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Autore: AnnVicious    25/02/2017    1 recensioni
Lana è una ragazza di ventisette anni che fa ritorno a Woodville, il suo paese di nascita, a causa di una recente perdita in famiglia che l'ha parecchio scossa. Essendo stata sempre una ragazza insicura, incapace di osare e trasgredire anche alla minima cosa, si sente persa, ancora più debole ed insicura, per giunta in quel paese che ora le sembra totalmente diverso, privo dell'energia che emanava una volta.
Ma proprio quando è al laghetto, il luogo dove da ragazzina andava a giocare, a distanza di dieci anni, rivede Alex.
Per lei è stato il primo amico, la prima cotta, il primo amore, il primo a lasciarla sola.
Alexander è a sua volta in un periodo difficile della sua vita: con un lavoro che non soddisfa le sue ambizioni, una delicata situazione in famiglia e la relazione con la sua ragazza in bilico ma riesce comunque ad avere coraggio e a vivere appieno la propria vita, nonostante sia solito indossare delle maschere pur di non mostrarsi per la persona che è nel profondo.
Entrambi sono cambiati molto, in alcune cose in meglio ed in altre in peggio, ma il ricordo della loro spensieratezza e del loro primo amore vive nelle loro menti.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Lana si trovava a Woodville, il piccolo paesino nel quale era nata, ventisette anni prima e si era già pentita di aver preso quella decisione.
Come ognuna delle poche scelte fatte all'improvviso nella propria vita, ancora una volta si ritrovava a far fronte al proprio rimorso.
Il paesino le si presentava come un'isola deserta.
Nel corso degli anni, era andata più volte in quel posto solo per fare visita ai suoi genitori e vi era sempre stata vita per quanto ricordava: persone fuori dal bar che sorseggiavano aperitivi, anziane signore le quali con la scusa di spazzare il proprio vialetto di casa, si fermavano a spettegolare con le vicine su chiunque, i bambini che correvano da una parte all'altra del paesino senza fermarsi un attimo e i genitori alle finestre ed affacciati ai balconi che li rimproveravano, le donne e le madri che con le loro figlie riempivano la piccola piazza dove ogni lunedì vi era il mercato, gli uomini che si concedevano brevi passeggiate al chiaro di luna in compagnia dei loro fedeli amici a quattro zampe...
In soli due anni, Woodville sembrava essere diventato un paese fantasma e Lana aveva scorto qualche anima viva proprio nel luogo in cui se lo sarebbe aspettato di meno, ovvero il cimitero. Ma anche in quel luogo dove finivano corpi senza vita i quali fino a prima appartenevano ad anime immortali, vi erano pochissime persone e si potevano addirittura contare sulle dita: il guardiano, la vecchia Elize che da quando Lana aveva memoria, si recava ogni sera a portare un fiore sulla tomba del defunto marito ed una famiglia composta da madre, padre e due figli maschi di circa quindici anni, probabilmente in visita dopo una recente scomparsa.
Ciò che turbava Lana non era il fatto di sentirsi sola in un posto a lei così caro che da sempre teneva un piccolo spazio nel suo grande cuore, anzi la solitudine era spesso un conforto per lei, più che una tortura. Ciò che la rendeva triste era il fatto che oramai Woodville aveva perso la magia che aveva conservato per decadi su decadi: i giovani se ne erano andati nelle grandi città, in cerca di fama, di avventure ed opportunità che lì non avrebbero mai trovato. Le famiglie preferivano trasferirsi in città, vicine ai posti di lavro e alle università. I turisti non vedevano nemmeno sulla mappa quel piccolo puntino e spesso capitavano lì solo perché si erano smarriti o cercavano il bosco a qualche chilometro da lì, dove in molti adoravano fare escursioni o semplici passeggiate nella natura incontaminata.
Rimanevano gli anziani, qualche famiglia e gli onesti e patriottici lavoratori del paese che portavano avanti la loro attività nella buona e nella cattiva sorte.
Anche Lana tempo addietro, se ne era andata e in quel momento, mentre posava un mazzo di girasoli sulla tomba di suo padre, se ne pentì, pensando che forse sarebbe stato meglio rimanere fedele al suo paese di nascita e lavorare dur per aiutarlo a fiorire rigoglioso, come meritava.
