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Autore: Hoi    24/02/2017    2 recensioni
I fatti narrati si svolgono dopo gli eventi del primo film
“Pronto! Aiuto ho investito una persona. Sono in via...” Dove cazzo ero? Mi guardai attorno nel panico. Non c’era neanche un fottutto cartello. Merda! Ma quella era New York. Una New York mezza distrutta e ancora in piena ricostruzione, ma pur sempre New York. Di certo avrebbero rintracciato la chiamata e sarebbero venuti ad aiutarmi.
“il numero da lei selezionato è inesistente”
“Cosa?!?!?!” Piena di sgomento guardai lo schermo. 118. Idiota! Idiota! Idiota!
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so per quanto rimasi svenuta, ma è certo che quando rinvenni, Loki era lì, i suoi occhi erano fissi nei miei e io non potei fare a meno di notare quanta rabbia ci fosse in quello sguardo. Lasciò che mi alzassi in piedi lentamente, senza mettermi fretta. Stare sdraiata a terra il più possibile sarebbe stato senza dubbio il piano più intelligente, ma io ero troppo intontita per capirlo. Prima che potessi iniziare a lamentarmi del dolore pulsante che mi attraversava il polso, mi trovai in piedi con la testa che girava, a maledirmi per non essere rimasta a terra. Loki, in piedi davanti a me sembrava stesse tentando di controllarsi, ma fuoriusciva da ogni centimetro del suo viso che avevo ampiamente superato il limite svenendo, come se la debolezza fosse una colpa.
“Ora ascoltami attentamente: se non mi dirai dove si trova il mio scettro, io ti ammazzerò e poi lo troverò da solo”
Il suo tono suonò pacato e disteso, decisamente in netto contrasto con gli sguardi d’odio che mi lanciava. Per la prima volta mi domandai se lui davvero non avrebbe preferito ammazzarmi. Cercai di non pensare a questa possibilità, ma non ci riuscii. Oramai era probabile che mi odiasse. Se gli avessi dato ciò che voleva forse mi avrebbe uccisa comunque, ma l’avrebbe fatto sicuramente se non gli avessi rivelato nulla. Sembrava che qualunque scelta avessi fatto sarei morta.
“Io… ti ci porto”
Non era il piano dell’anno quello di accompagnare il super cattivo al suo scettro, ma almeno mi avrebbe fatto prendere tempo e poi chissà che non sarebbe arrivato qualcuno a salvarmi nel frattempo. Lui fece un cenno d’assenso allargando un braccio, come per farmi cenno di precederlo. Senza dire una parola io iniziai a salire le scale.
“Se provi ad ingannarmi, hai la mia parola che lo rimpiangerai”
Grazie tante. Con un braccio sempre più nero, un dolore insopportabile e una paura maledetta che la torre mi crollasse addosso, mi serviva proprio uno sprone. Non ce l’avrei fatta senza una bella minaccia. Digrignai i denti, mi tenni i miei pensieri per me, soprattutto perché la maggior parte di loro riguardava il dolore che stavo provando e in tutta sincerità avevo iniziato un po’ a vergognarmi di essere tanto debole.
Camminai piano e feci la strada più lunga. Mentre procedevamo in silenzio i miei occhi correvano da una trave all’altra, non era il momento di fare diagnostica strutturale lo sapevo, ma non potevo farne a meno. Nonostante il braccio e le minacce, la torre restava la mia prima preoccupazione. Nonostante i miei sforzi arrivammo davanti alla porta dei laboratori fin troppo presto. Non provai nemmeno ad aprirla, una voragine nella parete proprio lì accanto era grande abbastanza per farci entrare nei laboratori. Probabilmente qualcosa o qualcuno aveva scelto di tagliare dritto, senza curarsi delle pareti, la scia di devastazione iniziava dalla stanza di fronte ai laboratori e seguendola scorsi un frammento di cielo.
