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Autore: gigliofucsia    21/02/2017    0 recensioni
Ametista è una strega sotto copertura con un'allergia grave a tutto ciò che è sacro. Dopo il rogo della madre viene mandata in un orfanotrofio religioso. Se scoprissero i suoi poteri magici rischierebbe di morire come la madre, quanto tempo riuscirà a resistere?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

3 novembre1869


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

«Come va? Dormito bene?» chiese Pirito uscendo dal dormitorio. Io massaggiandomi gli occhi scossi la testa. Pirito incrociò le braccia e, con uno sguardo serio, rispose «Non mi sorprende dopo quello che è successo ieri sera».

Io mi strinsi lo stomaco, «Non tanto per quello». Perla zampettava alla mia destra « ti capisco, una volta anche io sono andata a letto senza cena, i brontolii di stomaco non hanno lasciato dormire neanche me».

Mai avevo sentito lo stomaco così vuoto. «mai ho sentito così forte il desiderio di ingurgitare quella poltiglia puzzolente che le suore chiamano “la colazione dei campioni”» esclamai.

Pirito rise, «siamo messi proprio bene».


 

Suor Ambra mi consegnò una cesta di pere e io mi riavviai, su quella stradina di campagna. «Non so per quanto riuscirò a tenere questo ritmo. Non mangiamo nulla e lavoriamo troppo, ci hanno preso per i loro servi?».

Perla mormorò « è solo questione di abitudine». Io mi fermai, «scusatemi» presi un bel respiro calmarmi e ricominciai a camminare. Pirito alzò un sopracciglio mentre Perla le alzò tutte e due, ancora più interrogativa.

«Quando sto male perdo quella poca pazienza che mi rimane, divento insopportabile perdonatemi». I due si mossero insieme a me guardandomi con indifferenza.

«Non sei una persona molto paziente» mormorò. Io scossi la testa «Sono una ribelle sopratutto verso le autorità. Mi sento in trappola qui dentro. So di avere un grande potenziale e questo posto lo soffoca».

«Lo so. Io mi sono già stufato da tempo di questa noiosa routine» disse Pirito la sua schiena era dritta e il suo sguardo era fisso.

Perla intervenne «in fondo non si ha bisogno di pensare, questo è il destino che Reve ha scelto per noi, bisogna avere fede in lui».

Quei discorsi per me, erano così inutili, dannosi e insensati che il solo sentirli mi provocava un istinto violento, «ti consiglio di non parlarmi di queste cose perché potrei tirare un pugno a qualcuno». Perla spalancò gli occhi « e perché mai?».

Risposi « è colpa di queste storie se sono qui» Spirito ridacchiò «tu non sei solo atea, tu sei una strega». Io impallidendo mi bloccai. «Stavo scherzando» si affrettò a dire Pirito facendomi rinvenire.

Alzai lo sguardo. Davanti a me Alessandrito, Gemma e Elio marciavano. Guardando alla religione, quei tre rompiscatole mi parevano solo polvere sulla strada.

Vidi la gamba del biondo tagliare la strada ad Elio. Il ragazzino ci inciampò. La cesta volando sparse i frutti sulla ghiaia. Il ragazzino atterrò di faccia aggrappandosi al terreno. Sul volto del biondo si formò un ghigno. Gemma rise esclamando «che imbranato».

In quell'istante mi bloccai stranita. «Quel ragazzino non fa parte del loro gruppo?» chiese Pirito fermandosi. Io affrettai il passo verso il ragazzino. Misi a terra il cestino e il ragazzino tirò su la schiena. Io gli tesi la mano «tutto a posto?».

Perla e Pirito si fermarono accanto a me guardando Elio come se fosse un poco di buono. Elio mi afferro tremante la mano e alzandosi balbettò «s-si». Sembrava che per lui parlare fosse uno sforzo.

Tenendo lo sguardo a terra si accucciò e rimettendo le pere nel cestino. Lo aiutai e gli chiesi « Perché ti ha fatto lo sgambetto? Ma non sei un membro del loro gruppo?»