Restò a fissare per qualche secondo la foto in bianco e nero di suo padre, Richard che aveva abbandonato la vita qualche mese prima.
In quella foto incastrata nella lapide, aveva una quarantina d'anni e ed era vestito in giacca e cravatta, come era sempre solito fare. Sopra allle sue labbra spuntavano dei baffi scuri ed una barba appena accennata dava risalto al suo viso squadrato ma evidentemente in salute. I suoi occhi erano identici a quelli di Lana, di un marrone intenso che ricorda quelllo del dolce quanto irresistibile caramello e la sua espressione era seria, sebbene mascherasse un piccolissimo sorriso a bordo labbra che Lana poteva notare senza troppa difficoltà. Il suo nas era aquilino, somigliante per forma a quello della ragazza e nella foto mostrava solo un paio di rughe sulla fronte e sotto agli occhi.
Lana decise di sedersi sul soffice terreno, reso ancora più morbido dalle recenti piogge e sospirò mentre accarezzava alcuni dei numerosi petali di uno dei quattro piccoli girasoli che gli aveva portato in dono.
"Ehi papà. Scusa se mi faccio viva solo ora, dopo cinque mesi. Sei stato una persona meravigliosa, un cittadino esemplare, un padre ammirevole...". Lana si fermò, schiarendosi la voce che subito si era fatta roca per la commozione, poi proseguì, a voce più bassa.
"Mi manchi. Ogni giorno stento a credere che tu davvero non sia più qui, in questo folle mondo. Con me sei stato un amico fidato, un esempio da seguire, un compagno di giochi, un aiuto nei compiti, uno splendido genitore che non mi ha mai fatto mancare nulla...".
Lana a quel punto, non resistette un istante di più e scoppiò in lacrime, andando a posare una mano sulla lapide per sorreggersi mentre si rialzava, mentre con l'altra si affrettò ad asciugarsi le lacrime che scendevano rapide sulle sue guance.
In quegli ultimi mesi aveva pianto così tanto che quasi si sorprese nel sentire che i propri occhi potessero ancora produrre anche solo una lacrima.
Era stata una dura perdita per lei e col carattere sensibile ed emotivo che si ritrovava, aveva dato sfogo alla propria tristezza più volte in quei mesi, nonostante chiunque accanto a lei cercasse di rincuorarla. Per quei cinque mesi, Lana era stata come imprigionata dal suo stesso dolore ed era uscita di casa solo quando le era stato necessario o giusto per non impazzire.
Posò un bacio sulla foto di Richard che poi si soffermò ad accarezzare  appena con le dita lunghe per qualche momento, avendo la strana sensazione che se avesse tolto la mano da lì, la foto e la lapide sarebbero sparite in fretta e furia.
Ma forse, il corpo di quell'uomo che da qualche mese giaceva sottoterra, era l'unica cosa che rimaneva, almeno per un po'.
Lana spostò di malincuore le dita dalla foto di suo padre e dopo essersi asciugata ancora una volta delle piccole lacrime che continuavano a scendere silenziose e tiepide sul proprio viso, si voltò e inizò a camminare con passo lento e lieve, come era solita fare, ma in quegli ultimi mesi, anche i propri passi erano mutati appena, diventando leggermente più pesanti, schiacciati anch'essi dal peso della perdita.
Mentre usciva dal cimitero, Lana si soffermava, con lo sguardo ad osservare fugace le foto delle lapidi che scorrevano lente davanti ai propri occhi e la propria innata empatia la costringeva a sentirsi dispiaciuta anche per quei defunti cari di chissà chi nel paese.
Finalmente, dopo appena qualche minuto, data la piccolezza di quel cimitero e il proprio passo lento, Lana si trovò fuori da quel luogo deprimente e si potè concedere finalmente un lungo d intenso sospiro.