Con una fitta di dolore al cuore attraversai il varco. Fortunatamente lì dentro i danni alla struttura non erano molti, probabilmente il combattimento aveva solo sfiorato quelle stanze. Lo squarcio nella parte si apriva nel cemento di tamponamento, lasciando indenne gli elementi portati. I laboratori erano stati organizzati in uno spazio a doppio livello con un ampio soppalco che circondava uno spazio a doppia altezza centrale, riempito da uno di quei tavoli olografici che piacciono tanto al signor Stark. Un gran numero di macchinari di cui non riuscivo nemmeno a pronunciare i nomi coprivano interamente le pareti del piano inferiore. Molti oggetti parevano danneggiati, ma se non avessi saputo degli scontri appena avvenuti, arei sicuramente pensato che il signor Stark stesse cercando di creare qualcosa, visto il disordine che lasciava in giro di solito. Le stanzette a tenuta stagna del piano superiore, che di dottor Banner teneva sempre ordinate, anche per assicurarsi che materiali nocivi non fuoriuscissero, sembravano essere rimaste illese. Non potei fare a meno di sospirare sollevata, nel constatare che lo spesso cristallo che le chiudeva era rimasto intatto. Per quanto non avessi un’idea precisa degli esperimenti che venivano fatti lì, sapevo che se lo scettro di Loki era pericoloso, probabilmente era tenuto proprio in una delle stanze di cristallo al piano superiore, sempre ammesso che non fosse in giro perché Stark ci stava giocando, questa informazione comunque era meglio tenermela per me.
“Allora?”
Loki mi lanciò uno sguardo impaziente, probabilmente si aspettava che io aprissi un armadietto e tirassi fuori il suo giocattolo, ma io avevo solo una vaga idea di dove potesse essere ed in quel caos mi sembrava del tutto plausibile che non potessi aiutarlo, quindi mi strinsi nelle spalle.
“È qui in giro credo…”
Loki mi afferrò un braccio costringendomi a voltarmi verso di lui per guardarlo. Era furioso e tutta la sua rabbia si riversò nella voce.
“Sappi che se mi stai solo facendo perdere tempo te la farò pagare molto cara. Consegnami lo scettro, ora!”
Il braccio che mi stringeva non era quello rotto, ma la sua forza era tale che iniziai a temere che mi avrebbe spezzato anche quello. Si aspettava risposte. Si aspettava che io ritrovassi il suo scettro. Si aspettava che io magicamente esaudissi ogni suo capriccio, proprio come Stark, ma almeno Stark mi pagava dannazione. Il suo sguardo e la sua voce mi terrorizzavano, almeno quanto la torre, eppure quando lo sentii parlare la sua minaccia mi sembrò vuota. Probabilmente ero solo troppo intontita dal dolore, ma non riuscii a prenderlo sul serio. Che voleva fare? Uccidermi? Sai che originale… oramai sembrava che ogni maledetta cosa stesse cercando di farlo. Lui, gli alieni, la torre, lo SHIELD (ok, forse loro non volevano proprio uccidermi, ma stavano collaborando al mio esaurimento nervoso). Ero stufa di quella storia, non era il mio lavoro quello. Io non sapevo niente di scettri o supereroi. Così, istintivamente la prima cosa che feci dopo aver sentito le sue parole fu incazzarmi.
“Senti. A me pare di averlo visto qui, ma forse non lo hai notato: qui c’è un fottuto macello! Ci sono robe sparse ovunque e io non sono una cameriera né una babysitter e nemmeno una fottuta guida turistica, quindi scusa tanto, ma la tappa “Scettro malvagio” te la dovrai trovare da solo. Se hai tanta fretta di riaverlo, smetti prendertela con me e mettiti a cercarlo”
Per un attimo Loki mi sembrò sorpreso, ma non feci tempo a realizzare la cosa che il suo viso tornò risoluto. La sua presa si fece leggermente meno ferrea, ma non abbastanza per permettermi di divincolarmi.
“Mettersi a frugare in questo caos sarebbe solo uno spreco di tempo. Tu li conosci, ragiona, dove potrebbero tenere un oggetto di tale potere?”
