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Autore: Signorina Granger    22/02/2017    6 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Agli occhi di molti la Cimmeria Academy è solo l'ennesima scuola privata, con le sue divise perfette e i suoi brillanti e ricchi studenti. La scuola ospita i figli delle più influenti e importanti famiglie di tutto il mondo, i ragazzi più promettenti e destinati a ricoprire ruoli di spicco nella società, come i loro genitori.
Ma mai giudicare un libro dalla copertina: la Cimmeria è molto di più e nasconde dei segreti, come alcuni suoi studenti già sanno... e presto anche altri se ne renderanno conto.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Night School '
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Capitolo 17: Buon Natale 



Camminava con un po’ di fatica, e si chiese perché le dovesse rendere le cose difficili, fin proprio alla fine.
Tacchi, abito lungo e sentiero ghiacciato non erano proprio una bella combinazione… E per questo Isabelle non poté non provare un po’ di sollievo quando vide il Padiglione.

Quasi, certo.
Il sollievo era mischiato alla paura che provava… e al senso di colpa, soprattutto. 
Aveva paura? Si, ma non poi molta.

Pensava però ai suoi amici. A quello che avrebbero sentito dopo… pensò ad Alastair e a quanto doveva averlo fatto soffrire nelle settimane precedenti. 
Le dispiaceva, infinitamente. Non era giusto quello che gli aveva fatto passare.


Isabelle Van Acker raggiunse il padiglione, rabbrividendo leggermente dal freddo mentre si avvicinava ai pochi gradini bianchissimi che la separavano dal struttura circolare, coperta da un tetto a cupola sorretto da delle colonne di marmo in stile ionico. 

Strano. Dov'era? 
Probabilmente voleva prenderla in giro fino alla fine e divertirsi alle sue spalle, facendo una sottospecie di entrata in scena spettacolare.

Salì i gradini con leggera titubanza, guardandosi intorno con attenzione. 
Non aveva neanche la bacchetta con sé… per una volta, voleva mettere da parte la sua determinazione e l'orgoglio. Le aveva perse con il passare delle settimane, lo sapeva: più il tempo passava, più smetteva lentamente di provarci. 

Infondo lo sapeva, l'Epilogo non poteva che essere quello. 

“Fa freddo. Preferirei fare in fretta, se devo essere sincera.” 


Silenzio, vuoto totale. 
Ad occhio sembrava sola… eppure si sentiva quasi osservata. Quella sensazione ormai la perseguitava da un bel po’ di tempo e aveva imparato a convincerci, ma quella sera era diverso: era lì, lo sapeva. Lo aveva visto, ci aveva parlato… davanti a tutti per di più. 

Sbuffò leggermente, chiedendosi all'improvviso perché il fato le avesse riservato proprio quella strada. Perché proprio a lei?

Stava iniziando a prendere in seria considerazione l'idea di andarsene e mandare tutto al diavolo quando qualcosa attirò la sua attenzione: un figlio le fluttuò lentamente davanti agli occhi, fino a scivolare sul pavimento di marmo davanti a lei. 

Con un tuffo al cuore Isabelle si chinò, raccogliendolo mentre improvvisamente smetteva di respirare per un attimo. 
Deglutì a fatica mentre teneva gli occhi verdi incollati alla foto. Quella foto. Che era stata scattata meno di un'ora prima.

Lentamente, la rivoltò. Sperando fino all’ultimo di sbagliarsi.
E invece era lì. 

Stessa scrittura. Stesse parole. Stesso sottile messaggio.

Il fine giustifica i mezzi, diceva Machiavelli. 
Anche i peggiori.

Non seppe bene mai spiegarsene il motivo, ma lo sapeva già. Quando Isabelle alzò lentamente lo sguardo, sapeva già che cosa avrebbe visto… anche se non in quelle condizioni, certo.

Si ritrovò a guardare il suo migliore amico, quello che era stato quasi il fratello che non aveva mai avuto. 
Rimase in silenzio, ancora una volta. 
Si limitò a guardare gli occhi vitrei di Alastair Shafiq che, appeso proprio sopra di lei, fissava il vuoto senza ormai poterlo vedere.


Questo prima di crollare, certo. 


                                                                   *


Venerdì 25 Dicembre 


“Isabelle? Sono io… per favore, aprimi! Non puoi stare chiusa qui dentro fino alla fine delle vacanze!” 