Era stato un passo importante, per lei andare a trovare la lapide di suo padre lì a Woodville: pur essendo consapevole del fatto che fosse morto, Lana nell'arco di quegli ultimi mesi aveva ricordato suo padre nei loro momenti migliori che avevano passato assieme e poco prima, quando si era ritrovata davanti alla sua tomba, era come se la sua mente avesse realizzato completamente il lutto solo in quel momento, perché nella mente della ragazza, Richard aveva continuato a vivere vagando nelle numerose camere dei ricordi nel suo cervello.
Si sentiva come se fosse stata svuotata da qualcosa e ancora non sapeva dire a sè stessa se fosse un peso o qualcosa della quale non avrebbe voluto liberarsi. Voleva stare in quel paesino familiare ancora per un paio di giorni e si ripromise di allungare il proprio soggiorno all'unico motel disponibile da quelle parti, che i gestori riuscivano a tenere in piedi solo grazie al flusso escursionisti che arrivavano tra la primavera e l'estate.
Lana, però non aveva voglia nemmeno di tornare nella propria stanza in quel momento. Sentiva il bisogno di stare in un posto a stretto contatto con la natura, di isolarsi parzialmente, quel tanto da poter vedere le persone passare senza però essere vista e dopo aver attraversato la strada ed essersi seduta su una panchina accanto al piccolo stand del fioraio che stava chiudendo proprio in quel momento, si dette un'occhiata intorno: il microscopico cimitero era vicinissimo al bosco il quale si trovava alla sinistra della ragazza mentre alla sua destra, una delle poche strade principali, si affacciava direttamente alla piazza dalla quale si poteva udire un leggero chiacchiericcio che faceva da sottofondo ai pensieri di Lana.
Il suo sguardo andò nuovamente sul cimitero proprio di fronte a lei e si alzò, decidendo che doveva assolutamente cambiare zona se voleva evitare di avere una crisi di pianto, quindi iniziò ad incamminarsi verso il bosco, dove la strada asfaltata diveniva poco alla volta sempre più diradata per lasciare poi spazio allo sterrato e all'erba fresca, di un verde brillante che sprigionava quell'odore di natura al quale Lana non sapeva resistere ed anche gli alberi si facevano sempre più numerosi, tra i quali si trovavano anche arbusti, uccellini che cinguettavano, civette che con l'imbrunire, iniziavano a farsi sentire come fosse una sorta di monito.
Lana era innamorata della natura, di tutto ciò che l'uomo non aveva trasformato in meccaniche o fabbriche ed amava incondizinatamente anche gli animali i quali spesso  per indole, sembravano sentire la sua gentilezza ed i meno paurosi, come i cani, i passeri e a volte persino i gatti, si lasciavano accarezzare dalla ragazza che ogni volta in cui li incontrava sul proprio tragitto, moriva dalla voglia di far sapere loro che nutriva affetto per ognuno di essi.
Ma in quel momento si rese conto di non voler restare nemmeno in quel posto, fin troppo isolato dal paese, così rivolgendo lo sguardo verso est, scorse finalmente il luogo adatto dove poter far scorrere i propri pensieri: era il laghetto ai piedi della collinetta dove da bambina era solita andare a giocare con gli amici e ricordava bene che il prete della chiesa poco distante, non faceva altro che rimproverarli a causa del pandemonio che causavano. Sorrise al ricordo, ma con amarezza: sapeva bene, dentro di sè che non avrebbe mai più ritrovato quei momenti di tale spensieratezza da dimenticarsi di tutte le ansie e paure con le quali stressava la propria mente ogni giorno.
Una volta raggiunto quel piccolo angolo di paradiso che stava facedo esplodere nella sua mente i ricordi dell'infanzia e della prima adolescenza, Lana si sedette sull'unica panchina proprio a qualche passo dal laghetto che per le sue piccole dimensioni, poteva anche essere scambiato per uno stagno.
Con amarezza, però mentre si guardava intorno, notò che proprio di fronte alla chiesa, era sorto un pub e a giudicare dall'aspetto, si trattava di uno di quei posti dai quali si poteva uscire anche in coma etilico. Lana non andava pazza per i pub, le birrerie o posti simili: aveva sempre trovato conforto tra i libri e a volte (spesso negli ultimi mesi) nel buon vino, ma la sua natura insicura e cauta le aveva sempre suggerito di starsene a casa la sera piuttosto che uscire e caccarsi nei guai.