Gli occhi di Loki saltavano da una parte all’altra della stanza alla ricerca di un posto che potesse sembrargli adatto. Da parte mia comunque non avrebbe avuto suggerimenti, non volontariamente comunque.
“Cosa tengono in quelle celle?”
Per un lungo momento boccheggiai. L’unico posto in cui non doveva entrare era il primo che aveva adocchiato. Non sapevo perché le avesse chiamate celle, ma era chiaro che si riferisse alle stanze a tenuta stagna. Senza aspettare che io mettessi insieme qualcosa che sembrasse vagamente una frase, lui iniziò a trascinarmi verso le scale di metallo.
“Aspetta… Loki… Ci tengono le cose tossiche lassù…”
Non mi ascoltò nemmeno, né fece cenno di lasciarmi. Cercai di aggrapparmi alla balaustra delle scale per rallentarlo, ma lui era troppo forte e il braccio libero era troppo dolorante, non riuscii a fargli perdere nemmeno un secondo. Le stanze non erano poche, ma eccezion fatta per un tavolo e dello scarso mobilio non erano nemmeno piene, sarebbe bastato un rapido giro per trovare quelle con dentro un mobile grande abbastanza da tenere uno scettro. Iniziammo a passare di fianco alle stanzette finché non sembrò convinto di quella che aveva davanti. Non potei fare a meno di dire una silenziosa preghiera quando ci fermammo davanti alla porta scorrevole. Il signor Stark in fondo era una persona intelligente, sicuramente aveva pensato ad una serratura iper tecnologica che impedisse l’ingresso di un malintenzionato qualunque. Loki appoggiò la mano sulla maniglia della porta, che scivolò silenziosamente, aprendosi. Stupido Stark! Con tutte le cavolate che ha inventato non poteva pensare anche ad una serratura a prova di dio!?
Una fitta mi attraversò il petto, se avesse trovato lo scettro non gli sarei più servita e mi avrebbe potuta uccidere. Non sapevo nemmeno perché non l’avesse ancora fatto. Arrivato al mobile Loki mi lasciò andare, era ovvio che quell’oggetto fosse più importante di me. Mi sembrò che il tempo si dilatasse, Loki stava per aprire il mobile e poi che avrebbe fatto? Lo sguardo mi finì sulla pulsantiera accanto alla porta, lontana da me, sapevo che serviva per settare la chiusura stanga, la temperatura ed altre cose, e poi c’era un pulsante rosso, più grande degli altri… non ero certa di cosa facesse, ma era un pulsante rosso e quella era un’emergenza. Loki stava aprendo le ante del mobilio, se fossi stata attenta e silenziosa, forse non mi avrebbe notata mentre indietreggiavo verso l’uscita e sarei riuscita a svignarmela senza dare nell’occhio, peccato che quando formulai questo pensiero stavo già correndo verso la porta. Feci del mio meglio per non voltarmi, ma quando mi lanciai sul pulsante rosso lo vidi con la coda dell’occhio sobbalzare al suono della sirena. Era dietro di me, ma era anche abbastanza veloce per raggiungermi in un istante, temevo che non sarei riuscita a scappare, ma quando vidi la porta iniziare a chiudersi, mi mossi istintivamente ed uscii. La porta si chiuse alle mie spalle. Mi voltai appena in tempo per vedere Loki fermarsi appena di fronte al cristallo. La sirena suonava ancora, probabilmente era l’allarme anti incendio, pensavo che Loki avrebbe fatto di tutto per disattivarlo o per raggiungermi, ma non sembrava troppo intenzionato ad avvicinarsi al cristallo.
“Apri la cella! ORA!”
