tenni a precisare.
«Lo so. Ho visto anche quello. Porgimi il braccio.» disse Raffaele.
Mi tolsi la giacca e feci come mi aveva chiesto e lui cominciò a sciogliere la fasciatura.
«Non c’è problema, Evelyn, ora è tutto a posto.» mi rispose Michele. «Non avresti dovuto scoprire la mia vera identità, ma quando mi hanno ferito non sono riuscito a mantenermi invisibile. Però ora che sai tutto sono felice, non sai quanto ho desiderato che arrivasse questo giorno.»
Raffaele aveva finito con la fasciatura e pose la sua mano sulle mie ferite, sentii un forte calore poi più nulla. Osservai il mio braccio. Era guarito, non era rimasta alcuna traccia delle ferite, incredibile.
«Michele, attento alle tue emozioni, e soprattutto ricorda: libero arbitrio.» disse Raffaele mentre mi guariva.
Michele abbassò lo sguardo, abbattuto.
«Hai ragione.»
Ma che stava succedendo? Quali emozioni? Quale libero arbitrio?
«Michele…» cominciai, ma non sapevo come continuare, avevo così tante domande che non sapevo da che parte cominciare.
«Lo so, hai un sacco di domande da farmi. Vieni, andiamo a casa mia. Non potrò dirti tutto, ma qualcosa sì.» disse, mentre ripiegava le sue ali e riprendeva la forma a cui ero abituata.
Fissai affascinata quella metamorfosi, non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che l’angelo che avevo davanti fino ad un momento prima ed il mio migliore amico erano la stessa persona.
«Bene, io vado allora, a presto mio signore!» salutò Raffaele, accennando un inchino.
«Raf!» sbuffò esasperato Michele. «A proposito, come vanno le cose nel Regno dei Cieli?»
«Va tutto bene. Hai lasciato il Regno e le nostre truppe in ottime mani.»
«Grazie. Saluta Gabriele da parte mia, a presto!»
Un solo battito d’ali e Raffaele era già in volo. Lo osservammo sparire rapidamente tra le nuvole poi andammo a casa di Michele. Avevo un sacco di domande, ed era l’ora di avere le risposte.


CANTUCCIO DELL'AUTRICE:
Rieccomi!
Vi avevo promesso il colpo di scena... ed eccovelo servito!  Evelyn finalmente ha scoperto la vera identità di Michele, anche se ancora non sa nulla della sua missione, del perchè i demoni la aggrediscono continuamente e del perchè la chiamano Eva.
Michele ha promesso di rispondere alle sue domande, così finalmente Evelyn saprà tutto...
O forse no...
Appuntamento al prossimo capitolo!
A presto,
Wingy.
 
   
 
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