Faye Cassel non smise di bussare neanche per un attimo, quasi sperando che la sua amica le aprisse la porta per sbraitarle contro di smetterla di rompere le palle come avrebbe fatto in qualunque altro momento…
E invece Faye ottenne solo il silenzio come risposta. 

La ragazza sospirò, pensando a Phoebe: prima di partire per andare da suo padre le aveva raccomandato di provare a parlare con Isabelle, che era chiusa in camera sua dalla notte del Ballo… ma Faye ancora non era riuscita a farsi aprire da lei. Aveva provato anche con la magia, ma Isabelle doveva aver sigillato la serratura.

“Ancora niente?” 

Faye si voltò, smettendo di bussare e scuotendo il capo nel trovarsi di fronte suo cugino, che aveva stampata sul volto la sua stessa espressione vagamente cupa.

“Non da segni di vita.” 
“Potremmo sempre sfondarla. Non può stare lì per sempre, Hamilton le vorrà parlare presto.”

“Lo so, ma è testarda come un mulo. Phoebe è partita poco fa, ma do questo passo quando tornerà dovrò ancora riuscire a parlare con Belle. Tu che ci fai qui, comunque?”

Faye inarcò un sopracciglio, osservando il cugino stringersi nelle spalle prima di avvicinarlesi, prendendole la mano e allontanandola dalla porta:

“Volevo vedere se eri riuscita a parlare con lei… ma lasciamola stare, se non vuole vederci. Sai come è fatta, preferisce tenersi sempre tutto dentro.”
“Non le fa bene, però. Tu come stai?” 

Faye sospirò prima di prendere il cugino sottobraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla. Nessuno dei due era tornato per le vacanze, come sempre… entrambi preferivano considerare la loro famiglia restringendo il campo all'altro.

“Sono stato meglio. Vorrei parlare con Belle, in effetti, credo che sarebbe tutto più… facile. Voglio capire cosa è successo.”

“Allora devi parlare con Jude, da quello che ho capito lo ha trovato lui.”
“Così ho sentito… ma mi rifiuto di credere che Isabelle non centri nulla Faye, è impossibile anche se Phoebe si ostina a sostenere il contrario. Forse avrei dovuto bere meno quella sera.” 

Sebastian sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli mentre si allontanava lungo il corridoio. Lanciò un’ultima occhiata alla porta chiusa di Isabelle, quasi sperando che si aprisse per poterla vedere… la notte del Ballo l'aveva accompagnata fino alla sua camera ma lei non aveva praticamente aperto bocca per tutto il tempo. 

E da quando quella porta si era chiusa, quella sera, sembrava che non si fosse più aperta.
E Sebastian passava per quel corridoio ogni due ore, sperando che lei gli aprisse… voleva parlare con lei, chiederle come stesse. Perché sapeva che era l'unica che poteva capire come si sentisse in quel momento. 


                                                                      *

Mathieu Leroy ripiegò l'ennesima lettera di auguri che gli era arrivata quella mattina, sorridendo lievemente.
Camila gli chiedeva come stava, lo informava che era tornata in America da appena un giorno e si era già abbuffata di biscotti allo zenzero… e gli assicurava che si sarebbe fatta perdonare di averlo lasciato solo il giorno del suo compleanno. 

Non che fosse arrabbiato, ovviamente. La capiva, era normale che volesse stare un po’ con sua madre e la sua famiglia per Natale e per il suo compleanno… sapeva, del resto, quanto la ragazza fosse legata alla madre.
Non era per la sua assenza che si sentiva solo… forse un po’ gli mancavano i suoi capelli colorati, l'allegria che la sua presenza comportava sempre e il suo sorriso.
N
Ma forse il fantasma che sentiva dietro di lui aveva a che fare con qualcun altro.
Mathieu contorse la mascella, stringendo la lettera che gli era arrivata dall’indirizzo della madre… era stato anche tentato di non aprirla, ma poi si era accorto che come destinatario qualcuno aveva scritto “Matty” con una matita rossa.

E riconoscendo la calligrafia pessima di una bambina che aveva appena imparato a scrivere non era riuscito a non aprirla, sorridendo nel leggere gli auguri e ciò che la sorellina gli raccontava.