Loki mi sbraitò contro, la sua voce piena di ira, rispecchiava l’odio che gli filtrava dagli occhi e la sua rabbia sembrò ancora più terribile quando la sirena si spense. Non aveva lo scettro in mano e questo mi fece tirare un sospiro di sollievo. Per un attimo ascoltammo entrambi il silenzio, poi ci fu un suono sordo, come un sospiro profondo e intenso, Loki sgranò gli occhi e le sue labbra si mossero, ma non ne uscì suono. Improvvisamente ricordai qualcosa su un sistema antincendio di risucchio dell’aria. Senza aria il fuoco si sarebbe spento e non sarebbero stati necessari estintori e caos. Mi era sembrata un’idea sensata quando lo avevamo progettato, molto prima di vedere Loki annaspare alla ricerca di aria. Per un attimo rimasi a fissarlo, mentre lui si afferrava la gola, un gesto inutile, quanto straziante. Rimasi immobile a fissarlo. Non sapevo cosa dovevo fare. Forse sarei dovuta andare via, lasciarlo morire, chissà quante persone si sarebbero salvate se fosse morto, senza contare che io non sapevo come aprire la porta, quindi in fondo non c’era nulla che potessi fare. Ma lui era lì, dall’altra parte del cristallo, in ginocchio, con lo sguardo perso nel nulla fisso nella mia direzione, il vuoto nei suoi occhi mi fece tremare, se quelli erano i suoi ultimi momenti, il suo sguardo si stava già affacciando all’altro mondo. Scossi la testa e mi voltai. Non volevo vedere. Non volevo esserne responsabile. Corsi verso le scale. Forse era il vetro che stava fissando, forse non stava morendo. In fondo non erano passati più di pochi istanti da quando la porta si era chiusa e poi lui non era umano, quindi magari poteva tenere il fiato più a lungo. Lui era forte, era un dio, avrebbe potuto rompere il cristallo e allora perché non lo faceva? Mi fermai appena davanti al primo scalino, avrei potuto uscire in pochi istanti, andarmene e dimenticare, ma mi voltai. Loki alzò una mano, verso la porta, verso di me e qualcosa dentro di me si ruppe. La sua morte sarebbe stata colpa mia, ero io che lo stavo uccidendo. Non potevo farlo, non potevo essere un’assassina. Mi prese il panico. Non sapevo cosa fare, non sapevo come si apriva la camera stagna. Pensai al tavolo olografico. Era spento, ma se fossi riuscita ad avviarlo, forse… Non c‘erano interruttori o cose simili, serviva Jarvis per farlo andare e senza elettricità… Ma il sistema anti incendio funzionava quindi qualcosa doveva andare, ma come lo avviavo? Frustrata colpii la balaustra con un pugno e il terreno tremò leggermente. Contrariata guardai il mio pugno malandato, non potevo essere stata io. Mi voltai, guardando Loki. Adesso era in piedi, appoggiato al vetro, si reggeva a malapena, ma il pugno che aveva sferrato era stato abbastanza forte da far crepare il cristallo, ma non abbastanza per infrangerlo. Lo guardai mentre alzava il braccio per colpire nuovamente. Ce l’avrebbe fatta, un altro colpo così e si sarebbe rotto e poi sarebbe venuto ad uccidermi. Un brivido mi attraversò la schiena quando la sua mano si abbatté sul cristallo, debole e insicuro il pugno scivolò sul vetro, senza alcun effetto. Loki cadde a terra, immobile.