Quando il cestino fu pieno il ragazzino si alzò «e...e-era solo uno scherzo». Lui stava per allontanarsi, ma io lo afferrai per la spalla. Poteva essere un giudizio un po' affrettato ma quel ragazzino mi sembrava troppo solo. «Aspetta, non che voglia intromettermi negli affari tuoi ma puoi unirti a noi se vuoi».

Pirito, perla e lo stesso Elio spalancarono gli occhi come se avessero sentito una cosa fuori dal mondo. Pirito si avvicinò a me «Ametista a me non sembra una buona idea! L'ultima volta che mi sono fidato di questo qua me ne sono pentito, fidati di me»

Elio indietreggio abbassando ancora di più lo sguardo.

Perla si guardò le spalle e disse «sta arrivando suor Ambra, se ci vede fermi salteremo tutti il pranzo». Non volevo che succedesse.

«Ho già saltato due pasti non ho voglia di saltarne un altro» mormorai. Ripresi la cesta in mano «ne parleremo strada facendo».


 

Il giovane Eliodoro sembrava fare del suo meglio per evitarmi. Si allontanava ma non più di tanto. Ma pensavo di sapere con chi avevo a che fare.

Io mi voltai verso Pirito, «Cosa intendevi prima quando hai detto che non è affidabile?».

Lui mi guardò fisso «Lui è il tipo di persona a cui non importa di nessuno. Sembra il membro più inutile del gruppo ma in realtà è la loro arma segreta.» disse «Una volta per colpa sua sono finito a dormire in cantina, mi ha detto che Suor Ambra mi voleva. Però, suor Giada mi vide prima che potesi raggiungerla e mi mise in punizione perché ero andato via dal posto di lavoro, dicendomi che Ambra non aveva chiamato nessuno e dietro di lui c'era Alessandrito che mi guardava soddisfatto. Fidati, pensaci bene prima di prenderlo».

Io ci pensai, «se fosse un membro così importante per quale motivo gli ha fatto lo sgambetto prima?... Certe persone si uniscono a gruppi del genere per paura e ubbidiscono ai loro ordini sotto minaccia. Loro non vedono altra soluzione. Ci sono entrata personalmente in una situazione del genere».

«Come mai tanta esperienza?» chiese Perla. Io ridacchiai «beh, io sono un impicciona, quando vedo certe cose mi viene istintivo mettermi in mezzo. Se mi trattenessi mi sentirei in colpa subito dopo».

«Non ti stai dando un po' delle arie? Paladina della giustizia?» esclamò Pirito scherzando. Io risi «ora non esageriamo! Non mi sembra una dote quella di mettersi nei guai per affari che non ti riguardano, anzi... comunque dopo tutto questo discorso io voglio sapere se Eliodoro accetta la mia offerta».dissi ad alta voce guardando Eliodoro che si allontanava.

«Comunque credo di aver capito... secondo te se lui si sente protetto da noi non accetterà più di stare con loro?» chiese. La stanchezza mi era ritornata addosso, «credo di sì, proverò a convincerlo».

Cominciai a camminare veloce, oltrepassai l'angolo della strada, in lontananza apparve la seconda entrata al monastero. «Eliodoro, allora? Ti va di diventare nostro amico?» chiesi.

Lui mi guardò come se non sapesse cosa dire. Si guardò indietro, verso Perla e Pirito, poi rispose «ecco... io non lo so». Io rimasi in silenzio per un istante poi chiesi « c'é qualche problema?».

Lui scosse la testa «no! Solo che...». Guardò avanti, verso Alessandrito e Gemma. Aspettai qualche secondo e poi dissi «sarò sincera con te. A me sembri troppo lasciato a te stesso, vorrei darti una mano».

«I-Io non ho bisogno di aiuto...m-mi trovo bene da solo» disse. A questo punto gli dissi « comunque se hai bisogno di aiuto ci sono». Elio annuì. «va bene, avevo già capito che non eri il tipo che stava in gruppo» Tornai da Pirito e Perla che sembravano sollevati.


 


 

Pirito buttando la zappa sul terreno guardò verso suor Ambra. Ci guardava con le braccia incrociate e lo sguardo serio. «Oggi Ambra sembra si sia alzata con la luna storta» mormorò Pirito.

Annuii. All'improvviso la vidi venire verso di noi. Il mio cuore ripartì, Che ce l'avesse con me?