La Sala da Pranzo intorno a lui era quasi vuota… moltissimo erano tornati a casa per le feste, dopo il Ballo in particolare diversi studenti che inizialmente avevano deciso di restare si erano affrettati ad avvisare Jefferson del contrario.

Mathieu si guardò intorno, chiedendosi che fine avesse fatto la persona che era sulla bocca di tutti in quei giorni: dov'era Isabelle Van Acker? 

Nessuno l'aveva più vista… ma tutti sapevano che non era tornata a casa per le feste.

Camila era tornata a casa, anche se con gran sollievo del ragazzo sarebbe tornata subito dopo Capodanno per passare una settimana di vacanza insieme… Francisca era partita, e anche Adrianus.

Era così terribilmente strana, la scuola, senza nessuno ad occuparla.
L'edificio, che la prima volta in cui l'aveva visto gli aveva messo addosso abbastanza soggezione, sembrava ancor più tetro. E la scarsissima luce che illuminava la campagna non aiutava di certo,
 
Il francese lanciò un’occhiata alla fetta di torta che non aveva finito, consapevole quanto per lui il fatto fosse inusuale… ma non aveva molta fame, in effetti.
Si alzò, infilandosi le lettere nella tasca dei pantaloni blu della divisa prima di avviarsi verso la porta della Sala senza guardarsi indietro, sapendo esattamente dove andare.

Si, forse si sentiva solo.
Aveva proprio bisogno di fare due chiacchiere con il suo migliore amico.


                                                                          *


Jude Verräter sbuffò leggermente, chiudendosi la porta alle spalle prima di trascinarsi verso il letto, lasciandocisi cadere sopra a peso morto.

Possibile che lo dovessero tormentare anche a Natale? 
Hamilton lo aveva trattenuto parecchio… ma lui aveva continuato a sostenere le stesse cose: era semplicemente uscito a prendere una boccata d'aria e aveva trovato il corpo di Alastair Shafiq nel piazzale, sanguinante e con la gola mozzata. Un omicidio che avevano definito Babbano… ma tutti sapevano che non poteva certo essere stato uno di loro.

No, era la medesima persona delle altre volte. E Jude si era quasi ritrovato a sorridere, suo malgrado: il padre di Alastair faceva parte del Consiglio, come quello di Jackson. Solo che questa volta non avevano potuto addossare la colpa su Etienne Lacroix.  

In effetti il ragazzo si stava chiedendo che cosa si sarebbero inventati per insabbiare l’accaduto, questa volta. 
Ancora una volta, girandosi sul fianco e stringendo leggermente il cuscino, Jude si chiese perché lo avesse fatto.

Insomma, per una volta in cui davvero non centrava un fico secco era andato a mettersi i piedi nella fossa da solo.
Molto furbo.
Non sapeva se suo padre gli avrebbe fatto i complimenti per la cavalleria o se gli avrebbe dato dell’idiota.


Eppure, proprio non era riuscito a lasciare che tutto accadesse davanti ai suoi occhi… 
Jude trattenne uno sbadiglio, chiedendosi da quanti giorni non dormiva seriamente… da prima del Ballo, visto che la notte stessa non aveva chiuso occhio, praticamente.

E come avrebbe potuto. Aveva ancora tutte quelle immagini stampate nella mente.


“Diffindo.”

La corda che teneva Alastair legato per le gambe era stata mozzata da un pigro colpo di bacchetta, e Jude aveva fatto planare lentamente il corpo fino a lasciarlo fluttuare a mezz'aria, orizzontalmente. 

Incapace di guardarlo in quelle condizioni Jude gli aveva chiuso le palpebre prima di voltarsi verso Isabelle. Era ancora seduta sul gradino, immobile. In silenzio e pallida quasi quanto il suo migliore amico.

“Isabelle?”

Jude mosse qualche passo verso di lei, parlando con il tono più gentile che riuscì a trovare… ma lei ancora non si mosse, tenendo gli occhi verdi sulla foto che teneva in mano.

“Isabelle… andiamo.” 

Aveva allungato una mano e le aveva sfiorato una spalla, facendola sobbalzare. Jude sospirò, ripetendosi di mantenere la calma… almeno uno dei due doveva farlo.

“Isabelle. Non preoccuparti, andrà tutto bene. Vieni con me.” 