Gridai. Non potevo credere che fosse successo. Non potevo credere che fosse morto. Non potevo averlo ucciso. Era impossibile. Sentii lo stomaco rivoltarsi. Cercai di non perdere il controllo, di non vomitare. Inspirai profondamente e mi sforzai di espirare senza scoppiare a piangere. Cercai qualcosa su cui concentrarmi, qualcosa che non fosse il cadavere nella camera stagna. Ma lui era lì, anche quando chiudevo gli occhi. Era passato meno di un secondo dalla sua morte e i sensi di colpa mi stavano già lacerando dentro, non potevo vivere il resto della mia vita con quel peso. Non poteva essere successo davvero. Il desiderio che non fosse successo, diventò così forte che inizia a crederci. Corsi di nuovo verso alla cella. Avevo bisogno di qualcosa per rompere il cristallo, qualcosa come un giocattolo di Stark. Lui li lasciava un po’ buttati ovunque, ma un posto specifico c’era. Superai la gabbia di cristallo in cui era chiuso Loki ed entrai in quella successiva. C’era un altro armadio, identico a quello di fianco, le stanze dotate di quell’armadiatura erano soltanto tre così non fui sorpresa di trovare proprio in quella lo scettro di Loki. Mi ero aspettata che sarebbe stato un momento epico, quello del suo ritrovamento, ma in quell’istante ero troppo presa dal mio compito per soffermarmi a pensare. Lo afferrai senza cerimonie, dovetti strattonarlo per levarlo dai supporti che lo reggevano e poi via, fuori, di corsa verso la ragnatela di crepe che copriva il cristallo. Sapevo che lo scettro aveva qualche capacità energetica, come le armi degli alieni, ma non tentai nemmeno di capire come funzionasse. Con tutta la poca forza che avevo lo abbattei contro il cristallo, neanche fosse una mazza da baseball. Una scarica di dolere attraversò il mio braccio arrivandomi agli occhi, che si riempirono di luci bianche. Attraverso l’annebbiamento di un principio di svenimento intravidi il cristallo accendersi di crepe azzurre ed esplodere. Venni spinta all’indietro dal rinculo del colpo, ma prima che potessi essere buttata a terra un’altra forza mi tirò verso la cella. L’aria aveva ricominciato a riempire la stanza e il cambiamento di pressione mi tirò con sé. Feci appena in tempo ad alzare le braccia sul volto quando colpii il terreno. Non era stata una spinta forte, ma io ero troppo debole per combatterla. Caddi di lato, sul braccio buono che aveva dato la spinta per colpire. Al posto del dolore sordo dell’impatto sentii i frammenti di cristallo graffiarmi la carne e conficcarsi nelle gambe. Appena lo stordimento datomi dal dolore si attutì, cercai di rimettermi in piedi, il terreno sotto di me sembrava scosso da spasmi, ma puntai comunque il braccio buono sotto di me e lo usai come appoggio per tirarmi in piedi. Stringevo ancora lo scettro in quella mano. Per un attimo rimasi imbambolata a fissare l’oro di quell’oggetto, domandandomi perché non fossi madida di sangue. Scesi con lo sguardo sulla gamba e il fianco a contatto con le mattonelle bianche del pavimento, che stavano lentamente puntellandosi di rosso. Tornai allora sul braccio, cercando di dare un senso alla sua mancanza di ferite. Eppure anche lì c’erano frammenti di cristallo che si muovevano, li vedevo chiaramente tremare sul nero e il verde del pavimen… il pavimento non era nero e verde. Il pavimento era bianco e non si muoveva. Loki era vestito di nero e verde e Loki si muoveva. C’era voluto qualche secondo, ma finalmente avevo realizzato cos’era successo e non andava affatto bene: Ero caduta per metà su Loki, avevo il suo scettro in mano e lui si stava riprendendo. Presa dalla paura, senza sentire il dolore mi trascinai in piedi, Loki tossiva ancora, mentre i suoi polmoni riprendevano aria, eppure nonostante il quasi soffocamento e i miei sessantadue chili piombatigli addosso, era molto più lucido di me. Sapeva a cosa mirare. Lo scettro. Ancora a terra lo afferrò e lo tirò a sé. Era forte, maledettamente forte e io avrei dovuto mollare quell’oggetto e rinunciare, invece gli tirai un calcio sul braccio e appena lui allentò la presa scappai via.