«Perla!» gridò. Perla si girò con gli occhi spalancati mollando la zappa. Suor Ambra con le mani sui fianchi sbraitò «questo ti sempre il lavoro di un'ora?!». Indicò il terreno. Io non ci vedevo niente di anomalo.

Avevo appena mosso un passo verso di lei per dire la mia quando mi ricordai della sera prima.

...il preside ha avvertito tutte le suore e i monaci... stai tranquilla e non metterti troppo in mostra...

Stringendo i pugni indietreggiando sperando che qualcuno facesse qualcosa. «Scusi se mi permetto...» mormorò Pirito.

Suor Ambra. Si scagliò su di lui: «tu non ti impicciare, il tuo lavoro è anche peggio».

Perla si guardò le mani. Ambra la afferrò per la spalla e la strattonò verso il terreno« ti sembra un lavoro questo?! Ti sembra un lavoro fatto bene? No! Questa è una porcheria!».

Le mie vene ribollivano. I pugni mi tremavano. Avanzai verso di lei. Qualcuno mi afferrò il braccio. La voce di Pirito sussurrarono «non immischiarti».

Il mio cuore pulsava ancora più forte. Tremando dalla testa ai piedi per la furia lo guardai sbarrando gli occhi «ma non posso fregarmene».

«Non sai far niente! Non ci riesci a fare le cose fatte bene?, sei un disastro!»

«È meglio così fidati!» esclamò il ragazzino «se ti intrometti lei non smetterà se la prenderà solo con te! Lascia perdere».

Io mi trattenni. «vedi di svegliarti o ti metto a pulire pavimenti per il resto della giornata!», dopo quell'ultima frase la suora si allontanò verso qualcun altro.

Perla non si era ancora mossa. Pirito mi mollò. Io, sentendo dentro di me i morsi del senso di colpa, mi avvicinai. «Perla», non mi sentivo all'altezza di rivolgerle la parola. Lei invece, senza darmi il tempo di parlare si scagliò su di me, abbracciandomi.

Io rimasi immobile. Non mi era mai successa una cosa del genere.

La sentì singhiozzare e l'unica cosa che potei fare fu cingerla con le braccia e chiedergli scusa. «Mi sento un'egoista» mormorai, «sono rimasta ferma a far nulla, mi dispiace tanto».

Perla non rispose. Quando si staccò da me aveva ancora gli occhi umidi... e anche io.


 

Nonostante fossi arrivata a pranzo le cose, per me, non migliorarono.

Mangiai cercando di finire il prima possibile, in modo forzato. Pirito e Perla mi guardarono con gli occhi aperti. «Tutto a posto?».Risposi «L'istinto di saltare il lavoro è sempre più forte, non so come farò a trattenermi».

«In questo posto chi è diverso dagli altri viene tenuto d'occhio, se non ti vedono durante i lavori e le lezioni se ne accorgeranno» ripose Pirito mormorando.

«Ci sei passato anche tu?» chiesi appoggiandomi al tavolo col gomito. «no, l'ho...» il suo viso divenne circospetto.

Qualcuno si fermò dietro di me, io non ci badai finché questa non mi colpi al gomito con un cucchiaio. Io togliendolo di scatto esclamai «Ahi!» lo massaggiai con la mano. «Giù i gomiti dal tavolo!». Mi voltai e vidi la faccia di Gemma.

Fingendo di non aver sentito l'ultima frase appoggiai entrambi i gomiti sul tavolo, «Sei solo tu» mormorai.

«Come sarebbe solo io?!» esclamò. La sua reazione mi fece ridere, «e chi ti credi di essere? Non sei migliore degli altri, non sei mia madre, non sei un educatrice, non sei neanche mia amica. In base a quale criterio pensi di potermi dare lezioni?»

Lei si voltò, «stupida» mormorò. Io ci risi sopra, «stupida sarà lei... riprendendo il discorso, Pirito, come lo hai saputo?».

Lui si trascinò sulla panca, vicino a me «a te lo posso dire perché sei come me... nella biblioteca c'é il reparto dei libri proibiti, è li che trovo quelli più interessanti. Il più delle volte solo libri requisiti dagli studenti, anche a te hanno frugato nella valigia vero?».