La ragazza aveva alzato gli occhi su di lui, puntando le iridi verdi sul volto del ragazzo prima di sollevare una mano, stringendo delicatamente quella che Jude le porgeva.

“Non sei sempre una testa di rapa, allora.” 

Isabelle non rispose, cosa alquanto strana… e Jude si chiese sinceramente se stesse bene o se sarebbe svenuta da un momento all'altro mentre camminava lentamente accanto a lui, lo sguardo basso e tenendo ancora la foto in mano, stringendola quasi convulsamente.

Come qualcosa a cui aggrapparsi. 
Il tutto mentre Alastair Shafiq li seguiva, ormai incapace di vederli.



Jude si costrinse ad aprire gli occhi, sospirando e dicendosi che non aveva tempo per dormire… no, doveva riflettere. Era Natale, in effetti… ma aveva la sensazione che quell'anno alla Cimmeria nessuno ci stesse facendo molto caso. Tantomeno una ragazza che non vedeva da quando, qualche giorno prima, si era allontanata insieme a Sebastian Ryle, silenziosa e pallida, sembrando quasi in trance. 
E il vestito bianco che Isabelle aveva indossato al Ballo aveva solo contribuito a farla sembrare quasi un fantasma ai suoi occhi, mentre si allontanava.


Già, Isabelle.
Chissà come stava…


                                                                       *


Era seduta sulla sedia, come sempre.
Gli occhi fissi sulla finestra, osservando il panorama. 
Il parco della Cimmeria, la campagna circostante… tutto bianco, tutto coperto di neve.

Isabelle amava la neve, da bambina. Giocava, faceva pupazzi di neve insieme alla madre… una volta si era stesa e aveva anche fatto un angelo, ridacchiando.
Quando Alastair andava a trovarla, giocavano a nascondino fuori casa. E facevano a palle di neve… e lei si arrabbiava, quando perdeva. Isabelle odiava perdere.

Gli metteva il broncio e incrociava le braccia al petto… e Alastair rideva, dicendo che era permalosa mentre le si avvicinava, abbracciandola con il viso coperto a metà dalla sciarpa e un paio di guanti a proteggergli le piccole mani.

Isabelle amava la neve, anche a 18 anni. Amava il Natale. E amava il bianco nelle sue sfumature.
Ma quando chiudeva gli occhi, il bianco riempiva la visuale della ragazza… vedeva il pavimento immacolato e bianco del padiglione, i gradini e le colonne…
Vedeva la neve circondarla mentre, incapace di stare in piedi, si sedeva e dava le spalle al corpo del suo amico senza fare nulla per staccarlo dal soffitto… forse illudendosi che senza guardarlo sarebbe sparito da solo.

“Isabelle?” 

Aveva un ricordo confuso di quei momenti, in effetti. E non aveva idea di quanto tempo avesse passato da sola al Padiglione… capendo che non sarebbe morta. Non quella sera, almeno.

Bianco. Come i vestiti di Jude che le si era avvicinato, sfilandosi il mantello per darlo a lei, coprendole la schiena lasciata completamente nuda dal vestito. 

Ripensando a quel momenti vedeva un mucchio di bianco. 

Isabelle Van Acker si mosse leggermente, inarcando la schiena in avanti per staccarsi dallo schienale rigido della sedia e potendo così infilarsi la giacca che teneva stretta in mano da ore.
Una giacca di pelle marrone, dall'interno foderato e il colletto bianco… la giacca di Alastair.

Glie l'aveva lasciata quella sera, sul tetto, l'ultima che avevano passato lì insieme… Isabelle non glie l'aveva mai restituita. 
Ma a rigor di logica era felice di non averlo fatto.

Aveva le gambe accavallate, il vestito sfiorava il pavimento. Si, il vestito. Non se l'era ancora tolto… i tacchi erano abbandonati in un angolo della stanza e la tiara d'argento era sulla scrivania. Non era rimasto praticamente nulla della sua bella acconciatura e i capelli castani erano abbandonati sulla sua schiena, ancora leggermente boccolati.

Ma non si era ancora tolta il vestito… non sapeva perché di preciso. In effetti non aveva voglia di fare niente, nemmeno di pensare.
Si alzò per la prima volta da ore, non chiedendosi neanche che giorno fosse… era il 24? O il 25? 
Aveva importanza, alla fin fine? 

Forse non tanto.