Corsi giù dalle scale senza voltarmi, fino al corridoio. Mentre lo percorrevo lo stato di panico misto a qualunque altra cosa mi avesse aiutata finora mi abbandonò e io iniziai a riprendere consapevolezza di cosa stava succedendo. La prima cosa che realizzai fu il dolore. Lentamente come in un crescendo, le ferite iniziarono a bruciare e pulsare, fino a togliermi il fiato, fino a rendermi impossibile continuare a correre. Ansimando e con il dolore che mi accecava guardai alle mie spalle, Loki era lì in piedi. Come se niente fosse successo stava camminando lentamente nella mia direzione, scuotendosi di dosso gli ultimi frammenti di vetro. Con la coda dell’occhio però lo vidi traballare mentre avanzava. Forse anche lui era provato, ma dentro di me sapevo che non sarei riuscita a scappare, lo sapevamo entrambi. Con un ultimo idiota gesto disperato seguii la scia di distruzione che il combattimento contro Hulk aveva lasciato, fino allo spiraglio di cielo che avevo intravisto quando ero arrivata. Ormai arrancavo, mi tremavano le gambe e mi girava la testa, ma cercai di resistere. Mi lasciai cadere a terra solo quando arrivai accanto alla voragine che si apriva in una delle pochissime pareti opache che davano sull’esterno. Il vento a quell’altitudine filtrava forte dallo squarcio e mi impedì di sentire le prime parole che Loki mi rivolse. Però lo sentii avvicinarsi, sentii la sua presenza stagliarsi su di me, così tesi il braccio che reggeva lo scettro e l’asciai l’oggetto pendere nel vuoto. Quel dannato scettro pesava, o forse ero io ad essere troppo debole come diceva Loki, comunque mi era chiaro che non sarei riuscita a sostenere la mia minaccia per molto. Come sempre lui mi anticipò.
“Cosa credi di ottenere?”
Per quanto apparisse composta, nella sua voce sentii un accenno di esasperazione. Probabilmente era esausto quanto me. D’altronde non ero la sola ad essere quasi morta. Quando mi voltai a guardarlo però, l’uomo che mi apparve davanti non mi sembrò affatto essere appena scampato alla morte.
“È un’ottima domanda…” Cercai di smettere di fissare il suo volto, ma era difficile non notare come fosse totalmente privo di graffi, al contrario mio.
Comunque dovevo cercare di dare una risposta a Loki. Inspirai profondamente, quella era un’ottima occasione per fare mente locale: Allora… avevo cercato di ucciderlo più o meno per sbaglio, poi però gli avevo salvato la vita. Se ne era reso conto? Bhe, non importava molto. La cosa importante era che lui voleva lo scettro e ora ce lo avevo io.
“Credo che riuscirò a non lasciarti prendere lo scettro.” Avrei voluto dare di me un’impressione risoluta, ma la mia vice era impregnata di incertezza.
Loki si passò lentamente una mano tra i capelli. Gli ultimi frammenti di cristallo che si portava addosso tintinnarono, cadendo a terra.
“Ora basta.” Fu come un sibilo, il uso sguardo era torvo e pieno d’ira. “Sono stanco di te e dei tuoi giochetti. Avrei dovuto ucciderti quando ne ho avuto l’opportunità, ma correggerò l’errore se mi costringerai.”
Non risposi, né gli tesi lo scettro. Sapevo che non mentiva, ma il dolore mi rendeva difficile concentrarmi e per qualche motivo non riuscivo più ad aver paura di lui quanta ne avevo degli scricchiolii che ormai mi riempivano le orecchie. Forse era solo la mia immaginazione, forse ero talmente provata da iniziare ad impazzire, ma sentivo le travi di metallo stridere sotto allo sforzo a cui erano sottoposte. La torre, la mia povera torre stava collassando ed ogni momento che perdevo a parlare con Loki o a pensare a quanto la gamba mi facesse male era un attimo che mi avvicinava alla morte. Eppure non avevo idea di come risolvere la cosa.
“Probabilmente non ci sarà nemmeno bisogno che ti finisca, siete talmente deboli voi umani, che morirai per le ferite a breve, sempre ammesso che la torre non crolli prima.”
Il peso di quelle parole fu talmente grande che non notai nemmeno il disprezzo della sua voce. Per un lungo istante boccheggiai alla ricerca di aria, ma non appena tirai il fiato le parole iniziarono a filtrarmi dalla bocca, senza che potessi fermarle.