Dentro di sè, però moriva dalla voglia di entrare in quel luogo pieno di sconosciuti, bere, socializzare e divertirsi anche se il giorno dopo non sarebbe stata di certo al massimo delle proprie forze.
Le sue gambe, però si tenevan ben ferme al terreno e non volevano saperne di far alzare la ragazza.
Lana però, continuava a fissare quel pub vicino, da cui venivano urla vivaci, musica ad alto volume e grasse risate: sembrava un posto nel quale avrebbe potuto divertirsi, perché nn provarci?
Nella penombra, illuminata a malapena da un lampione distante e semicoperta dai cespugli che attorniavano il perimetro del laghetto, Lana stava per alzarsi, ma proprio nel mmento in cui stava sforzando appena le gambe e la schiena per stare in piedi, vide una figura uscire dal bar: traballava appena e urlava al telefono qualcosa che Lana nn riuscì a percepire subito giacché era troppo distante dalla persona per poter sentire in modo chiaro le sue parole.
Lei non voleva origliare, era solo curiosa e sapeva di trovarsi in un punto dove vi era poca luce e quindi lei era visibile solo parzialmente.
"Te lo giuro Tay, erano le figlie del direttore del programma!". Esclamò la figura che avanzava barcollando, verso il laghetto.
Lana dalla voce, dedusse che era un uomo o un ragazzo e vltandosi appena verso di ess, cercando di non attirare l'attenzione, potè vedere che era alto più o meno come lei, ovvero sul metro e settanta, indossava una giacca di pelle nera e lucida come le scarpe e dei blu jeans stretti, la maglietta bianca che portava sotto alla giacca, spiccava dal momento che quest'ultima era aperta.
Lana non riusciva a vedere il ragazzo in faccia siccome si era appena voltato di spalle, ma di sicuro doveva avere una espressione arrabbiata in viso dato come urlava al telefono in quel momento: "lo sai che è il mio lavoro, non starmi addosso, cazzo!".
Quella voce aveva qualcosa di familiare e Lana si sforzava di associarla ad un volto, ma inutilmente.
Teneva gli occhi fissi sul ragazzo, cercando di analizzarlo come meglio poteva: le sembrava molto giovane, probabilmente sotto i trent'anni e quindi sprecato per un paese così piccolo dove a malapena vi era spazio per i defunti.
Tirò un sospiro silenzioso nel ripensare a suo padre che le era stato portato via a causa del diabete, ma i suoi pensieri vennero interrotti dal ragazzo che urlava al telefono con sempre più foga.
"Anche se ci avessi scopato, che ti importa? E' più di un mese che io e te non facciamo nulla!".
Lana in quel momento, iniziava a sentirsi a disagio: quella era una conversazione personale e lei stava origliando tutto, ma si era ritrovata nel bel mezzo della litigata tra il ragazzo e la sua partner senza volerlo e se Lana avesse voluto raggiungere il motel, avrebbe dovuto per forza prendere la strada dove era situato il bar ed il ragazzo l'avrebbe vista, quindi decise di stare lì ad aspettare che se ne andasse.
"Non sto dicendo che l'ho fatto, ma...".
Il ragazzo si voltò, facendo qualche passo verso il laghetto, facendo un sospiro arrabbiato, probabilmente perché l'interlocutrice continuava ad interrmperlo senza dargli modo di spiegarsi.
"Taylor, non posso venire adesso, sono bloccato in questo buco di paese!".
Il giovane fece un altro passo verso il laghetto e si ritrovò proprio sotto al lampione.
Fu in quel momento, mentre lui continuava ad inveire al cellulare che Lana lo riconobbe.
Era Alex, Alexander, il suo primissimo amore, il compagno di giochi che non la abbandonava mai, colui con il quale scappava nei boschi quando facevano troppo casino proprio lì, dal laghetto.
Era il primo vero amico che aveva avuto Lana, la sua prima cotta, il suo primo amore, il primo che la aveva abbandonata...
Per dieci anni non aveva avuto più notizie sul suo conto dopo che a diciassette anni era stato costretto a cambiare città ed ora eccolo lì, proprio a qualche passo da Lana.
  
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