Si avvicinò alla finestra, aprendola… e respirò finalmente l'aria fredda di fine Dicembre prima di issarsi sulla scrivania e arrampicarsi sulla finestra, i piedi nudi contro il cemento gelido.

In fin dei conti, aveva voglia di fare due passi… a modo suo, certo.


                                                                     *



Stava attraversando il corridoio per andare alla Guferia e chiedere alla sua dolce amica, Atropo, di mandare una lettera a suo padre quando si fermò di colpo: un rumore aveva attirato la sua attenzione.
Abbastanza lieve in effetti, ma aveva un udito abbastanza fine e riuscì a sentirlo comunque… E la provenienza del rumore non poté lasciarlo indifferente: la stanza di Alastair Shafiq… dove nessuno era più entrato da quando un paio di giorni prima suo padre aveva fatto portare via tutte le sue cose.

A quanto sembrava però qualcuno aveva appena fatto “irruzione” nella stanza… e Jude era troppo curioso per passare oltre la porta.
Così si avvicinò lentamente, mettendo una mano sulla maniglia d’ottone. Esitò, chiedendosi che cosa avrebbe visto o trovato… ma poi girò la maniglia e l’aprí, rimanendo semplicemente di stucco di fronte a quello che vide:

“Che cosa… che cosa ci fai qui?” 

Jude esitò sulla soglia, indeciso sul da farsi per un istante prima di affrettarsi a chiudere la porta, entrando nella stanza: probabilmente nessuno dei due avrebbe dovuto entrare lì dentro, ma dettagli insignificanti.

Isabelle Van Acker non diede subito segno di averlo sentito e Jude si avvicinò lentamente al letto, temendo quasi che potesse esplodere se le si fosse avvicinato troppo.
Stava lì, stesa sul letto freddo e vuoto, senza scarpe e raggomitolata su se stessa… con addosso il vestito del Ballo e una giacca decisamente troppo grande per essere sua.

Fece per chiederle come fosse entrata… ma gli occhi di Jude vennero attratti dalla finestra spalancata come da una calamita, e sbuffando il ragazzo si affrettò a richiuderla:

“Morire congelati non è una bella fine, sai?”
“Neanche morire sgozzati se è per questo.”

La voce di Isabelle risultó vagamente strana alle sue orecchie: non la sentiva da qualche giorno, ma non sembrava la sua solita voce… vagamente bassa e roca, come di chi non ha parlato a lungo.

Incapace di replicare alla gelida constatazione della ragazza Jude prese la sedia vuota e la sistemò accanto al letto, sedendocisi sopra per osservarla attentamente.
No, non stava bene.
Insomma, il fatto che indossasse ancora quel vestito era un chiaro segno.

Tra i due calò il silenzio per qualche minuto, mentre Isabelle continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a se, senza dar segno di accorgersi della sua presenza… ma poi Jude si schiarì la voce, parlando e rompendo il silenzio:

“Beh… Buon Natale, Isabelle.”

“È Natale? Davvero? Beh… auguri.”

“Perché sei qui?”
“Mi piace questa camera… vengo qui da anni quando ho qualche pensiero. Stare con Alastair mandava via i problemi.” 

Un debole sorriso, una specie di smorfia, incrinó le labbra carnose della ragazza… e Jude si chiese come fosse. Com'era perdere la persona che si amava di più? 
Lui aveva perso sua madre, certo. Ma non aveva avuto tempo di affezionarcisi, dopotutto.


“Isabelle… non sono uno psicologo, ma credo che dovresti… toglierti il vestito. Quella giacca è sua?” 
La ragazza annuì senza dire nulla, limitandosi a mettersi seduta sul letto. Si strinse nella giacca calda e impressa del profumo di Alastair prima di puntare gli occhi sul ragazzo per la prima volta da quella sera, da quando l'aveva trovata al Padiglione. 
Isabelle era piuttosto espressiva, e spesso i suoi occhi verdi erano carichi di ironia, sarcasmo… divertimento, irritazione. 

Ma quel giorno il nulla. Lo guardava quasi come se non lo stesse neanche vedendo.
Si limitarono a guardarsi per qualche minuto, finché non fu proprio lei a rompere il silenzio, questa volta:

“Hai detto di aver trovato tu il corpo?”
“Sì.”
“Perché?”
“Non lo so. Forse non volevo farti finire sotto i riflettori, visto il momento che stai passando.”
“Non sei tu quello che non fa mai niente per niente?”
“Naturale.”
“E allora temo di doverti dire che ti stai rammollendo Jude.”