“Oh certo, e tu ne sei sicuro al cento per cento, perché “medicina umana” è un corso del secondo anno all’università di Asgard, subito dopo “Diagnostica strutturale”. Facciamoci un favore Loki, io evito di dirti come tramare i tuoi piani malvagi e tu evita di dirmi quando crollerà la mia torre.”
Per un momento vidi la confusione prendere il posto della rabbia nei suoi occhi. Sfortunatamente quel momento durò troppo poco.
“Tu… impertinente… Io sono un dio. Ho conoscenze che la tua mente limitata non può nemmeno concepire, cose come la resistenza di un’insignificante costruzione umana, sono di una tale semplicità per me che non devo nemmeno soffermarmi ad osservare per prevederne il destino.”
La voce di Loki era piena di veleno e superiorità, ma anche io sapevo tirare frecciatine e se ci teneva a giocare a questo gioco, bhé fanculo il dolore, lo avrei battuto.
“E sei talmente preparato sul funzionamento di questa insignificante costruzione che resti mezz’ora a fissare il cristallo mentre soffochi al posto che prenderlo a pugni. Ma bravo!”
I suoi occhi si strinsero.
“È stata una ben comprensibile prudenza la mia, ho già sperimentato celle simili create dallo SHIELD e non sarebbe stato strano che possedesse lo stesso genere di meccanismo per eliminare i reclusi.”
Per un lungo momento rimasi a fissarlo inebetita. Non avevo capito niente di quello che aveva detto. Parlava inglese in modo troppo strano e se avevo capito bene e le camere a tenuta stagna di Stark somigliavano alle celle dello SHIELD, allora avrei dovuto chiedere i diritti per plagio… o loro avrebbero potuto chiederli a me. Il mio momento di silenzio bastò a Loki per rendersi conto che stava giocando con me a “chi è più bravo”, senza tirare in ballo le mie scarse capacità.
“E tu invece cosa sai del mio scettro?” Non attese una mia risposta, anche perché sapevamo entrambi che non ne sapevo proprio niente.
“Non sai nemmeno cosa stai facendo, non hai idea di cosa tieni tra le tue deboli mani. Cosa credi che succederà quando lo scettro colpirà il terreno? Consegnamelo prima di fare qualcosa di cui l’intero universo potrebbe pentirsi.”
L’intero universo, che esagerato. Ok, quello che avevo in mano era un mistico aggeggio alieno dagli strani poteri, ma non poteva essere poi così pericoloso. Nella peggiore delle ipotesi io l’avrei lasciato andare, lui sarebbe caduto a terra, si sarebbe rotto e magari sarebbe esploso. Quanto poteva essere forte l’esplosione? Come quella di una granata? Di una bomba atomica? Di più? Un buco nero? Ci pensai per qualche momento, ma alla fine l’unica cosa che riuscii a capire fu che Loki aveva ragione, non avevo idea di cosa stavo facendo.
“Francesca… Tu non lascerai andare quello scettro, perché non sai quale danno terribile causerà la sua distruzione.” La voce di Loki divenne più calda, più gentile, mentre si inginocchiava di fianco a me. “So che stai soffrendo. Posso immaginare il tuo dolore, la tua stanchezza. Sappiamo entrambi che non riuscirai a salvarti se non accetti il mio aiuto”
Per un momento restai zitta a guardarlo. Sapevo che stava cercando di raggirarmi, ma lo faceva talmente bene! Insomma anche la Vedova Nera ci aveva provato e ci aveva messo molto più tatto e può darsi che fossi anche intontita dal dolore, ma il modo che Loki aveva di parlarmi, la sua voce melliflua e compassionevole, quella finta solidarietà e la dolcezza nella sua voce, mi facevo venir voglia di credergli. Era stato Loki ad infilarmi in quella stupida situazione, ma guardandolo facevo davvero fatica a ricordarmi che era tutta colpa sua. Adesso ero sola, davvero sola, lo Shield non credeva in me e probabilmente nemmeno parte degli Avengers, ero esausta e dolorante e Loki era lì, davanti a me. Forse il suo fascino dipendeva soprattutto dal suo tempismo, un tempismo calcolato e costruito quasi del tutto da lui, ma non potevo fare a meno di desiderare di potermi fidare. Iniziai a bofonchiare, cercando di non assecondare il mio desiderio di salvezza.