Io annuii «Mi hanno rubato la chiave del diario, presumo li abbia insospettiti il teschio sulla testa, l'ho ripresa subito. Ma davvero ci si deve entrare di nascosto? Non c'é nessun altro modo per andarci senza rischi?».

«Prima bisogna completare i cinque sacramenti e diventare Preti» disse Perla, «io avevo detto a Pirito di aspettare ma lui...» il tono si era abbassato ad un sussurro.

«Ho un mio orgoglio ateo se permetti» sussurrò Pirito.

Un dettaglio mi insospettiva «hai detto che bisogna diventare preti? Vuol dire che le suore non possono?» i due annuirono. «Credo di sapere già la risposta ma... perché no?».

Pirito rise, «Fonte, capitolo 2, paragrafo 45: “la donna verrà condannata a sottostare all'uomo”». Perla le tirò una spintarella: «non è vero, perché le donne non hanno bisogno di essere istruite».

«Altrimenti si ribellerebbero. Uguale per i credenti, se un giorno Dio morisse tutti si ribellerebbero per il suo spargere pregiudizio» mormorai, sperando di non essere stata ascoltata da nessuno.

Lei non disse niente.


 


 

La campanella era suonata. I nostri passi rimbombavano sulle scale e nei corridoi. «Scusate se vi ho fatto fare tardi» ansimò Pirito «se lasciavo il secchio fuori posto mi ammazzavano». Perla rispose «Non preoccuparti». Io mormorai «Sbrighiamoci che se arriviamo in ritardo Giada se la prenderà con me».

Uscì nel corridoio del secondo piano. Pirito mi superò. La porta della classe era davanti a noi.

Suor Giada ero a pochi metri. Tutti cominciammo. Pirito frenò troppo tardi. Ci andò a sbattere. Suor Giada barcollò. I libri le volarono.

Pirito pallido e con gli occhi spalancati indietreggio. Quando Suor Giada si ristabilì si voltò guardandolo con occhi truci. Il ragazzino rabbrividì.

«Quante volte ho ripetuto che non si corre nei corridoi! Se mi fossi rotta una gamba?! Avresti risi? » Suor Giada era peggio di un demonio. Pirito indietreggiò ancora di più, balbettando.

«Scusi non volevo!», Pirito teneva le mani in alto. Il mio stomaco si attorcigliò. Cominciai a sentire il cuore che bussava sulla cassa toracica.

«I delinquenti, come te, meritano una punizione», prese il bastone e battendolo contro il palmo della mano sinistra, disse «contro il muro e a me la schiena forza!».

Una folla di orfani uscì dalla classe mormorando. Pirito indietreggiò, andò a sbattere contro di me. Io lo guardai. Un senso di colpa mi colse. Non potevo non aiutarlo.

Gli appoggiai la mano sulla spalla e lo spinsi dietro di me «sentite Suor Giada...». La monaca sbottò, «Ametista L'educatrice sono io e Pirito merita una punizione».

«è stato un incidente!» esclamai avanzando di un passo verso di lei «non c'é bisogno di...». Giada gridò «fatti da parte o punirò anche te».

« Mi ascolti per una volta...», non riuscivo a dire mezza frase. Lo trovavo incredibile.

«Pirito! Sul muro». Io rimasi salda sulla mia posizione. Pirito mi scostò il braccio, dirigendosi verso il muro mormorò «prima si inizia e prima si finisce».

Mi sentì tremare. Le parole di Pirito della sera prima mi ritornarono alla mente, cercai di stare ferma. Mi convinsi che avevo fatto tutto fatto tutto quello che potevo. Perla mi afferrò il braccio e mormorò « tanto non ci ascoltano mai, non ne vale la pena».

Il tremolio si faceva sempre più violento. L'istinto di correre in difesa del mio amico era sempre più forte. Si era messo con le mani al muro. Suor Giada alzò il bastone «dieci dovrebbero bastare».

Chiusi gli occhi e cominciai a correre. Strappai il braccio dalla leggera presa di Perla. Mi misi in mezzo ai due. Il violento colpo mi percosse la spalla. La sentì in fiamme.

Suor Giada si pietrifico. Io mi afferrai la spalla e sentì un sussulto alle mie spalle.