Isabelle si accigliò leggermente e, nonostante tutto, le sue parole e il tono piatto lo fecero sorridere appena, lieto di rivederla almeno in piccola parte.

“Non illuderti… il mio è solo buonismo natalizio.”

Isabelle annuì leggermente, abbassando lo sguardo e puntando le iridi verdi sul pavimento della stanza, perdendosi di nuovo tra gli innumerevoli ricordi che aveva di quella stanza, di Alastair che le sorrideva e che l’abbracciava.

Dicendole che qualunque cosa fosse, alla fine avrebbero risolto tutto.

Anche Jude non aggiunse altro, limitandosi ad osservarla… e all’improvviso si ricordò di una cosa. Ripensò per un attimo a quando Jackson era morto, a quando per poco aveva davvero pensato che potesse esserci Isabelle dietro a quella storia… ripensò a quando aveva almeno provato a consolarla, dandole qualche pacca sulla spalla.

Quasi sorrise per la sua tipica incapacità di avere contatti fisici con le persone… li concedeva ben di rado, in effetti.
Eppure c'erano quei momenti… quelli in cui, ogni tanto, Jude Verräter ricordava di essere umano. Di provare sentimenti, emozioni come tutti gli altri. Momenti in cui si ricordava che, come disse Aristotele, l'uomo è un animale sociale.

L'uomo ha bisogno degli altri, sempre e comunque. Solo una personalità disturbata può non sentire il bisogno del calore che i nostri simili sono in grado di trasmetterci.

Lui era una personalità disturbata? Forse sì, in effetti. Ad Hogwarts lo chiamavano “il Folle”… si, forse non era del tutto normale. 
Ma neanche del tutto disturbato, visto che ogni tanto sentiva anche lui bisogno di calore, quello che solo un'altra persona è in grado di darti.

Quasi senza riflettere Jude si alzò dalla sedia per sedersi sul letto, di fianco a lei. 
Forse l'avrebbe Schiantato, ma era abbastanza sicuro che non avesse con sé la bacchetta… al limite sarebbe finito in Infermeria, ma poco male, aveva sopportato di peggio in passato.

Con leggera titubanza sollevò le braccia e le strinse lentamente sulle spalle di Isabelle, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla. 
Isabelle non disse niente per un attimo, accigliandosi leggermente di fronte a quel gesto che, decisamente, non avrebbe mai potuto prevedere.

Nella stanza di Alastair Shafiq calò il silenzio per qualche minuto, mentre Jude teneva gli occhi fissi sul muro di fronte a lui, una mano appoggiata sulla nuca della ragazza e chiedendosi perché lo stesse facendo… finché Isabelle Van Acker non parlò con, per la prima volta dopo giorni, una specie di sorriso dipinto sul volto:

“Scusa Jude. Ma devo dirtelo, ti stai rammollendo.”
“Giammai Van Acker, giammai.”

Jude si schiarì leggermente la voce, mollando quasi frettolosamente la presa sulle spalle della ragazza e rimettendosi seduto davanti a lei, ricostruendo quel muro che aveva creato mattone dopo mattone nei suoi 18 anni di vita… e prima che potesse rendersene conto ritornò lo stesso Jude di sempre, quello curioso che si faceva gli affari di tutti, che doveva sempre tenere tutto sotto controllo… quello diffidente che evitava i contatti con gran parte del resto del mondo.

“Senti, Isabelle. Ti ho aiutato, mi sono preso la responsabilità… ma devi dirmi perché eri al Padiglione. E soprattutto, voglio sapere perché eri convinta di dover morire.”

“Come…”

“Me lo ha detto Phoebe, mi ha detto lei che eri sparita… quell'uomo ti ha fatto credere che ti avrebbe ucciso alla fine della festa, Isabelle? Spiegherebbe il tuo strano comportamento. E invece ha fatto qualcosa di ancora peggio, vero? Ha ucciso la persona che ami di più. Mi dispiace, davvero, ma a questo punto non credi che dovresti dirmi che cosa sta succedendo?” 