“No… tu non hai motivo di aiutarmi e poi c’è la torre. Io devo…”
Le mani di Loki si strinsero attorno alla mia, la sua prese era gentile e confortante e nell’altra mano lo scettro era gelido e pesante.
“Non c’è più niente che puoi fare, è troppo tardi per salvare la torre, mi dispiace.” Continuava a dirlo, perché doveva ripeterlo per forza!? Sentii le lacrime iniziare a scorrermi lungo il viso. Mi concentrai sulla sua mano per non pensare al dolore. Il suo tocco era più che gentile, aveva qualcosa di nostalgico che mi ricordava il nostro incontro in ospedale. Essergli vicino mi faceva sentire bene, fisicamente bene.
“Nonostante tutto, mi hai salvato la vita ed io ti sono debitore… - un sorriso timido gli sfiorò il viso, ma quella risposta non parve abbastanza- E poi… In un certo senso mi affascina il tuo essere così…”
La sua pausa imbarazzata mi fece sorridere. Me lo ricordavo il discorso sulla mia “assenza di qualunque dono” e non negherò che me l’ero un pochino presa, ma adesso, sentire che non riusciva a finire la frase, che non riusciva a definirmi, come se fossi qualcosa di incomprensibile ed ineffabile anche per un dio… Ok, era tenero, lo ammetto. Scossi la testa, per ricordarmi che mi stava raggirando. Dovevo cercare di pensare razionalmente, ma strinsi un pochino la sua mano per farmi forza. La mia mente si arrovellò per qualche attimo su quello che mi aveva appena detto, sulla torre, sullo scettro, sulla mia vita. Aveva ragione, la parte razionale di me sapeva che aveva ragione, ma non era per raziocinio che stavo scegliendo, era per paura. Io volevo sopravvivere, molto più di quanto volessi salvare tutte quelle persone. Io non ero un eroe. Non lo ero mai stata, ma non volevo nemmeno essere un’assassina e Loki mi stava dando la perfetta scappatoia per potermi dire che non era stata colpa mia. Se la torre crollava, avevo fatto del mio meglio e scelto quello che sembrava il minore dei mali. Senza contare che lo scettro pesava tanto da farmi desiderare di fare qualunque cosa pur di liberarmene, mentre la sua stretta era confortante e aveva il sapore di una promessa di salvezza a cui volevo disperatamente credere. Nonostante tutto questo, mi appellai comunque alla mia parte razionale.
“Se è davvero troppo tardi per salvare la torre allora… io… a maggior ragione non posso darti lo scettro.”
I suoi occhi si sbarrarono per la sorpresa, mentre la stretta sulla mia mano si serrava.
“Se ti consegno lo scettro, tu mi salverai, ma avrai lo scettro e quindi il potere di dare il via ad un'altra guerra. Moriranno molte altre persone e… se non posso salvare la torre e chi morirebbe a causa del crollo, la mia vita è solo una e non vale più di quella di chiunque altro. Non so cosa capiterà se lascio cadere lo scettro, ma so che tu dici un sacco di balle e quindi sono convinta che ci sia un’enorme possibilità che non succeda proprio niente.” Per quanto riuscivo a ragionare, questa era la scelta più logica, ma quella logica faceva davvero schifo. Grandi lacrime iniziarono a rotolarmi sul volto.
Loki ancora mi stringeva la mano e non gli servì molta forza per strattonarmi lontano dalla parete. Il mio corpo venne tirato e caddi a terra. Lanciai un grido, mentre il dolore invadeva il mio corpo e lo sguardo si oscurava. Ceca per il dolore sentii il grido riempire la stanza mentre perdevo conoscenza, solo ad un passo dall’oscurità totale mi resi conto che non era la mia voce a gridare, era Loki. Avevo lasciato cadere lo scettro.
  
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