«Vogliamo fare l'eroe?eh!... per l'ultima volta,» con il dito indicò Perla «fatti da parte!». Io la guardai e scossi la testa. Lei alzò il bastone e mi colpì allo stomaco senza lasciarmi il tempo di parlare. «due» contò. Mi piegai ma non mi spostai. Pirito esclamò «Basta!» ma lei continuò.

Giada continuò a colpirmi, Pirito pregava Giada di fermarsi. Io mi appoggiai al muro cercando di proteggermi con le mani.

Quando arrivò al tanto agonizzato «dieci...» io mi lasciai cadere sulla parete, non sentendomi più la parte superiore del corpo. «...e spero che questo ti serva da lezione» esclamò, Giada si diresse verso l'aula con il mento in su.

Il cuore non aveva tregua. Concentrati gli occhi, cercai di muovermi. Perla e Pirito cercarono di aiutarmi ma bastava toccarmi per ampliare il dolore. Appoggiai la mano sulla parete, mi stavo per alzare. «Oggi lavorerai sulle operazioni fino alla messa serale e se ti vedo temporeggiare salterai la cena» disse suor Giada entrando in classe.


 

Pirito e Perla avanzarono le mani senza toccarmi. Pirito chiese «ce la fai?» chiese Pirito appoggiandomi una mano sulla schiena, «Mi dispiace per quello che è successo è stata colpa mia» mormorò. Io cercai di riprendere fiato.

Perla guardò anche l'altro braccio «chissà che dolore» esclamò. Mi alzai. Entrai nell'aula con la schiena dritta e lo sguardo serio. Si avvicinò al mio banco con passi lenti. Mi buttò tutto sul banco andandosene.

Il piccolo e spesso volume in pelle era intitolato “esercizi pratici algebrici”. Nemmeno di matematica, di algebra. Le tempie cominciarono a pulsare e sentivo un certo calore.

Aspettai qualche secondo prima di cominciare. Dopo aver messo ordine i fogli, intinsi la penna nel calamaio e cominciai. Cercai di tenere la mente rilassata il più possibile,ma più andavo avanti e più la testa mi pulsava, più i movimenti si facevano lenti.

I dolori più volte mi distrassero da quello che stavo facendo. Suor Giada mi lanciava occhiate di continuo ma non mi domandò nulla.

Fu il compito più pesante che svolsi. A metà lezione avrei voluto arrendermi. Le tempie temevo che stessero per esplodere. Cominciai ad agitare la penna sul foglio senza scrivere nulla, sperando di imbrogliare Giada.

Io avevo gli occhi chiusi. Quando li aprì. Vidi con la coda dell'occhio una mano che si avvicinava e scattai indietro per lo spavento. Pirito ritrasse la mano. Quando mi accorsi che era lui ripresi fiato.

«Volevo sentirti la fronte se...» chiese, io annuii «...sai, sei pallida, non vorrei che...». Lui appoggiò una mano fresca sulla mia fronte «Lo sapevo, hai qualche linea di febbre».

Non riuscì parlare. Tutto era uno sforzo. Muovere le braccia, respirare e tenere gli occhi aperti.

Perla era seduta dietro di me e la sentì sussurrare «ehi! Sta male?». Pirito le rispose «ha qualche linea di febbre ma la trovo anche un po' provata per le bastonate di prima».

In quel momento Giada mi fece sobbalzare: «Ametista! Stai lavorando?».Pirito si voltò. Io d'istinto risposi di sì. La suora riprese la lezione guardandomi. Non le avrei dato la soddisfazione di farmi saltare la cena anche se non avevo fame.

Il suono della campanella fu una benedizione. Mi alzai dal banco. Mi infilai i tappini nelle orecchie per la messa serale poi andai a mangiare. I miei due amici facevano il possibile per tirarmi su il morale ma per sentirmi meglio dentro dovevo sentirmi bene fuori. Mi sforzai di mangiare solo perché sapevo di averne bisogno. Altrimenti avrei lasciato il piatto pieno.

Entrai nel dormitorio. Barcollai fino al letto e mi ci misi sopra. Perla e Pirito non dissero nulla. Chiusi gli occhi e mi addormentai vestita.

  
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