Isabelle sospirò, giocherellando con un lembo del vestito mentre era ancora seduta sul letto a gambe incrociate, chiedendosi se il compagno non avesse ragione. 
D'altra parte però, non voleva mettere nessun altro nei guai… erano già morte quattro persone per colpa sua, dopotutto. 

“Mi hanno fatto capire di andare al Padiglione… credevo che avrebbero ucciso me perché non sono molto… contenti. Ma a quanto sembra volevano farmi soffrire di più rispetto ad uccidermi, così hanno colpito Al… mi dispiace solo che abbia sofferto tanto.”

“Perché non sono contenti? Che cosa vogliono da te?” 

Jude sbuffò, sporgendosi leggermente verso la ragazza e parlando senza staccarle gli occhi di dosso, anche se quello chiarissimo che vedeva bene alla luce era come sempre coperto dai capelli nerissimi del ragazzo. Era stanco di non sapere, odiava non sapere. Quella situazione si faceva sempre più strana, intricata… a lui piacevano moltissimo gli intrighi, ma solo quando era lui a muoverne i fili. 


“Devo fare una cosa, Jude. E non credo che questa storia finirà finché non avranno ciò che vogliono.” 


                                                                               *


“Lo sai, non amo questo giorno… ma devo dirtelo, senza di te è ancora peggio.” 

Mathieu abbozzò un sorriso tetro mentre osservava la lastra dedicata al suo migliore amico, Etienne Lacroix. Ironico, visto che un mucchio di persone lo stavano erroneamente passare per un assassino.

“So anche che cosa diresti ora, se fossi chi… “Mat, stai diventando sentimentale!” … forse state qui da solo non mi fa bene. Ma Frankie, Camila e Steb sono tornati a casa perciò… siamo solo noi due, Et.” 

Un sorriso tetro gli incurvò le labbra, pensando a tutti i compleanni che avevano passato insieme. Per un attimo il ragazzo si chiese come stesse la sua famiglia, come fosse passare il primo Natale senza un figlio… non voleva neanche pensarci. 

“Si, beh, spero che tu possa sentirmi ET… Buon Natale, ovunque tu sia.”


                                                                                 *


“Tu non vieni?” 

Jude inarcò un sopracciglio, fermo sulla porta e tenendo la mano stretta sulla maniglia. Isabelle, ancora seduta sul letto con il capo chino, si strinse nelle spalle prima di parlare con lo stesso tono neutro e piatto che aveva usato per tutta la conversazione:

“Credo che resterò qui per un po’.”

Jude fece per uscire e lasciarla sola, capendo che non gli avrebbe detto nient’altro di utile oltre a quel porco che era riuscito a carpirle… ma sentendosi chiamare flebilmente si voltò di nuovo, trovandosi gli occhi di Isabelle puntati addosso:

“Si?”
“Grazie. Per… quello che hai fatto.”
“Te l'ho detto Van Acker, buonismo natalizio. Ti farò avere il conto, non preoccuparti.”


Jude sfoggiò il suo sorriso obliquo prima di uscire dalla stanza, lasciando Isabelle di nuovo sola… e solo quando la porta si fu chiusa alle spalle del ragazzo si lasciò cadere sul materasso, stringendo convulsamente il cuscino prima di parlare con un filo di voce:

“Sai dove trovarmi, se sarò ancora in circolazione.”


                                                                                     *


Era tremendamente strano pensare che fosse Natale. 
Da quando era alla Cimmeria non lo festeggiava poi molto passandolo sempre a scuola, con sua cugina… ma di solito aveva Jackson, e anche Alastair. Quell'anno invece le cose erano cambiate, e anche se gli costava ammetterlo Sebastian Ryle si sentiva solo.

Vagava quasi senza una meta precisa, chiedendosi se Isabelle si sentisse come lui… con la sensazione che nessun altro potesse capirlo.
Inutile dire lo stupore del ragazzo quando si fermò nel bel mezzo del corridoio, osservando nientemeno che quella stessa ragazza camminare con un passo leggero e silenzioso dato dall’assenza di scarpe.

In un primo momento si chiese che cosa ci facesse lì… poi catalizzò la sua attenzione sull’abbigliamento a dir poco strano nella ragazza, notando che indossava ancora il vestito bianco del Ballo… con sopra la giacca di Alastair. 

"Isabelle?” 

La vide bloccarsi, smettendo di camminare prima di voltarsi verso di lui… rimase impassibile mentre Sebastian le si avvicinava, a si maledisse per essersi lasciata convincere da Jude a non tornare in camera sua usando i tetti, ma “i corridoi come i comuni mortali, Van Acker”. 

“Come… come stai? Faye e Phoebe sono molto preoccupate.”
“Mi dispiace, avevo bisogno di stare da sola… e forse ce l'ho ancora. Sono andata un attimo in camera sua.”

Isabelle si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo ed evitando accuratamente il contatto visivo con il ragazzo, che annuì leggermente prima di parlare di nuovo, allungando una mano per sistemarle una ciocca di capelli castani.
Pallida e visibilmente stanca, con il vestito addosso e i capelli sciolti gli era sembrata quasi un fantasma… molto attraente, certo ma pur sempre un fantasma.

“Non hai risposto alla mia domanda… come stai?”
“Ho avuto giorni migliori. Tu come stai Bas?”

“È difficile anche per me Belle… vuoi parlarne?”
“No.”

Isabelle non batté ciglio, rispondendo senza alcuna esitazione e con un tono perfettamente neutro che lo fece sospirare, guardandola quasi con esasperazione:

“Isabelle. So quanto fosse importante per te… non puoi fare finta di niente. Il dolore non passa da solo, ignorandolo e basta.”
“Se non altro posso provarci.”  Isabelle fece per superarlo ma Sebastian parlò di nuovo, seguendola con lo sguardo e facendola bloccare di colpo con le sue parole: 

“Non è il modo giusto Belle… ti prego. Parla con me, o con chiunque altro. Fai quello che non hai fatto con Alastair per mesi, ossia essere sincera.”

Una lieve sensazione di soddisfazione lo invase quando la vide fermarsi, e sapendo di avere la sua attenzione riprese a parlare, tirando finalmente fuori quello che provava e pensava da quando Al era morto: 

“So che tendi spesso a non chiedere aiuto a nessuno, a tenerti sempre tutto dentro. So che soffri Isabelle, ma non essere egoista, non sei l'unica. Manca anche a me. E mi mancherà.”

“Non sono egoista. So benissimo che gli volevi bene Sebastian.”

Isabelle contrasse leggermente la mascella prima di voltarsi verso il ragazzo, osservandolo con gli occhi verdi carichi di irritazione… ma almeno, finalmente, esprimevano qualcosa. 

“Io credo che tu lo sia. Non so perché hai continuato a comportarti in quel modo con lui per mesi… ma lo hai fatto soffrire molto. Metti da parte l'orgoglio, per una volta, e sii sincera almeno con te stessa. Sai di essere stata ingiusta con lui, sei intelligente.”

“Credimi, non ho bisogno che tu me lo dica… lo so, ho sbagliato. Ma se non gli parlavo, è perché pensavo fosse meglio per lui, non per me. E comunque Sebastian, non sono affari tuoi quello che mi passa per la testa.”

La ragazza si voltò di nuovo e fece per allontanarsi per tornare nella sua camera, ma Sebastian la chiamò:

“Isabelle? So che sta succedendo qualcosa… Etienne Lacroix non ha ucciso proprio nessuno. Perché Alastair è morto?”
“Stanne fuori Bas, se non vuoi fare la stessa fine dei tuoi amici. Ti basti sapere che Al è morto perché ci sto mettendo troppo.”


“A fare cosa?”

Sebastian però non ottenne mai quella risposta: non fece neanche in tempo a pronunciare quella domanda che Isabelle era già sparita dal suo campo visivo, allontanandosi e chiedendosi perché non riuscisse a soffrire in santa pace, in silenzio.
Possibile che tutti fossero così dannatamente curiosi, pronti a farle domande?

“Te l'ho detto, stanne fuori… ma Buon Natale Bas.” 














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Angolo Autrice: 

Buonasera! Lo so, non mi aspettavate così presto… ma, sarà stata la magia del Ballo, siete state velocissime a recensire e così pouf, eccomi qui.
È stato un capitolo di Natale un po’ particolare, me ne rendo conto… ma visto quello che era successo nel capitolo precedente non potevo fare altrimenti.

Detto ciò, ci sentiamo nel weekend con il seguito… a presto! 

Signorina Granger 




                                                                           

                                                             

   
 
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